OIKOS – GRECO DI TUFO RISERVA 2021 DI FONZONE ALLA MILANO WINE WEEK
Redazione – Carol Agostini
La Riserva di Greco di Tufo dell’azienda Irpina, conosciuta come OIKOS, ha recentemente ricevuto una serie di prestigiosi riconoscimenti. Sarà uno dei vini principali nella Masterclass guidata da Luca D’Attoma, un esperto riconosciuto nel mondo del vino, durante la Milano Wine Week.
OIKOS – Greco di Tufo DOCG Riserva 2021, prodotto dall’azienda Fonzone, è alla sua seconda annata ed è stato premiato con il massimo riconoscimento Tre Bicchieri dal Gambero Rosso, è stato inserito nella categoria Top Wine dalla Guida Slow Wine 2024 e ha ottenuto la Medaglia Gold al Merano Wine Festival 2023.
Questo eccezionale vino bianco è realizzato esclusivamente con uve provenienti da un clone rarissimo di Greco Antico, caratterizzato da acini più piccoli e un succo molto concentrato. OIKOS è un vino bianco strutturato, complesso e profumato che conquista immediatamente con le sue caratteristiche evolutive piacevoli. Al naso, si possono percepire profumi di grande intensità e complessità, con leggere note iodate, sentori di mela gialla matura e una leggera speziatura con accenni di noce moscata. Al palato, emerge il fiore di lavanda. L’acidità, pur essendo importante, non rende il vino secco, ma contribuisce a creare un equilibrio unico.
Inoltre, Fonzone Caccese è una cantina con una ricca storia di famiglia, fondata nel 2005, che si trova nel cuore dell’Irpinia, in provincia di Avellino. La cantina è circondata da vigneti coltivati in modo sostenibile e produce una gamma di vini che riflettono l’amore per il territorio e l’impegno per la qualità.
Storia aziendale
L’azienda agricola Fonzone Caccese è stata fondata nel 2005 ed è situata nelle affascinanti campagne di Paternopoli, uno dei diciassette comuni all’interno della prestigiosa DOCG Taurasi, nella provincia di Avellino, nel cuore dell’Irpinia. La cantina moderna, che si estende su 2000 mq, si trova su un colle nella sottozona “Campi Taurasini”, circondato da vigneti situati a un’altitudine che varia dai 360 ai 430 metri sul livello del mare.
Fonzone Caccese produce un totale di 8 diverse etichette, seguendo un approccio sostenibile e mettendo in evidenza le varietà autoctone come l’Aglianico, la Falanghina, il Fiano d’Avellino e il Greco di Tufo. Questo è un marchio che si concentra sulla produzione di vini artigianali di alta qualità, anziché sulla quantità. L’enologo di fama internazionale Luca D’Attoma è un pilastro di supporto per questa azienda a conduzione familiare.
Situata su un colle di circa trenta ettari, nelle campagne di Paternopoli, all’interno della DOCG Taurasi, la cantina domina un paesaggio straordinario caratterizzato da vigneti di Aglianico, Falanghina, Fiano d’Avellino e Greco di Tufo. Questa è la terra dell’Irpinia, famosa per i suoi grandi vini ammirati in tutto il mondo. La famiglia Fonzone Caccese coltiva con passione le varietà autoctone per produrre 8 vini artigianali che riflettono l’amore per il territorio e la tradizione di una famiglia unita dalla passione per la viticoltura di precisione e l’alta qualità.
L’azienda è stata fondata nel 2005 da Lorenzo Fonzone Caccese, un medico chirurgo appassionato di vino. Fin dall’inizio, l’azienda ha adottato un approccio sostenibile sia in vigna che in cantina, producendo vini bianchi, rossi e rosati aromatici, cremosi e longevi, rispettando i ritmi della natura e preservando la biodiversità. La nuova generazione della famiglia, rappresentata dai figli e dalle loro mogli, ha preso il testimone e continua a cercare l’eccellenza nella produzione di vini di alta qualità.
I vigneti della tenuta coprono 30 ettari e coltivano le varietà simbolo dell’Irpinia: Aglianico, Fiano d’Avellino, Falanghina e Greco di Tufo. L’azienda pratica l’agricoltura sostenibile, evita l’uso di diserbanti chimici e segue i principi della lotta integrata per la difesa fitopatologica. Il suolo è trattato con concimi organici e sovesci, e la potatura è mirata a rispettare le piante e a mantenere basse rese per migliorare la qualità delle uve. L’azienda favorisce la biodiversità gestendo gli spazi tra le file di viti con l’inerbimento di piante spontanee.
Il territorio di Paternopoli si colloca nella sottozona “Campi Taurasini” della DOCG Taurasi, ed è circondato da paesi come Villamaina, Castelfranci e Gesualdo. I vigneti beneficiano di esposizioni multiple e altitudini che variano dai 360 ai 430 metri sul livello del mare. I torrenti Fredane ed Ifalco influenzano il microclima, caratterizzato da notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte. Inoltre, la presenza di polvere vulcanica nel terreno, a causa delle eruzioni del Vesuvio avvenute nel corso dei secoli, aggiunge un elemento unico al territorio.
Fonzone Caccese produce 8 vini monovarietali che esaltano le caratteristiche straordinarie delle varietà autoctone dell’Irpinia. Tra questi, spicca lo Scorzagalline Taurasi DOCG Riserva, un Aglianico di grande struttura e complessità aromatica. Altri vini includono Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini, Irpinia Rosato DOC, Le Mattine Falanghina Irpinia DOC, Sequoia Fiano D’Avellino DOCG Riserva, Fiano d’Avellino DOCG, Greco di Tufo DOCG e Oikois Greco di Tufo DOCG Riserva.
La cantina moderna, progettata per integrarsi con l’ambiente circostante, copre circa 2.000 mq ed è quasi completamente ipogea. Lo spazio dedicato alle bottiglie è caratterizzato da pavimenti rossi, elementi in vetro e acciaio, creando un ambiente visivamente accattivante per degustazioni e incontri. Fonzone Caccese è impegnata nel raggiungere la certificazione biologica e ha l’enologo consulente di fama Luca D’Attoma, esperto di viticoltura biologica e biodinamica, a guidarli in questo percorso.
Conclusioni
In sintesi, Fonzone Caccese è una cantina che incarna la passione per il vino, l’amore per il territorio dell’Irpinia e l’impegno per la produzione di vini di alta qualità, sottolineando il valore della tradizione familiare e della sostenibilità.
ARGEA DAY: a un anno dalla nascita del Gruppo, una giornata dedicata alla sostenibilità e al debutto delle degustazioni delle aziende Artists.
Redazione – Carol Agostini
ARGEA, Gruppo leader del vino italiano con un fatturato 2022 di 455 milioni di euro, ha festeggiato il suo primo compleanno dando vita all’Argea Day, tenutosi nei giorni scorsi a Milano, a Identità Golose.
Ad aprire le danze in mattinata è stato HABITAT, il secondo appuntamento dedicato alla sostenibilità organizzato da ARGEA. Tema di quest’anno: “L’Innovazione nella Sostenibilità di Packaging”. L’evento ha visto la partecipazione dei principali operatori del settore e dei rappresentanti della filiera del vino e ha preso in esame tutto il comparto:
dai designer, ai produttori di packaging, passando dai distributori e i ristoratori, fino ai consumatori finali. Citando le parole di Massimo Romani, AD di ARGEA, lo scopo finale deve diventare la creazione di un ecosistema industriale che ponga al centro del proprio agire la responsabilità, non solo delle singole aziende, ma piuttosto delle aziende come parte di un patto di sostenibilità.
