La sera del 15 novembre, il Casale della Mandria ha ospitato una cena a quattro mani straordinaria, che ha celebrato il talento di due chef unici: Marco Davi e Giuseppe Verri, il “chef scultore.”
di Carol Agostini
Gli ospiti, accolti in una sala gremita e calorosa, hanno vissuto un’esperienza gastronomica intensa, in cui la cucina di altissima qualità e l’arte culinaria degli chef sono stati il cuore pulsante della serata.
Carol è titolare dell’agenzia FoodandWineAngels. Questa realtà si distingue per il suo approccio multidisciplinare alla promozione dei prodotti enogastronomici, combinando esperienze sensoriali con una strategia di marketing raffinata. Carol, anche nota scrittrice e curatrice di eventi enogastronomici di spicco, ha contribuito a creare un’atmosfera esclusiva che ha reso indimenticabile ogni assaggio.
Ogni portata è stata accompagnata da un vino perfettamente abbinato, esaltando i sapori e dimostrando la grande competenza e passione del team. Il connubio tra la maestria culinaria e la selezione enologica ha elevato la cena a un evento che non è stato solo un pasto, ma una celebrazione dell’arte e della convivialità. Gli ospiti sono stati conquistati dalla magia della serata, dove ogni piatto raccontava una storia e ogni calice celebrava l’eccellenza.
Una vera e propria sinfonia di sapori che ha lasciato il segno e che resterà nella memoria di chi ha avuto il privilegio di partecipare.
Lo chef Marco Davi è un rinomato esponente della cucina italiana, noto per il suo approccio innovativo ai piatti di pesce. Ex chef del celebre Enoteca Perbacco, oggi guida il ristorante Davi dal 1973 in Piazza Roma, Aprilia, con la figlia Sara.
Tra le sue creazioni iconiche spicca il “Panino di Triglia“, che combina la tradizione mediterranea con un tocco di modernità, unendo triglia, scarola, olive, capperi e pane al pomodoro, il tutto esaltato da una preparazione attenta e creativa. Marco è anche coinvolto in eventi benefici come “Con il cuore nel piatto”, dove collabora con altri chef di alto profilo per sostenere iniziative solidali legate alla salute e alla ricerca.
Lo chef Giuseppe Verri, invece, è un maestro della cucina che combina sapientemente l’arte culinaria con la scultura gastronomica. Le sue creazioni vanno oltre il semplice gusto, trasformandosi in vere opere d’arte. Giuseppe è stato tra i protagonisti di progetti innovativi che uniscono cucina e design, collaborando con chef stellati e portando avanti la sua visione estetica della cucina come forma d’arte. Partecipa a eventi che celebrano la sinergia tra creatività e solidarietà, rappresentando un punto di riferimento per chi vede nel cibo non solo un’esperienza gustativa, ma anche visiva e culturale.
Il Casale della Mandria, situato a Lanuvio nei Castelli Romani, è un agriturismo che combina tradizione, arte e natura, fondato da Giuseppe Verri nel 2005. Questo luogo si distingue per la sua attenzione all’agricoltura biologica e la trasformazione dei prodotti della terra in autentiche esperienze culinarie e artistiche. Gli eventi organizzati qui spesso includono una forte componente artistica, rendendo il casale un punto di riferimento per chi cerca un’esperienza che unisca buon cibo, cultura e relax in un contesto rurale accogliente.
Lo chef-scultore Giuseppe Verri è una figura unica che coniuga la passione per la scultura con l’arte culinaria. Con oltre 700 opere distribuite in tutto il mondo, Verri ha saputo integrare le sue capacità artistiche anche nella gastronomia, soprattutto con un focus su carni alla brace e preparazioni artigianali come la Maza, un’antica ricetta romana. Nel Casale della Mandria, la cucina di Verri rispecchia il suo spirito innovativo, capace di reinterpretare la tradizione con un tocco di creatività e profondità personale.
Il Casale e Verri incarnano una filosofia del “mangiare con amore”, che valorizza non solo il cibo, ma anche l’arte e il senso di comunità. Questo lo rende il luogo ideale per eventi enogastronomici e serate tematiche, dove l’esperienza multisensoriale coinvolge corpo e mente.
