Lo storico gruppo vinicolo presenta i risultati della propria strategia di sviluppo sostenibile e i traguardi previsti per il 2025, tra i quali la completa conversione al biologico delle 9 tenute. Con una dotazione finanziaria ingente, di quasi un terzo degli investimenti annuali, Ruffino mira ad avere un ruolo di traino per la rivoluzione sostenibile del comparto enologico.
Si è svolto ieri mattina a Palazzo Mezzanotte – noto come Palazzo della Borsa – l’evento stampa voluto da Ruffino per fare un punto sulla propria strategia di sviluppo sostenibile, Ruffino Cares. Per l’ampiezza degli obiettivi ambientali e sociali posti, il volume degli investimenti stanziati e il numero di portatori di interesse toccati, Ruffino costituisce oggi uno dei player più ambiziosi nell’intero comparto enologico italiano. Forte di circa 29 milioni di bottiglie annualmente prodotte, 83 paesi del mondo serviti e 123,2 mln di Euro di fatturato (2022), il gruppo vuole imprimere uno stimolo decisivo per tutto il settore.
Il panel dell’evento è stato guidato da Marco Frey, Professore ordinario di Economia e gestione delle imprese presso la Scuola Superiore Universitaria Sant’Anna di Pisa e presidente della Fondazione Global Compact Italia, organismo delle Nazioni Unite. Sono intervenuti Sandro Sartor, Presidente e Amministratore Delegato di Ruffino, Thomas Blasi, CSR & Environment Specialist di Ruffino e Lorena Troccoli, Agronoma e Ruffino Estate Manager.
Ruffino Cares, progetto nato nel 2018 come marchio contenitore di iniziative legate alla Responsabilità Sociale d’Impresa, oggi vera e propria strategia, mette al centro lo sviluppo sostenibile come rappresentato dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG) applicati al comparto vitivinicolo. L’ambiente è solo uno dei quattro pilastri che sorreggono questo percorso, accanto a politiche aziendali orientate alla diversità e all’inclusione, promozione del bere responsabile a vantaggio della società e del comparto, impegno verso gli altri e in particolare verso le comunità locali. L’obiettivo più generale è quello di trasformare il glorioso brand toscano in un brand for purpose, ossia un brand che antepone il benessere delle persone in qualsiasi scelta.
Ruffino ha infatti stanziato un budget senza precedenti di circa 11 milioni di euro, cioè il 28% sugli investimenti annuali del gruppo, distribuito su sette anni (dal 2019 al 2025), per mettere in pratica il processo di conversione delle proprie attività produttive verso ambiziosi quanto necessari standard.
“Casi come quello di Ruffino – sostiene il prof. Marco Frey – mostrano un assunto fondamentale della sostenibilità: è possibile, oltre che necessario, fare meglio con meno. Il volume di vino prodotto negli ultimi decenni in Italia è assai diminuito, ma il comparto è cresciuto perché sono cresciuti il valore della produzione, la qualità e l’export. In questo senso, l’enologia italiana sta compiendo un percorso emblematico che rispecchia il ruolo cruciale delle aziende, accanto alle istituzioni e ai cittadini, nel rendere il cambiamento possibile”.
Sandro Sartor, Presidente e Amministratore Delegato di Ruffino e vice presidente di Unione Italiana Vini, afferma: “In questa gara non c’è chi arriva primo e chi arriva ultimo, ma bisogna arrivare tutti. Le attività del settore vitivinicolo sono in regime di interdipendenza con la disponibilità di risorse naturali (risorse energetiche, acqua, clima, suolo, aria ed ecosistema) e col tessuto socioeconomico nel quale si collocano”.
Per questo è fondamentale, in un’ottica di sostenibilità complessiva e a lungo termine, che un’impresa vitivinicola che si voglia dire sostenibile adotti sistemi produttivi e condotte che preservino le risorse naturali, ne affinino le modalità di utilizzo e migliori anche le condizioni sociali ed economiche del proprio territorio” conclude Sartor.
È perciò indispensabile che tutti gli stakeholder siano coinvolti in questo progetto, a partire dalle aziende coinvolte nell’intera filiera. Parallelamente alla conversione biologica delle 9 tenute che sarà completata con la vendemmia 2024, gli obiettivi Ruffino 2025 prevedono di rendere la propria filiera al 100% sostenibile, facendo da traino anche per le realtà più piccole del proprio indotto, attraverso un taglio delle emissioni del 15% per arrivare al 50% nel 2030, un aumento del 15% dei rifiuti mandati in riciclo per arrivare a zero rifiuti nel 2050, una riduzione dell’utilizzo dell’acqua integrata a un aumento del 25% delle acque riutilizzate nel processo di produzione.
A questi obiettivi, si aggiungono le molte necessarie certificazione e azioni come quelle sulla valorizzazione della biodiversità, sul sostegno al tessuto sociale locale e sull’inclusione di categorie svantaggiate portando una visione olistica che vuole andare oltre lo stesso concetto di sostenibilità. E l’attiva adesione a tutte le iniziative collettive possibili, tra cui il contributo diretto alla redazione di un “Disciplinare del sistema di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola” che fornisca un quadro normativo condiviso in Italia.
Con l’anno fiscale 2022 Ruffino ha pubblicato il suo quarto bilancio di sostenibilità certificato. Sebbene non esista per legge un modello unico a cui attenersi, le informazioni che Ruffino ha rendicontato seguono le linee guida internazionalmente riconosciute del Global Reporting Initiative. La verifica della solidità dei dati presenti nel bilancio di sostenibilità, c.d. assurance, è stata affidata alla società DNV assicurando il raggiungimento delle linee guida prefissate da Ruffino.
Le 130 aziende selezionate,simbolo della vernice di Vinitaly, il 1° Aprile 2023
8 novembre 2022: nella cornice di Veronafiere, all’interno dell’appuntamento annuale di Wine2Wine, i vertici della fiera e Wine Spectator rivelano i nomi delle 130 aziende selezionate all’interno dell’ambìta selezione di Operawine, destinate a varare ogni nuova edizione di Vinitaly, anno dopo anno.
Il meglio del Made in Italy enologico che dialoga con il mercato estero, in particolare con quello americano, in tutte le sue sfumature: vini rossi, bianchi, rosati e bollicine iconiche. È dunque un vero e proprio Italian Wine Dream quello che fa del vino italiano un’incontrastata passione per gli americani.
La Toscana detiene il primato numerico con la partecipazione di 35 cantine, seguita dalle 19 del Piemonte, poi il Veneto rappresentato da 19 aziende, 10 cantine dalla Sicilia e 8 quelle Campane.
Ecco i numeri relativi alle macroaree, per comprendere la portata del prestigioso tasting: 57 imprese dal nord, 44 dal Centro e 29 dal Sud.
I 10 nuovi ingressi rispetto alla selezione del 2022 confermano quanto Wine Spectator sia in grado di influenzare le scelte di Lifestyle enoico dei consumatori nei mercati di riferimento. Gli Stati Uniti rappresentano storicamente lo sbocco principale in materia di export di vino italiano, con circa 2,3 miliardi di euro a valore registrati nel 2021, il che significa quasi 1/3 delle esportazioni statunitensi.
La forza del dollaro ha fatto sì che la domanda americana soffrisse in misura minore rispetto ad altri surplus dei costi dovuti all’inflazione: secondo l’Osservatorio Uiv/Vinitaly – le importazioni di bollicine italiane sono ancora in terreno positivo (+6% in volume e +8 in valore) mentre è in calo la domanda dei vini fermi tricolore (-7,2% in volume e -1,3% in valore).
Restate sintonizzati, o forse sarebbe meglio dire stay tuned, per scoprire quali saranno i vini interpreti dell’eccellenza, presenti il 1° aprile a Verona.
L’ELENCO COMPLETO DEI PRODUTTORI DI OPERAWINE 2023
Le aziende selezionate da Wine Spectator per l’edizione di quest’anno sono 130 (come nel 2022, contro i 186 del 2021, edizione speciale per il decimo anniversario, 103 del 2019 e 107 del 2018).
Abruzzo Masciarelli
Basilicata d’Angelo
Basilicata Elena Fucci
Basilicata Grifalco della Lucania
Calabria Librandi
Campania Mastroberardino
Campania Feudi di San Gregorio
Campania Quintodecimo
Campania Montevetrano
Campania San Salvatore
Campania Colli di Lapio
Campania Terredora di Paolo
Campania Salvatore Molettieri
Emilia-Romagna Tenuta Pederzana
Friuli/Venezia-Giulia Vie di Romans
Friuli/Venezia-Giulia Marco Felluga
Friuli/Venezia-Giulia Bastianich
Friuli/Venezia-Giulia Livio Felluga
Friuli/Venezia-Giulia Gravner
Friuli/Venezia-Giulia Jermann
Lazio Famiglia Cotarella
Liguria Cantine Lunae Bosoni
Lombardia Guido Berlucchi
Lombardia Ca’ del Bosco
Lombardia Conte Vistarino
Lombardia Nino Negri
Lombardia Bellavista
Lombardia Arpepe
Lombardia Rainoldi
Marche Umani Ronchi
Marche Garofoli
Marche Bisci
Molise Catabbo
Piemonte Produttori del Barbaresco
Piemonte Pio Cesare
Piemonte Cavallotto
Piemonte Giacomo Borgogno & Figli
Piemonte Vietti
Piemonte Paolo Scavino
Piemonte Aldo Conterno
Piemonte Marchesi di Barolo
Piemonte Massolino
Piemonte Elvio Cogno
Piemonte G.B. Burlotto
Piemonte G.D. Vajra
Piemonte Oddero
Piemonte Pecchenino
Piemonte Renato Ratti
Piemonte Giuseppe Mascarello & Figlio
Piemonte Falletto di Bruno Giacosa
Piemonte Luciano Sandrone
Piemonte Roagna
Puglia Tormaresca (Antinori)
Puglia Masseria Li Veli
Puglia Leone de Castris
Sardegna Agricola Punica
Sardegna Argiolas
Sicilia Cusumano
Sicilia F. Tornatore
Sicilia Planeta
Sicilia Morgante
Sicilia Donnafugata
Sicilia Tasca d’Almerita
Sicilia Feudo Montoni
Sicilia Benanti
Sicilia Tenuta delle Terre Nere
Sicilia Graci
Trentino-Alto Adige Cantina Nals Margreid
Trentino-Alto Adige Elena Walch
Trentino-Alto Adige Cantina Terlano
Trentino-Alto Adige Ferrari
Trentino-Alto Adige Tenuta San Leonardo
Toscana Tenuta San Guido
Toscana Tenuta Sette Ponti (Feudo Maccari)
Toscana Ornellaia
Toscana San Filippo
Toscana Castello Banfi
Toscana Siro Pacenti
Toscana Biondi-Santi
Toscana Casanova di Neri
Toscana Il Poggione
Toscana Poggerino
Toscana Barone Ricasoli
Toscana Rocca delle Macìe
Toscana Istine
Toscana San Felice
Toscana Lamole di Lamole
Toscana San Giusto a Rentennano
Toscana Tenuta di Trinoro (Passopisciaro)
Toscana Vecchie Terre di Montefili
Toscana Le Macchiole
Toscana Mazzei (Castello di Fonterutoli)
Toscana Petrolo
Toscana Altesino
Toscana Canalicchio di Sopra
Toscana Carpineto
Toscana Castello di Monsanto
Toscana Castello di Volpaia
Toscana Marchesi de’ Frescobaldi
Toscana Valdicava
Toscana Boscarelli
Toscana Castellare di Castellina (Rocca di Frassinello & Feudi del Pisciotto)
Toscana Fattoria di Fèlsina
Toscana Fontodi
Toscana Castello di Albola
Toscana Castello di Ama
Toscana Rocca di Montegrossi
Umbria Scacciadiavoli
Umbria Tabarrini
Umbria Arnaldo Caprai
Umbria Lungarotti
Umbria Antinori /Castello della Sala
Valle d’Aosta Les Crêtes
Veneto Romano Dal Forno
Veneto Tommasi (Paternoster)
Veneto Masi
Veneto Tommaso Bussola
Veneto Zenato
Veneto Tedeschi
Veneto Allegrini
Veneto Monte del Frà
Veneto Gini
Veneto Leonildo Pieropan
Veneto Prà
Veneto Roberto Anselmi
Veneto Suavia
Veneto Bertani
Veneto Zymè
Veneto Masottina
Veneto Nino Franco
Ed ecco le 10 le aziende che parteciperanno per la prima volta a OperaWine:
1.Colli di Lapio
2.San Salvatore
3.Conte Vistarino
4.Masottina
5.Giacomo Borgogno & Figli
6.Feudo Montoni
7.Cantina Nals Margreid
8.Lamole di Lamole
9.Vecchie Terre di Montefili
10.Monte del Frà
Graziano Prà affida a Zed-comm le attività di ufficio stampa e media relation
Redazione
Per raccontare i suoi vini, che nascono sulle colline del Soave, Graziano Prà ha scelto Zed_Comm come partner per le attività di comunicazione, ufficio stampa e pubbliche relazioni.
