I Fiori di Leonie, ultimo nato della linea Myò di Zorzetting
Redazione – Carol Agostini
Zorzettig vince in sostenibilità I Fiori di Leonie, ultimo nato della linea Myò, vince riconoscimenti nazionali e internazionali. Premiato l’impegno verso lasostenibilità dell’azienda friulana guidata da Annalisa Zorzettig.
Porta il nome della piccola nipotina di Annalisa Zorzettig il vino più premiato quest’anno della storica azienda friulana.Leonie, grazie al suo grande amore per la natura, ha ispirato il nome di questo uvaggio di Pinot Bianco, Sauvignon e Friulano che quest’anno è stato premiatonon solocon i Tre Bicchieri del Gambero Rosso,ma anche con i 5 grappoli di Bibenda e con il gold di Wine Hunter Merano Wine Festival.
Un vino dedicato al progetto di preservazione della biodiversitàspecifica che Annalisa Zorzettig e l’agronomo Antonio Noacco, stanno portando avantida diversi anni in tutti i 120 ettari di tenuta.
“I fiori di Leonie rappresenta per noi la sintesi del nostro impegno nei confronti dell’ambiente e delle nostre radici –spiega Annalisa Zorzettig, titolare dell’azienda.
È un vino che parla fortemente di Friuli, perché nasce da tre varietà bianche che ben si esprimono nel nostro territorio:
il Sauvignon che dona il suo tratto aromatico, il Pinot Bianco con la sua eleganzae il Friulano, passato, presente e futuro della nostra famiglia, come Leonie. Il rispetto per il territorio, lapreservazione della biodiversità specifica e l’attenzione alla sostenibilitàsono poi alla base anche di un altro grande progetto su cui stiamo lavorando eche non vediamo l’ora di svelare nei prossimi mesi”.
Dopo l’abbandono del diserbo chimico, l’attenzione si è spostata sul ripristino della vitalità del suolo.
Ogni appezzamento viene studiato eviene applicato uno specifico sovescio perle caratteristiche di quel terreno. Si cerca in particolar modo di favorire la presenza non solo di insetti pronubi ma anche di antagonisti naturali ad altre specie nocive, per rendere il vigneto in grado di auto-proteggersi. Lo studio della miscela è tale da garantire fioriture le più costanti possibili.
Tutto parte dallanecessità di ricercare quell’equilibrio tra produzione agricola e preservazione dell’ambiente che negli anni si è teso a tralasciare, con l’intento di fornire un doppio vantaggio:sia all’uomo, assicurando una congrua produttività, che all’ecosistema.
Territorio
La cantina attualmente è nelle mani di Annalisa Zorzetting, vignaiola che ha raccolto l’eredità del padre rinnovando l’azienda e acquisendo nuovi vitigni fino ad arrivare ai 120 ettari attuali. Le vigne si estendono nei Colli Orientali del Friuli tra le zone di Spessa, Ipplise Prepotto: tre terroir unici e particolarmente vocati alla viticoltura, protetti dalle Alpi, dalle fredde correnti del Nord e baciati dalla brezza del mare Adriatico.
Linea di punta di Zorzetting è Myò: vini che nascono prevalentemente da vitigni autoctoni e vogliono essere una celebrazione dei Colli orientali del Friuli e della loro biodiversità, storia e cultura.
Un viaggio nella Loira ricco di territori, vini ed emozioni
Di Elsa Leandri
La Valle della Loira seduce con il lento ed incessante avanzare del suo fiume e dei suoi affluenti, con i sorridenti campi di girasole e con i pascoli verdi che si alternano ai numerosi castelli. A noi eno-appassionati parla, però, e soprattutto, di vino.
Poter dire di conoscere questa zona senza passarci moltissimo tempo, è impossibile. Bisogna infatti pensare che la Loira enologica costeggia tutto l’andamento del medesimo fiume, andando dall’Oceano Atlantico con i suoi terreni ricchi di granito e di gneiss fino al Massiccio Centrale in cui il suolo è di natura vulcanica, passando poi da zone tufacee come Vouvray o con una presenza elevata di Kimmeridge come Sancerre.
Capirete anche che in questo vasto territorio anche il clima varia: l’influenza oceanica, man mano che ci allontaniamo dalla foce della Loira, diminuisce lasciando spazio a un clima continentale. Non ci stupisce di conseguenza una differenziazione di vitigni: da ovest a est incontriamo melon de bourgogne, cabernet franc, chenin blanc, sauvignon, pinot nero, gamay, citando solo i principali.
Non è nostra intenzione effettuare un trattato su questo territorio che copre più di 55000 ettari di vigna, ma ci limiteremo a condividere con voi alcuni luoghi che abbiamo toccato nel nostro viaggio, che si è concentrato principalmente nella parte est della Loira vitivinicola.
Maison de Sancerre – siamo a Sancerre in una zona in cui il vitigno principale è il sauvignon che qui regala una delle sue espressioni migliori. Per scoprirne il motivo siamo andati, in quest’affascinante città medievale, nella Maison Farnault del XVesimo secolo, all’interno del quale è stato costituito dall’Union Viticole Sancerroise un luogo atto a far conoscere al meglio questo vino, offrendo una visita adatta a grandi e piccini, a curiosi e a appassionati attraverso giochi interattivi, film in 4D, giardino degli aromi e infine, per gli adulti, con una degustazione di 3 vini. La parte che personalmente ci ha maggiormente affascinato è la spiegazione della geologia del terreno che come ben sappiamo, insieme al clima e alla maestria dei vigneron, sono elementi caratterizzanti e distintivi.
In questo areale si possono distinguere ben 15 diverse formazioni geologiche, che si susseguono, si intrecciano e si fondono, regalando una vastità di peculiarità diverse. Principalmente si può ricondurre il tutto semplificando a 3 tipologie: le terres blanches, costituite principalmente da marne kimmeridgiane separate da strati di calcare, le caillottes, da calcare giallo e bianco e il silex, ricco di argilla, silice e conglomerati silicei, il cui scopo è quello di riscaldare la vigna in modo continuo.
Durante la degustazione noi abbiamo scelto di dedicarci unicamente ai bianchi, che rappresentano l’80% della produzione. Le etichette variano di volta in volta pertanto vi lasciamo il gusto di scoprire da soli quali bottiglie verranno proposte.
Piccolo grande plus: se viaggiate con il vostro cane, lui è assolutamente ben accetto durante tutto il percorso.
Vouvray– in questa zona troviamo un altro grande vitigno a bacca bianca: lo Chenin, chiamato localmente anche Pineau de la Loire che qui si svela in tutte le sue forme dalla versione spumantizzata a quella del vino moelleux.
In questi 2300 ettari di terreno tufaceo della denominazione si incontrano le caratteristiche ideali per favorire la variegata espressività di questo vitigno.