Il menù
Benvenuto di accoglienza Olio EVO Nuovo del Casale della Mandria, con pane casareccio e Dhéon Spumante Brut 100% Pinot Nero Tenuta Borgolano di Donatella Quaroni
Tartare di pecora con puntarelle affumicato al luppolo in abbinamento Champagne Cuvée Désir Brut Maison Marguerite Guyot 100% Meunier
Polpette di pollo al curry con Mayo allo zenzero in abbinamento Champagne Cuvée Désir Brut Maison Marguerite Guyot 100% Meunier
Crema di Topinambur con carciofi fritti e paté di fegatini in abbinamento Champagne Cuvée Nature Premier Cru Maison Olivier Herbert 30% Pinot nero, 30% Meunier, 40% Chardonnay
Passatelli in brodo in abbinamento Champagne Brut Tradition Maison Olivier Herbert 30% Pinot nero, 30% Meunier, 40% Chardonnay
Gnocco di Patate cotte sotto la brace con ragù di coniglio in abbinamento Canaiolo Umbria IGT 2019 Le Poggette
Costolette di abbacchio impanate e fritte con cicoria di campo del casale ripassata aglio/olio e peperoncino in abbinamento Domo Mandrolisai DOC 2021 Cannonau ( 30%), Bovale sardo (Muristeddu 45%), Monica (20%), Barbera Sarda ( 5%) Famiglia Demelas
L’oca Porca cotta al forno a legna e cipolle cotte alla brace in abbinamento Amarone della Valpolicella DOCG 2016 Cantina del Castello
Bonet Piemontese classica ricetta
Chef Laura Marciani e il nostro viaggio tra sensi e territorio
Di Carol Agostini
Una carriera dedicata non solo alle pentole, ma anche a soddisfare le esigenze della clientela, tra un impasto e l’altro, tra cotture, infornate, dolci e primi piatti. La chef Marciani, patrona della ristorazione di Magliano Sabina, accompagna i fratelli Mauro “il principe“, con la sua eleganza e la sua vasta conoscenza della sala e dei vini, e Marco “l’artista“, il fratello dotato di straordinarie capacità creative che, oltre ad aiutare nell’impresa di famiglia, arricchisce tutti gli ambienti dell’hotel e del ristorante.
Ci hanno accolto per un weekend di scambio culturale, enogastronomico e per discutere del futuro gemellaggio dei territori e della formazione nel settore.
Sono stati giorni intensi con diverse visite, accompagnate dal Sindaco Giulio Falcetta, tra cui l’Istituto Omnicomprensivo “Sandro Pertini”con la Vicaria Roberta Stentella e alcuni docenti dell’I.P.S.S.E.O.A. e gli assessori della Giunta Comunale.
Il territorio
Magliano Sabina: Un Tesoro Enogastronomico tra Storia e Sapori
Magliano Sabina, incastonata tra le colline della Sabina in provincia di Rieti, è un gioiello nascosto che attrae gli amanti della cultura, della storia e soprattutto della buona tavola. Questo pittoresco paese, con le sue chiese secolari, la suggestiva piazza e le sue eccellenze enogastronomiche, offre un viaggio indimenticabile tra tradizione e gusto.
Storia e Cultura
Le radici di Magliano Sabina affondano nella storia antica dell’Italia centrale. Fondata dagli antichi Sabini, ha visto il passaggio di popoli etruschi e romani, che hanno lasciato tracce tangibili nella sua architettura e nel suo tessuto sociale. Il centro storico è un vero e proprio museo a cielo aperto, con le sue stradine strette, i palazzi rinascimentali e le torri medievali che raccontano storie di epoche passate.
Le Chiese, alcune visitate
Magliano Sabina è punteggiata da numerose chiese, ognuna con la propria storia e bellezza unica. La Chiesa di San Michele Arcangelo, con la sua facciata romanica e gli affreschi medievali, è un esempio perfetto dell’arte sacra della regione. La Chiesa di Santa Maria Assunta, con la sua imponente architettura gotica, incanta i visitatori con i suoi dettagli scolpiti e le vetrate colorate.
Piazza e Comune, tra aperitivo e istituzioni del territorio
Il cuore pulsante di Magliano Sabina è la sua piazza principale, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Circondata da eleganti edifici storici e caffè accoglienti, la piazza è il luogo ideale per passeggiare e immergersi nell’atmosfera autentica del paese. Il Palazzo Comunale, con la sua imponenza, testimonia il ruolo centrale che il municipio ha avuto nella storia e nella vita quotidiana della comunità.
Eccellenze Enogastronomiche, molte assaggiate personalmente
Ma ciò che rende Magliano Sabina veramente speciale è la sua ricchezza enogastronomica. Il territorio circostante è famoso per la produzione di eccellenti prodotti caseari e salumi artigianali. I caseifici locali offrono formaggi prelibati, dal pecorino al parmigiano, mentre i salumifici producono salumi tradizionali, come prosciutto, salame e coppa, che deliziano i palati più esigenti.
Realtà Gastronomiche approfondite tra risate e consapevolezza
Le attività enogastronomiche di Magliano Sabina non si limitano alla produzione di formaggi e salumi. Numerosi ristoranti e trattorie nel paese e nelle vicinanze offrono un’ampia selezione di piatti tradizionali sabini, preparati con ingredienti freschi e di alta qualità. Dalle paste fatte in casa alle zuppe rustiche, dai piatti di cacciagione alla cucina di pesce di fiume, c’è qualcosa per soddisfare tutti i gusti.
Abbiamo visitato anche il Museo della cittadina, istituito dalla Regione Lazio nel 1989 e ospitato a Palazzo Gori, si dispone su tre piani, dove i reperti sono esposti secondo la loro provenienza e presentati in ordine cronologico, permettendo così di tracciare le linee fondamentali della civiltà sabina.
Al piano terra, il visitatore può ammirare una serie di reperti risalenti al Paleolitico medio e superiore, un aspetto particolarmente interessante considerando la rarità dei siti di tale antichità lungo il corso del Tevere.