L’obiettivo è quello di mettere in luce la tradizione vitivinicola dell’azienda che produce vini di prestigio nel rispetto del territorio del Soave, veicolando ai media locali e nazionali notizie corporate, lanci di prodotti ed eventi per avvicinare la stampa del settore vinicolo, ma anche food e lifestyle.
Graziano Prà è un vignaiolo autentico, cresciuto come viticoltore e diventato enologo, che dal 1983 ha deciso di produrre i suoi vini solo da uve autoctone per far emergere e quindi esaltare ciò che dona il suo territorio. Lo studio legato alla longevità dei suoi grandi Soave e la ricerca di un prodotto dalla qualità sempre eccellente, ha portato l’azienda ad essere tra i pionieri e primi sostenitori in Italia del tappo a vite, con cui oggi imbottiglia tutti i suoi vini bianchi.
Oggi Graziano Prà produce cinque etichette provenienti dai terreni del Soave – Otto, Staforte, Monte Grande, Colle Sant’Antonio e Passito Bianco delle Fontane – e la linea Morandina dai vigneti in Valpolicella, con i rossi Valpolicella, Ripasso e Amarone della Valpolicella.
L’obiettivo dell’agenzia sarà quello di valorizzare al meglio il posizionamento di Prà e dei suoi vini, entrando nel dettaglio dell’attività dei vignaioli e delle scelte in cantina, dando voce ai protagonisti, aumentandone le occasioni di visibilità mediatica e rafforzando la mission dell’azienda. La stessa strategia farà da guida anche sui profili Facebook ed Instagram, dove il pubblico di consumatori potrà appassionarsi al lavoro dell’azienda.
Zed_Comm, con sedi a Milano e Verona, opera da 25 anni offrendo strategie di comunicazione tailor-made in grado di potenziare la reputation dei clienti. Nata dall’esperienza della sua fondatrice Cecilia Zanasi nei settori della pubblicità e dell’organizzazione di eventi a livello internazionale, oggi è composta da un team di professionisti con esperienze polivalenti nella comunicazione.
Questo permette di operare nelle pubbliche relazioni, offrendo forme di comunicazione innovative, organizzazione di eventi, progetti di marketing, social media e digital PR che vengono proposti ai Clienti accanto ai tradizionali servizi di ufficio stampa, consulenza pubblicitaria e media relation.
Le Eccellenze di Castello di Spessa: una riserva aziendale di vini di alta qualità e rari distillati, custoditi nella storica cantina di invecchiamento
Redazione
Alta qualità senza compromessi: è questo il principio che viene perseguito a Castello di Spessa.
Sin dagli anni ‘80, il proprietario Loretto Paliha compreso il potenziale di invecchiamento dei vini del Collio e la vocazione alla base della lunga tradizione vitivinicola di Castello di Spessa. Per questo motivo, è nata la selezione Le Eccellenze, di cui fanno parte il metodo classico Amadeus V.S.Q. Brut Millesimato, il Collio Bianco D.O.C. San Serff e il Collio Rosso D.O.C. San Serff.
Si tratta dei vini più rappresentativi dell’azienda, che escono sul mercato dopo un lungo periodo di affinamento nelle cantine medievali di Castello di Spessa, e in quella ricavata nel bunker militare sotterraneo, realizzato nel 1939 e riscoperto durante i lavori di ristrutturazione del 1987. Alla profondità di 18 metri e con una temperatura costante di 14°C, è il luogo ideale per la conservazione e la maturazione dei vini secondo la visione di Loretto Pali.
A queste riserve, si aggiungono due rarità nel campo della distillazione: il Brandy Casanova X.O. e la Grappa Riserva del Conte Ludovico di Spessa, realizzate in collaborazione con una storica distilleria della zona, attiva dalla fine dell’‘800 e lungamente invecchiate anch’esse nella cantina del castello.
Ogni anno, dalla selezione Le Eccellenze vengono prelevate circa mille bottiglie per tipologia, destinate alla riserva aziendale, un tesoro di vecchie annate che ha pochi eguali.
Oggi, la cantina ne custodisce qualche migliaio di esemplari che, oltre a costituire un patrimonio aziendale di inestimabile valore, rappresentano la memoria storica di Castello di Spessa.
Etichette senza tempo che richiamano una vocazione viticola lunga secoli e una visione lungimirante iniziata 40 anni fa.
LE ECCELLENZE
Amadeus V.S.Q. Brut Millesimato 2017. 83% Chardonnay, 17% Pinot Nero. Ottenuto da mosti di prima qualità: raccolta manuale delle uve e pressatura soffice a grappolo intero, con resa massima del 50%. La prima fermentazione avviene parte in acciaio e parte in barrique di rovere francese, per enfatizzarne la complessità. Successivamente alla presa di spuma, riposa per 40 mesi sur lattes per esprimere al meglio un perlage finissimo.
Collio Bianco D.O.C. San Serff 2013. Prevalentemente da uve Pinot Bianco, accuratamente selezionate e coltivate in un vigneto del 1993. La fermentazione alcolica e quella malolattica avvengono in barrique, dove il vino sosta per circa 6 mesi; segue, poi, un lunghissimo affinamento in bottiglia. Vino di straordinaria struttura che ne consente un lungo invecchiamento.
Collio Rosso D.O.C. San Serff 2007. Un blend di Merlot e Cabernet Sauvignon, da una vigna del 1998. La fermentazione alcolica avviene in tini di rovere, mentre la malolattica in acciaio. Seguono la permanenza in barrique per 24 mesi, quindi un lunghissimo affinamento in bottiglia. Vino avvolgente e complesso.
Brandy Casanova X.O. Da vini bianchi del Collio, distillati in alambicchi. Invecchiato per oltre 40 anni in botte di rovere, è un distillato da meditazione raro e dall’ampio bouquet aromatico.
Grappa Riserva del Conte Ludovico di Spessa. Dalla distillazione di vinacce di Merlot e Cabernet Sauvignon, invecchiata per circa 20 anni in barrique di Allier. Grappa di grande morbidezza e dalle molte sfumature.
L’ORIGINE DEI NOMI
Uomini illustri sono passati o hanno risieduto a Castello di Spessa. I nomi scelti per Le Eccellenze, etichette che fidano il tempo, rendono omaggio alla storia secolare del castello e ai suoi ospiti, quando il Collio era una cerniera tra mondi e culture diverse.
A Wolfgang Amadeus Mozart è dedicato il Metodo Classico Amadeus V.S.Q. Brut Millesimato. Il librettista di Mozart, Lorenzo Da Ponte, fresco di esilio da Venezia, trovò rifugio al Castello di Spessa attorno al 1780, in qualità di cappellano privato del Conte Luigi della Torre. In favore del suo protetto, il conte organizzò la cena di Capodanno del 1780, al termine della quale si disputò, tra la vasta cerchia di amici invitati, una partita di gioco allo scopo di fornire Da Ponte dei mezzi utili ad affrontare il viaggio da Gorizia a Dresda, dove avrebbe intrapreso la sua fortunata attività di librettista. Nelle sue memorie, Da Ponte ricorderà sempre con affetto e gratitudine il gesto del “Conte Torriano”.
Le due riserve Collio Bianco D.O.C. San Serff e Collio Rosso D.O.C. San Serff sono in onore del barone triestino e uomo di affari Demetrio Economo di San Serff che, agli inizi del ‘900, acquistò il castello e gli appezzamenti limitrofi, ricostituendo l’integrità originaria della tenuta, andata parzialmente smembrata nei due secoli precedenti. San Serff provvide inoltre a ristrutturare i vigneti e il magnifico parco che, ancora oggi, circonda il maniero. Grazie a lui iniziarono i lavori per modificare anche la parte del palazzo che comprende le cantine.
Il Conte Luigi Torriani, omaggiato con la grappa a lunghissimo invecchiamento Grappa Riserva del Conte Ludovico di Spessa, fu un personaggio illustre, le cui origini risalgono a Carlo Magno. Uomo eclettico e deciso, fu famoso per le sue molte attività e per l’amicizia e l’ospitalità verso i personaggi e gli uomini di cultura più in vista del suo tempo. Fu un magnifico padrone di casa, che omaggiava i suoi ospiti con sontuosi banchetti e con l’ottimo vino prodotto a Spessa, già famoso per la sua qualità.