Monitorando costantemente la maturazione dell’uva si riesce ad ottenere sia vini ricchi di acidità (come i sec) sia più carichi della componente zuccherina (come i demi sec), fino ad arrivare a grappoli che presentano un attacco della muffa nobile (i mœlleux). Dalla versione spumante atta ad accompagnare un aperitivo, si passa quindi a delle versioni più strutturate che riescono a regalare degli ottimi abbinamenti anche con formaggi erborinati. A Vouvray non è raro imbattersi nelle cantine troglodite, risalenti al periodo romano, che offrono un posto unico per l’affinamento dei vini favorendo lo sviluppo di aromi e la complessità del vino.
Vi consiglio di fare come abbiamo fatto noi, andando a bussare proprio alla porta di un vigneron. La nostra scelta è caduta su Pierre Champion, che vanta una tradizione familiare che perdura da tre generazioni e che gestisce 14 ettari tutti impiantati a Chenin blanc. Siamo stati ottimamente ricevuti e abbiamo potuto approfondire e comprendere la versatilità di questo vitigno a bacca bianca che va da sentori di agrumi, acacia e pera nella versione sec per poi svelarsi con sentori più importanti di mirabella, frutti esotici, mela cotogna e mandorla in quelli moelleux. Tocco finale: la visita della cantina scavata nella roccia. Abbiamo adorato!
Bourgueil – abbandoniamo i bianchi per incontrare l’altro vitigno chiave della Loira: il Cabernet franc. In questo territorio che si estende per 1400 ettari si possono evidenziare la presenza di due tipologie di sottosuolo: uno ricco di graves, ricca di sabbia e ciottoli, mentre l’altro con un’importante componente tufacea e di natura argillo-calcarea. Questo permette di ottenere vini completamenti differenti favorendo da una parte la produzione di vini di pronta beva e dall’altra dei vini maggiormente strutturati e atti all’evoluzione in bottiglia.
Per avere un’idea di tale denominazione ci siamo recati alla Maison des Vins di Bourgueil in cui sono presenti 180 etichette dei 90 produttori della denominazione spaziando dai bianchi (che attualmente non rientrano nella AOP), ai rosati, ai rossi e in cui viene offerta la possibilità di degustare una selezione di vini.
Il nostro interesse è stato quello di focalizzarci sull’espressione del Cabernet franc vinificati in rosso con il fine di poter apprezzare questa differenza di bevibilità. Effettivamente la fragranza dei vini derivanti dal settore delle graves si contrappone al maggiore complessità data da sentori speziati e più scuri, nonché dalla maggiore tannicità della zona tufacea.
A nostro parere una maestrale espressione è Haut de la Butte di Jacky Blot, viticoltore, scomparso quest’anno, conosciuto per le eleganti espressioni di Chenin a Montlouis Sur Loire e per la capacità di mettersi in gioco, con ottimi risultati, a Bourgueil nella vinificazione del Cabernet Franc.
Chinon – nella città medievale oltre il Cabernet franc viene nuovamente affiancato dallo Chenin proponendo quindi sia bianchi, che rosati, che rossi. Anche in questo caso possiamo fare una distinzione tra vini ottenuti dalla parte collinare che regalano vini di struttura o da quella limosa più vicino alla Loira che si esprimono con vini più fragranti e immediati.
Incuriositi dall’omaggio che ci aveva offerto il proprietario del gite che avevamo affittato siamo andati al domaine Sault au Loup. La cantina precedentemente conosciuta sotto il nome di Dozon è gestita dal 2013 dal viticoltore Eric Santier, il quale ha deciso di rimettere in discussione la sua vita abbandonando il settore di promozione di prodotti alimentari francesi e di “imparare” il mestiere di vigneron.
Ad oggi si trova a gestire 14 ettari in conversione biologica dal 2020 impiantati a Cabernet franc e a Chenin Blanc. La diversità del territorio permette di ottenere dei vini più da pronta beva o vini più strutturati offrendo così una scelta per ogni occasione e per ogni palato.
Di grande rilievo “Le Grand Saut” e il “Clos du Saut au Loup” nei quali il cabernet franc offre da una parte un vino che promette una grande capacità evolutiva e dall’altra rivela le caratteristiche varietali del vitigno, in modo elegante e attrattivo.
Il nostro viaggio ci ha permesso di toccare anche la zona di Saumur-champigny, anch’essa terra di elezione per il Cabernet Franc, ma per scoprire questa realtà vi invito a leggere l’articolo dedicato al Clos des Cordeliers.
“Cinque imperdibili festività enologiche nei pittoreschi borghi toscani: un’ode al vino, dal Chianti alla Maremma, attraversando la Lucchesia, per tutti gli amanti del nettare di Bacco.”
Di Carol Agostini
“Settembre è il momento della vendemmia e delle festività del vino in Toscana, un’occasione perfetta per scoprire le eccellenti etichette locali e visitare alcuni dei borghi più belli della regione. Ecco cinque eventi imperdibili per tutti gli appassionati di vino.
Expo Chianti Classico a Greve in Chianti: Dal 7 al 10 settembre, torna l’Expo Chianti Classico, una storica manifestazione che celebra il Gallo Nero in occasione della sua 51esima edizione. In Piazza Matteotti, le cantine di tutti i comuni del Chianti Classico presenteranno le loro etichette, offrendo degustazioni guidate, mostre, concerti e anche escursioni a piedi. Inoltre, quest’anno si terrà la preview “Aspettando l’Expo” con eventi speciali il 31 agosto, l’1, il 2 e il 6 settembre
La Festa del Vino a Montecarlo: La Festa del Vino di Montecarlo, un incantevole borgo sulle colline della Lucchesia, compie 55 anni e si svolge dal 31 agosto al 10 settembre. Durante questo periodo, la piazza d’Armi si anima con stand enogastronomici, degustazioni, cene a tema, mercatini artigianali, mostre e concerti. Il giardino dell’Istituto Pellegrini-Carmignani ospita il Salotto del Vino e del Verde, dove le etichette delle aziende del Consorzio Montecarlo Doc si sposano con la cucina locale, valorizzando prodotti unici come il farro della Garfagnana e le farine della montagna pistoiese. Inoltre, è possibile gustare vino montecarlese sotto le stelle in piazza Garibaldi, accompagnato da un tagliere di prodotti tipici. Il 7 settembre si svolgerà la sfilata del corteo storico, mentre l’8 settembre sarà l’occasione per ascoltare la Filarmonica Puccini di Montecarlo durante la processione dedicata alla Madonna del Soccorso.
La Festa delle Cantine di Manciano: Nel cuore della Maremma, a Manciano, dall’8 al 10 settembre si celebra la Festa delle Cantine, un autentico viaggio enogastronomico attraverso le cantine del borgo. Qui, avrai l’opportunità di degustare i vini locali e piatti tradizionali come il ciaffagnone, una sorta di crêpe arricchita con pecorino, ma anche pietanze come la pappa al pomodoro, la trippa e i fritti. Inoltre, l’evento prevede esibizioni di artisti di strada, spettacoli circensi per i più piccoli, e ogni sera musica dal vivo e djset nelle cantine.
