Vinitaly, grandi curiosità e scoperte per questa nuova edizione
Di Carol Agostini
Dal 14 al 17 aprile 2024, la storica città di Verona ha ospitato la 57ª edizione di Vinitaly, uno degli eventi enologici più prestigiosi a livello mondiale. Questo evento, che si tiene annualmente presso il centro fieristico di Verona Fiere, rappresenta un appuntamento imperdibile per professionisti del settore, appassionati di vino e curiosi, desiderosi di esplorare le ultime tendenze, innovazioni e prodotti dell’industria vinicola e dei distillati.
Un Evento di Rilevanza Internazionale
Vinitaly 2024 è stato un’esperienza unica, con oltre 4.500 espositori provenienti da circa 40 paesi diversi. Gli spazi espositivi hanno coperto un’area di 89.192 metri quadrati, offrendo una vasta gamma di vini, distillati, oli extravergine d’oliva e prodotti correlati. Tra i partecipanti, si sono contati più di 29.600 buyer internazionali, rendendo Vinitaly una piattaforma chiave per la promozione e la commercializzazione del vino italiano su scala globale.
Vinitaly 2024: Un Viaggio nel Cuore della Cultura Enologica, Carol Agostini al Vinitaly 2024
Le Aree Tematiche
La manifestazione ha offerto diverse aree tematiche per soddisfare i gusti e gli interessi di tutti i visitatori:
Sol – Salone Internazionale dell’Olio d’Oliva: Un’area dedicata all’olio d’oliva di alta qualità, dove i visitatori hanno potuto scoprire le eccellenze del settore oleario italiano e internazionale. Vinitaly Bio: Spazio dedicato ai vini biologici certificati, italiani e stranieri, con degustazioni e un negozio di vini biologici. Micro Mega Wines: Una sezione esclusiva per le piccole produzioni di vini di alta qualità, sia autoctoni che internazionali, curata da Ian D’Agata . Mixology: Area dedicata ai cocktail e ai distillati, con masterclass tenute da bartender di fama nazionale e internazionale. International Wine Hall: Una vetrina delle produzioni vinicole e dei distillati di cinque continenti, con un focus sui migliori vini internazionali.
Vinitaly 2024: Un Viaggio nel Cuore della Cultura Enologica, Carol Agostini al Vinitaly 2024, Carol Agostini con Luciano Pignataro
Attività e Degustazioni
Il programma di Vinitaly 2024 è stato ricco di eventi, tra cui degustazioni guidate, masterclass e seminari. Tra le degustazioni più attese ci sono stati i “Grand Tastings”, che hanno incluso sessioni dedicate ai vini spumanti italiani, alle grandi denominazioni come Barbaresco, Barolo, Bolgheri e Brunello, e una esplorazione dei vini italiani in relazione al mercato cinese.
Un’altra attrazione è stata l’evento “Walk Around Tasting”, organizzato da Gambero Rosso, che ha offerto ai partecipanti la possibilità di degustare una selezione dei migliori vini premiati con i Tre Bicchieri.
Non è stato solo un’esposizione di vino, ma anche un’occasione per esplorare e apprezzare la ricchezza culturale e storica di Verona. La città, famosa per il suo patrimonio architettonico e per essere la città di Romeo e Giulietta, ha offerto un’ambientazione suggestiva per questo evento di portata mondiale. Durante il periodo della fiera, si è tenuto “Vinitaly and The City“, un evento parallelo che si è svolto nel centro storico di Verona e che ha permesso ai visitatori di godere di degustazioni, spettacoli e percorsi culturali.
Vinitaly 2024: Un Viaggio nel Cuore della Cultura Enologica, Carol Agostini al Vinitaly 2024, Carol Agostini con Roberto Cipresso
Innovazione e Tecnologia
La manifestazione ha segnato anche la 25ª edizione di Enolitech, la fiera internazionale delle tecnologie applicate alla viticoltura, olivicoltura e alle bevande. Questo evento si è espanso ulteriormente, occupando un’area di 7.600 metri quadrati con circa 150 espositori, di cui il 10% provenienti dall’estero. Enolitech è stata un’opportunità per scoprire le ultime innovazioni tecnologiche che stanno trasformando l’industria vinicola e oleicola.
Vinitaly 2024: Un Viaggio nel Cuore della Cultura Enologica, foto di Carol Agostini
Per partecipare è stato possibile acquistare biglietti giornalieri o richiedere un freebadge, riservato ai professionisti del settore. La registrazione poteva essere effettuata online, e il freebadge ha permesso l’accesso a tutte le aree della fiera e la partecipazione alle degustazioni gratuite incluse nel programma ufficiale.
Conclusione
L’Evento si è rivelato come un evento imperdibile per tutti gli appassionati di vino e i professionisti del settore. Con la sua vasta gamma di espositori, eventi tematici, degustazioni e seminari, ha offerto un’opportunità unica per esplorare le tendenze globali del mercato vinicolo, fare networking e scoprire le eccellenze del territorio italiano. Verona, con la sua bellezza storica e culturale, ha fatto da cornice perfetta a questo straordinario evento, rendendo Vinitaly 2024 un’esperienza indimenticabile per tutti i partecipanti.
Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer
Terre Estreme 2024: Un Trionfo della Viticoltura in Condizioni Estreme
Di Carol Agostini
L’evento “Terre Estreme” si è confermato uno degli appuntamenti più significativi del 2024 nel panorama enogastronomico italiano. Questa manifestazione ha celebrato i vini prodotti in condizioni estreme, mettendo in risalto le sfide e le peculiarità della viticoltura in territori difficili e promuovendo una profonda connessione tra il vino e il territorio, sottolineando l’importanza della biodiversità e della sostenibilità.
Terre Estreme 2024: Un Trionfo della Viticoltura Eroica, locandina da sito
Il Concept di Terre Estreme
“Terre Estreme” si è focalizzato sui vini che nascono in aree con condizioni ambientali particolarmente impegnative, come terreni ripidi, altitudini elevate, climi severi o suoli poveri. Questi vini rappresentano il risultato di una viticoltura eroica, dove il lavoro dei vignaioli si fonde con la natura in un rapporto di rispetto e valorizzazione del territorio.
Collegamenti con il Territorio
La manifestazione si è svolta in diverse località italiane note per la loro viticoltura eroica, come la Valtellina, le Cinque Terre, il Trentino e la Sicilia. Questi territori offrono un panorama variegato di tradizioni vitivinicole che rispecchiano la diversità del paesaggio italiano. La scelta delle location non è stata casuale: ogni area ha rappresentato un esempio di come la viticoltura possa adattarsi e prosperare in condizioni estreme, creando vini unici e di alta qualità.
Terre Estreme 2024: Un Trionfo della Viticoltura Eroica,foto vigne cantina Walter De Battè
Attività e Programma
L’edizione 2024 di “Terre Estreme” ha offerto una serie di attività pensate per coinvolgere sia gli appassionati di vino che i professionisti del settore. Tra gli eventi principali ci sono stati:
Degustazioni Guidate: Masterclass con esperti sommelier e produttori che hanno guidato i partecipanti alla scoperta delle caratteristiche uniche dei vini estremi. Queste sessioni hanno offerto una panoramica sui metodi di produzione, le varietà di uve utilizzate e le peculiarità organolettiche di questi vini.
Conferenze e Workshop: Seminari tematici su argomenti come la sostenibilità, la biodiversità e le tecniche innovative di viticoltura. Questi incontri hanno visto la partecipazione di ricercatori, agronomi e viticoltori che hanno condiviso le loro esperienze e conoscenze.
Visite ai Vigneti: Tour guidati nei vigneti delle regioni ospitanti, permettendo ai visitatori di vedere da vicino le condizioni estreme in cui queste vigne crescono e di incontrare i produttori locali.
Abbinamenti Enogastronomici: Esperienze culinarie con chef rinomati che hanno creato menu abbinati ai vini estremi, esaltando le caratteristiche di ogni vino attraverso piatti preparati con ingredienti locali.
Terre Estreme 2024: Un Trionfo della Viticoltura Eroica, foto vigneti di Villa Corniole
Presenze e Partecipazione
L’edizione 2024 è stata ricca di partecipazioni, con la presenza di oltre 100 produttori provenienti da diverse regioni d’Italia e dall’estero. Tra questi, ci sono state cantine famose per la loro produzione in condizioni estreme, come le aziende vinicole delle Cinque Terre, note per i loro terrazzamenti sul mare, e quelle della Valtellina, con i loro vigneti situati su pendii ripidissimi.