Il Brandy Casanova X.O. celebra un altro grande nome legato a Castello di Spessa, quello di Giacomo Casanova, che qui fu ospite nel corso del 1773, poco prima del rientro a Venezia. Nella sua opera “Histoire de ma vie”, il celebre libertino dedica svariate pagine alla sua permanenza al castello, dove raccontava di un “vin bianco eccellente” prodotto dalle vigne di proprietà. Furono l’amore per la servetta Sgualda e la conseguente gelosia del Conte Luigi Torriani a interromperne rocambolescamente il soggiorno
Pietra Cava, alcune degustazioni vini di Elsa Leandri 2022
Di Elsa Leandri
Andiamo in Sicilia, a Butera, in provincia di Caltanissetta. Città medievale che sorge su una collina di circa 400 m s.l.m. In questo territorio scosceso, come ricorda la stessa etimologia araba della città (بوتيرة -Butirah- luogo scosceso), si trova la cantina PietraCava, di proprietà della famiglia Ortoleva.
L’AZIENDA
Nella Contrada di Chiarchiaro ad affiancare Domenico Ortoleva, che dal 2004 si è completamente dedicato alla viticoltura, è entrato da poco in azienda il figlio Antonino, biotecnologo di formazione. Con Antonino si va a ampliare il percorso iniziato dal padre Domenico puntando a un’ulteriore consapevolezza del proprio territorio: studio delle varie parcelle (conformazione del terreno, esposizione, altitudine, etc.) per individuare il giusto habitat per i diversi vitigni.
Sui 20 ettari di proprietà principalmente di natura calcarea si esprimono numerose varietà nazionali (Grillo, Inzolia, Nero d’Avola) e internazionali (Chardonnay, Syrah), vinificate rigorosamente in purezza seguendo i dettami dell’agricoltura biologica.
L’azienda propone 4 linee di vini in produzione: I Camei, ideali per un aperitivo tra amici, i Monili, che offre vini semplici ma al contempo di valore, Le Luci, in cui co-protagonista vuole essere il territorio siciliano sempre baciato dal sole, e infine Le Terrecotte, con vini maturati in ambiente ossidoriduttivo.
LA DEGUSTAZIONE
In degustazione abbiamo avuto modo di assaggiare tre di queste linee produttive.
I CAMEI
SOFALÉ 2020- Moscato 100%
Giallo Paglierino con riflessi dorati. Impatto olfattivo vegetale con sentori di timo, salvia e macchia mediterranea accompagnato da cenni agrumati e floreali di gelsomino, fiori d’arancio e biancospino. In bocca è caratterizzato da una decisa sapidità che lascia la bocca, un po’ troppo velocemente, con richiami di pompelmo.
Questo vino è stato degustato nell’annata 2018 da Piergiorgio Ercoli in “Sofalè 2018 Sicilia Doc Moscato PietraCava”.
I MONILI
ÒNEIROS 2018- Syrah 100%
Rubino vivace. Si apre con frutta di bosco quale mora e ciliegia per poi svelare sentori floreali di rosa rossa e un ricco corredo vegetale ( incenso, oliva nera, rosmarino e macchia mediterranea). In chiusura leggera spaziatura. Entra avvolgente con un tannino elegantemente integrato. Finale di confettura di prugna.
SEPTIMO 2019- Nero d’Avola 100%
Rosso carminio impenetrabile. Al naso ci racconta dei frutta scura e in confettura, di pot pourri di
rosa e peonia. Eleganti le note vegetali e speziate di tamarindo, bacche di ginepro e cardamomo. Tannino ancora scalpitante che non offre una completa piacevolezza di beva. Qualche anno in bottiglia sono ancora necessari per poterlo apprezzare appieno.
LE LUCI
MANAAR 2016- Nero d’Avola 100%
Carminio fitto con riflessi rubino. Echi di confettura di mora e di prugna, di rosa e glicine appassiti arricchiti da note speziate di cannella, cardamomo e liquirizia e di tabacco e cuoio. Al sorso è piacevole con un tannino ben sostenuto dalla freschezza che dinamicizza la bocca. Finale con effluvi mentolati.
Ecco un assaggio delle centinaia di realtà vitivinicole che si sono già registrate non solo degustazioni, masterclass e grandi vini: Slow Wine Fair è innanzitutto un’occasione di confronto e dibattito per vignaioli e vignerons provenienti da tutte le regioni d’Italia e dal mondo. Sono centinaia gli espositori che hanno già confermato la loro presenza alla seconda edizione che si terrà a BolognaFiere, dal 26 al 28 febbraio 2023, per affrontare insieme il dibattito sulla crisi climatica, scambiarsi idee e buone pratiche produttive e per farsi portavoce delle necessità di chi lavora già nel rispetto della terra.
Tra questi troviamo i produttori che aderiscono alla rete internazionale della Slow Wine Coalition e che portano avanti i princìpi messi per iscritto nel Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto: la sostenibilità ambientale, la tutela del paesaggio e il ruolo culturale e sociale che le aziende vitivinicole possono giocare nei territori in cui operano. Dal nord al sud del Paese, ecco qualche piccola anticipazione sul panorama vitivinicolo italiano che sarà presente alla
Slow Wine Fair.
Trentino-Alto Adige
A San Giuseppe Lago, frazione del comune di Caldaro, nella provincia autonoma di Bolzano, la Tenuta Manincor porta avanti una perfetta simbiosi tra viticoltura biodinamica e fermentazioni spontanee. Sostenibilità e tradizione sono infatti i pilastri che Michael Goëss-Enzenberg tramanda dal 1996, secondo una visione illuminata che ha trovato nell’enologo Helmuth Zozin mani sicure per essere concretizzata al meglio.
Lombardia
Sono trascorsi pochi anni da quando Francesca Seralvo, terza generazione della famiglia proprietaria della Tenuta Mazzolino di Corvino San Quirico (Pavia), ha deciso di gettarsi a capofitto nella gestione dell’azienda. L’ha fatto con umiltà, visione e voglia di apprendere dai colleghi più virtuosi dell’Oltrepò. Senza dimenticare la determinazione che 40 anni fa ha spinto suo nonno Enrico a sfruttare le potenzialità che la cosiddetta collina del Pinot Nero poteva offrire.
Piemonte
Nonostante la giovane età, Marco Capra ha reso l’attività di famiglia una realtà di riferimento per la produzione artigianale di Santo Stefano Belbo (Cuneo), comune troppo spesso associato soltanto all’industria spumantistica. Sulla collina di Seirole, tra Langhe e Monferrato, Marco porta avanti la tradizione familiare dando la giusta spinta innovativa, privilegiando i vini autoctoni, frutto del miglior connubio tra vitigno e territorio, e una produzione limitata che rende a pieno le potenzialità del vigneto.
Un altro giovane produttore è Nicholas Altare che, dopo un decina di anni di lavoro presso la cantina di Ferdinando Principiano (Dogliani, Cuneo), dove afferma di avere imparato tutto quello che sa del mestiere, ha deciso di dedicarsi solo alle vigne di famiglia, piantate in prevalenza a
dolcetto. Il suo stile parla di vini immediati e diretti, prodotti in modo tradizionale, senza filtrazioni e con pochissima solforosa totale.
Toscana
«Gli scarti sono risorse»: questo è il pensiero lungimirante che guida Francesco Galgani e Flavia Del Seta, titolari dell’azienda Cappellasantandrea situata a San Gimignano (Siena).
Protagonisti di una rinascita contadina rimasta fedele ai profumi e ai sapori di una volta, Francesco e Flavia portano avanti questa realtà biodinamica in cui viti, alberi da frutto e animali convivono in perfetta sinergia, secondo un’ottica di azienda a ciclo chiuso orientata a preservare la biodiversità. Un valore fondamentale anche per l’Erta di Radda, il progetto di Diego Fenocchi nato nel 2006 dalle forti pendenze dei vigneti situati a pochi passi dal centro storico di Radda in Chianti (Siena). L’azienda è il frutto del legame di Diego con il territorio, che viene lavorato secondo i princìpi della produzione biologica, nel rispetto dell’ambiente e del suolo.
Veneto
Incastonata sulle sponde del fiume Adige, tra il Monte Baldo e l’Altopiano della Lessinia, l’azienda agricola Roeno di Brentino Belluno (Verona) sorge nella cosiddetta Terra dei Forti, avamposto di confine in cui la famiglia Fugatti custodisce oltre 200 anni di storia, fortemente influenzata dalla convivenza con queste valli aspre e dure scavate dal secondo corso d’acqua più lungo d’Italia.
La curiosità e lo studio ininterrotto delle potenzialità del territorio hanno reso l’azienda, condotta dai fratelli Giuseppe, Cristina e Roberta, uno tra i più espressivi testimoni e interpreti dei vini della zona. Merito anche di un patrimonio di
vigne centenarie invidiabile, tra le quali spicca il vigneto a piede franco di enantio, da quest’anno Presidio Slow Food.
Emilia Romagna
A Imola (Bologna), l’azienda Tre Monti custodisce il lavoro di due generazioni: quella dei fondatori, Sergio Navacchia e la moglie Thea, e quella dei loro figli David e Vittorio, che hanno saputo far crescere l’azienda senza mai fermarsi nel campo della ricerca e della sperimentazione, arrivando anche a cambiare lo stile dei propri vini. Ne sono un esempio i rossi, sempre coerenti con le zone d’origine, resi più leggeri grazie a un minore impatto del legno.
Lazio
L’azienda agricola Damiano Ciolli si trova a Olevano Romano, borgo medievale a circa 600 metri slm, ai piedi del Monte Celeste, 45 chilometri a est della Capitale. In questo areale vocato alla viticoltura, Damiano inizia la sua attività nel 2001, forte di una tradizione familiare dedita alla vendita dello sfuso. Fin da subito si concentra sulla produzione di qualità, convinto che dal Cesanese si possano ottenere vini pregiati. Oggi, insieme alla compagna Letizia Rocchi, cerca di esprimere al meglio l’interazione tra suolo, microclima e vitigno attraverso un lavoro in campo sempre più curato e una grande conoscenza del territorio.
Marche
A pochi chilometri da Ascoli Piceno, nella frazione di Colonnata Alta, Federica e Francesca dell’azienda Pantaleone portano avanti la coraggiosa scelta del padre Nazzareno Pantaloni, che aveva visto in quei terreni scoscesi e inframezzati da boschi il giusto potenziale per dare vita a uve speciali. Equilibrio, natura e territorio sono le parole chiave di questa realtà biologica, dove la valorizzazione delle viti autoctone si unisce al desiderio di lasciare alla future generazioni terre e vigne migliori.