La Festa dell’Uva e del Vino di Chiusi: A Chiusi, il suggestivo borgo etrusco, si festeggia la 40ª edizione della Festa dell’Uva e del Vino dal 22 al 24 settembre. L’evento comprende degustazioni di vini e prodotti tipici presso le cantine e le taverne, spettacoli itineranti, concerti dal vivo e performance di artisti di strada.
La Festa dell’Uva di Impruneta: Infine, non puoi perdere la storica Festa dell’Uva di Impruneta, che giunge alla sua 97ª edizione. Questa festa è radicata nelle tradizioni contadine e anima il borgo, situato a breve distanza da Firenze, in onore dell’autunno e della vendemmia. L’appuntamento è per domenica 1 ottobre, quando i quattro rioni di Impruneta – Fornaci, Pallò, Sante Maria e Sant’Antonio – gareggeranno in una spettacolare sfilata per determinare chi ha creato il carro allegorico e la coreografia più straordinari.
Altro evento da segnalare
“Ritorna l’evento “Saranno famosi nel vino”, e quest’anno si espande anche per includere il gin.
Segnatevi le date del 3 e 4 dicembre, quando la Stazione Leopolda a Firenze ospiterà più di 200 cantine emergenti e il futuro dei distillati italiani.”
“La seconda edizione di “Saranno Famosi nel Vino” porta con sé grandi novità. Quest’anno, l’evento che si terrà il 3 e 4 dicembre presso la Stazione Leopolda di Firenze, sarà aperto per la prima volta al gin, inaugurando così “Saranno Famosi nel Gin”.
Dopo il successo della prima edizione lo scorso anno, questa manifestazione ritorna per mettere in risalto giovani aziende vinicole e nuove etichette, con una particolare sezione dedicata al gin, dove produttori italiani avranno l’opportunità di presentarsi al pubblico.
Oltre 200 etichette di vino emergenti, rappresentative delle principali denominazioni d’origine italiane, saranno presenti, insieme ai migliori vini italiani degli ultimi cinque anni e alle cantine più promettenti degli ultimi dieci. Ad arricchire l’evento, 40 produttori italiani di gin selezionati da “Il GINgegnere,” creando due giorni di degustazioni con la possibilità di assaporare vini e gin di alta qualità, il tutto arricchito da incontri, eventi e molte altre esperienze nell’ambito di “Saranno Famosi nel Vino.”
Questa manifestazione, rivolta agli amanti del vino e del gin, nonché a buyer, ristoratori e sommelier, rappresenta un autentico talent show per i prodotti italiani, unendo degustazioni a eccellenze gastronomiche. La manifestazione vedrà la partecipazione di 200 cantine e 20 produttori di prelibatezze gastronomiche. Sarà presente anche un’area dedicata al cibo, con incontri, premiazioni, corsi e cene organizzate in collaborazione con i ristoranti della città e grandi marchi della moda. Per gli appassionati, ci saranno seminari con degustazioni tematiche e un forum che ospiterà le discussioni dei futuri esperti del settore vinicolo e del gin.
Le cantine e i produttori di gin presenteranno i loro prodotti in piccoli stand individuali nella Stazione Leopolda, dando ai visitatori la possibilità di acquistare le bottiglie direttamente dall’evento. La domenica, l’accesso sarà aperto ai cultori del gin e del vino, alla stampa e agli operatori con biglietto, mentre il lunedì la stampa e gli operatori avranno l’ingresso gratuito, con un’attenzione particolare ai ristoratori di Firenze.
Un’altra innovazione di questa seconda edizione è l’apertura dell’evento alla città con “Wine & Florence.” Le cantine partecipanti invieranno le loro bottiglie ai ristoranti di Firenze, che le abbineranno a menù appositamente studiati e le esporranno in vetrina.”
Il fiume Loira, principale via di comunicazione tra l’Oceano Atlantico e il centro della Francia, si muove lentamente tra le sue anse accogliendo silenziosamente i suoi numerosi affluenti e vigilando attentamente sui turisti che affollano questa zona, curiosi di immergersi nelle dimore estive dei reali francesi. I molti castelli regalano uno scorcio di quello che poteva essere la vita al tempo di Francesco I e dei suoi successori con le battute di caccia o con i ricevimenti che vi si tenevano, facendoci pensare all’ambiente raccontato nei romanzi storici.
Tra tutte le regine e favorite che hanno riempito i corridoi con lo strusciare dei loro maestosi vestiti e con le loro risa e i loro pianti, una simpatia particolare la proviamo per la discussa Caterina de’ Medici, un po’ perché ci parla di Toscana, un po’ perché alla morte del marito Enrico II, si è impegnata con determinazione nel mantenere la sovranità facendo fronte alle rivalità tra cattolici e protestanti, dimostrandosi donna di cultura e di larghe vedute.
Proprio questa determinazione di Caterina, mi fa pensare a un’altra figura femminile dei nostri tempi: Marie-Françoise Ratron-Galet, proprietaria della cantina Ratron Clos des Cordeliers, a Saumur-Champigny.
Marie-Françoise ha dedicato più di 10 anni della sua vita alla vendita di dispositivi medici, poi ha voluto conoscere e approfondire quel mondo vitivinicolo che era parte importante della vita di suo marito Sébastien. Per evitare di “tartassarlo di domande” (anche se io credo che sarebbe stato molto contento di risponderle), si rimette in gioco nel 2011 sedendosi nuovamente sui banchi di scuola, e frequenta il liceo viticolo. Inizia così ad entrare attivamente in cantina occupandosi delle vendite, sposando ancora di più quel mondo fatto di sacrifici e anche di soddisfazioni che solo la Terra sa dare e che Sébastien conosce benissimo.
Purtroppo improvvisamente una grave malattia mette a dura prova la tranquillità del nucleo familiare. Sébastien, ormai malato, pensa ai suoi tre amori: sua moglie, sua figlia, Anaïs, e la sua vigna e vuole “lasciare tutto in ordine prima della sua partenza”.
Vengono effettuati così tutti i passi amministrativi e legali per far sì che la proprietà vitivinicola sia intestata a sua moglie, come lei stessa confida in “Le Vin Ligérien”, in modo da non dover affrontare la successione da vedova. Dopo solo un mese, nel 2017, quel grande vigneron, che le aveva rapito il cuore, muore.
Ed è così che nello stesso anno Marie-Françoise prende le redini del suo “chateau” fatto di affetto, di tradizione e di dedizione, sposando il saper fare della famiglia Ratron. Lo studio dei manuali di enologia, gli scritti del marito su ogni singola parcella, su ogni singola fermentazione, su ogni singolo processo diventano pane quotidiano per lei: vuole assolutamente apprendere velocemente i termini tecnici in modo da potersi relazionare alla pari con il nuovo enologo, Paul De Surmont.
Dal 1932 la cantina Ratron sempre capitanata dagli uomini di famiglia ora vede come condottiero una donna sorridente, determinata, carica d’amore e di passione per questa terra in cui il cabernet franc trova un terreno e un clima ideale.