Il primo piano del museo ospita le sezioni Protostorica e Arcaica, dove le ricerche e gli studi hanno individuato l’occupazione del territorio durante l’Età del Bronzo recente e finale, nonché nella fase finale dell’Età del Ferro. Le necropoli hanno restituito diversi vasi a impasto bruno e a vernice nera, insieme a una collezione di armi in ferro. Il secondo piano, invece, si focalizza sulla fase ellenistica, la romanizzazione e il medioevo nelle terre sabine.
Il Museo di Magliano Sabina rappresenta una vera e propria finestra sul passato di questa affascinante regione. Le sue collezioni comprendono reperti archeologici, manufatti artigianali, opere d’arte e oggetti di vita quotidiana, testimonianze tangibili della ricchezza e della diversità della cultura sabina nel corso dei secoli.
I visitatori hanno l’opportunità di intraprendere un affascinante viaggio attraverso le varie sezioni del museo, esplorando le testimonianze dell’insediamento umano, i reperti romani e medievali, le opere d’arte rinascimentali e tanto altro ancora.
Inoltre, il museo non si limita alla conservazione, ma svolge anche un ruolo attivo nella promozione della cultura e dell’educazione. Organizza regolarmente eventi, conferenze, laboratori e visite guidate per coinvolgere il pubblico di tutte le età e diffondere la conoscenza e l’interesse per la storia e la cultura della Sabina.
Luogo che rappresenta una tappa imperdibile per coloro che desiderano esplorare le ricchezze storiche e culturali di questa affascinante regione. La sua esposizione eclettica, le attività coinvolgenti e l’atmosfera suggestiva lasciano un’impronta duratura nella mente e nel cuore di chi lo visita.
La cripta protoromanica del santuario di Santa Maria delle Grazie, a Magliano Sabina, offre un’esperienza di bellezza e spiritualità. Situato presso Porta Romana, sui resti di una rocca medievale che domina la valle del Tevere, il santuario è un simbolo di storia e devozione.
Costruito nel XV secolo insieme al convento annesso, il santuario incorpora un antico oratorio del XII secolo dedicato al SS. Salvatore, che era la sede della Compagnia dei disciplinati. L’aspetto esterno attuale risale a un intervento successivo al terremoto del 1898.
Il nostro viaggio non finisce così, oltre alle emozioni già vissute, vi dobbiamo assolutamente raccontare l’energia respirata e vissuta al nostro ingresso nella cripta protoromanica del santuario di Santa Maria delle Grazie.
Avvolti da energia e spiritualità si siamo immersi in un mondo mistico che vi racconto:
La cripta, accessibile dal transetto della chiesa, colpisce per la sua eleganza e delicatezza. Le colonne leggermente sfalsate che separano l’ingresso dall’abside creano un’atmosfera suggestiva. Sebbene la datazione sia difficile, si ritiene che la cripta sia stata costruita dopo il millennio.
All’interno, affreschi suggestivi decorano le pareti, tra cui un San Francesco, considerato una delle più antiche rappresentazioni del Santo, e un Sant’Antonio, parzialmente rovinato da un graffito: una firma di Alfonso d’Aragona, che volle lasciare il suo segno nella cripta.
Durante le giornate del Fai, una parte del Baldacchino donato alla cattedrale di Magliano dal cardinale Albani sarà esposta nella chiesa. Quest’opera riflette l’amore per l’esotismo tipico del Settecento, con le sue stoffe pregiate, le sete e i fili d’oro e d’argento. Magliano Sabinaè un tesoro nascosto che merita di essere scoperto da tutti coloro che apprezzano la bellezza, la storia e, soprattutto, i sapori autentici. Con le sue chiese millenarie, la sua incantevole piazza, le sue eccellenze enogastronomiche e la sua vibrante cultura, questo affascinante paese della Sabina è una destinazione imperdibile per chiunque voglia vivere un’esperienza autentica nel cuore dell’Italia.
Passo dopo passo, guidati da una mano materna, forte e genuina, come quella della Chef Laura Marciani, i nostri cuori sono stati travolti dalla sua bravura e, soprattutto, dal suo calore. Un calore materno, di chi ha sofferto ma ha ancora voglia di prendersi cura degli altri.
Piatti, menù, sensazioni organolettiche, bontà e qualità degli ingredienti non fanno di una donna una chef. È la forza, la tenacia, la passione e la tecnica che la rendono tale, e noi lo abbiamo visto di persona.
Con la grinta e la generosità di un cuore amorevole e di un’anima altruista, Laura Marciani riesce ad entrare nel cuore delle persone, così come ha fatto con noi.
Siamo unite da un grave lutto che ha segnato profondamente le nostre vite. Per questo, desidero concludere con un dono per Laura, in segno di vicinanza e affetto che provo nei suoi confronti:
“Vivere per me è continuo divenire, è un buon libro da leggere vicino al fuoco di un camino mentre fuori piove e i cipressi lungo il viale si genuflettono all’impeto del vento.” “Se scrivo qualcosa temo che accada, se amo troppo qualcuno temo di perderlo; eppure non posso smettere né di scrivere né di amare…”.Dal libro A Paula di Isabel Allende
Un viaggio tra il passato, il rosso e l’Amarone Opera Prima
Di Carol Agostini
Nel prestigioso scenario del Palazzo della Gran Guardia, il Consorzio Vini Valpolicella celebra con orgoglio il 3 e 4 febbraio l’evento dedicato all’eccellenza della denominazione Valpolicella: Amarone Opera Prima.