Umbria
Filippo Antonelli è l’anima dinamica di Antonelli San Marco, impresa di famiglia di Montefalco, in provincia di Perugia, che negli anni ha saputo scrivere pagine memorabili del vino umbro. Dal 2009 l’azienda ha effettuato la conversione integrale all’agricoltura biologica, mentre è in fase di ampliamento la cantina: si sta realizzando un percorso sotterraneo che comprenda tutte le fasi della produzione, da quando il grappolo raccolto entra in pressa fino all’imbottigliamento.
Abruzzo
I vini concettuali dell’azienda Cataldi Madonna, immersa nel Forno d’Abruzzo, l’altopiano che giace sotto l’unico ghiacciaio degli Appennini, il Calderone, sono espressione del territorio di Ofena (Aquila) e della filosofia del titolare Luigi:«Per fare bisogna prima pensare, e senza pensiero non si può fare un vino. Il pensiero, come l’arte, moltiplica la natura». Vinificati in purezza e in riduzione, ovvero in assenza di ossigeno, tutti i vini provengono da uve certificate biologiche dal 2016 e rispecchiano l’esclusività e l’autenticità della zona di produzione.
Campania
Espressione dell’eroica viticoltura di Tramonti (Salerno), nel cuore verde della Costa d’Amalfi, Tenuta San Francesco è l’ambiziosa avventura intrapresa nel 2004 da Gaetano Bove assieme ai soci Vincenzo D’Avino e Luigi Giordano. L’azienda agricola, che si estende su 14 ettari, produce vini provenienti da viti ultracentenarie prefillossera, tra cui spiccano i vitigni autoctoni del territorio: tintore, piedirosso e aglianico per i rossi, falanghina, biancolella, biancazita, biancatenera, pepella e ginestra per quanto riguarda i bianchi.
Puglia
Circondata da circa 100 ettari di vigneti e gli uliveti, a Cutrofiano (Lecce) nel cuore del tacco d’Italia a metà strada tra Gallipoli e Otranto, la Masseria L’Astore è il luogo ideale per immergersi nella cultura e nella tradizione del Salento. Il progetto di fare vino dai vigneti intorno alla masseria di famiglia e al suo antico frantoio ipogeo è nato negli anni Novanta, ma la dedizione e la consapevolezza di Paolo Benegiamo, medico contadino, lo hanno poi radicalmente trasformato: i vitigni internazionali hanno ceduto il posto agli autoctoni, e la volontà di espressione del terroir si è fatta stella polare.
Sardegna
A Sorgono (Nuoro), piccolo comune nel centro della Sardegna, Pietro Uras, Renzo Manca e Simone Murru si definiscono Garagisti. Se in Francia questo termine viene utilizzato per i vini di nicchia dai prezzi poco accessibili, qui si riferisce al fatto che le uve coltivate vengono poi lavorate proprio in un garage del paese, con attrezzature elementari ma efficaci. Il resto lo fanno il territorio, la storia, la vocazione e la passione dei produttori uniti da un sogno: valorizzare gli antichi vitigni impiantati dai nonni e genitori per fare della regione delMandrolisai la nuova frontiera dei vini sardi.
Sicilia
Dalla vendemmia alla cantina, dalla commercializzazione alla distribuzione: nell’azienda agricola Possente di Salaparuta (Trapani), nella Valle del Belice, ogni fase viene seguita con la massima attenzione. I fratelli Stefania, Maria e Antonio condividono l’esperienza trasmessa dal padre e continuano a lavorare in vigna rispettando il terreno e valorizzando le varietà autoctone, come il Catarratto, il Grillo e lo Zibibbo, che negli ultimi anni hanno acquisito maggiore definizione varietale e territoriale.
La commissione di assaggio
Per Slow Wine, il vino che vorremmo si definisce attraverso tre aggettivi: buono, pulito e giusto. Gli elementi del pulito e del giusto sono garantiti dall’adesione delle aziende al Manifesto, che durante la Slow Wine Fair sarà presentato nella sua forma aggiornata e arricchita dai contributi della Slow Wine Coalition. Una delle novità dell’edizione 2023, importante per certificare ulteriormente l’elemento del buono è la presenza di una commissione internazionale di assaggio composta da membri della redazione Slow Wine e da altri degustatori professionisti:
Antonio Boco, Paolo De Cristofaro e Giampaolo Gravina, per quanto riguarda l’Italia; Juan Gualdoni e Deborah Parker Wong, per quanto riguarda i vini internazionali. La commissione costituisce un importante elemento distintivo rispetto alle altre fiere del settore.
È uno dei più apprezzati wine writer italiani, con esperienza ventennale e collaborazioni di pregio con riviste e guide di settore. Curiosità, sensibilità e molte esperienze sul campo gli hanno permesso di accumulare un’enorme conoscenza dei più importanti territori del vino internazionale. Nel 2009, con il collega Paolo De Cristofaro, fonda il magazine online Tipicamente, spazio narrativo indipendente che di recente ha realizzato il podcast Vino al vino 50 anni dopo, sulle orme dei viaggi d’assaggio di Mario Soldati.
Nell’aprile 2010 l’Associazione Grandi Cru d’Italia gli conferisce il titolo di Miglior giovane giornalista del vino italiano.
Paolo De Cristofaro è giornalista, assaggiatore, divulgatore e autore radio-televisivo. Da circa 20 anni collabora con alcune fra le più importanti testate del settore, tra cui Enogea di Alessandro Masnaghetti, che ha coadiuvato nella realizzazione del libro Chianti Classico.
L’Atlante dei Vigneti e delle UGA (2022). Con l’amico e collega Antonio Boco ha fondato nel 2009 il magazine multimediale indipendente Tipicamente, per il quale ha ideato e curato la serie di podcast Vino al vino 50 anni dopo.
Già collaboratore delle riviste Enogea e Pietre Colorate, è stato coordinatore nazionale della guida I Vini d’Italia dell’Espresso dalla prima edizione del 2002 fino al 2015. Dal 2015 è docente a contratto presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, nel master in Wine culture and communication, e presso l’Università San Raffaele di Milano, nel master in Filosofia del cibo e del vino. Tra i suoi libri più recenti, Vini e terre di Borgogna (con Camillo Favaro, Edizioni Artevino); Vini da scoprire – La riscossa dei vini leggeri (Giunti, 2016-17) e Vini artigianali italiani (Paolo Buongiorno Editore, 2018), tutti e tre scritti insieme ad
Deborah Parker Wong è una giornalista californiana specializzata in vini e distillati. Scrive da anni sulle prestigiose pubblicazioni The SOMM Journal e The Tasting Panel magazine. È insegnante ai corsi WSET ed è membro della California Teachers’ Association. Giudice nei principali concorsi mondiali e curatrice dal 2020 della guida Slow Wine USA, che recensisce 300 cantine di California, Oregon, Washington State e New York State.
I 15 anni di L’assemblea della FIVI e l’Assemblea nazionale dei soci
Tra gli espositori, molti fanno parte della FIVI, Federazione Italiana Vignaioli indipendenti, che conta 1300 vignaioli iscritti e che si batte per difendere gli interessi di tutti i vignaioli che in Italia hanno lo stesso approccio alla vigna e alla produzione di vino.
Lorenzo Cesconi, presidente nazionale FIVI, racconta così il coinvolgimento della Federazione nella prossima edizione di Slow Wine Fair:
«Nel 2023 FIVI festeggerà i suoi primi 15 anni. È un’associazione ancora giovane, ma che in poco tempo si è ritagliata un ruolo centrale nella rappresentanza e nella valorizzazione del ruolo dei vignaioli e delle vignaiole italiane.
Questo successo lo dobbiamo a chi, nel 2008, vide lontano e mise le basi per costruire un’associazione basata su responsabilità e spirito di servizio, ma senza scordare mai il calore umano e il piacere dello stare assieme. Slow Food ebbe un ruolo importante, nella nascita di FIVI, e quindi è stato naturale per noi decidere di festeggiare questo compleanno nel contesto della Slow Wine Fair.
Domenica 26 febbraio ci sarà una piccola cerimonia, coi protagonisti di allora e di oggi, alla quale seguirà l’Assemblea nazionale dei soci»
Vino e non solo…
Numerose, poi, le novità che Slow Wine Fair 2023 ha in serbo per il proprio pubblico, che comprende vignaioli e vigneron, professionisti (importatori, distributori, osti, ristoratori, sommelier, enotecari e giornalisti) e winelover che frequentano il mondo del vino in modo consapevole.
Laprimaconsistenell’allargamentodellaplateadeglioperatoricoinvolti,che comprenderannoancheiproduttoridisoluzionitecnologicheinnovative,impianti, attrezzature e servizi connessialla filiera del vino, i veri partner della sostenibilità. La seconda new entry riguarda, invece, l’universo delle bevande spiritose, dei distillati, degli amari, dei liquori e molto altro. Slow Wine Fair proporrà, dunque, un’esperienza unica e completa,che va dall’aperitivo al dopo pasto.
La Fiera dell’Amaro d’Italia ospite di Slow Wine Fair
Tra le novità di questa edizione, Slow Wine Fair ospita la terza edizione della Fiera dell’Amaro d’Italia, con un’area dedicata, dove produttori d’eccellenza potranno esporre i loro amari. Alcuni fra questi, selezionati daAmarotecae dall’Associazione Nazionale Amaro d’Italia, potranno organizzare masterclass esclusive per raccontare la propria produzione.
Un’occasione imperdibile per tutti gli operatori del settore, gli appassionati e potenziali acquirenti per scoprire una selezione qualificata di professionisti e partner della filiera dell’Amaro d’Italia.
Nessuna carta dedicata al ristorante, nessun sommelier, nessuna denominazione d’origine controllata, nessun consorzio. Eppure l’amaro è un prodotto tipico italiano per eccellenza: con una lunga tradizione, legata a ingredienti e ricette del territorio, un prodotto che all’estero non si trova quasi da nessuna parte.
Frale presenze confermate, l’azienda siciliana Paesano che presenterà l’Amaro al carciofo Paesano, realizzato con un ingrediente chiave davvero unico: ilcarciofo nostrale di Niscemi, Presidio Slow Food. E ancora l’azienda abruzzese Scuppoz, l’unica in Italia con una sua produzione di Genziana Lutea.
Un evento a misura di buyer
Nord Europa, con prevalenza di Germania e Danimarca, e Stati Uniti sono stati i Paesi con la maggiore presenza di buyer a Slow Wine Fair 2022, i quali hanno espresso grande soddisfazione per l’altissima selezione delle cantine, con prevalenza di aziende biologiche e biodinamiche, per la salubrità dei vini naturali proposti e per l’attenzione alconsumo consapevole.