Nel pomeriggio gli ospiti hanno invece assistito al debutto in degustazione di una selezione di vini delle aziende Artists di ARGEA, condotto dal Wine Educator Filippo Bartolotta. Durante la presentazione sono stati degustati i vini delle cantine Cuvage, Ricossa, Nespoli e Zaccagnini.
Gli Artists di ARGEA: le eccellenze di territorio del primo gruppo vinicolo privato italiano.
A un anno dalla nascita, il più grande gruppo vinicolo privato italiano festeggia il primo ARGEA DAY e presenta le etichette testimonial delle sue Tenute. Nei giorni scorsi, a Identità Golose, con la degustazione The Anthology of Italian Wines guidata dal wine expert Filippo Bartolotta, è stato proposto un viaggio enologico da Nord a Sud Italia, fra territori, vitigni e persone che raccontano realtà vinicole di nicchia, dal Piemonte all’Abruzzo, passando per l’Emilia-Romagna, con le cantine Cuvage, Ricossa, Poderi dal Nespoli e Zaccagnini.
A un anno dalla nascita, ARGEA presenta per la prima volta le sue eccellenze di territorio. L’edizione numero uno di ARGEA DAY, che si è svolta a Milano nei giorni scorsi a Identità Golose, è stata la cornice di The Anthology of Italian Wines, una doppia degustazione rivolta a sommelier professionisti e stampa in cui sono state presentate le etichette di punta delle tenute Artists del gruppo. Cuvage, Zaccagnini, Poderi dal Nespoli e Ricossa sono le cantine coinvolte, realtà rigorosamente verticali, produttrici di vini che nascono da una profonda conoscenza della cultura vinicola e dalla sua interpretazione, valorizzando storia e tradizione.
Un vero e proprio viaggio enologico nel territorio italiano, dove ad essere protagonisti sono quei vini che più di altri raccontano storie di eccellenza e valore. A guidare la degustazione dei vini ARGEA, il wine expert Filippo Bartolotta che ha condotto un percorso enoico tra Piemonte, dove operano le cantine Cuvage e Ricossa, Emilia-Romagna con la tenuta Poderi dal Nespoli e Abruzzo con Cantina Zaccagnini.
Quattro tenute e otto vini, espressione autentica di alcune delle zone vinicole più importanti del territorio italiano: piccole realtà che fanno della tutela del territorio e della valorizzazione dei vitigni autoctoni i propri capisaldi; e vini – tre bianchi, un orange wine e tre rossi – che sono in grado di narrare al meglio le caratteristiche del terroir da cui provengono, la dedizione di chi da decenni li produce, la qualità di una filiera che dalla vigna alla cantina combina salvaguardia delle tradizioni e ricerca dell’innovazione.
«La selezione che ho fatto, assaggiando i vini di ARGEA» racconta Filippo Bartolotta «mi ha portato a scegliere quattro Tenute, come se viaggiassi attraverso il territorio italiano. La sorpresa più straordinaria è stata quella del contrasto tra i grandi numeri del gruppo – che figurano ARGEA come primo player vinicolo privato in Italia – e la geografia produttiva delle piccole realtà Artists che ne fanno parte. Inoltre, avere a fianco i quattro interpreti che hanno realizzato i vini ha permesso di dare un volto a quelle etichette, facendo emergere il lato umano e le storie che sono dietro le etichette.
Valori che rappresentano la forza del gruppo, nonché l’impegno e la forte passione che li caratterizza. I vini che ho scelto esprimono prima di tutto autenticità, come i territori che rappresentano».
IL VIAGGIO – The Anthology of Italian Wines
«Siamo partiti da ALTA LANGA DOCG BRUT METODO CLASSICO 2019 di Cuvage, che, prodotto nel basso Piemonte racconta una storia di grande competenza del gruppo: un vino molto fresco, minerale, reattivo e pulito – ha commentato Bartolotta.A seguire il NEBBIOLO D’ALBA DOC BRUT ROSÉ METODO CLASSICO 2019, sempre Cuvage, che ha riscosso un grandissimo successo soprattutto nella platea dei sommelier; un vino di un’acidità straordinaria in cui emergono elementi salini, il tannino, ma anche tanta dolcezza.
Ci siamo poi spostati in Abruzzo con il SAN CLEMENTE TREBBIANO D’ABRUZZO DOC 2022 di Zaccagnini, un Trebbiano d’Abruzzo che rispetto ad altri ha una nota floreale e una fibrosità incredibili, frutto delle grandi escursioni termiche che contraddistinguono la zona di coltivazione delle uve. Poi in Romagna, con Poderi dal Nespoli abbiamo degustato ORANGE WINE BIANCO RUBICONE IGT 2022, un vino originale e innovativo che nasce da un “errore”: un aumento di temperatura incontrollato durante la criomacerazione di un trebbiano che si voleva produrre “scarico” lo trasforma in vino macerato, molto complesso, che si rivela molto interessante».
«Tornando in Abruzzo,il CHRONICON, CERASUOLO D’ABRUZZO DOC 2022 di Zaccagnini ha raccontato l’essenza del Montepulciano d’Abruzzo, un vino definito, trasparente, puntuale, un esercizio che racconta veramente la natura del territorio, attraverso una leggerezza non frivola. Di nuovo in Romagna il GUALDO, ROMAGNA DOC SANGIOVESE PREDAPPIO BIOSIMBIOTICO 2021 esprime terreno, vino e frutto con un’energia incredibile, un tannino vibrante e reattivo – caratteristico del Sangiovese di Predappio – che può essere arrotondato dall’affinamento in bottiglia.
Dalla Romagna siamo quindi passati al Piemonte con il CAMPOLIBERO, BARBARESCO DOCG BIOLOGICO 2020 di Ricossa, dal frutto fresco e leggero, ma molto profondo e strutturato al palato, un tannino intellettuale che si presta a un buon invecchiamento. Il viaggio si è concluso infine in Abruzzo con il SAN CLEMENTE MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC RISERVA CASAURIA di Zaccagnini, di cui l’annata 2019 rappresenta la migliore interpretazione di sempre: un vino pensato in sottrazione, non affinato in barrique, che si presenta versatile, lirico e leggiadro».
«Abbiamo voluto portare, nel contesto di Argea Day, le nostre tenute di punta non solo perché rappresentano l’eccellenza, ma perché vogliamo testimoniare come un grande gruppo sia attento anche a micro-realtà territoriali, alla verticalità dei vini e all’espressione autentica dei territori.” afferma Massimo Romani “Un cammino iniziato da tempo, che si arricchirà anche di nuove progettualità nei prossimi anni, e che siamo contenti abbia riscosso apprezzamento sia da parte dei sommelier che dei giornalisti specializzati.
Per noi queste etichette non rappresentano un elemento di business primario, ma sono i gioielli di una reputazione complessiva del gruppo di cui siamo orgogliosi e che continueremo a fare crescere sia in termini di qualità che a livello di distribuzione nazionale e internazionale».
Jacopo Vagaggini terza generazione di enologo senese
Redazione – Carol Agostini
Jacopo Vagaggini, il brillante enologo senese di terza generazione, è stato recentemente insignito del prestigioso titolo di “Miglior Giovane Enologo Italiano” per il 2024 da Vinoway Selection. Questo riconoscimento, di grande importanza nel mondo del vino italiano, sarà ufficialmente conferito a Vagaggini il 21 ottobre prossimo presso il Castello Monaci Resort di Salice Salentino, in Puglia.