L’evento ha attirato numerosi appassionati di vino, giornalisti, enologi e operatori del settore, rendendo “Terre Estreme” un’occasione imperdibile per networking e scambio di idee. Inoltre, la manifestazione è stata aperta al pubblico, offrendo a tutti la possibilità di scoprire e apprezzare i vini estremi attraverso degustazioni e attività didattiche.
Terre Estreme 2024: Un Trionfo della Viticoltura Eroica, foto vigneti di Val di Scalve
Sostenibilità e Innovazione
Un tema centrale di “Terre Estreme” è stata la sostenibilità. Molti dei produttori partecipanti adottano pratiche di agricoltura biologica e biodinamica, cercando di ridurre l’impatto ambientale e preservare la biodiversità del territorio. Durante l’evento, sono stati presentati progetti innovativi volti a migliorare la resilienza delle vigne e a promuovere una viticoltura sostenibile.
Conclusione
“Terre Estreme 2024” è stato un evento di grande importanza per il mondo del vino, mettendo in luce la passione e la dedizione dei viticoltori che lavorano in condizioni difficili. Questo appuntamento non ha solo celebrato i vini estremi e i territori da cui provengono, ma ha rappresentato anche un’opportunità per riflettere su temi cruciali come la sostenibilità e la biodiversità. Per chi ama il vino e la natura, “Terre Estreme” è stata un’occasione unica per scoprire e degustare vini straordinari e per approfondire la conoscenza di un settore in continua evoluzione.
La Vernaccia di San Gimignano: Celebrazione di un Patrimonio Vitivinicolo, evento Regina Ribelle Vernaccia di San Gimignano Wine Fest
Redazione – Carol Agostini
Nei giorni scorsi, San Gimignano ha ospitato un evento dedicato alla Vernaccia di San Gimignano, uno dei vini bianchi più prestigiosi d’Italia. Questo incontro ha riunito produttori, enologi, esperti del settore e appassionati per celebrare e promuovere questo vino che rappresenta un simbolo della tradizione enogastronomica toscana. L’evento ha offerto un’opportunità unica per esplorare la storia, il territorio, la cultura e le tradizioni legate alla Vernaccia di San Gimignano, evidenziando anche gli abbinamenti gastronomici ideali.
La Vernaccia di San Gimignano 2024, il vino un territorio, logo da comunicato stampa
La Storia della Vernaccia di San Gimignano
Origini e Tradizione
La Vernaccia di San Gimignano ha radici antichissime che risalgono al XIII secolo. Questo vino è stato menzionato in numerosi documenti storici e letterari, incluso “La Divina Commedia” di Dante Alighieri, dove viene citato nel Purgatorio. Nel corso dei secoli, la Vernaccia è diventata sinonimo di qualità e tradizione, guadagnandosi un posto di rilievo nel panorama vitivinicolo italiano.
Nel 1966, la Vernaccia di San Gimignano è stata il primo vino italiano a ottenere la Denominazione di Origine Controllata (DOC), riconoscimento che sottolinea la sua importanza e il suo legame con il territorio. Successivamente, nel 1993, ha ottenuto la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG), attestando ulteriormente la sua eccellenza.
Il Consorzio della Vernaccia di San Gimignano
Il Consorzio della Vernaccia di San Gimignano svolge un ruolo fondamentale nella promozione e nella tutela di questo vino. Fondato nel 1972, il Consorzio lavora per garantire la qualità della produzione, proteggere il marchio e promuovere la Vernaccia a livello nazionale e internazionale. Attraverso iniziative come degustazioni, eventi e campagne di marketing, il Consorzio contribuisce a mantenere viva la tradizione e a far conoscere la Vernaccia di San Gimignano a un pubblico sempre più ampio.
Il Territorio di San Gimignano
Geografia e Clima
San Gimignano, situata nella provincia di Siena, è una cittadina medievale famosa per le sue torri e per il suo paesaggio collinare. Il territorio è caratterizzato da suoli sabbiosi e calcarei, che conferiscono alla Vernaccia le sue peculiarità uniche. Il clima mediterraneo, con estati calde e inverni miti, favorisce la coltivazione della vite e la produzione di vini di alta qualità.
Viticoltura e Produzione
La coltivazione della Vernaccia di San Gimignano si estende su circa 700 ettari di vigneti, con una produzione annua di circa 5 milioni di bottiglie. La vite di Vernaccia si adatta perfettamente ai terreni collinari di San Gimignano, dove le altitudini variano tra i 200 e i 400 metri sul livello del mare. Questo ambiente favorevole, combinato con le tecniche di viticoltura tradizionale, consente di ottenere un vino dalle caratteristiche inconfondibili: colore giallo paglierino, profumi floreali e fruttati, e un gusto secco e fresco con una nota ammandorlata nel finale.
I Produttori della Vernaccia di San Gimignano
Le Cantine e i Vignaioli
Durante l’evento, sono stati protagonisti numerosi produttori locali che hanno presentato le loro etichette di Vernaccia di San Gimignano. Tra le cantine più rinomate figurano:
La Lastra: Questa cantina si distingue per l’approccio sostenibile alla viticoltura e per la produzione di vini biologici che esprimono al meglio il territorio. Teruzzi: Innovativa e orientata alla qualità, Teruzzi combina tradizione e modernità per creare una Vernaccia di grande carattere. Casa alle Vacche: Una realtà a conduzione familiare che produce vini autentici e rappresentativi del territorio.
Ogni produttore ha contribuito a creare un panorama diversificato di interpretazioni della Vernaccia, offrendo ai partecipanti la possibilità di scoprire le varie sfumature di questo vino unico.
La Vernaccia di San Gimignano 2024, il vino un territorio, foto da sito
La Vernaccia di San Gimignano e la Cultura
Patrimonio Culturale
La Vernaccia di San Gimignano non è solo un prodotto enogastronomico, ma anche un elemento integrante della cultura e della storia del territorio. La produzione del vino è strettamente legata alle tradizioni locali e rappresenta un patrimonio da preservare e valorizzare. Le storie dei vignaioli, tramandate di generazione in generazione, raccontano di un legame profondo con la terra e con la vite.
Eventi e Iniziative Culturali
L’evento dedicato alla Vernaccia di San Gimignano è stato arricchito da una serie di iniziative culturali, tra cui mostre d’arte, concerti e visite guidate. Queste attività hanno permesso ai visitatori di immergersi completamente nell’atmosfera di San Gimignano, scoprendo non solo il vino, ma anche la bellezza e la storia della cittadina.
La Vernaccia di San Gimignano 2024, il vino un territorio, foto da sito
Abbinamenti Gastronomici
Il Vino e il Cibo
La Vernaccia di San Gimignano è un vino versatileche si presta a numerosi abbinamenti gastronomici. La sua freschezza e la sua complessità lo rendono ideale per accompagnare piatti a base di pesce, frutti di mare, verdure e carni bianche. Durante l’evento, sono stati proposti vari abbinamenti che hanno esaltato le qualità del vino:
Antipasti di Mare: Ostriche, cozze e tartare di pesce sono stati abbinati a Vernaccia giovane, capace di esaltare i sapori delicati del mare. Risotti e Pasta: Risotto ai funghi porcini e pasta con frutti di mare sono stati accostati a Vernaccia invecchiata, che ha aggiunto profondità e complessità ai piatti. Carni Bianche: Pollo alla griglia e coniglio alla cacciatora hanno trovato un perfetto equilibrio con Vernaccia strutturata, capace di sostenere i sapori decisi delle carni.
Le Ricette Tradizionali
La cucina toscana, con i suoi sapori autentici e le sue ricette tradizionali, si sposa perfettamente con la Vernaccia di San Gimignano. Piatti come la pappa al pomodoro, la ribollita e la panzanella sono stati protagonisti di degustazioni che hanno esaltato il connubio tra vino e territorio.
Conclusione
L’evento dedicato alla Vernaccia di San Gimignano è stato un successo, confermando l’importanza di questo vino nel panorama enogastronomico italiano. La partecipazione di produttori, esperti e appassionati ha permesso di approfondire la conoscenza di un vino che rappresenta un simbolo di qualità e tradizione. Attraverso degustazioni, abbinamenti gastronomici e iniziative culturali, la Vernaccia di San Gimignano ha mostrato tutto il suo potenziale e la sua capacità di emozionare.