Tutti elementi che hanno fatto di Slow Wine Fair un nuovo punto di riferimento nel panorama fieristico internazionale per chi vuole soddisfare le esigenze di un mercato che va oltre alle caratteristiche del vino nel bicchiere e cercail buono a 360 gradi.
Nel 2023 la proposta dedicata ai professionisti del settore, forte anche della partnership con laItalian Trade Agency(ICE) e delMinistero degli affariesteri e della cooperazione internazionale(MAECI)si arricchisce, poiché la qualità dei vini esposti sarà ulteriormente certificata dal lavoro delle commissioni di assaggio italiana e internazionale e da incontri appositamente progettati per loro. Inoltre, la piattaformaB2Matchsvolgerà una funzione fondamentale nell’ambito di un evento fortemente connotato sul B2B.
Grazie a questo strumento, infatti, i buyer potranno profilare nella maniera più dettagliata possibile le aziende e le etichette che corrispondono ai loro interessi, individuando facilmente annate, terroir, tipologie di vini, ma anche dettagli relativi al terroir (ad esempio tutti i vini provenienti da un suolo argilloso, marnoso, sabbioso eccetera), all’affinamento, e alla commercializzazionedeivinistessi.Potranno inoltrecrearsiuna propria agendadi appuntamenti, in modo da rendere l’esperienza di visita il più proficua possibile.
Il premio alle migliori Carte dei vini
Appassionati e professionisti del settore sono chiamati a dar vita a una delle principali iniziative–e novità–di Slow Wine Fair 2023: il Premio alle migliori Carte dei vini. Si tratta di un ulteriore tassello per valorizzare il lavoro di chi promuove la cultura del bere bene e del vino buono pulito e giusto, e per rafforzare il legame tra locali che incentrano le proprie selezioni su vini di questo tipo e winelovers.
I premi, territoriali e tematici, saranno conferiti a 12 diverse categorie. Fra i premi territoriali italiani, migliore selezione di Barolo e di Chianti Classico (per le denominazioni più affermate)emiglioreselezionediviniirpiniediTrebbianod’Abruzzo(perle denominazioni emergenti). Per i premi territoriali internazionali i focus sono invece la Loira e la Mosella e, per quanto riguarda i territori emergenti l’Austria e la Slovenia.
Non solo i terroir!
Alla Slow Wine Fair diamo spazio anche ad alcune categorie tematiche, che rendono protagonisti i vitigni, le certificazioni, o l’idea stessa di vino buono, pulito e giusto.
•Migliore selezione di vini provenienti da vitigni autoctoni •Migliore selezione di vini certificati (biologici e/o biodinamici) •Migliore selezione di vini con un buon rapporto qualità/prezzo •Migliore selezione di vini italiani buoni, puliti egiusti all’estero
Per tutto dicembre, il pubblico potrà candidare i propri locali del cuore sul sito dell’evento e, dopo una prima scrematura, affidata sempre al voto degli appassionati, subentrerà il lavoro della giuria internazionale di esperti, che decreterà i tre indirizzi premiati per ogni categoria.
Federica Randazzo è vice curatrice nazionale della guidaSlow Wine. Metà altoatesina e metà siciliana, dopo una laurea in giurisprudenza e una diploma da sommelier inizia a occuparsi di vino. Oltre al lavoro di critica, scrive articoli, idea e cura progetti ed eventi, conduce degustazioni e corsi e crea contenuti per la comunicazione online ed offline.
Giancarlo Gariglio nel 2001 entra nelle commissioni regionali di degustazione della guida Vini d’Italia(Gambero Rosso e Slow Food), per poi entrare a far parte in pianta stabile delle commissioni finali che assegnano i Tre Bicchieri. È il curatore dell’edizione 2008 dellaGuida al vino quotidianodi Slow Food Editore. Nel 2007 organizza l’evento Vignerons d’Europe a Montpellier in Francia.
È tra i fondatori, il 29 luglio del 2008, della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti(FIVI). Il Consiglio Direttivo della FIVI lo sceglie come primo Segretario generale dell’associazione. Nel 2010 partecipa all’ideazione della guidaSlow Wine e dall’edizione 2011 diventa co–curatore della stessa. Dal 2021 è coordinatore della rete tematica internazionale dedicata al vino Slow Wine Coalition
Due grandi vini della tradizione e le bollicine del Brut Millesimato per festeggiare il Natale con Lungarotti
Redazione
Il Natale si avvicina ed è tempo di pensare ai regali e alla tavola delle feste.
Per rendere ancora più speciali i momenti di convivialità in famiglia, le serate con gli amici o semplicemente per andare sul sicuro regalando dei grandi vini, dal cuore dell’Umbria, Lungarotti propone due fuoriclasse come il Rubesco Riserva Vigna Monticchio 2017 – Torgiano Rosso Riserva DOCG, Sangiovese in purezza nato nel 1964 da una felice intuizione di Giorgio Lungarotti e oggi considerato tra i migliori rossi italiani.
Il Torre di Giano Vigna il Pino 2019 – Bianco di Torgiano DOC a base di Vermentino, Trebbiano e Grechetto, antesignano dei bianchi italiani affinati in legno, inserito quest’anno da Doctor Wine tra i migliori vini per rapporto qualità-prezzo.
Due etichette ideali da mettere sotto l’albero e da servire in abbinamento con i menu di carne e di pesce che onoreranno le nostre tavole da nord a sud del Bel Paese.
E per concludere in bellezza il 2022 e brindare al nuovo anno, la storica azienda umbra consiglia il suo Brut Millesimato – Vino Spumante Metodo Classico 2017 da uve Chardonnay e Pinot Nero, nato da un’idea di Giorgio Lungarotti che decise di provare a produrre a Torgiano un suo metodo classico, convinto che le peculiarità pedoclimatiche del territorio potessero dare uve di buona acidità ideali per realizzare degli ottimi spumanti. Intenso e avvolgente, il Brut Millesimato di Lungarotti è la scelta perfetta per festeggiare in allegria ogni nuovo inizio.
Rubesco Riserva Vigna Monticchio
Sangiovese in purezza apprezzato per il suo straordinario equilibrio tra potenza ed eleganza.
Il colore è rubino brillante e i caratteri sono quelli tipici della gente dell’Umbria, riservata ma generosa.
Un vino di grande struttura, adatto a un lungo invecchiamento, che viene imbottigliato solo nelle migliori annate.
In particolare, la 2017 sorprende con una freschezza inattesa, viste le condizioni climatiche difficili che hanno caratterizzato la stagione e le rese particolarmente basse, rivelando un grande equilibrio.
Torre di Giano Vigna il Pino
A base di Vermentino, Trebbiano e Grechetto, è un vino bianco con una bella struttura, equilibrio ed eleganza.
Al naso presenta note floreali e di tiglio, timo e fiori di acacia che si alternano a delicate sfumature di cocco, vaniglia e cioccolato bianco.
Il gusto è sapido e fragrante con una lunga persistenza nel finale, bilanciato da un’acidità rinfrescante.
Brut Millesimato – Vino Spumante Metodo Classico
Spumante da uve Chardonnay e Pinot Nero. Dorato, limpido e brillante, con perlage a grana molto fine e persistente, ha un profumo intenso e avvolgente che richiama la mandorla, la nocciola e una lieve espressione di crosta di pane. Il gusto è secco e pieno, fruttato e di bella struttura, e lascia nel finale un tocco agrumato con un’acidità fresca e pulita.
Simbolo dell’eccellenza enologica umbra, Lungarotti ha contribuito a scrivere la storia del vino italiano nel mondo. Una storia cominciata con Giorgio Lungarotti, pioniere della moderna enologia italiana che nel dopoguerra ha trasformato l’azienda agricola di famiglia, a Torgiano, in una cantina di successo.
Una storia che ancora oggi continua grazie all’impegno, la passione e la competenza di 3 generazioni della famiglia Lungarotti che hanno saputo innovare senza mai tradire il carattere inconfondibile dei loro vini iconici tra cui il Rubesco Riserva Vigna Monticchio – Torgiano Rosso Riserva DOCG, considerato tra i migliori rossi italiani, e il Rubesco – Rosso di Torgiano DOC.
Lungarotti conta in tutto 250 ettari di vigneti, dislocati tra la Tenuta di Torgiano (230 ha, certificata VIVA dal 2018) e quella di Montefalco (20 ha, certificata biologica dal 2014), dove si pratica una viticoltura attenta alla sostenibilità e alla biodiversità. Tra i pilastri dell’azienda, anche la valorizzazione dell’enoturismo di qualità e la promozione della cultura del vino, dell’olio e del patrimonio artistico attraverso il Museo del Vino (MUVIT) e il Museo dell’Olivo e dell’Olio (MOO) di Torgiano.
Azienda Agricola Di Marzio 2022, Riccardo Del Frate si racconta:” Sono nato in vigna”
Ilaria Castagna e Cristina Santini Partners in Wine
Quella che vi stiamo per raccontare è la storia di Riccardo Del Frate, un giovane Produttore del Comune di Lanuvio, nel cuore dei Castelli Romani, con una lunga storia vitivinicola alle spalle che ha saputo coltivare nel tempo partendo da molto lontano, dal suo trisavolo che faceva proprio questo mestiere.
Giunto alla quinta generazione, Riccardo più che un mestiere lo definisce un progetto personale che, seguendo le orme del suo antenato, ha inizio non da subito, ma strada facendo.
Girando un po’ il mondo prima di mettere radici, ha iniziato in Svizzera con l’incarico di Chef de partie nelle migliori cucine dei ristoranti a 5 stelle, ma la mente era sempre lì tra quei filari.
Il padre non voleva che facesse il mestiere del vignaiolo, era l’epoca in cui tutti abbandonavano i vigneti e quindi non pensava che potesse essere per il figlio un buon lavoro per vivere.
Poi dal 2009 al 2016 inizia a lavorare in pasticceria facendo sia il pasticcere sia il vignaiolo.
Con la sua caparbietà di portare avanti un sogno, quello del vignaiolo, lascia tutto per dedicarsi ai suoi filari e nel 2016 esce la sua prima annata.
Ad oggi cura tutti i suoi vigneti personalmente fino alle fasi di produzione e alla gestione diretta, nella maggior parte dei casi, dei suoi clienti. “Quando sono clienti nuovi vado io, voglio conoscere bene il mio cliente e farmi conoscere, spiegando la mia azienda e i miei prodotti. E poi voglio sapere dove va a finire il mio vino”.