Jacopo Vagaggini è una figura enologica dinamica e versatile che ha dimostrato una notevole creatività nel settore vinicolo italiano. Le sue idee fresche e innovative hanno già prodotto risultati tangibili nelle numerose aziende con cui ha collaborato nel corso della sua carriera sempre in ascesa. La sua eccellente performance nel campo dell’enologia ha attirato l’attenzione dell’importante evento Vinoway Selection, che celebra annualmente i migliori vini italiani e le personalità più influenti del settore.
Nato a Siena nel 1991, Jacopo Vagaggini è un enologo di terza generazione e si è affermato come un punto di riferimento nel mondo del vino contemporaneo e futuro. La sua particolare dedizione alla viticoltura sostenibile, all’innovazione e all’importanza della territorialità lo rende un protagonista di spicco nel settore. La sua formazione eccezionale include una laurea in Biologia a Oxford con specializzazione in Environmental Changes, seguita da una laurea in Enologia presso il DNO di Bordeaux.
Le sue prime esperienze lavorative lo hanno portato in diversi Château francesi e in Argentina, dove ha approfondito la coltivazione e la produzione del Malbec, un vitigno noto per la sua forte identità territoriale. Vagaggini sostiene che un grande vino è in grado di comunicare istantaneamente la sua origine, il terroir da cui proviene, i vitigni utilizzati e l’annata di produzione. Questa filosofia si riflette nel suo lavoro, dalle consulenze enologiche alle sperimentazioni presso Amantis, l’azienda di famiglia. In quest’ultimo contesto, Jacopo conduce ricerche mirate per sviluppare un’enologia moderna che rispetti al contempo la tradizione.
Jacopo Vagaggini non si limita alla sua terra natale, ma espande le sue attività anche all’estero. Nel luglio del 2022 è stato coinvolto nello sviluppo di una promettente realtà enologica sull’isola di Gozo, un progetto ambizioso che promette di scrivere una nuova pagina nell’agricoltura maltese.
Parlando del riconoscimento ottenuto da Vinoway Italia, Jacopo Vagaggini ha dichiarato:
“Sono grato e onorato di aver ricevuto questo riconoscimento da Vinoway Italia. È un momento importante per la mia carriera, che conferma e motiva la mia missione di guardare al futuro dell’enologia con occhi sempre più attenti all’ambiente e alla territorialità.”
Vagaggini sottolinea l’importanza di preservare il patrimonio viticolo italiano, soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici e sfide sempre nuove per i produttori. La sua visione si basa sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni, che si sono adattati nel corso del tempo a specifiche nicchie ecologiche, garantendo una produzione di alta qualità anche in situazioni ambientali difficili.
Il titolo di “Miglior Giovane Enologo Italiano” è un prestigioso riconoscimento che conferma il talento, la passione e l’impegno di Jacopo Vagaggini nel mondo del vino. Questa vittoria rappresenta per lui un ulteriore incentivo a continuare a cercare la perfezione nell’estrapolare l’anima dei grandi vini, del terroir e delle persone che li producono. La sua carriera promette di essere ancora più luminosa e di contribuire in modo significativo all’eccellenza della produzione vinicola italiana.
Tenuta Mazzolino conquista i Tre Bicchieri del Gambero Rosso con il Terrazze Alte
Redazione – Carol Agostini
È l’ultimo di una serie di riconoscimenti per i vini della tenuta di Corvino San Quirico: Il Noir è stato eletto a maggio scorso il miglior Pinot Nero della Lombardia alle Giornate Altoatesine dedicate a questo vino
“Questo premio è motivo di grande orgoglio e ci rende particolarmente felici. Era uno dei nostri obiettivi”, afferma a Francesca Seralvo, terza generazione al timone della Tenuta. “Rappresenta un riconoscimento al nostro costante impegno sia in vigna sia in cantina. E averlo conquistato con il Terrazze Alte – il nostro secondo vino – aumenta la soddisfazione”.
Il Terrazze Alte – pinot nero 100%- è un progetto enoico della cantina lombarda nato poco più di un anno fa. “Fratello minore – solo anagraficamente – del Terrazze, con vinificazione simile”, spiega Stefano Malchiodi, enologo della cantina. “Il suo affinamento richiede qualche mese in più in vasca e viene così imbottigliato dopo la vendemmia successiva”. Di colore rubino delicato, ma brillante con leggeri riflessi rosso mattone, al naso il Terrazze alte risulta intenso, con quegli aromi tipici da pinot nero con sentori di frutta rossa, arancia sanguinella e qualche nota speziata.
Il finale è persistente con un ritorno di buccia di arancia sanguinella, e sentori di frutti rossi a polpa acida che anticipano la progressione di un sorso profondo. Al palato è agile e regala un tannino equilibrato e vellutato. Le severe vene calcareo-gessose gli donano profondità e dinamicità di sorso. Elegante e raffinato come solo il Pinot Noir sa essere, ma anche fresco e intenso, figlio di una vigna “difficile” e come tutte le cose che richiedono più tempo e fatica, il Terrazze Alte rivela un carattere unico e deciso
I tre bicchieri del Gambero sono una grande soddisfazione per la cantina: non la prima ottenuta nel 2023. Solo qualche mese fa il Noir, un pinot nero di razza, prima etichetta della cantina dell’Oltrepò, era stato eletto miglior Pinot Nero della Lombardia alle Giornate Altoatesine. Una strada ricca di successi che rafforzano l’idea di Francesca di aver fatto la scelta giusta, quando poco meno di dieci anni fa ha deciso di lasciare la carriera di avvocato per dedicarsi cuore e testa al lavoro in vigna.
“Sono davvero felice di questo risultato”, conferma. “È sicuramente il frutto di una grande lavoro di squadra – con un ringraziamento particolare al nostro enologo Stefano – ed è anche una soddisfazione personale: Tenuta Mazzolino riconquista un premio che mia madre aveva ottenuto per ben sei anni consecutivi. Alla mia gioia si aggiunge quella di tutta la famiglia. Questo premio è il riconoscimento per un lungo e intenso percorso di lavoro, caratterizzato sempre dalla passione e dalla dedizione”.
I tre bicchieri del Gambero Rosso, il massimo riconoscimento assegnato dall’omonima guida Vini d’Italia, dimostrano che la determinazione e la competenza sono fondamentali per raggiungere l’eccellenza. “Questo riconoscimento è per me non un punto di arrivo ma un punto di partenza. Uno sprone a fare sempre meglio”. Un obiettivo difficile, ma non impossibile, da perseguire con passione e risolutezza.
I Fiori di Leonie, ultimo nato della linea Myò di Zorzetting
Redazione – Carol Agostini
Zorzettig vince in sostenibilità I Fiori di Leonie, ultimo nato della linea Myò, vince riconoscimenti nazionali e internazionali. Premiato l’impegno verso lasostenibilità dell’azienda friulana guidata da Annalisa Zorzettig.
Porta il nome della piccola nipotina di Annalisa Zorzettig il vino più premiato quest’anno della storica azienda friulana.Leonie, grazie al suo grande amore per la natura, ha ispirato il nome di questo uvaggio di Pinot Bianco, Sauvignon e Friulano che quest’anno è stato premiatonon solocon i Tre Bicchieri del Gambero Rosso,ma anche con i 5 grappoli di Bibenda e con il gold di Wine Hunter Merano Wine Festival.
Un vino dedicato al progetto di preservazione della biodiversitàspecifica che Annalisa Zorzettig e l’agronomo Antonio Noacco, stanno portando avantida diversi anni in tutti i 120 ettari di tenuta.