Questa manifestazione, giunta alla ventesima edizione, è l’evoluzione dell’evento Anteprima Amarone, consolidando la sua reputazione nel panorama vinicolo. Il pubblico e gli operatori di settore avranno l’opportunità di degustare il millesimo di Amarone di Valpolicella il sabato dopo le 16:30 e durante l’intera giornata di domenica. L’Amarone, riconosciuto come il “Grande Rosso,” sarà accompagnato da raffinati assaggi gastronomici ispirati alla ricca tradizione locale.
Il territorio della Valpolicella, celebre per la produzione di vini di alta qualità, ospita il Consorzio Vini Valpolicella, un’organizzazione dedicata alla promozione e alla tutela dei vini della zona. Il Consorzio svolge un ruolo fondamentale nel garantire la qualità e la tipicità dei vini prodotti, promuovendo la valorizzazione delle uve autoctone.
Parlando della produzione di vino in Valpolicella, è essenziale menzionare i vitigni dell’Amarone, che conferiscono a questo vino la sua personalità unica. Tra i vitigni predominanti spiccano la Corvina, la Corvinone e la Rondinella, che contribuiscono alla complessità e all’eleganza del prodotto finale.
L’Amarone, definito un vino da meditazione, rappresenta un’eccellenza tra i vini mondiali e si posiziona al vertice della scena vinicola veronese. La sua storia affonda le radici nella tradizione, con la denominazione Amarone che ha preso forma nella Cantina Sociale Valpolicella nel 1936. Il capocantina Adelino Lucchese, ispirato dal fortunato ritrovamento di una botte di Recioto dimenticata in cantina, con entusiasmo esclamò: “Questo non è un Amaro, è un Amarone!”
L’evento Amarone Opera Prima non solo celebra la storia e la tradizione di questo vino straordinario ma offre anche un’occasione unica per esplorare il territorio di Valpolicella e apprezzare la sua ricchezza enologica e culturale.
Eccellenze Venete Food&Wine 2023: Celebrazione di Gusto e Tradizione al Festival Cucina Veneta 2023
Di Carol Agostini
Nel suggestivo scenario delle pendici dei Colli Euganei, un evento di rilevanza culinaria e culturale ha coronato il Tour delle Eccellenze Venete. Presso l’Antica Trattoria Ballotta, un’autentica istituzione culinaria risalente al 1605, si è tenuta la cerimonia di premiazione delle ‘Eccellenze Venete Food&Wine 2023’.
Questa manifestazione, organizzata dal Festival della Cucina Veneta in collaborazione con la Regione Veneto, ha rappresentato un tributo alle imprese, ai prodotti tipici, alle ricette, agli chef e alle opere culturali che hanno contribuito ad arricchire l’offerta enogastronomica e comunicativa della regione nel corso dell’anno 2023.
La giornata di premiazione ha visto la partecipazione di illustri ospiti, tra cui il Consigliere Regionale del Veneto Elisa Venturini, il Vicepresidente della Provincia di Padova Daniele Canella, il Presidente del Parco Regionale dei Colli Euganei Alessandro Frizzarin e il Presidente di Cultura & Cucina Paolo Caratossidis. Questo illustre panel di giudici ha onorato con premi e riconoscimenti coloro che hanno contribuito significativamente all’enogastronomia e alla cultura veneta.
Una Cornice Storica: L’Antica Trattoria Ballotta dal 1605
L’evento si è svolto nell’Antica Trattoria Ballotta dal 1605, un autentico tempio storico della cucina veneta. Questo luogo, patria del celebre Baccalà alla cappuccina proposto per l’iscrizione nel registro dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Veneto, ha offerto il perfetto sfondo per la celebrazione di eccellenze culinarie.
Premiazioni e Riconoscimenti: L’Elogio della Qualità
I premi sono stati consegnati ai rappresentanti di consorzi, imprese, prodotti tipici, ricette, chef, e opere artistiche o documentaristiche che hanno eccelso nel corso dell’anno. Il Consigliere Regionale del Veneto, Elisa Venturini, ha sottolineato l’importanza di questi riconoscimenti nel promuovere l’eccellenza e nell’arricchire l’intero territorio veneto, generando ricadute positive sul turismo e sull’industria dell’Horeca.
Il Presidente del Festival Paolo Caratossidis ha espresso la sua soddisfazione per il successo del Tour delle Eccellenze Venete, evidenziando come l’iniziativa abbia raggiunto importanti traguardi anche in ambito nazionale, come l’UlysseFest di Lonely Planet.
Un Buffet Luculliano: Oltre i Confini del Gusto
Il premio è stato seguito da un buffet ricco di delizie culinarie venete. Tra tradizione e innovazione, i partecipanti hanno potuto assaporare insaccati e formaggi di altissima qualità, pearà e stortina veronese, primi piatti con gnocchetti al sugo di carne secca della saccisica, il baccalà in tutte le sue declinazioni, rarità come il lardo di Wagyu, il dentice mantecato e i miniburger di ‘folpo’, risotto con radicchio di Chioggia IGP, gelato artigianale al Tiramisù e il celebre Tiramisù di Treviso del Campione del Mondo TWC Serafini. Il tutto è stato sapientemente accompagnato da Prosecco Docg e dai vini dei Colli Euganei, grappe e caffetteria.