Con la sua filosofia ribelle non vuole l’enologo, per cui in azienda c’è solo il grande Cantiniere Stefano Pinci che lo aiuta nelle sue innumerevoli sperimentazioni. “Non sono contro la figura dell’enologo, è solo che poi si parla più del vino dell’enologo rispetto al vino del vignaiolo”.
L’amore e la passione sono le caratteristiche di questo ragazzo di 34 anni che fa del suo lavoro una missione, non si annoia, piace e si vede.
I VIGNETI DI FAMIGLIA: Primo vigneto
Visitiamo la prima parte del vigneto, uno dei sette appezzamenti tutti collocati nello stesso Comune, ma a diverse distanze e con caratteristiche pedo-climatiche differenti.
Sono 8,5 ettari che fanno parte dell’azienda del trisavolo che a suo tempo produceva vino e lo vendeva sfuso come da tradizione in questo territorio.
Riccardo ci racconta che, da alcuni dati storici in possesso della Famiglia, la costituzione dell’azienda dovrebbe risalire alla fine dell’800. Poi con i due conflitti bellici si sono persi tutti i possedimenti, ripartendo poi nel dopoguerra con il nonno e il papà.
Fino agli inizi del 2000 si parla di una superficie di circa 5 ettari, conferendo una parte delle uve alle Cantine e la restante parte vinificata e venduta come vino sfuso in quella che era all’epoca, su quel terreno, una fraschetta di proprietà. “Si vende ancora oggi il vino sfuso mantenendo le tradizioni perché certe cose non si riescono a sradicare” .
Nel 2009 il nonno divide l’azienda tra i tre figli e al papà spettano i 2,5 ettari in affitto. A questo punto subentra Riccardo nel recupero e nella gestione dei vigneti, ripartendo proprio da questi pochi ettari, fino al 2018, anno in cui acquista di nuovo tutti i terreni che erano appartenuti al suo trisavolo.
Ad oggi sono 11 gli ettari di proprietà, certificati Bio, più 4 in affitto recuperati dall’abbandono, che vanno dai 110 ai 264 metri slm., coltivati su suolo vulcanico, a 15 km dal mare con una costante ventilazione.
PRATICHE IN VIGNA
Tra i filari, ad alternanza ogni anno, viene lavorato il terreno e messo a dimora il favino, una pianta che prende l’azoto dall’atmosfera e lo trasferisce nel terreno arricchendolo.
Il residuo delle potature viene utilizzato come compost e, dato il clima, viene fatto anche l’inerbimento per trattenere l’umidità nel terreno.
I vitigni recuperati dal 2009 fino al 2014 e i nuovi impianti sono: Malvasia di Candia, Trebbiano Toscano, Malvasia Puntinata o del Lazio, Moscato giallo, Grechetto e Vermentino. Per i rossi: Merlot, Montepulciano, Sangiovese e Cesanese. Quattro le etichette prodotte di cui due bianchi, un rosso e un rosato.
Le rese sono tra 90/110 q/h. e vengono prodotte circa 10.000 bottiglie l’anno.
Nel 2009 ha inizio la prima vinificazione, facendo seguito sei anni di prove per poi uscire con la prima etichetta nel 2016 valorizzando e prediligendo gli allora vitigni autoctoni in possesso, ovvero la Malvasia di Candia e il Trebbiano Toscano, al contrario di ciò che gli era stato suggerito cioè espiantare la vecchia vigna del ’73 e piantare a filare uno Chardonnay.
Notiamo la particolarità dei filari misti, di tante varietà insieme come era una volta l’usanza.
Le lavorazioni in vigna sono tutte manuali tranne quelle del terreno, quindi dalla potatura alla raccolta è tutto a mano e questo consente nel periodo primaverile, quando insorgono le malattie della vite, durante la potatura verde, di osservare meglio e da vicino lo stato sanitario delle uve.
Quindi i trattamenti di zolfo e rame non vengono dati più a cadenza come una volta ma solo se servono. “Mi sento un custode del territorio, io sono molto attaccato al territorio”.
UN’ETICHETTA PER OGNI SUOLO
Ogni etichetta proviene da diversi appezzamenti con differenti esposizioni e altitudini, soprattutto con il terreno vulcanico che cambia colore tra un fazzoletto e l’altro.
Riccardo ci incuriosisce dicendoci che su 10.000 metri ci sono tre lingue di terra differenti.
Qui, in questo primo appezzamento, troviamo prettamente suolo vulcanico non troppo scuro, marrone rossastro.
Il “Metella” ad esempio, composto da Trebbiano in purezza, viene da questa prima porzione di terreno vulcanico, allevato a tendoni e piantato nel 1973.
Dalle parole di Riccardo “ho mantenuto i tradizionali tendoni perché non è vero che così facendo non si fa qualità, tanto dipende dalla potatura. Con il cambiamento climatico utilizzare il tendone è più salutare per le uve bianche, un riparo dal sole che consente di preservare la parte aromatica”.
Qual è l’etichetta che più ti rappresenta?
“Vallefiara perché è il primogenito, è un altro appezzamento che si trova sotto Lanuvio e l’unico che è rimasto a noi dal trisavolo ininterrottamente a differenza degli altri che invece sono stati persi e poi ripresi. Ha un valore soprattutto affettivo, diverso”.
ALLA SCOPERTA DEI TANTI FAZZOLETTI DI TERRA
Ci spostiamo in un’altra porzione dove i filari, piantati più stretti, sono studiati per essere lavorati orizzontalmente anziché seguire in verticale il pendio in discesa. Qui non c’è l’alternanza delle erbe spontanee perché la vigna è più giovane, risalente al 2021, quindi lavorata più spesso.
In questa parte di natura, c’è un ettaro di vigneto nuovo, insieme ad un altro ettaro risalente al ’92 e mezzo ettaro di uliveto in fondo ai vigneti presi in affitto da Riccardo nel 2014.
Troviamo il terreno spaccato perché non piove da settimane. Più scendiamo a valle più il terreno cambia colore.
Ci incuriosisce tantissimo la presenza di tre differenti suoli: in alto, il primo più scuro, più nero argilloso; scendendo il secondo a metà è sabbioso/pozzolanico con una consistenza molto diversa; il terzo, a fondovalle, un suolo di nuovo più scuro e ricco di sostanze organiche.
Ogni lingua di terra ha delle caratteristiche uniche e in pochi metri cambia la consistenza, il colore e la composizione del suolo. Quindi abbiamo lo stesso vitigno coltivato in diverse parcelle con differenti caratteristiche pedo-climatiche che danno vini diversi.
In definitiva, le quattro etichette prodotte provengono da quattro terreni diversi e ben distinti.
Altra differenza che notiamo è la crescita dei vigneti in tre differenti terreni ma piantati nello stesso anno e nello stesso luogo. In alto il terreno scuro è più ricco di sostanze e le vigne crescono con più vigoria; più in basso il terreno è povero e la vigna soffre di più.
Ogni appezzamento è una cosa a sé; le posizioni dei vitigni sono ben studiate perché Riccardo conosce fin troppo bene il suo territorio e non metterebbe mai un Moscato giallo a valle pur sapendo che soffrirebbe di marciume e botrytis a causa della troppa umidità, dove invece si trova il Grechetto.
LA STORIA DI LANUVIO
Prima di raggiungere un’altra parte vitata, Riccardo ci tiene a raccontarci il suo territorio perché sostiene che visitare soltanto l’azienda e i suoi Vigneti sia poca cosa in confronto alla completa panoramica che potremmo avere conoscendo la storia e visitando una parte del paese.
E così, entusiaste della proposta, ci porta a visitare una delle bellissime torri appartenente al Castello medievale di Civita Lavinia, costruito sopra le rovine dell’età Imperiale. Giunte alla sommità, affascinate dal quadro naturalistico davanti i nostri occhi, godiamo in silenzio questo scorcio sulla campagna romana, sui vigneti. All’orizzonte il mare.
Al giorno d’oggi la maggior parte delle torri è abitata.
Sicuramente conoscere e vivere il territorio e la sua storia aiuta a capire l’evolversi anche del tessuto urbano. “Il posto va vissuto a 360 gradi portando le persone in azienda, far vedere e vivere le vigne, e visitare il luogo come unico pacchetto”. Questa è l’accoglienza di Riccardo.
Lanuvio, situato all’interno del Parco Regionale, a 324 metri slm, è il più basso dei comuni dei Castelli Romani, in prov. di Roma, però è il primo colle che si incontra venendo dal mare, quindi durante la seconda guerra mondiale, con lo sbarco di Anzio delle truppe alleate, venne prima bombardato dal mare poi raso al suolo.
Il nome Lanuvio viene da Lanoios, un guerriero partito dalle coste della Grecia o dalla Sicilia, a seconda delle leggende, insieme ad Enea, che approdò sulla costa laziale e nell’entroterra fondò una cittadina che prese il suo nome dal latino. Nel corso degli anni il nome diventò Lanuvium, poi Lanuvio ed era una rocca circondata da cinque torri a scopo difensivo, inespugnabile perché circondata da una cinta muraria scarpata.
“LE VAGNERE”
Il terzo appezzamento vitato, sotto Lanuvio, è più selvaggio, il più alto, 264 metri slm, comprato negli anni ’60 dai nonni di Riccardo che all’epoca avevano la vigna a filari coltivata a Malvasia e Bombino, per poi ripiantare negli anni ’80 Malvasia e Trebbiano e nel 2001 Sangiovese.
Circondato da un boschetto di lauro, questo terreno è ricco di biodiversità sia animale sia vegetale, con tante specie di piante, coltivato su suolo vulcanico più chiaro, non argilloso ma sciolto, molto drenante.
Dal Sangiovese, presente in questo lotto, viene prodotta la prima annata del rosato “Le Vagnere”, che prende il nome proprio dal luogo.
Riccardo ci porta vicino ad un ruscello e ci racconta che qui prima c’erano tante canne che coprivano la sorgente e la collina terrazzata con muretti a secco che in seguito ha ripulito. A ridosso di questa collina ci sono delle Ville Romane, dei vasconi sempre di epoca romana dove finisce l’acqua della sorgente e da lì scende a valle vicino ai filari.
Queste colline, grazie alla loro posizione favorevole, erano molto care all’Imperatore Marco Aurelio che qui risiedeva per la salubrità del clima.
All’interno di queste ville ci sono degli splendidi mosaici. Riccardo si occupa della manutenzione esterna per preservare la loro bellezza.
Le ville romane sono state inserite nel percorso dell’Appia, antico tracciato che comprende settanta comuni, quattro regioni e dodici tra province e Città metropolitane. Progetto presentato da pochi mesi che ci auspichiamo in futuro porti al riconoscimento di questa Via, così importante, come patrimonio dell’UNESCO.