È bene tener presente che quest’attitudine alla coltivazione della vigna in questa zona è riportata negli scritti già nel 1630. Successivamente, come spesso accadeva all’epoca, furono i Cordeliers di Saumur, monaci francescani, che si occuparono della vinificazione e della produzione di vino fino alla Rivoluzione Francese ed è proprio da questo che deriva il nome della cantina. Il primo riconoscimento arriva nel 1830 quando il rosso del Clos des Cordelies rapisce il cuore dell’enologo A. Jullien citandolo nella Classificazione dei Vini del Mondo, quando la cantina era di proprietà della famiglia bordolese Amouroux.
Ora è Marie-Françoise che vigila su questa terra costituita da 23 ettari, tutti impiantati a cabernet franc, tranne 3,5 ettari in cui lo chenin sta crescendo e di cui vedremo la prima produzione nel 2024.
Due sono le tipologie di terreno che troviamo: uno ricco di tufo, capace di assorbire l’acqua durante le piogge e di renderla lentamente nei momenti di siccità così come di accogliere il calore durante il giorno e di restituirlo alla vigna nella notte; l’altro, già coltivato dai francescani, accoglie le vigne più vecchie ed è ricco di calcare, un terreno povero che mette la vigna a dura prova e che permette di produrre dei grappoli ricchi di polifenoli.
Dal primo si ottiene la Cuvée Tradition, dal secondo la Cuvée Prestige, entrambe vinificate in acciaio.
Passiamo ora alla degustazione di cui riportiamo le nostre vive impressioni
Cuvée Tradition 2021 frutto rosso fragrante e freschezza in evidenza su tannini in progressione. Cuvée Tradition 2020 il frutto diventa maturo ed è accompagnato da gradevoli note floreali. Il tannino e la freschezza lavorano in simbiosi regalando un sorso appagante.
Cuvée Prestige 2018 opulento nella frutta croccante! Portando il calice al naso, parte la salivazione di Pavlov, un vino “da mangiare e con cui mangiare”. Dall’entrata intensa evolve con tannini decisi accompagnati da una freschezza elegante abbandonando lentamente il cavo orale. Cuvée Prestige 2017, complice l’annata meno calda, spinge maggiormente sulla freschezza che guida e sorregge i tannini. Un vino da saper aspettare ancora. Cuvée Prestige 2015 subentrano le note più speziate del vitigno con ricordi di chiodi di garofano, liquirizia e anice stellato che si intrecciano alla frutta rossa e nera in confettura.
Oltre a regalarci questa bellissima verticale, Marie-Françoise, proprio mentre ci apprestavamo a lasciare la cantina, ci tiene a farci sentire i due prodotti di cabernet franc vinificati in bianco: Crémant de Loire Blanc di Noir e L’éclat du noir, ovvero il vin claire del crémant, nei quali emerge la freschezza del vitigno che dona un impatto al contempo vibrante e seducente!
È vero che la proprietaria ha seguito e ha fatto suoi gli insegnamenti e le indicazioni del marito, tra cui la produzione della Cuvée Céleste a base di Cabernet Franc, di cui Sébastien aveva fatto un esperimento nel 2015 e che sta ancora maturando in legno, differenziandosi per questo dalle altre due. Marie-Françoise ha però introdotto alcuni cambiamenti sia in vigna, come l’uso della confusione sessuale rispetto a quello degli insetticidi o l’introduzione di pale eoliche che affiancano i fuochi per far fronte alle gelate primaverili, sia in cantina, come le prolungate macerazioni a freddo.
Tutto questo nell’ottica di portare sempre più in alto il nome e la reputazione della cantina Domaine Ratron Clos des Cordeliers, sperando segretamente in cuor suo di passare il testimone a sua figlia Anaïs.
Una immersione analitica e circostanziata nella storia della vitienologia trentina.
Di Rosaria Benedetti
Non è così frequente in Trentino la presentazione, nello stesso semestre, di ben due libri che portano agli onori della carta patinata, strumento purtroppo in declino, il vino trentino. Uno dei due è addirittura alla sua seconda edizione.
Formati e contenuti differiscono non poco, ma va dato atto ad entrambi di proporre una immersione analitica e circostanziata nella storia della vitienologia territoriale, pur con stili e prospettive decisamente diversi.
Tutti gli autori coinvolti sono attualissimi e autorevoli protagonisti del palcoscenico del vino nonché profondi conoscitori sia della sua storia, qualcuno partendo addirittura della preistoria, che delle dinamiche sociopolitiche che l’hanno scandita in tempi più recenti, in particolare dalla seconda metà del secolo scorso fino ad oggi.
Nèreo CavazzaniAppunti per una biografia critica del vino trentino
di Tiziano Bianchi e Angelo Rossi – Iskra – territoriocheresiste
Presentato nella sua prima edizione a Vinitaly 2022 presso Astoria Wines, il volumetto prende spunto da una retrospettiva scritta a più mani sulla figura dell’enologo Nèreo Cavazzani, per percorrere a ritroso fatti e misfatti dai quali sono scaturiti nel tempo gli attuali palinsesti dell’enoviticoltura trentina. Il plurale è d’obbligo poiché molteplici sono le compagnie, gli attori e i protagonisti in scena. La chiave di scrittura/lettura è volutamente politica così come è evidente l’auspicato contributo in termini di dibattito.
“ Perché è nato questo libro?
Insieme ad Angelo Rossi volevamo materializzare un lavoro politico e divulgativo che oltre dieci anni fa avevamo cominciato sul web: articoli, post, polemiche, invettive, pubblicati prima su Trentinowineblog poi su Territoriocheresiste.
Un lavoro che fin dall’inizio, era il 2011, voleva indagare il vino del Trentino, prima di tutto, come atto politico, come azione economica e sociale dentro il contesto della nostra provincia. Il vino, quindi, come pretesto, o come alibi perfetto, per investigare in chiave sociologica ed economica la relazione fra le classi dirigenti locali, politiche e cooperative, e le classi subalterne delle campagne, i contadini del fondovalle e delle colline. Il libro nasce da questo presupposto e dall’ambizione di superare la dimensione effimera, e usa e getta, della scrittura digitale, per approdare ad una forma materiale, concreta, cartacea.
Per fare questo avevamo bisogno di un’evocazione forte, suggestionante, penetrante e per questo abbiamo evocato la figura di Nèreo Cavazzani, che fa da filo conduttore e trait d’union fra i numerosi saggi di cui si compone quest’opera che volutamente ha un tono corale e collettivo”
Nella storia di Nèreo Cavazzani, personaggio di elevata statura morale prima ancora che di grande sapienza tecnica, trentino di nascita e veneto di adozione lavorativa, è riflesso un affresco del vino trentino dalle cifre stilistiche eterogenee, dalle pennellate vivaci e nostalgiche, pungenti e provocatorie alternate a documenti di autenticità storicità. Questi ultimi in particolare, benché datati, oltre ad essere tecnicamente ineccepibli anticipano con straordinaria preveggenza evoluzioni e conflitti del panorama del vino Trentino. La figura del grande enologo risplende quindi attualissima acquisendo pagina dopo pagina notevoli doti di preveggenza!