“I fiori di Leonie rappresenta per noi la sintesi del nostro impegno nei confronti dell’ambiente e delle nostre radici –spiega Annalisa Zorzettig, titolare dell’azienda.
È un vino che parla fortemente di Friuli, perché nasce da tre varietà bianche che ben si esprimono nel nostro territorio:
il Sauvignon che dona il suo tratto aromatico, il Pinot Bianco con la sua eleganzae il Friulano, passato, presente e futuro della nostra famiglia, come Leonie. Il rispetto per il territorio, lapreservazione della biodiversità specifica e l’attenzione alla sostenibilitàsono poi alla base anche di un altro grande progetto su cui stiamo lavorando eche non vediamo l’ora di svelare nei prossimi mesi”.
Dopo l’abbandono del diserbo chimico, l’attenzione si è spostata sul ripristino della vitalità del suolo.
Ogni appezzamento viene studiato eviene applicato uno specifico sovescio perle caratteristiche di quel terreno. Si cerca in particolar modo di favorire la presenza non solo di insetti pronubi ma anche di antagonisti naturali ad altre specie nocive, per rendere il vigneto in grado di auto-proteggersi. Lo studio della miscela è tale da garantire fioriture le più costanti possibili.
Tutto parte dallanecessità di ricercare quell’equilibrio tra produzione agricola e preservazione dell’ambiente che negli anni si è teso a tralasciare, con l’intento di fornire un doppio vantaggio:sia all’uomo, assicurando una congrua produttività, che all’ecosistema.
Territorio
La cantina attualmente è nelle mani di Annalisa Zorzetting, vignaiola che ha raccolto l’eredità del padre rinnovando l’azienda e acquisendo nuovi vitigni fino ad arrivare ai 120 ettari attuali. Le vigne si estendono nei Colli Orientali del Friuli tra le zone di Spessa, Ipplise Prepotto: tre terroir unici e particolarmente vocati alla viticoltura, protetti dalle Alpi, dalle fredde correnti del Nord e baciati dalla brezza del mare Adriatico.
Linea di punta di Zorzetting è Myò: vini che nascono prevalentemente da vitigni autoctoni e vogliono essere una celebrazione dei Colli orientali del Friuli e della loro biodiversità, storia e cultura.
Un viaggio nella Loira ricco di territori, vini ed emozioni
Di Elsa Leandri
La Valle della Loira seduce con il lento ed incessante avanzare del suo fiume e dei suoi affluenti, con i sorridenti campi di girasole e con i pascoli verdi che si alternano ai numerosi castelli. A noi eno-appassionati parla, però, e soprattutto, di vino.
Poter dire di conoscere questa zona senza passarci moltissimo tempo, è impossibile. Bisogna infatti pensare che la Loira enologica costeggia tutto l’andamento del medesimo fiume, andando dall’Oceano Atlantico con i suoi terreni ricchi di granito e di gneiss fino al Massiccio Centrale in cui il suolo è di natura vulcanica, passando poi da zone tufacee come Vouvray o con una presenza elevata di Kimmeridge come Sancerre.
Capirete anche che in questo vasto territorio anche il clima varia: l’influenza oceanica, man mano che ci allontaniamo dalla foce della Loira, diminuisce lasciando spazio a un clima continentale. Non ci stupisce di conseguenza una differenziazione di vitigni: da ovest a est incontriamo melon de bourgogne, cabernet franc, chenin blanc, sauvignon, pinot nero, gamay, citando solo i principali.
Non è nostra intenzione effettuare un trattato su questo territorio che copre più di 55000 ettari di vigna, ma ci limiteremo a condividere con voi alcuni luoghi che abbiamo toccato nel nostro viaggio, che si è concentrato principalmente nella parte est della Loira vitivinicola.
Maison de Sancerre – siamo a Sancerre in una zona in cui il vitigno principale è il sauvignon che qui regala una delle sue espressioni migliori. Per scoprirne il motivo siamo andati, in quest’affascinante città medievale, nella Maison Farnault del XVesimo secolo, all’interno del quale è stato costituito dall’Union Viticole Sancerroise un luogo atto a far conoscere al meglio questo vino, offrendo una visita adatta a grandi e piccini, a curiosi e a appassionati attraverso giochi interattivi, film in 4D, giardino degli aromi e infine, per gli adulti, con una degustazione di 3 vini. La parte che personalmente ci ha maggiormente affascinato è la spiegazione della geologia del terreno che come ben sappiamo, insieme al clima e alla maestria dei vigneron, sono elementi caratterizzanti e distintivi.
In questo areale si possono distinguere ben 15 diverse formazioni geologiche, che si susseguono, si intrecciano e si fondono, regalando una vastità di peculiarità diverse. Principalmente si può ricondurre il tutto semplificando a 3 tipologie: le terres blanches, costituite principalmente da marne kimmeridgiane separate da strati di calcare, le caillottes, da calcare giallo e bianco e il silex, ricco di argilla, silice e conglomerati silicei, il cui scopo è quello di riscaldare la vigna in modo continuo.
Durante la degustazione noi abbiamo scelto di dedicarci unicamente ai bianchi, che rappresentano l’80% della produzione. Le etichette variano di volta in volta pertanto vi lasciamo il gusto di scoprire da soli quali bottiglie verranno proposte.
Piccolo grande plus: se viaggiate con il vostro cane, lui è assolutamente ben accetto durante tutto il percorso.
Vouvray– in questa zona troviamo un altro grande vitigno a bacca bianca: lo Chenin, chiamato localmente anche Pineau de la Loire che qui si svela in tutte le sue forme dalla versione spumantizzata a quella del vino moelleux.
In questi 2300 ettari di terreno tufaceo della denominazione si incontrano le caratteristiche ideali per favorire la variegata espressività di questo vitigno.
Monitorando costantemente la maturazione dell’uva si riesce ad ottenere sia vini ricchi di acidità (come i sec) sia più carichi della componente zuccherina (come i demi sec), fino ad arrivare a grappoli che presentano un attacco della muffa nobile (i mœlleux). Dalla versione spumante atta ad accompagnare un aperitivo, si passa quindi a delle versioni più strutturate che riescono a regalare degli ottimi abbinamenti anche con formaggi erborinati. A Vouvray non è raro imbattersi nelle cantine troglodite, risalenti al periodo romano, che offrono un posto unico per l’affinamento dei vini favorendo lo sviluppo di aromi e la complessità del vino.
Vi consiglio di fare come abbiamo fatto noi, andando a bussare proprio alla porta di un vigneron. La nostra scelta è caduta su Pierre Champion, che vanta una tradizione familiare che perdura da tre generazioni e che gestisce 14 ettari tutti impiantati a Chenin blanc. Siamo stati ottimamente ricevuti e abbiamo potuto approfondire e comprendere la versatilità di questo vitigno a bacca bianca che va da sentori di agrumi, acacia e pera nella versione sec per poi svelarsi con sentori più importanti di mirabella, frutti esotici, mela cotogna e mandorla in quelli moelleux. Tocco finale: la visita della cantina scavata nella roccia. Abbiamo adorato!
Bourgueil – abbandoniamo i bianchi per incontrare l’altro vitigno chiave della Loira: il Cabernet franc. In questo territorio che si estende per 1400 ettari si possono evidenziare la presenza di due tipologie di sottosuolo: uno ricco di graves, ricca di sabbia e ciottoli, mentre l’altro con un’importante componente tufacea e di natura argillo-calcarea. Questo permette di ottenere vini completamenti differenti favorendo da una parte la produzione di vini di pronta beva e dall’altra dei vini maggiormente strutturati e atti all’evoluzione in bottiglia.