San Gimignano, con il suo paesaggio incantevole e la sua storia millenaria, si è rivelata ancora una volta il palcoscenico ideale per celebrare un patrimonio vitivinicolo che continua a conquistare il palato e il cuore di chiunque lo assaggi. La Vernaccia di San Gimignano, con le sue sfumature di sapore e la sua ricchezza culturale, resta un simbolo indiscusso dell’eccellenza enologica toscana e italiana.
Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer
ASSAGGI, salone dell’enogastronomia laziale, ci porta allo show cooking di Alain Rosica, grande curiosità!
Di Cristina Santini
Si è da poco conclusa, con ottimi risultati, la terza edizione di Assaggi – Salone dell’Enogastronomia Laziale di Viterbo, la kermesse delle eccellenze del nostro territorio e dei numerosi eventi collaterali.
Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice
Tra le tante attività alle quali abbiamo partecipato, abbiamo dedicato uno spazio allo show cooking dello Chef Alain Rosica del Ristorante Belvedere dal 1933 situato a Frascati (RM), dal titolo “La profonda identità delle radici”.
Un titolo, quello dell’incontro, a tema data la provenienza dal Venezuela dello Chef che si è portato un bagaglio di ricordi, sapori e conoscenze, e approdato ai Castelli Romani, la sua cucina si è contaminata con il nuovo ambiente. La matrice genetica, la biodiversità di una grande Capitale come Caracas, la cucina e la storia geologica castellana si fondono in un mosaico complesso e affascinante, un viaggio culinario, omaggio alla storia personale e alla passione per la cucina, un ponte tra due mondi che si incontrano in un piatto.
Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice, show cooking
Il viaggio che abbiamo intrapreso con Alain e Matteo è stato il riflesso di questa storia bellissima:
“E’ un’emozione e un onore rappresentare un territorio così vicino a Roma e così complesso. Al ristorante Belvedere, al centro di Frascati, abbiamo trovato una dimensione locale importante, in questi tempi riuscire ad avere questo nesso con il territorio, così quotidiano, è l’unica chiave che possiamo utilizzare per avere la stagionalità invece che la grande distribuzione, quindi il fruttarolo della piazza, il pastificio o il nostro macellaio di fiducia, i formaggi come la ricotta che ci viene consegnata calda.
Quest’anno facciamo 25 anni di attività e conserviamo ancora alcuni dei nostri fornitori storici. Qui oggi abbiamo portato un piatto che rappresenta una unione di culture, siamo andati anche molto indietro nel tempo, a cogliere l’essenziale di quello che è quel territorio che circonda Roma, la Roma di un tempo che ritroviamo nell’agnello, nelle erbe spontanee di campagna e nel pecorino.”
Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice, degustazione prodotti
La cucina romana è fatta di ingredienti poveri e la sua evoluzione nei secoli è stata arricchita da contaminazioni virtuose e influenze regionali, ne è un chiaro esempio l’unione gastronomica giudaico-romana. Come anche le spezie, gli amidi di riso, il pepe oggi utilizzato tanto nella nostra alimentazione.
In questa preparazione si è mantenuta l’identità locale castellana, con l’impiego di un formaggio, stravecchio, di un produttore di Grottaferrata e l’agnello in bianco, una preparazione certamente di provenienza abruzzese-laziale. Un tipo di carne che richiama le origini abruzzesi da parte paterna, perché il papà era di Guardiagrele, dove Alain ha vissuto per alcuni anni conservando questo forte legame, anche contadino, con il territorio.
“Ragionandoci abbiamo voluto proporre un piatto antico, dai sapori e dalle radici antiche, di queste parti prima che arrivasse la cultura dell’antica Roma con tutto ciò che si è portata dietro, ovvero quello che mangiavano le comunità autoctone dei Castelli, prima che arrivasse la Roma imperiale raccontando per alcuni versi anche la biodiversità territoriale.”
Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice, degustazione piatto
Arriviamo al nostro meraviglioso e buonissimo piatto: si tratta di una sfoglia particolare, una pasta di grano antico saragolla, un po’ amaro, utilizzata per comporre i cappellacci che sposano perfettamente la dolcezza della carne di agnello con fonduta di pecorino e salsa di melograno e l’aggiunta di erbe amare spontanee e uvetta. C’è complessità ma anche tanta bontà in questo delizioso piatto, con il cumino tostato a corredo che lega perfettamente con la carne, insieme a chiodi di garofano, pepe, cannella, dal tocco orientale come le origini dello Chef, tutte spezie dell’antica Roma, ma anche del Nord Africa e del bacino del Mediterraneo. Un piatto dal sapore delicato, dove ogni ingrediente è riconoscibile e ben integrato, con gli aromi speziati a dominare la scena. Una riduzione lenta di melograno, senza zuccheri, quasi neutra, a colorare e condire con maestria la pietanza.
L’utilizzo del succo, secondo noi, ha colto l’essenza finale del piatto, un elemento poco utilizzato in cucina che invece sarebbe appropriato reinserire nella nostra cultura perché regala tanta aromaticità, molto usato ad esempio nella gastronomia dei balcani. Profumi inebrianti provengono dai formaggi e dalle erbe aromatiche che compongono la ricetta, soprattutto dalle misticanze ripassate con l’uvetta.
Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice, show cooking
Dulcis in fundo, i cappellacci, prima di essere serviti, sono stati tostati un pochino – quasi mai mantecati nel loro sugo, come racconta Alain – per dare più intensità aromatica e croccantezza al palato. Si vuole, a ragion veduta, esaltare la fragranza dell’impasto e creare una specie di “dumpling”.
“Abbiamo utilizzato le ossa, che oggi nei ristoranti è difficile trovare, per fare il fondo. E’ un piatto che ha quel gusto e quel ricordo di una volta perché nelle ricette tradizionali bisogna ritrovare la nonna, la mamma.”
Una storia importante che si riflette nelle proposte, quei ricordi di Alain, della sua nonna in Venezuela che cucinava e si riscaldava con le braci in quel paesino a 1800 metri di altitudine lontano dal clima torrido di Caracas. E la casa in Italia, quella connessione indissolubile con il nostro Paese sin da piccolo dove passava le feste insieme al papà.
Ma la crisi economica che stravolse la Nazione, portò tutti a spostarsi e ricominciare da capo.
Ciò nonostante, è affascinante come le tradizioni e i dialetti possano creare una relazione così profonda con un territorio. Frascati è davvero un gioiello. La sua atmosfera pittoresca e il legame con la tradizione culinaria italiana lo rendono un luogo unico. La famiglia che gestisce il ristorante sembra aver fatto un ottimo lavoro nel preservare queste tradizioni e creare un’identità autentica. È sempre bello vedere come la cultura locale si intrecci con la cucina e l’ambiente circostante creando sinergie.
“Viviamo in cucina, facciamo cucina, un lavoro di ricerca sui prodotti, sulle materie prime, di identità ma anche di amore. E quindi il nostro pecorino non sarà mai del supermercato come anche una bottiglia di vino non arriverà dalla grande distribuzione, questo per dare al nostro ospite un servizio completo”.
Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto da sito ristorante
Lo Chef Rosica ci racconta del suo “Belvedere dal 1933” che già dal nome possiamo intuirne la posizione.
“Abbiamo in mente di allargare un po’ la sala anche all’esterno, dove abbiamo una veranda permanente. E vogliamo renderla fruibile anche d’inverno. L’estate invece si apre alle Terrazze proprio dall’altra parte. Abbiamo una cucina sempre stagionale, ma un po’ più leggera d’estate per il grande numero di persone, cercando sempre una formula comunque che mantenga la qualità nei nostri piatti. Altro piccolo progetto, sarà quello di inserire una cottura un po’ più primitiva. Tornare proprio alla semplicità e ai profumi veri della cucina, questa voglia di rimettere le erbe spontanee al centro, di ritrovare l’olio quello giusto. Insomma si è alzata moltissimo la soglia di attenzione sulla materia prima, e siamo anche fortunati di essere fuori in campagna, ci aiuta tantissimo questa vicinanza al produttore e questa conoscenza del suo lavoro.”
Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto di Cristina Santini
Ad accompagnare il piatto di Alain, un calice di Roscetto in purezza prodotto dall’Antica Cantina Leonardi di Montefiascone (VT), i cui vigneti sono esposti sulle colline vulcaniche del Lago di Bolsena. Una realtà enologica nata agli inizi del ‘900 dalla passione di un giovane imprenditore che, innamorato della sua terra e del vino, ha piantato le basi per quella che è diventata la più storica e prestigiosa cantina del luogo.