La Lista degli Eletti: Premiati e Celebrati al Festival Cucina Veneta
La cerimonia di premiazione ha celebrato numerose figure e realtà meritevoli, che hanno contribuito in modo significativo all’eccellenza veneta. Tra i premiati spiccano:
Crifill – Cristian & Filippo Benvegnù Ciokkolatte – Lorenzo Zambonin e Guido Zandonà Alimentipack – Enrico Bernardi Dersut – Conte Giorgio Caballini di Sassoferrato Pastificio Artusi – Enrico e Alberto Artusi Salvagno Frantoio – Giovanni e Francesca Salvagno
Consorzio Asparago di Badoere IGP – Paolo Donadini Aprolav Caseus Italy – Terenzio Borga Zanin Distillerie – Alessandra Zanin Chef Matteo Mezzaro di Ai Porteghi Bistrot Nicola Rampazzo di Grazia Pane Dolci e Caffè
Isiss G.B. Cerletti di Conegliano V.to – Mariagrazia Morgan Stefano Dalla Betta di Cal Monda Roberto Contin di Contin F.lli Benessere a Tavola Alessandro e Jessica Meggiolaro di Meggiolaro Insaccati di Alta Qualità Alberto Cais della Fondazione Oltre il Labirinto Onlus
Chef David Perissinotto Valerio Corradi del Comitato Bacanal del Gnoco & Papà del Gnoco Alessandro Ferro e Fabrizio Scibetta Chef Famiglia Legnaro di Antica Trattoria Ballotta dal 1605 Lorenzo & Genny Busetto di Cozza Mitilla
Federico Menetto di Blue Farmers UNO.61 Roberto Gardina della Strada del Vino dei Colli Euganei Alessandro Frizzarin del Parco Regionale dei Colli Euganei Silvia Lavacca di Unconventional Eggs Federico Caner, Assessore al Turismo, Agricoltura e Fondi UE della Regione del Veneto
Francesco Redi Twissen del Tiramisù World Cup Cristian Bisato della Confraternita del Folpo Luca Ortoncelli della Confraternita del Bisat Daniele Tagliapietra di Tagliapietra & Figli
Gianni Stival dell’O.P. Bivalvia/I Pescaori Giuseppe Boscolo Palo del Consorzio Radicchio di Chioggia IGP Antonino Padovese Claudio De Min
Questa lunga lista di premiati rappresenta solo una parte delle eccellenze venete celebrate durante l’evento. Ogni singolo premio è stato un tributo a chi, con passione e dedizione, ha contribuito a preservare e arricchire la tradizione enogastronomica e culturale della regione.
Un Inno alla Tradizione e all’Eccellenza
La cerimonia di premiazione delle ‘Eccellenze Venete Food Wine 2023’ è stata molto più di un semplice riconoscimento; è stata un inno alla tradizione, alla passione e all’impegno di coloro che hanno reso possibile questo straordinario patrimonio culturale. Le eccellenze premiate sono la testimonianza tangibile di quanto la cultura e la gastronomia possano essere forze unificanti, capaci di rendere omaggio alla storia e alle radici di una comunità. Mentre il sole tramontava dietro i Colli Euganei, il sapore delle eccellenze venete persisteva, un ricordo indelebile di una giornata dedicata al meglio della cucina e della cultura della regione.
Il Rapporto Ismea-Qualivita 2023 sulla Dop economy italiana descrive un comparto in crescita che vale 20,2 miliardi di euro a livello nazionale grazie al contributo delle filiere agroalimentari e vitivinicole DOP IGP del Paese.
Il Veneto si conferma prima regione in Italia per impatto economico del settore IG con un valore pari a 4.836 milioni di euro nel 2022 generato dalle 89 filiere del cibo e del vino DOP IGP che ricadono sul territorio. La Dop economy del Veneto cresce del +5,8% sul 2021 e ha un peso del 42% sul valore complessivo del settore agroalimentare regionale, grazie al lavoro di 26.067 operatori coordinati da 44 Consorzi di tutela delle filiere del vino e del cibo riconosciuti dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
Le prime province per impatto economico sono Treviso (2.185 mln €) e Verona (1.468 mln €), seguite da Vicenza (507 mln €), Padova (323 mln €), Venezia (311 mln €), Belluno (35 mln €) e Rovigo (7 mln €). La filiera che apporta il contributo maggiore in termini economici è il vino, seguita dai formaggi e a seguire i prodotti a base di carne e gli ortofrutticoli.
Sul vino la regione è 1° in Italia per valore economico generato e il comparto coinvolge 22.429 operatori. Le denominazioni con il maggiore ritorno economico in regione sono il Prosecco DOP, il Conegliano Valdobbiadene – Prosecco DOP, l’Amarone della Valpolicella DOP, il Delle Venezie DOP e il Valpolicella Ripasso DOP.