Per avere un’idea di tale denominazione ci siamo recati alla Maison des Vins di Bourgueil in cui sono presenti 180 etichette dei 90 produttori della denominazione spaziando dai bianchi (che attualmente non rientrano nella AOP), ai rosati, ai rossi e in cui viene offerta la possibilità di degustare una selezione di vini.
Il nostro interesse è stato quello di focalizzarci sull’espressione del Cabernet franc vinificati in rosso con il fine di poter apprezzare questa differenza di bevibilità. Effettivamente la fragranza dei vini derivanti dal settore delle graves si contrappone al maggiore complessità data da sentori speziati e più scuri, nonché dalla maggiore tannicità della zona tufacea.
A nostro parere una maestrale espressione è Haut de la Butte di Jacky Blot, viticoltore, scomparso quest’anno, conosciuto per le eleganti espressioni di Chenin a Montlouis Sur Loire e per la capacità di mettersi in gioco, con ottimi risultati, a Bourgueil nella vinificazione del Cabernet Franc.
Chinon – nella città medievale oltre il Cabernet franc viene nuovamente affiancato dallo Chenin proponendo quindi sia bianchi, che rosati, che rossi. Anche in questo caso possiamo fare una distinzione tra vini ottenuti dalla parte collinare che regalano vini di struttura o da quella limosa più vicino alla Loira che si esprimono con vini più fragranti e immediati.
Incuriositi dall’omaggio che ci aveva offerto il proprietario del gite che avevamo affittato siamo andati al domaine Sault au Loup. La cantina precedentemente conosciuta sotto il nome di Dozon è gestita dal 2013 dal viticoltore Eric Santier, il quale ha deciso di rimettere in discussione la sua vita abbandonando il settore di promozione di prodotti alimentari francesi e di “imparare” il mestiere di vigneron.
Ad oggi si trova a gestire 14 ettari in conversione biologica dal 2020 impiantati a Cabernet franc e a Chenin Blanc. La diversità del territorio permette di ottenere dei vini più da pronta beva o vini più strutturati offrendo così una scelta per ogni occasione e per ogni palato.
Di grande rilievo “Le Grand Saut” e il “Clos du Saut au Loup” nei quali il cabernet franc offre da una parte un vino che promette una grande capacità evolutiva e dall’altra rivela le caratteristiche varietali del vitigno, in modo elegante e attrattivo.
Il nostro viaggio ci ha permesso di toccare anche la zona di Saumur-champigny, anch’essa terra di elezione per il Cabernet Franc, ma per scoprire questa realtà vi invito a leggere l’articolo dedicato al Clos des Cordeliers.
Una immersione analitica e circostanziata nella storia della vitienologia trentina.
Di Rosaria Benedetti
Non è così frequente in Trentino la presentazione, nello stesso semestre, di ben due libri che portano agli onori della carta patinata, strumento purtroppo in declino, il vino trentino. Uno dei due è addirittura alla sua seconda edizione.
Formati e contenuti differiscono non poco, ma va dato atto ad entrambi di proporre una immersione analitica e circostanziata nella storia della vitienologia territoriale, pur con stili e prospettive decisamente diversi.
Tutti gli autori coinvolti sono attualissimi e autorevoli protagonisti del palcoscenico del vino nonché profondi conoscitori sia della sua storia, qualcuno partendo addirittura della preistoria, che delle dinamiche sociopolitiche che l’hanno scandita in tempi più recenti, in particolare dalla seconda metà del secolo scorso fino ad oggi.
Nèreo CavazzaniAppunti per una biografia critica del vino trentino
di Tiziano Bianchi e Angelo Rossi – Iskra – territoriocheresiste
Presentato nella sua prima edizione a Vinitaly 2022 presso Astoria Wines, il volumetto prende spunto da una retrospettiva scritta a più mani sulla figura dell’enologo Nèreo Cavazzani, per percorrere a ritroso fatti e misfatti dai quali sono scaturiti nel tempo gli attuali palinsesti dell’enoviticoltura trentina. Il plurale è d’obbligo poiché molteplici sono le compagnie, gli attori e i protagonisti in scena. La chiave di scrittura/lettura è volutamente politica così come è evidente l’auspicato contributo in termini di dibattito.
“ Perché è nato questo libro?
Insieme ad Angelo Rossi volevamo materializzare un lavoro politico e divulgativo che oltre dieci anni fa avevamo cominciato sul web: articoli, post, polemiche, invettive, pubblicati prima su Trentinowineblog poi su Territoriocheresiste.
Un lavoro che fin dall’inizio, era il 2011, voleva indagare il vino del Trentino, prima di tutto, come atto politico, come azione economica e sociale dentro il contesto della nostra provincia. Il vino, quindi, come pretesto, o come alibi perfetto, per investigare in chiave sociologica ed economica la relazione fra le classi dirigenti locali, politiche e cooperative, e le classi subalterne delle campagne, i contadini del fondovalle e delle colline. Il libro nasce da questo presupposto e dall’ambizione di superare la dimensione effimera, e usa e getta, della scrittura digitale, per approdare ad una forma materiale, concreta, cartacea.
Per fare questo avevamo bisogno di un’evocazione forte, suggestionante, penetrante e per questo abbiamo evocato la figura di Nèreo Cavazzani, che fa da filo conduttore e trait d’union fra i numerosi saggi di cui si compone quest’opera che volutamente ha un tono corale e collettivo”
Nella storia di Nèreo Cavazzani, personaggio di elevata statura morale prima ancora che di grande sapienza tecnica, trentino di nascita e veneto di adozione lavorativa, è riflesso un affresco del vino trentino dalle cifre stilistiche eterogenee, dalle pennellate vivaci e nostalgiche, pungenti e provocatorie alternate a documenti di autenticità storicità. Questi ultimi in particolare, benché datati, oltre ad essere tecnicamente ineccepibli anticipano con straordinaria preveggenza evoluzioni e conflitti del panorama del vino Trentino. La figura del grande enologo risplende quindi attualissima acquisendo pagina dopo pagina notevoli doti di preveggenza!
Al netto di quel pizzico di invidia per l’affetto e la stima che Nèreo Cavazzani è riuscito a conquistarsi fuori dal Trentino, è un libro da leggere e rileggere per capire, discutere e magari anche, alla luce di qualche circostanza documentata, dubitare!
Raccontare il Trentino del Vino
di Rosa Roncador, Attilio Scienza e Nereo Pederzolli – Publistampa Edizioni Pergine Valsugana Trento
Volutamente definito dagli autori “un sussidiario” cui attingere per documentarsi e istruirsi sulla storia e sulla evoluzione della diffusione delle pratiche vitienologiche in Trentino, il volume è una vera e propria “fonte” documentata cui fare riferimento per approfondire a 360 gradi le conoscenze in materia.
Il contributo dei tre autori si differenzia naturalmente secondo le competenze di ciascuno, ma l’insieme che ne scaturisce è di grande respiro e denota l’obiettivo comune e condiviso di creare finalmente una sorta di piccola Enciclopedia interdisciplinare del vino trentino alla portata di tutti, consumatori, appassionati, tecnici, viticoltori, enologi. Di indubbio spessore le tre voci narranti, archeologica, etnografica e divulgativa, che sanno fondersi in un dialogo versatile e accattivante per dare un condensato “territoriale” di sorprendente efficacia.