Luce del Lago – Lazio Igp Roscetto 2022 affinata in acciaio
Il Trebbiano giallo, localmente chiamato Roscetto per via della colorazione degli acini rosata anziché dorata in fase di maturazione, presenta un bouquet delicato di note fruttate come la pesca e l’albicocca, accompagnate da erbe aromatiche che lasciano una bocca fresca, leggera nella struttura e armonica.
Il suo sorso minerale e deciso, dall’acidità spiccata, si sposta sulla dorsale agrumata, sulle note fumé, di pietra focaia che rendono tutta l’esperienza degustativa gradevole e di ottima morbidezza con un finale lievemente ammandorlato.
Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto di Cristina Santini
Un successo accertato l’abbinamento con la pasta nel mix dei suoi ingredienti, concedendoci l’esaltazione al gusto della riduzione e delle sue erbette integrate alle note aromatiche e fruttate del vino. Un vino che esalta il piatto lasciando la bocca pulita e ben appagata.
ViniAmo, Sabato 11 maggio a Roma, 70 cantine, oltre 250 etichette e stand gastronomici
Redazione Carol Agostini
Informazioni generali
Dalle ore 11 fino alle ore 14.30 riservato a giornalisti, comunicatori, ristoratori, distributori, agenti ed enotecari, Dalle ore 14 fino alle ore 21 apertura anche al pubblico
Hotel Cristoforo Colombo Via Cristoforo Colombo 710
ViniAmo 2024, 2° edizione con tante novità e aziende
Manca poco alla II edizione di ViniAmo, kermesse che sabato 11 maggio porterà nella Capitale 70 cantine italiane – e non solo – e stand gastronomici con prelibatezze nazionali.
Negli ampi e luminosi spazi dell’Hotel Cristoforo Colombo a Roma, zona Eur, si riuniranno 70 produttori dal nord al sud dello Stivale che porteranno in assaggio oltre 250 etichette, offrendo così un quadro ampio e variegato della produzione vinicola italiana. Saranno tante le regioni rappresentate e molte le denominazioni e le indicazioni tipiche che si potranno assaggiare dalle ore 11 (11-14 solo per operatori) fino alle ore 21 passando da spumanti a bianchi, rosati, rossi e vini dolci.
Ospiti di eccezione di questa edizione saranno alcune etichette dalla Francia, zona Champagne, Borgogna e Bordeaux, e dall’Albania.
ViniAmo 2024, 2° edizione con tante novità e aziende, Coorganizzatrice Cristina Santini
Lista cantine e produttori gastronomici (in fase di definizione)
PIEMONTE
Podere Moretti (Langhe, Roero)
Taverna Wines (Barbaresco)
LOMBARDIA
Malavasi Vini (Pozzolengo Pr. Brescia)
Coronea (Franciacorta)
TRENTINO ALTO ADIGE
Maso Furli (Lavis Pr. Trento)
FRIULI VENEZIA GIULIA
Tenuta Stella Collio (Go)
Vini Bortolusso (Ud)
Vini Di Gaspero (Faedis UD)
VENETO
CastellAlta (Conegliano)
Terre di Rizzato (Valpolicella)
LIGURIA
Tenuta Maffone (Imperia)
EMILIA ROMAGNA
Cantina Luretta (Piacenza)
Carnevali Vigne e Cantina (Rubiera RE)
TOSCANA
La Ciarliana (Montepulciano)
Col di Bacche (Maremma)
L’Agona Vini (Colli Pisani PI)
Tiberini (Montepulciano)
Podere Casa al Vento (Montepulciano)
Valdorcia Terre Senesi (Val d’Orcia)
Podere Lecci e Brocchi (Chianti classico)
Poggio degli Ulivi (Montalcino)
LAZIO
Antonella Pacchiarotti (Tuscia)
Vinicio Mita (Roma)
Vini Giovanni Terenzi (Piglio)
Casa Mecocci Winery (Vignanello)
Cantina Gaffino (Ardea)
Terre del Veio (Formellese/Veio)
Papalino (Castiglione in Teverina)
Consorzio ROMA DOC
Tenuta Iacoangeli (Genzano di Roma)
Cantina Le Macchie (Rieti)
Casale del Giglio (Nettuno)
UMBRIA
Cantina Napolini (Montefalco)
Cantina Pomario (Lago Trasimeno)
MARCHE
Cantina Cerbero (AP)
Tenute Urani (PU)
Stefano Mancinelli – Morro d’Alba (AN)
ABRUZZO
Cantine Roveri (Ortona CH)
Fattoria Gaglierano (PE)
Tenuta Ulisse (CH)
Vini Biagi (Colline Teramane)
MOLISE
Enoteca Tintilia Food & Wine (Fiano R./Isernia)
Azienda Agricola L’Arco Antico (Pozzilli Isernia)
CAMPANIA
Azienda Vitivinicola Iovino (Campi Flegrei)
Aroma Winery (Irpinia)
Salvatore Molettieri (Irpinia)
PUGLIA
Giancarlo Ceci (Andria)
Re Dauno (Foggia)
BASILICATA
Cantine De Biase (Pollino PZ)
CALABRIA
Farneto del Principe (CS) / Az.Agricola di Apicoltura Pacienza (CS)
Le Conche (CS)
Cantina Malaspina (RC)
SICILIA
Tenute Cuffaro (Agrigento)
Sciare dell’Alba (Etna)
SARDEGNA
Contini 1898 (Oristano)
Podere 45 (Alghero)
TraMonti (Romangia SS)
DISTRIBUZIONI E RAPPRESENTANZE
Gruppo Ravazzolo:
Tenuta Volpare (Trentino)
Klosterhof (Alto Adige)
Cave Monaja (Valle d’Aosta)
Aurelie Berthod (Borgogna)
Romain Tribaut (Champagne)
Château de Reignac (Bordeaux)
ATWine – Consulenze Enologiche:
Antica Tenuta Palombo (Atina FR)
Casale della Ioria (Anagni FR)
Cantina Bacco (Nettuno RM)
Casal De Luca (Aprilia LT)
Murgo Nettunense (zona Anzio RM)
Palazzo Prossedi (Bassiano LT)
I Pampini (Acciarella LT)
AZIENDE ESTERE
Seb Winery Vlore (Albania)
EXTRA VINO:
FOOD E ALTRO
SOFIE (Pasticceria e Cioccolateria)
AGROMNIA Società Agricola (Ranch)
AGRICOLA NASTI (Olio)
FATTORIA DI ALICE (Tartufi, zuppe)
ROMIZZA (Pizza/Impasto pizza)
GASTRONOMIA
AZIENDA AGRICOLA GIORGIO PRATINI
Sponsor di questa II edizione sono NOVACONNECT, FRIMM, ASSOCIAZIONE STUDIO 121, GRUPPO RESTA/STUDIO ADP121
Nelle date del 24 e 25 marzo 2024 si è svolta, presso l’UNA hotel di Lido di Camaiore,la sedicesima edizione di Terra di Toscana, un evento tanto atteso per il suo livello qualitativo d’eccezione assicurato dalla minuziosa selezione di 140 vignaioli di tutta la regione.
Solitamente questa manifestazione segnava la chiusura degli incontri dedicati alle anteprime ma quest’anno invece l’epilogo sarà a maggio con l’Anteprima Vernaccia di San Gimignano, vitigno di cui Adriano Guerri ci ha offerto un’anticipazione riportandoci le sue impressioni sugli assaggi effettuati in questa occasione.
La nostra attenzione invece si è rivolta, probabilmente influenzati anche dal primo sole primaverile sulla pelle, dalla temperatura mite e dalla brezza marina, sui vini bianchi e macerati: la voglia d’estate si fa già sentire!
Terre di Toscana 2024, un viaggio di assaggi tra i macerati, Elsa Leandri, foto dell’autrice
La selezione è stata basata unicamente sulle sensazioni percepite in fase degustativa ponendo uno sguardo attento e curioso sulle vecchie annate che permettono di vedere l’evoluzione, ormai per fortuna sdoganata, anche dei vini bianchi rivelandoci delle interessanti sorprese.