Qui davanti alle viti c’è da poco più di un anno un’arnia piena di api e dal prossimo anno ci sarà anche la produzione di un po’ di miele. Posizione ideale vicino all’acqua, i mandarini in fiore, rovi in fiore. Simbolo della biodiversità!
Giriamo intorno alla vigna e troviamo una bella collinetta piena di ciclamini, una scala antica fatta di legno appoggiata ad un albero, pietre vulcaniche scure, panche di legno e una vista sulla vallata con un albero e il muretto a secco che ci ricorda il disegno sull’etichetta del rosato. Su per la collina, sotto il bosco si vede benissimo tutta l’attività vulcanica, le varie colate laviche con basalto nero, un toccasana per queste vigne. Ci stupisce tantissimo il mutare dei colori del terreno in così poca distanza, ci sembra di aver cambiato territorio.
“IL VALLEFIARA”
Siamo nel quarto podere di 6000 metri, più aperto verso il mare. Non si sa l’anno d’impianto dell’ultimo filare che segna il confine, ma il resto della vigna è stata ripiantata nell’86 e coltivata a Malvasia e Trebbiano. Da queste viti, alternate da due filari di Malvasia e un filare di Trebbiano, viene prodotto il “Vallefiara”. Praticamente il taglio si fa direttamente in vigna!
Dalla collina di fronte ai vigneti possiamo ammirare il panorama che si estende fino al mare e quando non c’è foschia si vedono perfettamente le isole pontine. Siamo nell’agro romano e vediamo l’agro pontino.
Mentre ammiriamo il paesaggio, ascoltando il canto degli uccelli, alle spalle abbiamo Lanuvio e voltandoci osserviamo sotto il campanile vicino ai pini un grande terrazzo.
Si narra che tutti i terreni sotto la rocca fossero di proprietà del trisavolo. In passato, da questo terrazzo, si vedeva alzarsi un grande fumo dai campi, dovuto all’uso della vanga da parte delle tante persone che lavoravano per lui.
Tutti gli ettari vitati sono circondati da uliveti che rappresentano un ettaro con 500 piante miste tra moraiolo, rosciola, carbonella, frantoio, itrana. Non poteva mancare la produzione di olio.
LA CANTINA E IL PROGETTO FUTURO
Dopo questo bel peregrinare tra i filari, entriamo a visitare la cantina e ci troviamo di fronte le vasche d’acciaio e a fianco la sala di stoccaggio piena di opere d’arte magnifiche, che ritroviamo anche nell’abitazione, dipinte dal nonno materno, ritratti di famosi personaggi, volti conosciuti e non nell’ambito religioso. Una grande passione e non un lavoro a conferma che nella vita faceva ben altro.
Per gli affinamenti in barrique del rosso, di secondo e terzo passaggio, si appoggia ad un’altra cantina. Infatti ci rendiamo conto anche noi che lo spazio è piccolo.
Riccardo racconta che uno dei progetti più importanti sarà proprio quello di realizzare una cantina più grande e crescere con il numero delle bottiglie prodotte.
UNA GRADITA DEGUSTAZIONE CASALINGA
Siamo, inaspettatamente e sorprendentemente felici di essere accolte nella casa privata, nella quale la Mamma ci viene incontro con un gran sorriso e con una bellissima accoglienza. Eh sì, apparecchiamo la tavola insieme perché il pranzo si tiene proprio qui nella loro casa.
Un calore familiare così non lo abbiamo mai provato!
La tavola è imbandita di tante cose buone: formaggi, salumi, pizza fatta in casa, frittata, fettine panate, verdure. Insomma potremmo dire una meravigliosa accoglienza.
Da questa tavola parte la nostra degustazione dei vini dell’azienda.
“Il Metella” IGP Lazio 2021 Trebbiano Toscano in purezza
Il Metella porta il nome di “Cecilia Metella balearica maggiore”, vestale e sacerdotessa del tempio in onore della Dea Giunone Sospita. La leggenda narra che vicino al tempio c’era e c’è tutt’oggi una grotta all’interno della quale c’era un serpente. In primavera venivano mandate delle vergini con un cestino di focaccia come rito propiziatorio. Se il serpente accettava le focacce sarebbe stato un buon raccolto; se lo rifiutava colei che aveva perso la verginità, veniva sacrificata per scongiurare la carestia.
Queste sono le uve impiantate nel 1973 e coltivate a tendone. Vengono raccolte a mano e subiscono una pressatura soffice, dopo la fermentazione il mosto riposa tre mesi sulle fecce fini, matura 5 mesi in acciaio e poi affina tre mesi in bottiglia.
È di un bel giallo paglierino con alcuni accenni dorati, al naso ci colpisce la sua impronta di frutta esotica, mentre al palato ha un’ottima acidità con note minerali e una piacevole sapidità ben bilanciate. Un calice di buona struttura, fresco e beverino, molto poliedrico negli abbinamenti culinari.
“Vallefiara IGP Lazio 2021 70% Malvasia bianca di Candia e 30% Trebbiano Toscano
Il nome deriva da una delle zone sotto Lanuvio, dove sono coltivati a filari questi antichi vitigni di 25 anni di età, mai persi, nel corso del tempio, dalla Famiglia.
Raccolte sempre a mano, le uve sono sottoposte ad una pressatura soffice, decantazione statica, poi il liquido riposa 5 mesi sulle fecce fini, matura otto mesi di acciaio e poi affina qualche mese in bottiglia.
Ci sorprende come questi vini siano “vivi”. Ogni calice è diverso dal primo.
L’idea di non usare il legno ma solo acciaio sui bianchi è data dal voler mantenere integri i vini valorizzando gli autoctoni Malvasia di Candia e Trebbiano Toscano. “Questa è l’uva e questo è il vino che ne esce fuori”.
Alla visiva notiamo un colore più carico, di un giallo paglierino più intenso con riflessi dorati. I profumi di frutta a polpa gialla al naso ci rapiscono, è delicatamente aromatico, con lievi note agrumate. Una bella fusione tra l’aromaticità della Malvasia di Candia e la forza del Trebbiano Toscano. La sua mineralità lo contraddistingue. D’altronde con questo terreno vulcanico così ricco di sostanze organiche e argilla non poteva essere altrimenti. Un gran bel calice!
“Lanoios” IGP Lazio 2021 Merlot in purezza, provenienza uve da due filari del primo appezzamento visitato risalenti agli anni ’90.
15 giorni di fermentazione a contatto con le bucce, rimontaggi in assenza di ossigeno all’interno del silos, quindi niente solforosa. Tolte le bucce, viene fatto il travaso poi matura una parte in acciaio e una parte in barrique per otto mesi. Infine assemblaggio delle masse e affinamento 5 mesi di bottiglia.
15 gradi e non sentirli! Bassi solfiti, caldo, morbido, ancora giovane, acidità e tannini ancora non perfettamente integrati all’unisono. Al naso come al palato sentiamo queste note erbacee molto presenti per la sua gioventù, non è ruffiano come tanti Merlot, “rispecchia proprio chi lo fa” o ti piace o non ti piace.
Riccardo ci dice che fa il vino come piace a lui. Mai andato incontro alle tendenze e alle mode del mercato “ho fatto sempre quello che mi diceva la testa”.
I suoi sono vini identitari e vivaci che rispecchiano perfettamente anche il carattere.
Al palato c’è una dolce speziatura, sentori di pepe nero, liquirizia. Ci sembra ancora che da una parte ci sia questo fiore e frutto rosso predominante, e dall’altra, separata, una nota erbacea che devono ancora accordarsi insieme. Note ancora distinte non integre tra loro. Colore molto bello, rosso rubino intenso. Secondo noi, con un grande potere di invecchiamento.
I vini di Riccardo rispecchiano proprio lui, la storia della sua famiglia e del suo territorio. Sono il territorio perché Riccardo lo è. Un esempio perfetto di amore, determinazione e valorizzazione delle proprie tradizioni, della propria cultura e di tutti i differenti terreni che possiamo trovare anche spostandosi di pochi metri.
Noi lo ringraziamo infinitamente per averci aperto le porte della sua casa e fatto sentire davvero a nostro agio, per essersi raccontato a 360° e per averci fatto capire davvero chi è e che cosa si cela dietro ai suoi meravigliosi vini.
Vi vogliamo lasciare questa volta con una frase situata proprio tra i suoi vigneti: “In questo lembo di terra l’uomo lavora in simbiosi con la natura e l’accompagna preservando gli ecosistemi e la biodiversità. Sono bandite tutte le sostanze chimiche di sintesi permettendo e mantenendo la coesistenza di diverse specie animali e vegetali che grazie alle loro reciproche relazioni creano un ecosistema in equilibrio”.
31° Merano WineFestival 4-8 novembre 2022, Radici, arte e sostenibilità le tematiche dell’edizione“Respiro e grido della terra”.
Redazione
Un summit sulla sostenibilità, il consueto appuntamento con Naturae et Purae e uno speciale focus sui vini sostenibili con Georgia, Campania e Abruzzo a confronto: la rassegna ideata da The WineHunter Helmuth Köcher, prestigioso palcoscenico delle eccellenze wine & food italiane e internazionali, valorizza e sostiene sempre più il tema green, in un ricco programma che include anche talk, masterclass e showcooking che vede coinvolti celebri nomi in campo enogastronomico e istituzionale.
Tra gli appuntamenti in rilievo, la premiazione dei Platinum Award durante la cerimonia di apertura del festival e il cortometraggio di Carlo Guttadauro che narra le origini della manifestazione meranese. Tanti gli ospiti d’eccezione del mondo wine&food, istituzionale e di cultura come Franco Pepe, Peppe Aversa, Luca Gardini, Luca d’Attoma, Luigi Moio, Paolo De Castro, Herbert Dorfmann, Andrea Prete, Attilio Scienza e Gerry Scotti.
Fino a 6.500 i visitatori attesi, oltre 700 produttori presenti tra Wine, Food – Spirits – Beer, più di 330 etichette nella The Winehunter Area, oltre 50 eventi tra 16 materclass, 1 summit suddiviso in 6 presentazioni, 7 talks, 2 presentazioni di libri e 18 chef ospiti per numerosi shoowcooking e special dinner: tra radici, arte e sostenibilità, ecco i numeri del 31° Merano WineFestival.
Da una storia che disegna le sue origini, a un importante summit sulla sostenibilità che si fa portavoce di uno dei temi attuali più urgenti: Merano WineFestival apre i battenti della 31^ edizione unendo passato, presente e futuro all’insegna dell’eccellenza tra radici, arte e – tema centrale di quest’anno – sostenibilità. La kermesse meranese, in programma da domani venerdì 4 novembre a martedì 8 novembre, si conferma autorevole palcoscenico del panorama wine & food, con un programma ricco di novità e ospiti d’eccezione.