L’idea del libro e del suo “racconto” del Trentino del Vino è scaturita durante il percorso di formazione avviato dal Consorzio Piana Rotaliana Koenigsberg nel 2019. Obiettivo del Corso era quello di suscitare motivazioni forti per una visione condivisa, nello specifico del territorio rotaliano, come mèta turistica. La ricchezza delle informazioni storiche, il positivo impatto con la resistenza delle tradizioni sopravvissute ai passaggi generazionali, l’unicità del territorio trentino da sempre cerniera culturale tra Italianità e tirolo, hanno amplificato obiettivi e progetti: da uno sguardo interno alla piana rotaliana si è passati, con il sostegno del Consorzio vini del Trentino, a un affresco o meglio, a un contenitore esaustivo e ben organizzato di tutto ciò che bisogna conoscere sul vino trentino.
“Una condizione importante, ma anche difficile da realizzare nella narrazione, è la multidisciplinarietà alla quale attingere gli elementi da combinare nella storia. Una storia è affascinante se raccontata dal punto di vista culturale, antropologico, storico, geografico, biologico, enologico ecc.” …………….
“Questo libro è stato un viaggio anche per noi che abbiamo potuto navigare tra queste pagine discutendo, raccontando e potendo godere reciprocamente delle conoscenze e dei punti di vista degli altri. Sono stati giorni che rimarranno nella nostra memoria e speriamo di essere riusciti – un professore, un giornalista e un’archeologa – a restituire un quadro il più possibile completo (e speriamo gradevole) della bellezza del territorio viticolo trentino e delle verità che i suoi suoli spesso celano”
Chi di noi non conserva un indelebile ricordo del proprio sussidiario! Il testo complementare per antonomasia, integrativo delle conoscenze di base che il maestro era tenuto a trasmettere. “Raccontare il Trentino del Vino” è proprio questo, un manuale complementare, finora mancante, per una conoscenza profonda e divulgabile del patrimonio vitivinicolo del Trentino.
Sabato 8 luglio ha avuto luogo la seconda edizione di Calici nel Borgo. Il luogo scelto per questa kermesse è stato lo stesso della prima edizione, ossia il suggestivo Borgo di Vertine. Un Borgo abitato da poche anime, situato a poca distanza da Gaiole in Chianti in provincia di Siena.
Vi era la possibilità di degustare i vini di circa 30 aziende del comprensorio di Gaiole. In degustazione Chianti Classico: annata, riserva e gran selezione, ma anche alcuni Igt sia bianchi sia rossi, qualche rosato e alcune bollicine.
L’evento è stato promosso dall’associazione viticoltori di Gaiole in Chianti con il patrocinio dell’amministrazione comunale. Un appuntamento appassionante, in un Borgo di rara bellezza. Degustare vini di elevata qualità in una location come questa è stato davvero emozionante.
Visto le temperature torride di questi giorni, l’evento ha aperto i battenti alle ore 18:30 e chiusi alle 23:00. I produttori hanno garantito temperature di servizio dei vini consone.
Alcuni assaggi
Piallungo Ciliegiolo Igt 2022 Az.La Montanina – Ottenuto interamente con l’omonimo vitigno – Rosso rubino trasparente, al naso sprigiona sentori di ciliegia, pervinca, lampone e pepe nero, al palato è fresco e lungo.
Sito di Riferimento: www.lamontaninaaziendaagricola.it
Molino delle Balze 2021 Chardonnay Igt Az. Rocca di Castagnoli – Giallo paglierino luminoso, al naso sprigiona sentori di ananas, al palato è piacevolmente fresco e decisamente persistente.
Sito di riferimento: https://www.roccadicastagnoli.com/
Chianti Classico Vaggiolata 2020 Az. Monterotondo – Rosso rubino trasparente, rivela sentori di mora, prugna, rosa, rabarbaro e bacche di ginepro, al palato è avvolgente, pieno ed appagante.
Sito di riferimento: https://www.aziendamonterotondo.it/
Solare Toscana Igt 2018 Az.Capannelle – Ottenuto con 80% Sangiovese e 20% Malvasia Nera – Rosso rubino con riflessi che virano sul granato, emana note di marasca, lampone, tabacco e polvere di cacao, al palato è piacevolmente tannico, fine ed equilibrato.
Sito di riferimento: https://web.capannelle.it/
Sangioveto Igt 2018 Az. Badia a Coltibuono – Rosso rubino con sfumature granata, al naso rimanda note di frutta rossa matura, prugna, spezie e accenni balsamici, al palato è avvolgente, leggiadro e incredibilmente persistente.
Sito di riferimento: https://www.coltibuono.com/
Chianti Classico Riserva 2019 Az. Castello di Cacchiano – Rosso rubino trasparente, dipana sentori di vaniglia, frutti di bosco, susina, ciliegia e tabacco, al palato è pieno ed avvolgente, armonioso e fine.
Sito di riferimento: http://www.castellodicacchiano.it/
Chianti Classico Gran Selezione 2016 Az. Casanova di Bricciano – Rosso granato trasparente, sprigionante sentori di zenzero, frutti di bosco, anice, susina, e tabacco, al palato è succoso e setoso, generoso ed elegante.
Sito di riferimento: https://www.casanovadibricciano.it/
Primero Toscana Igt 2015 Az Rietine – Ottenuto con uve di Merlot ed un piccolo saldo di Ancellotta – Rosso rubino intenso, emergono sentori di erbe di campo, mirtillo, mora e note boisé, al palato è fresco e sapido con chiusura lunga e coerente.
Sito di riferimento: https://www.rietine.com/
Destinati alla Ristorazione, i vini di questa linea esprimono la felice sintesi tra tradizioni di famiglia, vocazionalità dei terreni e maturità della vigna.
A Montefiore dell’Aso, uno dei Borghi più belli d’Italia, allungato sulla collina tra le valli dell’Aso e del Menocchia, ha sede l’Azienda Centanni, un nome che sembra racchiudere spazi temporali infiniti ma che in realtà si può intendere come un omaggio alle ore di lavoro e di dedizione alla terra marchigiana di tutta la famiglia di Giacomo Centanni, titolare ed enologo.
Azienda Centanni – Montefiore dell’Aso nei suoi 35 ettari l’Azienda certificata Biologica, a conduzione famigliare, si dedica tra gli altri ai vitigni storici e varietali della Marche, quali passerina e pecorino ma anche a sangiovese, montepulciano e trebbiano.
La generosità del territorio, il clima mite e la delicata ma costante presenza delle brezze marine, insieme alla tenacia e alla sapienza della tradizione contadine hanno consentito di raggiungere ai vini di Centanni, vertici qualitativi importanti e altrettanto importanti riconoscimenti.
La linea Vendemmia Tardivaproviene esclusivamente dalla selezione di uve delle vigne più antiche coltivate biologicamente da più di vent’anni; in degustazione questi vini riservano non poche piacevolissime sorprese e riflettono nel gusto la sapienza di chi li produce e l’armonica semplicità della terra marchigiana.
Cimula 2020 Offida Passerina DOCG biologico – Vendemmia tardiva: passerina 100% Titolo alc. 13,50% – Altitudine del vigneto: 300m/slm Il calice giallo paglierino brillante svela un olfatto intenso dal timbro floreale, con piacevoli slanci di erbe aromatiche e succo di pera; li accompagnano un soffio di bergamotto ed una delicata scia che lascia intendere note di evoluzione. Fresco e sapido si distende in bocca con bell’equilibrio ed un persistente retrogusto minerale. Il vino matura in acciaio. Cimula è l’antico nome della zona dove sorge la cantina Centanni.