Riportiamo quindi di seguito alcune note sui vini che ci hanno completamente dirottato in un mondo fatto di emozioni, eleganza e attrattiva. La novità di questo articolo è che per cercare di comunicare in modo chiaro a voi lettori il percepito durante l’assaggio, ogni vino è stato caratterizzato da un aggettivo o da un sostantivo così da offrire una lettura diretta e rapida.
Invece delle classiche top ten noi riportiamo la nostra top sette: vogliamo rendere omaggio a quel numero ricco di mistero e connesso a fenomeni astrali o a proprietà aritmetiche, e che, effettivamente, ricorre molte volte nella vita di tutti i giorni, basti solo pensare a quanti sono i giorni della settimana!
“Senza nome 2021”- 100% Viogner- Podere Sant’Agnese
Bizzarro
Il nome non è quello ufficiale dal momento che Paolo ce lo ha fatto degustare in anteprima.
È un vino che vi segnaliamo e da tenere sottocchio.
Paglierino vivace. Tipici sentori di albicocca, pesca gialla, mirabelle ravvivati da effluvi di zenzero, timo e di ginestra. L’ingresso in bocca è pieno e dotato di una stuzzicante sapidità. Si dissolve lentamente su flavor di cedro.
Dorato luminoso. Ampio corredo olfattivo: ananas essiccato, miele di acacia, rosmarino, dragoncello, macchia mediterranea, vaniglia e pepe bianco. Sorprende il palato avvolgendolo con una delicata speziatura e una viva freschezza. Finale molto lungo con richiami di tisana di tiglio.
Batàr 2005- Chardonnay, Pinot Bianco-Querciabella, articolo: Terre di Toscana 2024, un viaggio di assaggi tra i macerati, foto dell’autrice
Fosso di Corsano 2017- Vermentino- Terenzuola
Veritiero
Paglierino. Le scorze di cedro e di pompelmo e la pesca essiccata sono accarezzate da soffi di erbette aromatiche e da lievi e attraenti cenni di idrocarburi. Il sorso è guidato dal connubio tra freschezza e sapidità su echi di zenzero candito.
Fosso di Corsano 2017- Vermentino- Terenzuola, articolo: Terre di Toscana 2024, un viaggio di assaggi tra i macerati, foto dell’autrice
Mimesi 2022- Vermentino- Tenuta di Ghizzano
Autentico
Paglierino con riflessi dorati. Si apre con sentori di melone bianco, pesca nettarina, salvia, verbena e con un leggero profumo di erba tagliata. In bocca l’entrata dinamica ravviva la lieve tannicità. Chiusura agrumata.
Mimesi 2022- Vermentino- Tenuta di Ghizzano, articolo: Terre di Toscana 2024, un viaggio di assaggi tra i macerati, foto dell’autrice
Vea 2019- 100% Trebbiano- Beconcini
Sorprendente
Dorato molto vivace. Seducente l’impatto olfattivo con note di fieno, mango, fiori di acacia, propoli e curcuma. Ottima simbiosi tra freschezza e sapidità accompagnati da una leggera astringenza. Lascia il cavo orale con ricordi di scorza di cedro candito.
Vea 2019- 100% Trebbiano- Beconcini, articolo: Terre di Toscana 2024, un viaggio di assaggi tra i macerati, foto dell’autrice
Seimiglia 2021- 100% Trebbiano- Colle di Bordocheo
Viaggiatore
Dorato luminoso. Note balsamiche, erbette officinali e aromatiche, leggeri richiami di zafferano delle Indie e di curry si elevano dal bicchiere. Entrata inizialmente avvolgente ma rinvigorita da una decisa freschezza speziata.
Seimiglia 2021- 100% Trebbiano- Colle di Bordocheo, articolo: Terre di Toscana 2024, un viaggio di assaggi tra i macerati, foto dell’autrice
Paglierino con riflessi dorati. Profilo olfattivo che spazia dall’origano e dal dragoncello alla pesca gialla matura e ai cenni di idrocarburi. La freschezza e la sapidità guidano il sorso verso un finale di bocca di pompelmo giallo candito.
Elsa Leandri autrice articolo, è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.
Torna nella Capitale la II edizione di ViniAmo, sabato 11 maggio 2024
Redazione – Carol Agostini
Evento con la partecipazione di 70 cantine, oltre 250 etichette e stand gastronomici si incontrano a Roma presso l’Hotel Cristoforo Colombo in Via Cristoforo Colombo 710
Seconda edizione per ViniAmo, manifestazione che vede protagonisti i vini di cantine italiane, ma non solo, accompagnati da alcune prelibatezze della tradizione gastronomica del Bel Paese.
L’appuntamento è per sabato 11 maggio negli accoglienti e luminosi spazi dell’Hotel Cristoforo Colombo a Roma, zona Eur, dove stampa, operatori ed eno appassionati potranno incontrare, ai banchi di assaggio, 70 cantine dal nord al sud dello Stivale, passando anche tra le isole, ed assaggiare oltre 250 vini di piccole e grandi realtà.
ViniAmo 2024, 2° edizione con tante novità e aziende
Curiosità
Ospiti di eccezione di questa II edizione saranno alcune etichette dalla Francia, zona Champagne, Borgogna e Bordeaux, e dall’Albania.
Stand gastronomici, di eccellenze italiane, consentiranno ai presenti di intraprendere una pausa golosa tra un calice e l’altro.
Ad arricchire la giornata ci saranno in programma un seminario sugli investimenti dei vini pregiati, con la possibilità per i partecipanti di assaggiare qualche preziosissima etichetta, ed una masterclass dedicata ad uno dei vitigni più particolari, gustosi ed intriganti dell’enologia nazionale: l’Aleatico.
ViniAmo 2024, 2° edizione con tante novità e aziende, Coorganizzatrice Cristina Santini
Informazioni
Dalle ore 11.30 fino alle ore 14 l’ingresso sarà riservato agli operatori, ovvero giornalisti, comunicatori, ristoratori, distributori, agenti ed enotecari, mentre dalle ore 14 fino alle ore 21 le porte si apriranno anche ai winelovers, con il pagamento in loco di un biglietto di ingresso di 25 euro (20 euro per i sommelier attualmente tesserati e per studenti universitari) che consentirà l’assaggio di tutte le etichette.
A breve sul sito www.minelliwineevents.it maggiori info sulle cantine, gli stand gastronomici, il seminario e la masterclass.
Per richiesta accredito giornalisti e comunicatori scrivere a: pr.enogastronomia@gmail.com
Per richiesta accredito ristoratori, enotecari, distributori ed agenti scrivere a: minelliwine.events@gmail.com
Gli accrediti avranno validità solo una volta confermati via mail dall’organizzazione.
L’evento è ideato ed organizzato da Minelli Wine Events, nata per promuovere la cultura del buon vino. Stefano Minelli, fondatore della Minelli Wine Events, lavora da tempo nel settore dei vini da investimento.
Al di là del cluster enologico Avellino è tra le province più ricche della regione Campania eppure, a dimostrazione che indicatori economici come il prodotto interno lordo non rispecchiano sempre la realtà media vissuta dalle persone comuni, l’Irpinia sta morendo; i dati di Confindustria Campania del 2023 parlano chiaro: spopolamento, grosse carenze infrastrutturali ed alto tasso di disoccupazione.
Arturo Erbaggio, ricerca e passione sono armi vincenti 2024, foto da internet
La verde Irpinia sta invecchiando e ciò rende il quadro decisamente allarmante dal punto di vista demografico, ma altrettanto preoccupante è il costante smottamento delle comunità rurali, sempre più a rischio e sempre più abbandonate a loro stesse.
L’Irpinia è inequivocabilmente uno tra i distretti vitivinicoli più importanti d’Italia e tra quelli maggiormente vocati alla produzione di vino di indiscusso pregio.
Gli straordinari fattori pedoclimatici e soprattutto l’eccezionale varietà in termini geomorfologici fanno sì che quest’area geografica non tema il confronto con la Côte-d’Or borgognona, in quanto a terreni decisamente eterogenei; tantissime le cantine, altrettanto diversificate per grandezza, filosofia produttiva e modello enologico, che costituiscono veri e propri fiori all’occhiello per l’economia della Campania e per tutto il Mezzogiorno, per non parlare dei grandi marchi, vere e proprie aziende rinomate a livello nazionale e nel mondo. Il paesaggio della provincia di Avellino è strabiliante e di grande rilevanza naturalistica, per non parlare della storicità dei borghi e dei monumenti, dei siti archeologici e della tradizione gastronomica, che annovera prodotti agroalimentari d’eccellenza.