Al netto di quel pizzico di invidia per l’affetto e la stima che Nèreo Cavazzani è riuscito a conquistarsi fuori dal Trentino, è un libro da leggere e rileggere per capire, discutere e magari anche, alla luce di qualche circostanza documentata, dubitare!
Raccontare il Trentino del Vino
di Rosa Roncador, Attilio Scienza e Nereo Pederzolli – Publistampa Edizioni Pergine Valsugana Trento
Volutamente definito dagli autori “un sussidiario” cui attingere per documentarsi e istruirsi sulla storia e sulla evoluzione della diffusione delle pratiche vitienologiche in Trentino, il volume è una vera e propria “fonte” documentata cui fare riferimento per approfondire a 360 gradi le conoscenze in materia.
Il contributo dei tre autori si differenzia naturalmente secondo le competenze di ciascuno, ma l’insieme che ne scaturisce è di grande respiro e denota l’obiettivo comune e condiviso di creare finalmente una sorta di piccola Enciclopedia interdisciplinare del vino trentino alla portata di tutti, consumatori, appassionati, tecnici, viticoltori, enologi. Di indubbio spessore le tre voci narranti, archeologica, etnografica e divulgativa, che sanno fondersi in un dialogo versatile e accattivante per dare un condensato “territoriale” di sorprendente efficacia.
L’idea del libro e del suo “racconto” del Trentino del Vino è scaturita durante il percorso di formazione avviato dal Consorzio Piana Rotaliana Koenigsberg nel 2019. Obiettivo del Corso era quello di suscitare motivazioni forti per una visione condivisa, nello specifico del territorio rotaliano, come mèta turistica. La ricchezza delle informazioni storiche, il positivo impatto con la resistenza delle tradizioni sopravvissute ai passaggi generazionali, l’unicità del territorio trentino da sempre cerniera culturale tra Italianità e tirolo, hanno amplificato obiettivi e progetti: da uno sguardo interno alla piana rotaliana si è passati, con il sostegno del Consorzio vini del Trentino, a un affresco o meglio, a un contenitore esaustivo e ben organizzato di tutto ciò che bisogna conoscere sul vino trentino.
“Una condizione importante, ma anche difficile da realizzare nella narrazione, è la multidisciplinarietà alla quale attingere gli elementi da combinare nella storia. Una storia è affascinante se raccontata dal punto di vista culturale, antropologico, storico, geografico, biologico, enologico ecc.” …………….
“Questo libro è stato un viaggio anche per noi che abbiamo potuto navigare tra queste pagine discutendo, raccontando e potendo godere reciprocamente delle conoscenze e dei punti di vista degli altri. Sono stati giorni che rimarranno nella nostra memoria e speriamo di essere riusciti – un professore, un giornalista e un’archeologa – a restituire un quadro il più possibile completo (e speriamo gradevole) della bellezza del territorio viticolo trentino e delle verità che i suoi suoli spesso celano”
Chi di noi non conserva un indelebile ricordo del proprio sussidiario! Il testo complementare per antonomasia, integrativo delle conoscenze di base che il maestro era tenuto a trasmettere. “Raccontare il Trentino del Vino” è proprio questo, un manuale complementare, finora mancante, per una conoscenza profonda e divulgabile del patrimonio vitivinicolo del Trentino.
Nei giorni 13 e 14 maggio 2023 ha avuto luogo la 7° edizione di Vignaioli Contrari.
Di Adriano Guerri
L’ appassionante evento si è svolto all’interno degli ampi spazi della medievale Rocca Rangoni a Spilamberto in provincia di Modena.
Facilmente raggiungibile in auto, localizzata a poca distanza dell’uscita dell’autostrada A1. Oltre sessanta produttori provenienti da ogni regione italiana erano presenti dietro ai loro banchi d’assaggio, ben lieti di farci degustare i loro vini.
L’evento è anche mostra mercato, pertanto, vi era la possibilità di acquistare vini direttamente dai produttori. Gli espositori che hanno preso parte a questa intrigante due giorni sono piccole realtà artigianali e devono possedere alcuni requisiti ben precisi, quali, la valorizzazione dei vitigni autoctoni, coltivare la terra direttamente con principi sostenibili, biologici, biodinamici e in linea con principi di rispetto per l’ambiente.
L’evento aveva in programma anche alcune interessanti masterclass alle quali, mio malgrado non ho partecipato. Ho avuto, comunque il tempo necessario per potermi presentare di fronte al banco d’assaggio di un considerevole numero di produttori, anche se non di tutti. Un evento ben organizzato in una splendida location. Nella retrocopertina del fascicolo ritirato all’ ingresso ci sono le date per la prossima edizione che sarà nei giorni 11 e 12 maggio 2024.
A seguire note di alcuni assaggi da me effettuati
Trento Doc Pas Dosè Riserva 2015 Balter– Ottenuto con 80% di Chardonnay e 20% Pinot Nero, la permanenza sui lieviti è di 72 mesi. Si presenta nella flûte con una bellissima tonalità giallo dorato brillante, al naso rivela note di mango, ananas e papaya, impreziosite da nuances di pasticceria da forno e pepe bianco, al palato è piacevolmente fresco e coerente, ricco, suadente e decisamente persistente.
Sito di riferimento: https://www.balter.it/
Coste della Sesia Doc Nebbiolo Villa Era 2019 Az.Agricola Manfrinati– Ottenuto interamente da uve di Nebbiolo , si veste di un bellissimo colore rosso granato, al naso sprigiona sentori di rosa, viola, frutti di bosco e arancia sanguinella, ben integrati con note speziate, al palato è pieno ed appagante, tannini poderosi ma setosi, equilibrato e armonioso dal finale lunghissimo.
Sito di riferimento: https://www.facebook.com/people/Az-agricola-Andrea-Manfrinati/100062998970844/
Uras Mandrolisai Doc 2020 I Garagisti di Sorgono– Ottenuto con uve di Monica, Cannonau e Muristreddu, è di un bellissimo colore rosso rubino intenso e profondo, al naso rimanda sentori di lavanda, prugna, amarena e lampone che seguono una scia di cacao e note tostate, al palato è generoso con tannini fitti ma ben levigati, avvolgente nonché persistente.
Sito di riferimento: https://www.garagistidisorgono.com/
Boca Doc 2019 Le Piane – Ottenuto con 85 Nebbiolo e 15% Vespolina, di un bellissimo colore rosso rubino intenso e trasparente, al naso dipana sentori di violetta, frutti di bosco, melograno e scorza d’arancia che ben si fondono con note di tabacco e spezie, al palato è rotondo, fine, leggiadro e incredibilmente durevole.
Sito di riferimento: https://www.bocapiane.it/en/
Elba Rosso Doc Riserva 2020 Arrighi– Ottenuto con uve di Sangiovese, svela nel calice un colore rosso rubino intenso, trasparente e consistente, al naso libera note di frutti di bosco, rosa, viola e macchia mediterranea, seguono poi sentori di bacche di ginepro e sottobosco, al palato è piacevolmente tannico, fresco e sapido, nonché morbido, armonioso e dotato di una lunga persistenza aromatica.