“Renella” o Renaria: argilla, pietrisco e sabbia Renarie 2019 Rosso Piceno Superiore Doc biologico – Vendemmia tardiva: montepulciano 80% e sangiovese 20%. Titolo alc. 14,50% – Altitudine del vigneto 250/300 m/slm Rosso rubino intenso e luminoso, ha un esordio olfattivo intenso di frutta matura, con la mora in evidenza.
Seguono le spezie, la cannella in primis, per finire con tocchi di cioccolato che sfociano in ricordi di negritella. Subito fresco, il sorso si allarga poi in piacevole morbidezza ribadendo la sua indole speziata mentre la piacevole trama tannica contribuisce all’armonia del sorso. Matura per due anni in botte grande. Renarie è il nome locale della tipologia di terreno, mix di argilla con piccole pietre e sabbia, la “renella”
Canapale 2019 Offida Pecorino DOCG biologico – Vendemmia tardiva: pecorino 100%. Titolo alc.14,50% – Altitudine del vigneto 250/300 m/slm Giallo paglierino con luminoso riflesso dorato e olfatto con piacevoli note di macedonia esotica e agrumi maturi che ben armonizzano con i tocchi di erbe aromatiche e piacevole mineralità.
Leggermente iodato, il vino rivela subito un sorso di buona pienezza, mantenendo un persistente gusto di surmaturazione bilanciato da buona sapidità e freschezza. Canapale è il nome della porta della cinta muraria di Montefiore che si affaccia sulla Val d’Aso.
BEVIAMOCI SUD 2023 Consorzi: il recupero e la valorizzazione dei vitigni autoctoni
Di Cristina Santini
Il Grand Hotel Palatino di Roma ha ospitato con grande successo a maggio la quinta edizione di Beviamoci Sud 2023, organizzata da Marco Cum di Riserva Grande, in collaborazione con Andrea Petrini di Percorsi di Vino e con il giornalista enogastronomico Luciano Pignataro, dedicata da sempre alla promozione delle aziende vitivinicole del Meridione e con la partecipazione di una piccola delegazione di vignaioli del territorio laziale.
Manifestazione quest’anno non solo rivolta al consueto pubblico di appassionati, ma volta a consolidare ed incrementare la presenza dei professionisti della stampa, dell’Horeca e dei mediatori commerciali di settore.
Il grande vantaggio per noi in quel periodo è stata la novità rispetto all’edizione precedente della giornata di lunedì 8 maggio dedicata esclusivamente alla stampa e agli operatori di settore permettendoci di approfondire meglio le referenze esposte ai Consorzi e di partecipare a due fasi importanti dell’evento: la prima riservata alla consegna del premio per “Eccellenze di Beviamoci Sud 2023” per le etichette di maggior pregio selezionate da una giuria tecnica di livello; la seconda riservata all’assegnazione del riconoscimento “Ambasciatori di Beviamoci Sud 2023” agli esercizi che maggiormente valorizzano il tessuto vitivinicolo del Sud Italia.
Sono stati premiati ben 50 esercizi provenienti dalle più importanti regioni del Meridione e del Lazio (Elenchi completi delle Eccellenze e degli Ambasciatori designati per l’edizione 2023 ai link:
Ma torniamo a parlare di alcuni degli assaggi della giornata che ci ha visto impegnati con i Consorzi e con gli amici Produttori del Lazio presenti, Vigna – Vignaioli Gajardi nel Lazio, un progetto di unione pensato e ideato lo scorso anno che coinvolge un gruppo di sei giovani vignaioli, alcuni forieri di un passato vitivinicolo già esistente, altri con nuove idee nate da pochi anni, sicuramente uniti per far emergere un territorio che ha tanto da dire a livello enologico.
Un’unica grande forza per garantire qualità e unicità di vini prodotti attraverso vitigni, interpretazioni, terroir differenti. Parliamo di Cantina Raparelli e Vin Viandante di Lanuvio, Cantine il Moro di San Vito Romano, Gianmarco Iachetti di Cisterna di Latina, Tenuta Iacoangeli di Genzano di Roma e il Quadrifoglio di Doganella di Ninfa (LT).
Vitica – Il Consorzio di Tutela dei vini di Caserta,nato nel 2004, è stato il primo consorzio ad essere riconosciuto in Campania e le denominazioni che ne fanno parte sono Falerno del Massico, Aversa e Galluccio Doc, Roccamonfina e Terre del Volturno Igt.
Al banco d’assaggio ci ha accolto Maria Ida Avallone, una grande Donna del Vino alla guida della cantina Villa Matilde Avallone che ci ha raccontato l’Azienda e il suo vino, il Falerno del Massico Dop Collecastrese 2021, una Falanghina dalla spiccata personalità e finezza, proveniente da un terreno ai piedi dell’antico vulcano di Roccamonfina, ricco di cenere e pomice scura, che fermenta e sosta sui lieviti sia in anfora sia in acciaio.
Il percorso prosegue su un altro vitigno autoctono molto raro, la coda di pecora “Sheep Terre del Volturno Igt” (non coda di volpe e in fase di riconoscimento ufficiale dal Ministero), che soloIl Verrocoltiva, recuperato dalla sua certa estinzione, dalle origini antichissime risalenti alla Magna Grecia. Vinificato in purezza è un trionfo di profumi di primavera e una gioia per il palato.
Per non parlare dell’Asprinio di Aversa de I Borboni, nome dato al popolo meridionale che visse l’epoca d’oro del sud Italia, sia spumantizzato sia fermo che non delude mai. Viti di età compresa tra i 50 e i 350 anni, maritate agli olmi o ai pioppi che superano i 20 metri di altezza (si dice che i Borboni usassero queste barriere di viti per difendersi dai nemici) coltivate su un terreno di genesi vulcanica e salvate dall’estinzione grazie alla Famiglia Numeroso con il riconoscimento prima della Igt e poi nel 1993 della Doc Asprinio di Aversa.
Non per ultimo il Falerno del Massico Dop Mille880 bio 2021, un vino sapido che si lascia bere con eleganza, proveniente dalle aree vitate dell’Ager Falernus dell’Azienda Bianchini Rossetti, che in epoca romana veniva trasportato in anfore di terracotta sigillate e certificate per riconoscere la provenienza autentica e inviate via mare in tutte le località del mondo conosciuto fino a quale momento.
Vesuvio – Consorzio di Tutela Vini Vesuvio Dop e Pompeiano Igp
Territorio dalle antiche tradizioni vitivinicole attraversato da storie millenarie di popoli colonizzatori e miti leggendari tant’è che si narra che un pezzo di Paradiso precipitò nel Golfo di Napoli quando Lucifero fu cacciato. Cristo, addolorato per la perdita di colui che era stato l’angelo più buono, pianse. Là dove caddero le sue lacrime, nacquero delle viti il cui vino si chiamò appunto Lacryma Christi.
La degustazione parte proprio dal Lacryma Christi bianco superiore Doc 2021 (100% Caprettone) della Cantina del Vesuvio Russo Family dal 1930, un vino morbido, piacevole, dalla potente sapidità le cui uve sono allevate in biologico sulle falde del vulcano su un suolo lavico, scuro e poroso. In passato ha rischiato l’estinzione ed è stato confuso spesso con la Coda di Volpe, ma dopo il censimento del dopoguerra e con le nuove generazioni è stata data molta più attenzione ai vitigni autoctoni. Successivamente con gli studi effettuati dall’Università Federico II di Napoli in raccordo con la Regione Campania si è dimostrata la differente genetica delle due varietà.