Tra i vini irpini di punta spicca il rossissimo Taurasi, la cui docg è entrata in vigore nel 1993 e il cui disciplinare di produzione a denominazione di origine controllata risale al 1970. Decisamente tra i vini rossi più grandi del nostro Paese, tanto che il famoso politico ed enologo piemontese Arturo Marescalchi asserì “devo confessare, chiedendo scusa ai miei Barolo e Barbera, che il Taurasi si deve considerare il loro fratello maggiore”. Tanto valeva in un glorioso passato e tant’è oggi, come attestano i riconoscimenti delle più eminenti guide e personalità del settore, sia a livello nazionale che all’Estero.
Fatto sta che il disciplinare del Taurasi è un disciplinare aperto. In poche parole ne è consentito l’imbottigliamento fuori dalla zona di origine e fuori dalla stessa regione Campania.
Arturo Erbaggio, ricerca e passione sono armi vincenti 2024, foto da internet
Molto probabilmente la mano di chi al tempo ha esteso un privilegio ad imbottigliatori con sede extraregionale, oggi difficile da eradicare e anche soltanto da restringere forse, doveva assolvere ad esigenze di natura commerciale già a partire dal 1970 e che poi si sono connaturate e corroborate con l’attuale docg in forma di diritti acquisiti, potremmo dire. La questione non getta certo ombre sulla rispettabilità e il livello qualitativo raggiunto dalle tantissime cantine avellinesi, ma apre certamente a delle considerazioni che il Consorzio di Tutela Vini d’Irpina, suo malgrado, dovrà affrontare. La situazione per la compagine consortile, insediatasi quasi due anni fa, è decisamente complessa da affrontare, considerando l’aver ereditato un ventennio scomodo in cui, quantomeno, l’area geografica veniva fatta passare per sinonimo di una sola cantina o quasi, fra i vari altri gap da recuperare.
Oltre al rischio di vedersi arginare una buona fetta di mercato, sussiste la conseguente possibilità che aumentino le giacenze di magazzino, ma il fatto che a rimetterci siano le piccole o le grandi aziende costituisce un danno economico relativo, poiché il pericolo più imminente è che a pagare le spese siano i viticoltori irpini, vedendosi le uve appese alla pianta pur di non rimetterci anche le spese della raccolta.
A cercare di mantenere comunque l’obiettività, non si può continuare a vedere un prodotto di nicchia svenduto a pochi spicci sugli scaffali della grande distribuzione: il brand Irpinia ne esce trasfigurato e questo non se lo merita. Parliamo pur sempre di vini straordinari il cui rapporto qualità-prezzo è troppo sbilanciato a causa di una svalutazione di prodotto.
Per poter affrontare ragionevolmente la questione ed avere un punto di vista su questa e altre tematiche legate a questo territorio, abbiamo chiesto ad una persona di grande trasparenza, pragmatismo e coerenza di farsi intervistare. Ve lo presentiamo…
Arturo Erbaggio è nato a Napoli nel ’77 ed è cresciuto ad Afragola. Nel 1996 ottiene il diploma di maturità scientifica, laureandosi nel 2003 in Scienze e Tecnologie Agrarie presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e successivamente in Viticoltura ed Enologia presso l’Università di Foggia nel 2009, conseguendo inoltre diversi corsi e abilitazioni professionali durante il corso della sua ultraventennale attività lavorativa. Per quanto da piccolo abbia odiato il lavoro in campagna, oggi la sua ammirevole carriera è tutta incentrata sulla forte passione per la viticoltura e l’enologia.
Attivo nella ricerca e nella sperimentazione, principalmente in questi campi, grazie a collaborazioni con istituti di ricerca e università per lo sviluppo di progetti e lavori riguardanti il tema della sostenibilità, dell’impatto ambientale dei sistemi produttivi aziendali e degli effetti dello stress idrico e del climate change sulle performances vegeto-produttivo delle viti e sulla qualità dei vini campani, è un assiduo curioso di fisiologia vegetale, ecologia, sociologia e tecnologia, oltre ad essere un amante dello sport, particolarmente il basket, del bricolage e dell’edonismo nella sua accezione più ampia.
Influenzato dai suoi zii ascolta con piacere diversi generi musicali, “La fine è il mio inizio”, di Tiziano Terzani, è il suo libro preferito, mentre E.T. di steven spielberg ne è il film. La frase che più lo ha contraddistinto, quasi un mantra derivato dalla pallacanestro è “voglio la palla!”. Arturo Erbaggio sa riconoscere la bontà delle cose semplici, ecco perché tra i suoi cibi prediletti primeggia il pane con i pomodori datterini, conditi con origano, olio e basilico. Ad ispirare lui e tanti studenti ha avuto alcuni docenti della Facoltà di Agraria a Portici, a sostenerlo c’è sempre la sua famiglia. È membro del CDA del Consorzio di Tutela dei Vini d’Irpinia, consulente agronomico ed enologo presso alcune aziende viticole e cantine.
Arturo Erbaggio, ricerca e passione sono armi vincenti 2024, foto da internet
Dottor Erbaggio potrebbe esprimere il suo pensiero circa la questione del disciplinare aperto sul Taurasi?
La questione anima polemiche tra gli operatori della filiera e viene strumentalizzata quando si vuole creare confusione e malcontento in un areale dove vi sono criticità nel mercato delle uve e dei vini. In passato è stata data la possibilità ad alcune aziende di imbottigliare fuori dall’areale di produzione, probabilmente per rispondere ad esigenze commerciali, evidentemente prioritarie in quel momento. C’è da dire che la reputazione di talune piccole denominazioni, poco note, poco organizzate o deficitarie di player forti sui mercati, ne ha giovato.
Naturalmente tale situazione inficia anche altri disciplinari con un indotto anche più importante…
Riguarda molti disciplinari di produzione italiani, non solo quelli irpini o comunque campani in generale. Ma sia chiaro, oggi il Testo Unico del Vino garantisce nessuna liberalizzazione, ad eccezione delle deroghe già concesse e casi eccezionali, per tutelare prioritariamente i diritti dei consumatori. (In passato vi è stata battaglia legale con Comunità Europea che intendeva assicurare la libera circolazione delle merci, vino sfuso compreso).
Ritengo che non bisogna avere pregiudizi, in particolare quando essere campanilisti può risultare di ostacolo allo sviluppo. La pratica sicuramente sposta altrove una parte dei margini di guadagno e questo, a dire il vero, dispiace. Inoltre, storicamente, vi sono preoccupazioni legate al basso prezzo di vendita dei vini e al rischio di contraffazione. Relativamente a questo ultimo punto, è importante che le aziende imbottigliatrici siano assoggettate allo stesso sistema di controllo. Queste, talvolta, diventano anche soci dei consorzi. Inoltre, il prezzo di vendita delle bottiglie meriterebbe un’analisi non superficiale essendo legato in primis al costo dei vini sfusi. Vanno effettuate rilevazioni precise sui mercati, confrontati i dati e ponderati per le quantità.
Qual è la posta in gioco?
Le mie preoccupazioni sono maggiormente rivolte all’affermazione di uno stile dei vini sui mercati non rappresentativo dei territori, come conseguenza di una crescita numerica fuori dal solco dell’identità territoriale. Su questo bisogna lavorare…
Ma l’aspetto principale da considerare è rappresentato dalla redditività delle aziende viticole. Bisogna tener presente che le società imbottigliatrici, i grandi gruppi in generale alcuni dei quali vinificano anche in zona, rappresentano una soluzione valida a valorizzare ingenti quantità di uve e vini che altrimenti avrebbero problemi ad essere collocate, con il rischio di deprimere i prezzi e minare all’attività e presenza sul territorio delle aziende viticole. Per come vedo strutturata attualmente la nostra filiera, meglio che una fetta dei guadagni vada altrove che lasciare il prodotto invenduto. La priorità, rispetto a tutte le preoccupazioni elencate in precedenza, è garantire reddito ai viticoltori che altrimenti abbandonerebbero la coltivazione e, con essa probabilmente, la gestione virtuosa e sostenibile dei territori. Non ce lo possiamo permettere.
Arturo Erbaggio, ricerca e passione sono armi vincenti 2024, foto da internet
Situazione difficile. A suo avviso quali dovrebbero essere le azioni correttive di modo che vi sia un bilanciamento tra aspetto economico, territorialità ed immagine etica?