Il Presidente di Cultura & Cucina Paolo Caratossidis al timone del più rappresentativo network d’imprese legate al Food in Veneto – le Eccellenze Venete – guarda già avanti:
“I risultati raggiunti dal Veneto nel settore agroalimentare possono sorprendere solo chi non conosce profondamente questo territorio. Qui le imprese hanno ancora una forte tradizione che tutela in primis il consumatore. Le nuove sfide sono molto avvincenti: a partire dalla comunicazione su scala internazionale fino ad arrivare ad un approccio consapevole alle nuove tecnologie, in primis l’intelligenza artificiale. Abbiamo ancora grossi margini di crescita e se facciamo rete possiamo ambire alla conquista di nuovi mercati”.
Sul cibo la regione è 4° in Italia per valore economico generato e il comparto coinvolge 3.638 operatori. Le denominazioni che partecipano maggiormente al valore economico in regione sono il Grana Padano DOP e l’Asiago DOP, seguite dal Montasio DOP, il Piave DOP, il Provolone Valpadana DOP e il Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP.
“Sul cibo possiamo aspirare a scalare velocemente le primissime posizioni, bisogna far capire in Italia e nel mondo che la nostra tradizione gastronomica è ricchissima, primo esempio di cucina fusion della storia; il Veneto a tavola ha sintetizzato il meglio delle cucine dei tantissimi popoli e nazioni con cui per secoli ha stretto rapporti politici e commerciali.” conclude Caratossidis.
Approfondimenti
Festival della Cucina Veneta, Tour Eccellenze Veneto 2023 cosa sono?
SOSTEGNO ALLA CANDIDATURA DELLA CUCINA ITALIANA COME PATRIMONIO IMMATERIALE UNESCO
Il Tour 2023 delle Eccellenze Venete, quinta edizione del Festival della Cucina Veneta, prende il via in sostegno alla candidatura della cucina italiana come patrimonio immateriale UNESCO, focalizzandosi su sostenibilità e diversità bioculturale. Dopo il debutto al Giro d’Italia e la trasferta bavarese dello scorso anno, il tour si propone la mission ambiziosa di promuovere la Regione Veneto come rappresentante di un territorio insignito dall’UNESCO con 9 siti nella Lista del Patrimonio Mondiale.
Durante l’evento, verranno valorizzate le eccellenze locali, vere e proprie rappresentazioni culturali e metaculturali della tradizione del territorio. Il focus sarà sulle visioni che hanno contribuito a creare nella cucina veneta un modello esclusivo di fusione. Tradizioni lontane si sono intrecciate, formando un crocevia gastronomico in cui Occidente e Oriente si sono fusi in modo unico.
La Regione del Veneto, guidata dall’Assessore al Turismo e Agricoltura Federico Caner, parteciperà all’evento con il truck ospitalità “Veneto the Land of Venice”. Il vivace truck accoglierà chef, enogastronomi, presentatori e tecnici, coordinando vari eventi che metteranno in luce i sapori distintivi delle sette province venete attraverso cooking show di ricette tradizionali e reinterpretate.
LA CUCINA VENETA: PRIMA ESPERIENZA ‘FUSION’
La tradizione gastronomica veneta costituisce una delle principali espressioni della Cucina Italiana e mediterranea, rappresentando un luminoso esempio di modello culinario ‘fusion’ che, nel corso dei secoli, ha integrato varie tradizioni gastronomiche di regioni toccate dalla dominazione o dal contatto privilegiato con la Serenissima. Nel corso della storia culinaria veneta, si sono sedimentate conoscenze, tecniche, ricette e prodotti provenienti da Oriente, Balcani, Mitteleuropa, Americhe e Indie.
PER LA CANDIDATURA UNESCO DELLA CUCINA ITALIANA – CAMPAGNA DI SOSTEGNO
La recente candidatura della Cucina Italiana come patrimonio immateriale UNESCO, orientata verso sostenibilità e biodiversità culturale, rappresenta una sfida ambiziosa che coinvolgerà la Cucina Veneta fino al 2025. Questa candidatura assume un’importanza strategica per la promozione turistica del Veneto, la cui industria turistica è leader in Italia.
IL FESTIVAL FOCALIZZATO SULLA CUCINA SOSTENIBILE
Il tema centrale dell’edizione di quest’anno sarà la ‘Cucina Sostenibile’, che si riferisce a pratiche culinarie volte a minimizzare l’impatto ambientale. Le ricette considerate sostenibili coinvolgeranno metodi di cottura a basso consumo energetico e una gestione oculata delle risorse, come l’acqua.
UN FESTIVAL SOCIAL
Il Festival della Cucina Veneta sarà accessibile e coinvolgente online attraverso vari canali interattivi dedicati alla nostra vasta community e agli appassionati di cucina e cultura gastronomica. Su Facebook, Instagram, YouTube e sul sito ufficiale del Festival (www.festivalcucinaveneta.it) verranno condivisi quotidianamente articoli, webinar, conferenze, dibattiti e ricette della tradizione culinaria veneta.