Dagli opinion leader e stakeholders coinvolti nel summit “Respiro e grido della terra”, artisti e nomi illustri del mondo dello spettacolo che sostengono il mondo del vino, difendendone qualità e cultura in Italia e nel mondo. Dal panorama wine & food: gli chef stellati Franco Pepe e Peppe Aversa, l’enologo Luca D’Attoma, il wine critic Luca Gardini.
Dal mondo delle istituzioni: Luigi Moio, presidente OIV e Paolo De Castro, Commissione Agricoltura UE, in diretta streaming; Herbert Dorfmann, Deputato Parlamento Europeo e membro commissione Agricoltura UE. Dal mondo della cultura e dello spettacolo: il ricercatore, professore, visionario Attilio Scienza e il conduttore, nonché produttore di vino, Gerry Scotti.
Dal 4 all’8 novembre, i migliori prodotti vino e culinaria selezionati durante l’anno da The WineHunter entrano in scena tra le sale del Kurhaus e la Gourmet Arena, oltre 700 in totale, suddivisi in due sessioni espositive. Trovano inoltre spazio 7 talks, 16 masterclass, showcooking, 2 presentazioni di libri e un “Red Wave”, il fuorisalone che anima Merano nelle giornate del festival, ancor più coinvolgente, per non dimenticare le oltre 330 etichette presenti nella The WineHunter Area.
SOSTENIBILITÀ.
Ad aprire il 31° Merano WineFestival è il summit “Respiro e grido della terra”, il 4 e 5 novembre:
sei incontri, gruppi di analisi e approfondimento che affrontano il problema dell’acqua, in quanto risorsa primaria e fondamentale per la vita, l’innovazione, la sicurezza alimentare e la sostenibilità delle filiere enologiche, le certificazioni in viticoltura, nonché alcuni case history come il modello “Abruzzo sostenibile”.
Summit che avrà come scopo finale la redazione di un MANIFESTO che verrà sottoscritto da tutti gli opinion leader e stakeholders e verrà consegnato al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Focus sulla sostenibilità anche attraverso i modelli messi in pratica da Campania e Georgia a confronto, tra talk, degustazioni e showcooking.
Per finire con l’ormai consolidato appuntamento Naturae et Purae (dal 4 al 7 novembre), convegno ideato da Helmuth Köcher e dal giornalista Angelo Carrillo, quest’anno dedicato al tema “Wine Resilience – Spiriti Estremi” – Dalle isole del mediterraneo a quelle dello spirito.
RADICI.
Ieri, oggi, domani: Merano WineFestival affonda le sue radici nel passato e guarda al futuro.
La storia che simbolicamente disegna le sue origini riporta al 1830 quando l’Arciduca Giovanni d’Austria, pioniere della nuova viticoltura, introduce nel territorio nuove varietà come il Riesling e contribuisce allo sviluppo della gamma di vini che oggi l’Alto Adige può vantare.
È la prima volta che si parla di ricerca dell’eccellenza, della selezione della migliore qualità: la stessa che Helmuth Köcher eredita e valorizza quando mette in scena una delle kermesse del panorama wine & food più importanti in Italia e in Europa.
Un passaggio di testimone simbolicamente ritratto nel cortometraggio del regista Carlo Guttadauro che narra le origini di Merano WineFestival attraverso un breve docu-film in presentazione a Teatro Puccini venerdì 4 novembre alle 18.30.
ARTE.
A partire dalle location meranesi che la ospitano, dalle affascinanti sale del Kurhaus al Teatro Puccini, la rassegna meranese di The WineHunter è da sempre un inno all’arte e alle sue innumerevoli espressioni. In questa 31^ edizione sono tante le iniziative legate al mondo della creatività: la partnership con Merano Arte, presente tra i The WineHunter Talks presso l’Hotel Therme, la presentazione di due libri quali “Il Bicchiere d’Argento” a cura di Cucchiaio d’Argento e in collaborazione con Luca Gardini.
E ancora una panoramica sulle anfore Georgiane “Terracruda” (domenica 6) e l’arte della mixology con Itinerari Miscelati (martedì 8) quando nella Sala Rotunde al 2° piano del Kurhaus 8 bartender provenienti da tutta Italia si sfideranno con la mistery box dei prodotti selezionati da The WineHunter per il The WineHunter Globe Platinum, i titoli di miglior Bartender Cocktail, miglior Bartender Drink d’Italia e miglior locale d’Italia.
Durante il festival, come di consueto, la selezione Wine Italia, The WineHunter Selection Area, Wine internazionale e Catwalk Champagne sono ospitate all’interno del Kurahus, mentre la GourmetArena rimane location prediletta per “Food – Spirits – Beer”, con l’area riservata a Territorium & Consortium Campania tra eccellenze e showcooking e, novità di quest’anno, un format simile dedicato alla regione Abruzzo.
Nel prolungamento della Gourmet Arena, invece, viene inaugurata la Buyer & Financial Area che, nata da una partnership tra Merano WineFestival e 5 Hats, è luogo d’incontro tra le aziende italiane premiate da The WineHunter e i buyers provenienti da tutto il mondo individuati dai The WineHunter Ambassador.
Uno spazio espositivo a cui si aggiunge una Buyers Room, presso l’Hotel Terme Merano, dove sono programmati 150 appuntamenti durante le giornate del festival. The WineHunter Talks Naturae et Purae, il focus targato Merano WineFestival sui vini biologici, biodinamici, naturali, orange, PIWI di agricoltura integrata, si svolgerà all’interno dell’Accademia degli Studi Italo Tedeschi, mentre all’Hotel Terme Merano si svolgono tutte le masterclass della 31^ edizione.
Spazio d’eccezione anche quest’anno per la Georgia, presente con 10 produttori, 2 showcooking con la partecipazione di chef georgiani e un “Exclusive Dinner Georgia & Campania”. E nello storico Teatro Puccini ritorna l’appuntamento con il concorso “Emergente Sala” (sabato 5) che coinvolge e premia giovani talenti emergenti nel settore sala. A fare da prestigiosa cornice alla rassegna, il Red Wave: il tappeto rosso del Fuori Salone.
La cerimonia di apertura del Festival, sabato 5 novembre dalle 19.00, è anche occasione per la premiazione dei Platinum Award 2022, massimo riconoscimento assegnato dal The WineHunter Helmuth Köcher. Tra gli ospiti della serata, anche Gerry Scotti che che ha ottenuto la Corona dei Vinibuoni d’Italia 2023 per il suo Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg Extra Brut e riceverà dalla guida del Touring Club Italiano un premio speciale in qualità di ambasciatore del vino italiano.
SIMEI, indagine Wine Meridian: cosa significa comunicare per le imprese del vino nel 2022?
Redazione
Obiettivi, attività, investimenti, organizzazione, valori. L’indagine di Wine Meridian fa emergere una considerazione: “Di fronte ad un mondo del vino che cambia, si continua a comunicare alla stessa maniera”.
Amorim Cork Italia, filiale italiana del Gruppo Amorim, prima azienda al mondo nella produzione di tappi in sughero, ha voluto essere presente con il proprio stand al SIMEI 2022, il Salone Internazionale delle macchine per enologia e imbottigliamento di Unione italiana vini (UIV), organizzato a Fiera Milano (Rho) dal 15 al 18 novembre 2022 e dedicato quest’anno al tema della sostenibilità.
Lo stand di Amorim Cork Italia ha ospitato quattro interventi con alcune tra le più autorevoli firme del settore vino. La location ideale per un dialogo multidisciplinare sul tema del rispetto del vino in ogni sua accezione e su una visione positiva e sostenibile dell’evoluzione e del progresso.
Lavinia Furlani e Fabio Piccoli, rispettivamente Presidente e Direttore responsabile di Wine Meridian, chiamati a partecipare al confronto, hanno contribuito con un intervento dal titolo: “Confronto sulla strategia e la pianificazione necessaria alla narrazione del vino da parte di cantine che sono sempre più brand”.
L’intervento si è focalizzato su una indagine condotta da Wine Meridian che ha coinvolto 324 aziende del vino con l’obiettivo di approfondire cosa significa oggi comunicare per le imprese del vino.
Dall’indagine è emerso che la maggioranza (85%) delle aziende investe in comunicazione, il restante 15% non si occupa di questo aspetto ma afferma di avere delle motivazioni ben definite: assenza di budget, tempo, personale formato, consapevolezza reale.
Far conoscere il proprio brand ed i valori aziendali risulta essere l’obiettivo più condiviso (59%) che le aziende mirano a raggiungere attraverso le attività di comunicazione. Il 29% del campione ritiene che l’obiettivo primario sia trovare nuovi clienti ed aumentare le vendite.
Le attività di comunicazione più utilizzate negli ultimi 3 anni si sviluppano soprattutto sui social media, ma anche, in misura inferiore, attraverso la partecipazione a fiere/eventi, l’implementazione del sito web ufficiale, lo sviluppo dell’e-mail marketing e di prodotti redazionali.
Solo il 14% delle imprese del vino ha una figura interna dedicata che si occupa di comunicazione, mentre il 19% del campione non ha nessuna risorsa impiegata su questo fronte. Il 20% delle aziende si affida ad agenzie esterne e la maggioranza (47%) utilizza una risorsa interna trasversale che svolge anche altri ruoli.
Il 59% delle aziende del settore vino dedica alle attività di comunicazione una percentuale del fatturato che va dall’1% al 5%.
Il 29% investe una percentuale del fatturato che va dal 6% al 20% ed il 7% del campione supera il 20% del fatturato. Il 5% non dedicata nessun investimento alla comunicazione.
Il 57% delle imprese dichiarano di pianificare annualmente la comunicazione, il restante 43% non si occupa di questo aspetto.
I 3 valori identitari maggiormente comunicati dalle aziende del vino fanno riferimento alla qualità dei prodotti, al territorio, alla famiglia. Mentre l’identità, la ricerca e l’originalità rimangono in fondo alla classifica.
“Le considerazioni finali che emergono da questa indagine riguardano il fatto che oggi il vino italiano si trova di fronte ad una rivoluzione culturale, ad un approccio da parte dei consumatori molto più laico, con meno pregiudiziali ideologiche” ha evidenziato Piccoli. “Si coltivano molte più tendenze rispetto al passato, però c’è un problema: c’è un mondo che cambia, molto più segmentato, però noi continuiamo a comunicare alla stessa maniera. Investendo poco, con poche competenze spesso delegate e con una difficoltà a selezionare i valori che ti rendono realmente unico e riconoscibile”.