Mettere in atto politiche di branding territoriale. Il vino è una questione di identità territoriale e il consumatore lo connota come un ambasciatore dei territori di produzione. Esso è un paradigma di tipicità, coniuga le diversità territoriali che diventano più che mai bellezza e la stessa esperienza della degustazione richiede il coinvolgimento di questi aspetti. Questo intimo legame con il territorio è un vantaggio raro in agricoltura e, da un tale grado di rappresentatività, appare chiaro che la gestione del territorio è la base per il successo comunicativo dei prodotti agricoli ed il vino in particolare.
Per questo spero in un progetto di territorialità di ampio respiro che coinvolga l’intero sistema produttivo con le sue differenti filiere. L’agricoltura da sola non sarebbe sufficiente, necessitiamo di una governance ampia che miri al consolidamento del brand Irpinia, un territorio unico ed inimitabile. Un progetto del genere porterebbe al rafforzamento della reputazione dell’Irpinia tra i consumatori nella misura in cui si avrà percezione della cura del territorio. Sarà compito della Ricerca la produzione di conoscenza riguardo le originalità territoriali per dare consistenza e rafforzare la tipicità stessa. Non si può comunicare bene ciò che non si conosce, non sarebbe coerente e il consumatore ne risulterebbe confuso.
Attualmente qual è la prospettiva del Consorzio a riguardo e a cosa punta in generale?
La visione del Consorzio è che il territorio è la nostra eredità, la nostra risorsa. Siamo consapevoli delle criticità di alcuni areali e siamo fiduciosi che il lavoro di divulgazione intrapreso finora porterà i suoi frutti. Il nostro ruolo è di facilitare le relazioni con associazioni di settore, rappresentanti della politica e del mondo dell’informazione e ricerca, portando le istanze delle aziende. Abbiamo intrapreso un dialogo proficuo con Confindustria per agire in sinergia e promuovere con azioni condivise le eccellenze del territorio.
I punti di forza, i punti deboli e il potenziale ancora inespresso dell’Irpinia…
Parliamo di Irpinia del vino naturalmente…
Come ho espresso in precedenza l’immagine del vino è conseguenza di quella del territorio e qui ci sono le carte in regola per giocare la partita dell’eccellenza. Basta fermarsi e ammirare le forme del paesaggio: alternanza di boschi, siepi campestri a campi coltivati. Un’orografia complessa, con pendenze talvolta da viticoltura eroica, su cui si è innestata l’opera di generazioni di viticoltori generalmente molto rispettosi e conservativi.
Credo il maggior potenziale inespresso sia legato ai suoli e alle varietà autoctone allevate, in particolare alla luce delle necessità che il cambiamento climatico ci impone in termini di efficienza della risorsa idrica. I ricercatori stanno lavorando per imparare a gestire la variabilità dei suoli, che è ricchezza, le loro caratteristiche idrauliche, la relazione con le differenti varietà allevate in funzione della tipologia di vini da produrre. Lo scopo è di proporre variazioni a tecniche di gestione, non più sostenibili ormai, che andranno a mitigare l ‘effetto del climate change e ripristinare la fertilità.
Arturo Erbaggio, ricerca e passione sono armi vincenti 2024, foto da internet
Non dico nulla di nuovo riguardo all’originalità delle varietà allevate, dalle quali otteniamo vini identitari, espressione delle caratteristiche pedoclimatiche. Tuttavia gli studi riguardo la caratterizzazione delle nostre varietà sono molto pochi e non più procrastinabili. Nel prossimo futuro le conoscenze sulla fisiologia varietale saranno la base per strategie di viticoltura di precisione, l’unica strada che abbiamo per produrre meglio utilizzando meno energia. Tra gli obiettivi più urgenti ci sono la valutazione dell’adattabilità dei territori alle varietà e/o stili di vini, della resilienza delle differenti varietà agli stress idro-termici e dell’eventualità di irrigazione come leva di qualità.
Non è passato molto tempo da quando il progetto della doc unica regionale si è arenato. Ci è andata bene oppure abbiamo perso un’occasione?
Altro tema molto caldo, strumentalizzato, su cui si continua a fare confusione.
Francamente mi risulta po’ difficile capire una Doc su un territorio così grande ed eterogeneo come la Campania. Mi sembra in antitesi con quanto finora esposto riguardo la richiesta da parte dei consumatori di correlare le caratteristiche dei prodotti alle peculiarità dei luoghi di produzione.
Altra cosa sarebbe un brand collettivo…
Il Consorzio di Tutela Vini d’Irpinia si è espresso chiaramente con un comunicato stampa ad agosto 2023, di seguito proverò a riprenderne alcuni concetti.
Credo che un brand Campania, accomunando molte eccellenze dell’agrofood regionali da proporre in sinergia, potrebbe catalizzare molta più attenzione mediatica e curiosità sui mercati. Per il settore vino probabilmente non risolverebbe i problemi legati ad un esiguo numero di bottiglie ma la necessità di fare massa critica e di creare un brand regionale, deve essere frutto di una politica comune che indichi una strategia capace di conciliare la competitività internazionale in maniera coerente con la necessità di valorizzare le unicità territoriali, evitando confusioni per i consumatori.
Ma le maggiori preoccupazioni sono legate alle ripercussioni sociali, economiche e ambientali conseguenti all’introduzione di un disciplinare di produzione. Nelle aree collinari interne, non solo irpine, la viticoltura è tra le poche possibilità di produrre reddito e di gestire il territorio a basso costo per la collettività. Spesso si vive in un contesto sociale già labile per criticità legate allo spopolamento, ricambio generazionale mal gestito, abbandono della coltivazione dei campi per scarsa redditività.
Alcune aziende già da tempo sono impegnate in modi diversi per scoraggiare l’abbandono dei territori vitati consapevoli dell’enorme danno anche per l’immagine che ne conseguirebbe.
Credo che il modello viticolo conseguente all’introduzione di un disciplinare regionale genererebbe lo spostamento delle aree vitate in zone a minor costo di produzione e peggiorerebbe tale situazione con ripercussioni catastrofiche per i piccoli borghi irpini che si trovano in territori orograficamente affascinanti ma che determinano costi di produzione più alti.
Sono i limiti di una struttura produttiva poco adattabile, determinata dalla natura ma anche da una politica agricola che ha sussidiato troppo un sistema economicamente inefficiente.
Con provocazione, ma non tanto, dico che l’indicatore di benessere di un territorio e del buon lavoro degli attori della filiera, consorzi compresi, non è il mero numero di bottiglie vendute, né il costo per bottiglia, ma il costo del kg di uva.
Eppure sembra che siano passati i vitigni tolleranti…
C’è chi asserisce che anche l’utilizzo del portainnesto abbia snaturato la vite europea.
Ritengo che la genuinità delle nostre varietà possa essere garantita grazie ai progressi della genetica; bisogna avere fiducia nella ricerca, in particolare perché le tecniche di ibridazione, trasferimento genetico e via dicendo, assicurano la tutela dell’immenso ed inesplorato patrimonio di variabilità che le varietà autoctone rappresentano.
Arturo Erbaggio, ricerca e passione sono armi vincenti 2024, foto da internet
In questi termini vuoi sapere se sono preoccupato per la tipicità?
Non più di altri temi, alcuni dei quali abbiamo trattato in questa intervista. L’originalità produttiva non può essere solo una conseguenza di una scelta varietale, né di una forma di allevamento o tecnica di vinificazione, ma di quanto le scelte dell’uomo sono funzionali al TERRITORIO!
La mia prudenza è agronomica, per le conseguenze dell’introduzione di un bionte nuovo in un ambiente. Non è un aspetto da sottovalutare per il rischio di generare ceppi fungini super resistenti o altro tipo di perturbazioni dell’agrosistema. Finora non ho ascoltato o letto alcuna analisi di tipo ecologico. Resto comunque fiducioso in merito.
Ci parlerebbe del suo concetto di viticultura ed enologia e con quale approccio combatte il cambiamento climatico?
Sono fortunato a fare un lavoro che mi piace. Cerco di interpretare entrambe le materie con curiosità, disponibilità alla sperimentazione, per combattere la noia e aggiornarmi costantemente. Nella professione è più che mai importante non avere pregiudizi e, soprattutto, accettare di cambiare il proprio punto di vista. Inizi a divertirti quando, con una maggiore maturità, concedi alla creatività di entrare nelle tue cose, accetti il tempo, e cerchi di rallentare. Non è disincanto ma il bisogno di reinterpretarsi e prestare attenzione a nuove cose.