Come anche il secondo calice di Caprettone Doc 2021 Aryete di Casa Setaro che fermenta e affina in anfora e tonneaux di rovere offrendo un’esplosione di note di ginestra e cedro legate a nuance balsamiche accompagnate da una perfetta vena acida che regala un sorso ampio e lungo.
Senza tralasciare il Lacryma Christi bianco superiore Doc 2021 di Cantine Villa Regina, un vino armonico dai profumi delicati di mimosa e pesca e dalla beva fresca e piena di vitalità e il Pompeiano bianco Igt 2022 di Bosco de’ Medici POMPEII da Caprettone macerato e fermentano in anfora che sprigiona al naso sentori di frutta a polpa bianca e flora vesuviana che si accompagnano a note iodate. Ottimo equilibrio tra acidità e sapidità.
Per concludere con il Lacrima Nero Doc 2021 di Cantine Olivella prodotto da uve Piedirosso, Aglianico ed Olivella, ricco di frutta rossa come ciliegia e frutti di bosco, dal sorso ampio di spiccata freschezza e mineralità, ricco di energia e dai tannini sottili.
Consorzio di Tutela Vini ETNA DOC
Nel 2022 si è concluso il lungo e minuzioso lavoro – che andrà a modificare poi il Disciplinare – di identificazione dei confini e della posizione esatta delle 133 Contrade, legalmente equiparate a Unità Geografiche Aggiuntive (UGA), presenti all’interno del territorio di produzione dell’Etna DOC, riportandole all’interno di una vera e propria mappa predisposta dal Consorzio.
L’identificazione delle contrade sino ad oggi si basava sull’interpretazione di vecchie carte catastali, mai aggiornate e limiti territoriali che oggi non esistono più, anche a causa della continua attività eruttiva dell’Etna.
Questo rappresenta il primo tassello di un progetto di studio ancor più articolato del territorio etneo con tante differenze che si esprimono non solo all’interno dei diversi versanti del vulcano ma anche nelle tante Contrade a partire dalle diverse stratificazioni delle colate laviche e dall’esposizione dei vigneti. Tutti fattori che rendono ogni Contrada peculiare all’interno dell’areale etneo in grado di donare sfumature differenti ai vini.
Un ulteriore passaggio sarà il futuro lavoro di zonazione che il Consorzio sta predisponendo insieme all’Università di Catania e all’Università degli Studi di Milano-Bicocca che permetterà di interpretare tutte le variabili presenti all’interno delle Contrade in modo dettagliato, sulla base delle differenze che ci sono tra suoli, altitudini, microclimi.
La prima ad accoglierci al banco consortile è Michela Luca dell’Azienda Agricola Fischetti di Castiglione di Sicilia CT che ci fa emozionare con una verticale di “Muscamento” Etna Rosso Doc 2015-2014-2012 , blend di uve a piede franco di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio prodotte da alberelli centenari a 650 mt. slm. e affinato in botti grandi di rovere.
La 2015 di grande eleganza, figlia di un’identità vulcanica importante, sposa la frutta rossa, i fiori secchi avvolti da note balsamiche fresche per un palato memorabile. La 2014 si apre su toni più profondi, speziati, di frutta rossa matura con una struttura imponente, tannini scalpitanti e una beva lunga e vigorosa. Infine la 2012, dalla profonda seduzione, è il ricordo di tante cose, coinvolge come le parole del film Troy “E tu non sarai mai più bella di quanto sei ora, questo momento non tornerà…”
Cantine di Nessuno
Viti centenarie tra conetti vulcanici spenti che contemplano un grande sforzo, quello eroico, del versante etneo sud est dove si trova la Contrada Monte Ilice con pendenze che superano il 60%, senza muretti, ad un’altitudine che varia dai 700 ai 900 mt slm. Una produzione “fuori dall’ordinario”, limitata, preziosa, autentica che regala percezioni sensoriali straordinarie.
Assaggiamo due rossi sorprendenti come il “Milice Doc 2017 Etna Rosso”, il Cru le cui uve di Nerello Mascalese provengono dal Monte Ilice, affinato in tonneau di rovere.
La sensazione ammaliante di fragoline, ribes, prugna matura accompagna il delicato manto di foglie fresche unite a percezioni balsamiche d’eucalipto, cuoio, tabacco e vaniglia. Un palato dinamico, dai tannini nobili, avvolto da una ricca mineralità vulcanica.
Il “Nuddu Doc 2017 Etna Rosso” da uve Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, affinato in botti in castagno, mostra la sua eleganza in tutte le fibre, piacevole per i suoi aromi di frutta rossa, spezie e goudron, dal sorso pieno e possente dal tannino dolce e vellutato. Invita alla seconda beva.
Consorzio di Tutela Tintilia del Molise
Di recente costituzione è il risultato di una sinergia volta alla promozione di uno dei simboli identitari della viticoltura molisana, la Tintilia, vitigno presente in questi luoghi già dal 1700, parente di nessuno, ma che dopo il 1960, ha avuto un drastico arresto in ragione di una politica di espansione della produzione vitivinicola locale che ne ha finanziato l’espianto perchè geneticamente poco produttivo, a favore di varietà internazionali più produttive. Grazie poi ad agronomi, produttori e al Dipartimento di Scienze Forestali dell’UNIMOL, gli è stata riconosciuta la sua originaria dignità di grande autoctono salvandolo dall’estinzione.
Ecco alcune delle cantine presenti che abbiamo degustato:
Tenimenti Grieco “200 metri Doc 2021” un vino affinato in acciaio dall’identità salmastra coltivato sull’alta collina baciata dal sole che guarda il mare, ricco di profumi fragranti di ciliegia, prugna ed erbe aromatiche e dal sorso morbido e fresco con un gradevole ritorno di speziatura.
La Cantina di Remo “Uvanera Doc 2020”
Nell’entroterra, a Ferrazzano, c’è un borgo in pietra bianca arroccato che sovrasta Campobasso e da questa collina a 600 mt di altitudine si coltiva la Tintilia Uvanera, lavorata con lunghi affinamenti tra acciaio e bottiglia. La forza di un vino ammaliato dalla frutta rossa e dalla liquirizia, dalla beva vibrante, dinamica che lascia spazio ad un tannino leggero e setoso.
Cantine Salvatore “Rutilia Doc 2018
Sulle rigogliose colline del Basso Molise, a Ururi, nasce il Rutiliasu un terreno ricco di scheletro e un clima tipicamente mediterraneto. Il calice offre una fragranza complessa e avvolgente di frutti rossi come la ciliegia e la marasca ma anche quella leggera nota speziata di noce moscata e pepe nero, che poi ritroviamo ampiamente al palato. Ricco e coinvolgente.
Per chiudere l’intensa giornata abbiamo conosciuto il Gran Fornaio 2020 di Genzano di Roma, grande punto di riferimento per la panificazione di tutto il Lazio.
Il pane, come ogni altro alimento, è estremamente leggero grazie alle farine di ottima qualità. Lui è Marco Bocchini, fornaio di quarta generazione, sempre alla costante ricerca della giusta lavorazione per la qualità e la salute.
La scelta del grano è alla base del suo lavoro ed è tutto un equilibrio tra spezie e farine quasi tutte macinate a pietra. Presso il suo forno si possono trovare una molteplicità di materie prime d’eccellenza: dal pane di Genzano Igp a quello integrale, semintengrale, pane nero, pani speziati come alla curcuma e pepe nero, pani proteici per diete vegane e vegetariane, pizze, dolci e biscotti di tutti i tipi.
Il profumo del pane appena sfornato non si scorda mai ed è parte integrante della tavolozza dei profumi della nostra vita.