Sito di riferimento: https://www.arrighivigneolivi.it/
Schwarze Madonna Pinot Nero Doc Riserva 2018 Klosterhof– Ottenuto interamente da uve dell’omonimo vitigno, è di un colore rosso rubino intenso con riflessi che virano sul granato, trasparente e consistente, al naso si percepiscono netti sentori di frutti di bosco, ciclamino e note speziate, al palato è piacevolmente avvolgente, suadente e decisamente persistente. Chapeau
Sito di riferimento: https://www.klosterhof.it/it
Arete’ Grillo Doc Sicilia 2021 Anabasis – Ottenuto con uve dell’omonimo vitigno, è di un bellissimo colore giallo paglierino con riflessi che virano sul verdolino, al naso svela note di mela, banana, ananas, maracuja e litchi unite a sentori di zagara e lime, al palato è piacevolmente fresco e sapido, fine ed armonico, lungo e duraturo.
Sito di riferimento: https://www.anabasis.it/
La Toscana è una regione ricca di storia, ogni strada che percorriamo ci riporta inevitabilmente a qualche evento dell’antichità. Pensiamo per esempio alla planimetria di molte città che ci catapultano immediatamente all’epoca dei comuni, in cui la presenza di una cinta muraria era fondamentale.
Molti paesi del resto sono stati edificati proprio con lo scopo di difendere l’accesso alle città più importanti, basti pensare per esempio a Monteriggioni, il cui castello fortificato è stato costruito per volontà del podestà Guelfo da Porcari tra il 1214 e il 1219 per poter assicurare alla Repubblica Senese una posizione di controllo sulla via Francigena, arteria importante che collegava la Francia a Roma, e sulle valli dell’Elsa e dello Staggia in direzione Firenze (sua acerrima nemica).
Il Castello di Monteriggioni è davvero imponente con le sue 14 torri quadrate esterne ed è stato più volte teatro di lotte tra Firenze e Siena nel corso dei secoli fino al 1544 anno in cui Giovacchino Zeti lo cedette al Marchese di Marignano, comandante delle truppe imperiali.
Nel 1555 la Repubblica Senese sarà definitivamente sconfitta dai Medici.
La costruzione di questa opera difensiva è talmente maestosa che anche lo stesso Dante Alighieri ne rimane folgorato al punto tale da citarlo nel XXXI Canto dell’Inferno proprio quando si imbatte nella figura dei Giganti che Alighieri inizialmente scambia per delle torri:
“[…]
però che come su la cerchia tonda
Monteriggion di torri si corona,
così [’n] la proda che ‘l pozzo circonda
torreggiavano di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tuona.” (Inferno, Canto XXXI, vv 40-45)
Per poter aver questa visione d’insieme su Monteriggioni molto probabilmente Dante si è recato, con il suo tutore Maestro Brunetto Latini nel Borgo di Stomennano. In questa località, il cui nome deriva probabilmente da Strumentum pacis, proprio davanti alla Chiesa medesima è stato firmato il trattato di pace tra Siena e Firenze l’11 giugno del 1254, in cui il maestro dello scrittore toscano era presente come delegato della parte fiorentina.
In seguito alla conquista medicea i proprietari di Monteriggioni e Stomennano sono stati la famiglia Golia, Accarigi e attualmente lo sono i discendenti diretti della famiglia Griccioli, ovvero i Grassi, i quali furono parte attiva nell’amministrazione e nella gestione della Repubblica Senese: in un certo qual modo sia Monteriggioni che Stomennano sono tornati sotto l’influenza senese!
IL BORGO STOMENNANO
Attualmente questo borgo che sorge a qualche chilometro da Monteriggioni e da cui ci si può tuttora deliziare con una vista sul Castello risponde e offre la classica immagine di villa toscana, quell’idea che rispecchia le aspettative degli stranieri, soprattutto anglofoni.
Vi si accede infatti tramite un viale alberato di cipressi che si apre su una corte su cui si affacciano due edifici simmetrici costruiti nel 1700: uno è adibito alla ricezione turistica e l’altro ospita invece le cantine dedicate alla produzione di vino. Vagando per il giardino all’italiana ci si imbatte in case che precedentemente erano abitate dai contadini e che ora sono stati riconvertite in eleganti locazioni turistiche.
Infine tutto intorno al borgo si delineano vigneti, oliveti, boschi e terreni seminativi.
Inutile dire che questo angolo toscano si presta ad essere la scenografia di eleganti e raffinati matrimoni, tanto che molti stranieri decidono di suggellare qui la loro promessa.
I VINI STOMENNANO
Per concludere la panoramica non ci rimane che parlare dei vini che vengono prodotti qui.
Il vigneto di proprietà è di circa 11 ettari impiantati principalmente a sangiovese con la presenza anche di uve auctone e alloctone da cui Matteo Lupi Grassi ricava tre etichette lo Stomennano Bianco, il Chianti e il Chianti Classico.
Dal momento che quest’enclave senese è terra di rossi abbiamo deciso di concentrarci unicamente sul Chianti 2022 e Chianti Classico 2019. Il primo è un uvaggio di sangiovese, merlot e colorino che viene sottoposto a una fermentazione in acciaio e un passaggio in cemento per alcuni mesi: se ne ottiene un prodotto dal colore carminio con riflessi purpurei con dei sentori di frutta scura come mora di gelso e prugna accompagnati da note floreali di iris e da una leggera speziatura di cardamomo e liquirizia; in bocca la freschezza accompagna il tannino con un finale di arancia sanguinella.
Il Chianti Classico 2019 è costituito invece da sangiovese e colorino e subisce, oltre alla fermentazione in acciaio, una maturazione di un anno in barrique francesi di vari passaggi: di colore carminio vivace si apre con cenni di ciliegia marasca, arancia, iris e viola impreziositi da echi empireumatici di tabacco biondo e cacao. Il sorso pieno è ravvivato dalla freschezza con tannini ben integrati e da una chiusura avvolgente su ricordi fruttati.
Con questa location e con questi vini i turisti italiani e stranieri avranno un fantastico scorcio toscano di cui poter approfittare durante il loro soggiorno!
Only Wine è un appassionante evento enoico che va in scena ogni anno a Città di Castello in provincia di Perugia ed è giunto alla decima edizione. I giorni scelti per l’anno 2023 sono stati il 22 e 23 aprile. La location attuale è negli ampi spazi esterni di Palazzo Vitelli.
I produttori presenti dietro ai loro banchi d’assaggio erano ben 118 e provenienti da ogni regione italiana. Sono coinvolte aziende vitivinicole che hanno almeno uno di questi tre requisiti: under 40, meno di 15 anni di storia e al di sotto di 7 ettari vitati.
L’evento è stato ideato da Andrea Castellani e organizzato sin dai suoi albori da A.I.S. Umbria con il patrocinio del Comune di Città di Castello. Only Wine è una Mostra Mercato, pertanto, vi è la possibilità di acquistare vini direttamente dai produttori. Nel programma erano previste masterclass. Il percorso con il calice in mano iniziava con le bollicine più famose al mondo, 4 maisons di champagne provenienti da differenti zone della Champagne e di varie tipologie e dosaggi, proseguiva con le regioni del nord Italia, per passare al centro, e terminare con il sud dello Stivale.