Mi annoiano le discussioni sulle tecniche, tecnologie, macchinari etc., mi interessano le persone, come si relazionano con la complessità, quali competenze maturano e come accettano i propri limiti per preservare i loro progetti. Ho la fortuna di avere frequenti confronti con amici-colleghi e sono sempre incentrati sugli elementi di diversità. Per l’enologia le competenze essenziali sono sensibilità ed empatia.
Riguardo ai cambiamenti climatici ho imparato dai ricercatori quanto sia importante avere un approccio multidisciplinare, lavorare con un gruppo di professionisti con competenze differenti ad affrontare la medesima necessità. La vite è posta idealmente al centro, studiata come un albero da botanici, fisiologi, ecologi, pedologi. Da questa metodologia di ricerca vengono via via palesate le relazioni delle piante con l’ambiente, e la loro capacità di modulare il passaggio di materia ed energia dal suolo all’atmosfera. Le condizioni sono cambiate, è sotto gli occhi di tutti, e rifiutare di adattare la tecnica viticola è la scelta più sbagliata. La posta in gioco non è solo la sostenibilità ambientale, ma anche lo stile dei vini e i la tipicità.
Il progetto a cui è più affezionato ed un suo sogno nel cassetto…
I progetti sono quelli futuri, da realizzare. Sarebbe interessante un upgrade del progetto psr Campania-Grease, che si è appena concluso, attinente alla sostenibilità nel vigneto e particolarmente legato alla cultivar Greco, in collaborazione con l’Università degli studi di Napoli Federico II, l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’azienda Feudi di San Gregorio.
Il mio sogno, da piccolo, era di poter giocare e vivere di basket; oggi mi capita qualche notte di rivivere qualche sprazzo di gara. Mi manca la pallacanestro. Francamente nel cassetto c’ è tanta voglia di libertà, anche dai sogni!
Cosa beve Arturo Erbaggio quando non beve i vini di Arturo Erbaggio?
Assaggio i buoni vini, tutti. Ho un debole per le bollicine non dosate e i bianchi salati. Mi incuriosiscono i progetti su territori in altura. Ricerco le interpretazioni dell’equilibrio gustativo dei colleghi più bravi, come eventualmente hanno dosato il legno, la freschezza e come riescono a realizzarlo in ogni millesimo, rispettando lo stile aziendale.
Immaginare un febbraio caldo ed accogliente nella campagna toscana fa già viaggiare con i pensieri e con il palato. E allora perché non viaggiare e volare davvero verso Valdarno, Tenuta Sette Ponti?
Di Marco M. Marcialis
La risposta è sì! Tenuta Sette Ponti è un’azienda vitivinicola creata dalla visione illuminata e lungimirante del dott. Antonio Moretti Cuseri, che dopo i grandi successi nel mondo della moda e dello stile made in Italy ha voluto, alla fine degli anni ’90, investire nella sua più grande passione: il vino!
Nei primi giorni di febbraio, sono stato invitato dalla famiglia Moretti Cuseri a visitare le tenute di famiglia e conoscere il loro concetto di accoglienza e ospitalità. Un tour composto da tre giorni di piena immersione tra Valdarno, Bolgheri ed Arezzo.
Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis
Si inizia con il benvenuto di Alberto ed Amedeo Moretti Cuseri, che tra stile e modernità conducono l’azienda sui più prestigiosi palchi internazionali. Villa Crognolo ci accoglie in modo regale presso la Vigna dell’Impero, dalle cui vecchie e nobili viti viene ottenuto l’omonimo sangiovese in purezza.
Stile, rigore e accuratezza nella gestione delle vigne e delle zone di lavorazione, aprono le porte al primo tasting che, partendo dalla loro moderna visione del Chianti Vigna Pallino, cede il passo ai must dell’azienda come il Crognolo e poi gli iconici e pluripremiati Oreno e Sette, vere gemme che spiccano tra i super tuscan. Il tasting nell’accogliente e storica dimora prosegue davanti ad un grande caminetto acceso per poi dare spazio ad un aperitivo tra salumi di cinta senese e cena in pieno stile toscano che consente degli abbinamenti straordinari.
Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis
Da Valdarno si prosegue a Bolgheri, dove la via Bolgherese mi ha lasciato senza parole per lo stupore e la meraviglia di ogni #winelover nel percorrere questo viale di memoria carducciana. La visita alle vigne di Orma apre la discussione su un territorio come quello di Bolgheri così amato e agognato. L’amore e l’agonismo verso Bolgheri vengono resi liquidi nei calici dei vini prodotti ad Orma, da un Vermentino fresco e sapido fino ad arrivare al ricercatissimo ed esclusivo Aola di Orma.
Il tour tocca anche una parte storico-culturale che, passando dal Ponte Buriano famoso per essere stato dipinto da Leonardo Da Vinci sullo sfondo della Gioconda, arriva fino al centro di Arezzo, che respira e vive di grande arte ed enogastronomia.
Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis
Questo è stato un viaggio personale e magnifico con cui la famiglia Moretti Cuseri ha voluto farmi vivere un sogno toscano durato tre giorni e per questo rivolgo loro un immenso “Grazie”!
Marco Fabio Maria Marcialis sommelier e wine-Trainer siciliano
Pitti Taste: nelle bellissima Fortezza Da Basso, edizione straordinaria per location ed aziende
Di Marco Maria Marcialis
Tra il 2 e il 5 febbraio, si è tenuta a Firenze presso l’imponente Fortezza Da Basso la 17ª edizione del Pitti Taste. Questo evento ha sempre avuto un allure forte e potente con un interessante mix di partecipanti tra addetti del settore e veri gourmand e food lover. Accoglienza e desk pienamente organizzati hanno aperto le porte a un viaggio che si prospetta davvero gustoso e goloso.
Pitti Taste: Il Vero Gusto Italiano va in Scena 2024, Foto di Marco M. Marcialis
Diversi padiglioni dedicati al TASTE Italia, dove stand organizzati in modo pregevole hanno accolto gli ospiti in modo straordinario. La lista delle pantagrueliche leccornie è davvero lunghissima, con particolare rilievo per i salumi delle regioni più vocate come la Toscana ed l’Emilia Romagna. Ma un grande plauso ed apprezzamento vanno agli affinatori di formaggi, figure vere e proprie di Cheese Maker o Cheese Master che partendo da formaggi artigianali di alto livello danno spazio a gusto e fantasia, ubriacando i formaggi con vini o distillati e poi adornandoli con spezie, foglie e frutta che ne elevano ancora di più il sapore.
Una bellissima scoperta è stata l‘Italico Caviale di Royal Food, che con i suoi allevamenti di storione crea una selezione di caviale che crea letteralmente scintille in bocca tra sapidità, aromaticità e persistenza. Note di pregio anche per l’abbinamento con i vini di Chiara Soldati di La Scolca, tra cui il metodo classico e la Riserva 100 anni che riescono a stregare in pairing con il caviale.
Pitti Taste: Il Vero Gusto Italiano va in Scena 2024, Foto di Marco M. Marcialis
Ottima la presenza della Sicilia con i distillati di Amara, che raccontano la potenza e il fascino dell’Etna e delle arance rosse coltivate nelle zone pedemontane. Il Tonno, le acciughe e le lavorazioni ittiche della famiglia Testa, partendo dal borgo marinaro di Ognina, hanno conquistato grandi mercati internazionali e molte tavole stellate.
Per rinfrescare il palato, le birre artigianali di Bruno Ribadi, con un packaging accattivante che non passa inosservato, partendo da Palermo fino ad arrivare a Catania, creano birre che sanno di siciliana meraviglia.
Un plauso speciale va alla preparazione, passione, entusiasmo e ricchezza di contenuti con cui ogni singolo espositore racconta il suo personale pezzetto di gusto italiano.
Pitti Taste: Il Vero Gusto Italiano va in Scena 2024, Foto di Marco M. Marcialis
Devo proprio ammettere che è stata un’esperienza piena di “Taste”.
Il Pitti Taste è una delle più prestigiose manifestazioni italiane dedicate al cibo di alta qualità e al settore gastronomico. Si tiene annualmente a Firenze presso la Fortezza da Basso, una delle più importanti strutture storiche della città.
Marco Fabio Maria Marcialis sommelier e wine-Trainer siciliano