CAMPAGNA CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE
Il Festival assume anche un ruolo sociale, promuovendo la sensibilizzazione contro lo spreco alimentare, una problematica attuale in Italia con uno spreco annuo di 15 miliardi di euro, di cui 13 legati alla vita quotidiana. Con la campagna online #ilcibononsigetta & #ilcibosirispetta su Instagram (https://www.instagram.com/festivalcucinaveneta/), condivideremo ricette di recupero.
LO SLOGAN ‘NOT ORDINARY SPAGHETTI’
Un claim provocatorio, “Not Ordinary Spaghetti”, è stato ideato per trasmettere il messaggio sulla ricchezza dell’offerta gastronomica veneta, invitando a scoprire le particolarità di una scuola culinaria internazionale che merita un’attenta valorizzazione e promozione globale.
Un vecchio scrittore sconosciuto ha detto: “Nulla eguaglia la gioia dell’uomo che beve, se non la gioia del vino di essere bevuto”. Baudelaire, con questa frase si introduco l’azienda Casera Frontin
A Trichiana, nella pittoresca Valbelluna, Maurizio Donadi (l’anima di Casa Belfi) e Fabiola Collatuzzo danno vita a un progetto intimo e familiare, tutto intorno alla loro accogliente casetta di montagna, immersa nei rigogliosi boschi e circondata da una natura incontaminata a circa 500 metri sul livello del mare. Qui, tra prati punteggiati da erbe selvatiche, fiori spontanei, frutteti di meli e alberi di ciliegio, piantano varietà di uva come il Pinot Grigio e varietà resistenti come il Bronner, il Solaris e il Johannitter.
Questo angolo di mondo è un tributo alla natura e alla sua straordinaria diversità, un regno dove regnano l’armonia e la pace. È impossibile non rimanere affascinati dalla bellezza della vita e dai suoi sgargianti colori. Qui prende vita un unico vino, in sintonia con l’esperienza di Maurizio: un vino rifermentato in bottiglia. Questo metodo è in grado di catturare, in una bottiglia, tutti gli elementi distintivi di un’intera annata: l’uva, la stagione, i lieviti. Il risultato è un vino fresco, vivace e rigenerante, un autentico dipinto della vitalità stessa.
“CASERA FRONTIN UNA VIA VERSO IL VERO, VERSO IL BERE “SANO”, VERSO TUTTO CIO’ CHE E’ GENIUNO COME I TITOLARI DELLA CANTINA”
Maurizio Donadi: Il Cuore Vinicolo di San Polo di Piave e la Rinascita Enologica della Valbelluna
Nel cuore della rinomata area vinicola della Valbelluna sorge un territorio che ha trovato un nuovo splendore grazie al contributo straordinario dell’enologo Maurizio Donadi. La sua visione e il suo impegno hanno ridefinito le prospettive enologiche di questa zona, facendo emergere vini di pregio e ricchi di storia.
Maurizio Donadi rappresenta il nucleo pulsante dell’evoluzione vinicola di due zone produttive: San Polo di Piave e Trichiana. La sua collaborazione con Casa Belfi è stata una svolta significativa per la zona, portando un vento di cambiamento nella produzione di vini locali. La sua passione per la valorizzazione dei vitigni autoctoni e il suo rispetto per le tradizioni hanno lasciato un’impronta indelebile sulla scena enologica locale.
Territori dalle potenzialità uniche per la viticoltura, dalle colline al microclima particolare offrono terreni fertili per la coltivazione di varietà autoctone come il Raboso Piave, glera Prosecco ai vitigni resistenti PIWI. Maurizio Donadi ha compreso appieno il valore di questi vitigni, lavorando per esaltarne le caratteristiche e il legame profondo con il territori.
La rinascita della Valbelluna a livello vinicolo è il frutto di un lavoro meticoloso e appassionato. Donadi ha adottato un approccio artigianale, basato sul rispetto per la natura e la tradizione. Ha promosso l’agricoltura biologica e la biodinamica, abbracciando pratiche agronomiche che valorizzano l’ecosistema circostante, garantendo la produzione di uve di qualità superiore.
La cantina di San Polo di Piave è diventata un simbolo di eccellenza vinicola, con una produzione che riflette l’impegno costante nel mantenere vivo il patrimonio enologico locale. Le etichette che portano la firma di Maurizio Donadi incarnano l’autenticità del territorio, raccontando storie antiche attraverso ogni sorso.
Il successo di Donadi e la rinascita enologica di San Polo di Piave non si limitano solo alla produzione di vini di alta qualità. Rappresentano un esempio di come la passione, l’innovazione e il rispetto per la terra possano trasformare un territorio, rendendolo un punto di riferimento nel mondo del vino.
La Valbelluna, grazie alla determinazione di Maurizio Donadi, ha riacquistato una posizione di rilievo sulla mappa enologica, dimostrando al mondo che la tradizione può convivere armonicamente con l’innovazione, dando vita a vini unici che portano con sé la storia e l’anima di questa terra straordinaria.
La sinergia ed energia che si respirano entrando nella vita produttiva di questa meravigliosa coppia si percepiscono anche nei loro vini, che hanno intensità olfattiva, persistenza gustativa, carattere e personalità, il tutto in un profondo assaggio. Compagni di vita, nel lavoro e nella vivacità di rendere magica la loro passione ad ogni sorso.