Molti visitatori in questa edizione hanno varcato le logge di Palazzo Vitelli.
Kermesse ideale per coloro che amano scoprire nuove e giovani realtà, senza dover rinunciare alla qualità. Un format avvincente con aziende partecipanti, selezionate secondo standard qualitativi elevati.
Alcuni assaggi a Città di Castello:
Champagne Francois Lecompte Premier Cru Millésime 2015, ottenuto da uve di Chardonnay e Pinot Nero, la permanenza sui lieviti va dai 7 agli 8 anni. Si presenta nel flûte con un bellissimo colore giallo dorato, perlage fine e persistente, al naso sprigiona sentori di pane fresco, crème noisettes, scorza d’arancia, frutta tropicale, al palato è piacevolmente avvolgente e decisamente persistente.
Sito di riferimento: https://www.champagne-lecompte.fr/fr/
Poggio Triale Grechetto Lazio Igt 2019 Tenuta la Pazzaglia, si veste di un bellissimo colore giallo paglierino con riflessi che virano sul dorato, al naso emana sentori di fiori di campo, camomilla, pesca gialla, papaya, mango, al palato è piacevolmente fresco e dotato di una buona piacevolezza di beva, il sorso è duraturo.
Sito di riferimento: http://tenutalapazzaglia.it/
Ramatico Igt Lazio 2020 Az. Antonella Pacchiarotti, ottenuto interamente con uve di Aleatico, è di un bellissimo color rame, dal quale prende il nome, al naso rivela note di rosa canina, gelsomino, albicocca e pesca gialla, al palato è pieno ed appagante, fresco e armonioso.
Sito di riferimento: http://www.vinipacchiarotti.it/azienda/
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Bianca 2020 Az. Socci. Colore giallo paglierino brillante, leggere sfumature oro, al naso libera note di camomilla, tiglio, melone, susina, mandorla e richiami agrumate, al palato è vibrante e sapido con chiusura lunga e retro-olfattiva di mandorla.
Sito di riferimento: http://verdicchio.it/it/
Montefalco Sagrantino Docg 2016 Le Cimate. Rosso rubino molto intenso e impenetrabile, al naso rimanda sentori di prugna, mora, amarena, mirtillo e violetta accompagnate da nuances di spezie e cacao, al palato rivela una copiosa ma setosa trama tannica, rotondo e lunghissimo.
Sito di riferimento: http://www.lecimate.it/
Barbaro Aglianico del Vulture 2020 Solagna del Principe. Rosso rubino molto intenso, trasparente e consistente, all’olfatto si percepiscono sentori di ciliegia, ribes e mirtillo che seguono una scia di chiodi di garofano e pepe, al gusto è piacevolmente tannico, fine e equilibrato.
Sito di riferimento: https://solagnadelprincipe.com/
Starse Taurasi Docg 2019 Fratelli Addimanda. Ottenuto interamente con uve di Aglianico da vite franca di piede, rosso rubino profondo, al naso rilascia note di frutta rossa, fiori di campo, tabacco, pepe e liquirizia, al gusto è avvolgente, pieno e leggiadro. Un vino espressivo.
Sito di riferimento: http://www.cantineaddimandataurasi.it/
ONLYWINE, considerazioni finali della decima edizione
Di Alberto Chiarenza
Città di Castello, l’unica città dell’Umbria dove domina l’impronta rinascimente rispetto a quella medievale, in una cornice suggestiva quale il cinquecentesco Palazzo Vitelli a Sant’Egidio, si è svolta ONLYWINE.
L’evento che promuove le piccole e giovani aziende, nasce da un’idea di Andrea Castellani, brillante e vivace giovane imprenditore che ha saputo portare nella storica cittadina dell’alta valle del Tevere, così tante persone.
ONLYWINE 2023 si conferma così per il decimo anno consecutivo, un evento di grande rilievo per far emergere le eccellenze delle piccole cantine e dei giovani produttori e per far conoscere al grande pubblico le tradizioni vitivinicole italiane. Grazie alla sua impeccabile organizzazione, Andrea Castellani e il suo entourage di professionisti, ha inanellato un ulteriore successo di presenze in termini di produttori, addetti stampa, appassionati e operatori del settore HORECA.
La ricetta del successo ha nei suoi ingredienti persone come Sandro Camilli, Presidente della Associazione Italiana Sommelier, la famosa giornalista Chiara Giannotti, Francesco Saverio Russo, wine blogger di successo, Chiara Giorleo critica enogastronomica e docente AIS, la giornalista free lance Sara Cintelli e altre persone note che hanno reso unico e senza cliché, l’evento che si è svolto in un clima gioviale che si instaura in un ambiente raffinato e coinvolgente nello stesso tempo, rendendo gli assaggi, un momento divertente e informale.
Quasi 200 le cantine presenti tra cui anche una dalla Svizzera Italiana, ovvero dal Canton Ticino, e poi tant’è belle cantine provenienti da ogni regione.
Piccola o giovane non significa assolutamente poco valore, tutt’altro, infatti grazie a Francesco Saverio Russo, a ONLYWINE erano presenti aziende che esprimevano la vera essenza del territorio. Anche se non sono riuscito a provarle tutte, ho trovato tanta passione che nei fatti si esprime con vini di grande finezza e qualità.
Tra le cantine che ho provato ne cito alcune che mi sono piaciute in modo particolare.
Ho iniziato gli assaggi proprio con il Lazio dove ho trovato Antonella Pacchiarotti, conosciuta come “La donna dell’aleatico” in quanto lo vinifica in nove versioni del bianco al passito. La cantina si trova a Grotte di Castro in provincia di Viterbo dove il vigneto è vicino al lago di Bolsena e gode di un microclima e terreni particolari che conferiscono ai vini di Antonella caratteristiche uniche.
Rimanendo a nord della regione, ho provato i vini della Tenuta La Pazzaglia che si trova a Castiglione in Teverina provincia di Viterbo, dove Laura mi ha parlato della piccola azienda a conduzione familiare che produce quattro tipologie di vini a base di vari cloni di Grechetto insieme alla sorella.
Andando invece nella zona del Cesanese, era presente la famosa Cantina Giovanni Terenzi dove Cecilia mi ha fatto provare, anche se a me già noti, tre versioni di Cesanese del Piglio DOCG. Il Classico Velobra, il Superiore Colle Forma e il Riserva Vajoscuro. Ottime interpretazioni di un vitigno molto particolare e di difficile vinificazione, ma che grazie alla sapienza e esperienza Di Giovanni Terenzi, sono riusciti ad ottenere vini di grande struttura ed eleganza.
Passando nelle Marche ho avuto il piacere di conoscere Oreta Manieri della Cantina Casaleta nel territorio del Verdicchio Classico dei Castelli di Jesi. Dopo la morte del marito, Alberto Biancini, Oreta e la figlia Cristina Biancini hanno continuato il lavoro iniziato da Alberto portando avanti la viticoltura di vigneti di 70 anni e selezionando le piante migliori, hanno riprodotto i cloni ampliando la produzione di vini, con rese basse e tanta qualità.
Grazie alla nota freschezza delle uve Verdicchio, producono una gamma di vini che va dalla bolla Metodo Classico al vino ottenuto da uve appassite. Dal 2010 ad oggi è stata una evoluzione continua che ha portato ad ottenere vini senza alcun utilizzo di fitofarmaci e senza utilizzare rame o zolfo.
Altra azienda che ho apprezzato molto, sempre nelle Marche ma a Massignano in provincia di Ascoli,è COSSIGNANI L.E. TEMPO. Edoardo e Letizia, fratelli, hanno vitigni tra i 200 e i 400 mslm e producono soltanto spumante Metodo Classico. Un Sangiovese in purezza nella versione rosata e Pecorino 100% nella versione blanc de blanc. Terreni molto particolari costituiti essenzialmente da arenaria, scheletro e calcare conferiscono freschezza e mineralità oltre che sapidità.
Tra i Vignaioli dell’Alta Calabria ho incontrato Simona Belmonte della Cantina L’Antico Fienile Belmonte in località Altomonte. Costituiscono una rete d’impresa tra dieci piccoli produttori appunto dell’Alta Calabria che valorizzano il loro vitigno autoctono, il Magliocco.
In Sicilia ho conosciuto Calogero della Cantina Leonarda Tardi di Salaparuta in provincia di Trapani. Leonarda Tardi è la mamma di Calogero e della sorella con cui condivide il lavoro in azienda producendo quattro vini a bacca bianca e un rosso. Partendo dai vini bianchi, un blend di Catarratto e Chardonnay, uno Chardonnay in purezza, è un grillo. Per i vini rossi la bacca è quella del Nero d’Avola.
Tommaso Cavalli della Azienda Piccolo Bacco dei Quaroni in Lombardia, siamo esattamente in Oltrepo Pavese. Una estensione di dieci ettari di cui sei sono vitati a Pinot Nero. Quindi una produzione di varie tipologie di vino esclusivamente fatti con lo stesso vitigno, a partire da un Metodo Classico 36 mesi sulle fecce fini, un Metodo Martinotti e un vino fermo.
Una azienda che produce vino dagli inizi dello scorso secolo, acquisita nel 2000 dai genitori facendone una azienda a conduzione familiare, ma che Tommaso porta avanti dal 2017. La filosofia di famiglia è produrre vini naturali con metodo biologico e massimo rispetto dell’ambiente.
Conclusioni
Queste sono solo alcune delle esperienze dirette tra le numerose aziende presenti che hanno consentito di tastare il polso della crescita nella produzione vitivinicola italiana che vede un significativo incremento di giovani che si mettono in gioco e contribuiscono a fare vino. Un successo dell’evento che ha attratto tanti visitatori e che fa ben sperare per le prossime edizioni.
Cascina Boschetti, la degustazione di 3 prodotti rappresentativi
Di Marco Germani
Il territorio di Barolo, nel cuore delle Langhe rappresenta un punto di riferimento per gli appassionati di tutto il mondo, da queste colline nasce uno dei vini più famosi mai prodotti, icona della viticoltura italiana di qualità.
C’è una collina, che sovrasta i tetti di Barolo e le mura del castello dei Marchesi Falletti, dove gli ordinati filari di nebbiolo sembrano disegnati da un pittore, la collina Boschetti.
Cascina Boschetti nasce sulla sommità di questa collina, dall’azienda si gode di una vista mozzafiato a 360°, sulle colline di Langa e sui numerosi castelli che le costellano.
Sergio Gomba
Quando parliamo di Cascina Boschetti parliamo di Sergio Gomba. E’ lui l’uomo che ha firmato la rinascita dell’azienda, una vita passata a coltivare un sogno. Tenace e capace, Sergio Gomba ha trasformato una casa e le sue vigne in una tenuta maestosa con una vista mozzafiato.
“Il lavoro non mi ha mai spaventato, anche adesso che ho una certa età” dice senza enfasi, quest’uomo di poche parole. Per capire che non mente, basta guardargli le mani.
La Cantina
Cascina Boschetti, nasce nel 1977, i vigneti attorno alla cantina appartengono da anni alla famiglia Gomba. Nel 1991 l’acquisto della cascina e successivamente di altre vigne nel Roero.
“Ci piace dire che le uve sono tutte nostre, raccolte a mano, selezionate a mano. La vendemmia è un momento importantissimo per tutti noi, di lavoro ma anche di festa, di riunione della famiglia e degli amici”.
“I nostri 30 ettari si dividono tra Langhe e Roero, garantendo il meglio delle nostre uve, delle nostre viti e dei nostri terroir, per ottenere un vino unico, ogni anno diverso, ma sempre ineguagliabile”
Oggi la produzione si attesta intorno alle 300 mila bottiglie, di cui 160 mila di Barolo. “La vigna parla: bisogna saperla ascoltare”.
Grande cura quindi per tutte le lavorazioni del vigneto: dagli umori di terreno e viti fino all’ecosistema in cui sono inseriti.
Sergio custodisce non solo i suoi filari, ma anche dei boschi attorno alla tenuta. Qui vivono animali e alberi che contribuiscono a mantenere un equilibrio importante per il vigneto.
Nasce anche il tartufo bianco d’Alba. Una curiosità: il nuovo vigneto a Scaparoni, tra Alba e Piobesi d’Alba, è stato piantato sopra la “grotta dei pipistrelli”, una vecchia cava di gesso dismessa che ora è un rifugio per centinaia di pipistrelli.
Nebbiolo d’Alba DOC 2021
Luminoso rubino scarico. Olfattivo deciso declinato su mora, ribes, e fragolina di bosco in maturazione, rosa canina e viola fresche. In bocca domina la freschezza, in coerenza con una beva non troppo impegnativa. Il tannino, ancora deciso, porta ad un medio finale su scie di frutti di bosco maturi.
Barbera d’Alba DOC 2021
Rubino carico con screzi purpurei. Al naso si presenta piacevolmente variegato, passando da un fruttato maturo di ciliegia, amarena e mirtillo ad un floreale in appassimento di viola, rosa e peonia. Eleganti tocchi di pepe bianco, sottobosco e legno di rovere ne completano il profilo. In bocca è morbido, pieno, con tannini ben dosati e media persistenza su note di ciliegia succosa.
Barolo DOCG del Comune di Barolo 2019
Rubino vivace con sfumatura granata, sfoggia un olfattivo declinato al frutto sottospirito. Mora, ribes, ciliegia, lampone e fragolina di bosco sono seguiti da freschi fiori di viola e rosa. Completano il profilo piacevoli rimandi di pepe, noce moscata, liquirizia, vaniglia, smalto. Di ottima struttura, fine, dal tannino ben dosato e la fresca e dinamica evoluzione. Molto gradevole la lunga chiusura su rimandi di liquirizia e polvere di caffè.