Casa Belfi: Riscoprire le Tradizioni Vinicole con Passione e Rispetto per il Territorio
La storia di Casa Belfiè una narrazione di passione, tradizione e rispetto per la natura, incarnata dalla stretta collaborazione tra il produttore Albino Armani e l’enologo Maurizio Donadi. L’azienda ha trovato dimora a San Paolo di Piave, nel cuore di Treviso, un luogo intriso di storia e potenziale vitivinicolo.
L’obiettivo ambizioso di riscoprire le storiche tradizioni enologiche trevigiane ha trovato casa in questa tenuta, dove le metodologie di produzione antiche vengono rivisitate con cura e rispetto. Casa Belfi si è posta la sfida di preservare la meticolosa artigianalità, rinunciando completamente all’uso di sostanze chimiche e tecnologie invasive.
Ogni fase del processo produttivo è permeata dalla filosofia dell’azienda, caratterizzata dall’amore e dal rispetto per la natura, il territorio e le tradizioni. I vigneti antichi, recuperati e curati con metodi esclusivamente biologici, diventano il fulcro della produzione, garantendo uve sane e naturali.
Il lavoro nei campi segue lo stesso rigore: senza concimi, pesticidi o diserbanti chimici, l’azienda si attiene ai ritmi naturali delle stagioni. La cura delle piante è meticolosa, assicurando un raccolto di eccellente qualità.
In cantina, l’approccio è altrettanto scrupoloso. Casa Belfi cerca di minimizzare gli interventi durante la maturazione del vino, bilanciando l’utilizzo della tecnologia con la tradizione. Evita correzioni e filtrazioni, lasciando che il vino fermenti con lieviti indigeni e maturi senza stabilizzazioni o chiarificazioni.
L’azienda abbraccia la biodinamica, un metodo agronomico proposto da Rudolf Steiner negli anni ’20. Questo approccio considera l’azienda come un organismo vivente armonico, fondamentale per una produzione fruttuosa e autentica.
Casa Belfiritorna alle antiche metodologie di produzione, riportando in auge la fermentazione in bottiglia sui lieviti (“sur lie”) utilizzata dai nonni. La cantina è diventata una stella emergente nell’universo vinicolo veneto, i cui vini esprimono una maturità stilistica ammirevole, combinando intensità, vitalità ed espressione naturale.
I vini di Casa Belfi sono sinonimo di bevibilità spontanea, di uno stile contemporaneo e di una forte identità territoriale. Oltre alle mode del momento, l’azienda abbraccia le tradizioni, offrendo vini che raccontano una storia autentica e appassionante.
La Biodinamica nel Mondo del Vino: Una Filosofia Che Va Oltre il Gusto
La biodinamica nel mondo del vino non è semplicemente una tecnica di coltivazione, ma una filosofia che abbraccia la connessione tra la terra, le piante e l’uomo. Nata negli anni ’20 dal pensiero di Rudolf Steiner, questa pratica agronomica si basa sull’idea che la vigna e la cantina siano parte di un unico ecosistema.
Principi e Tecniche
La biodinamica poggia su pilastri fondamentali che comprendono l’utilizzo di composti vegetali, il rispetto per i cicli naturali della terra e l’uso di preparati biodinamici. Questi preparati, come il 500 (letame di mucca imbottigliato in corna di vacca e lasciato a maturare sotto terra), vengono applicati secondo precisi ritmi cosmici.
Le fasi lunari, planetarie e stellari hanno un ruolo centrale: si ritiene che influenzino le attività agricole, determinando il momento ideale per seminare, potare o raccogliere. Il vignaiolo biodinamico cerca di sfruttare queste influenze astrali per ottenere uve di qualità superiore.
Le pratiche biodinamiche non si limitano solo alla vigna ma coinvolgono l’intero ciclo produttivo, inclusa la cantina. L’intervento umano è minimizzato, permettendo al vino di esprimere al massimo la sua personalità e la tipicità del terroir.
Collegamenti Storici e Culturali
La biodinamica attinge a radici antiche, recuperando tradizioni agricole legate a credenze e pratiche spirituali. Rudolf Steiner si ispirò alle antiche pratiche agricole, integrando conoscenze scientifiche con concetti filosofici e spirituali.
Territori storici, come la Champagne in Francia, la Toscana in Italia e la Valle del Rodano, sono diventati centri di eccellenza per la biodinamica, testimonianza del legame tra tradizione e innovazione.
I Grandi Nomi della Biodinamica
In Italia, numerosi produttori si sono distinti per la loro adozione della biodinamica. Aziende come Azienda Agricola Paolo Bea in Umbria e Querciabella in Toscana hanno abbracciato questa pratica, producendo vini di grande personalità e rispetto per l’ambiente.
All’estero, produttori come Domaine Leroy in Borgogna, Domaine de la Romanée-Conti in Francia e Nikolaihof in Austria hanno implementato la biodinamica, guadagnando riconoscimenti e ammirazione internazionale per la qualità e l’autenticità dei loro vini.
La biodinamica, come pratica agricola e filosofia di produzione vinicola, impone requisiti rigorosi sia in vigna che in cantina. Ecco alcuni dei requisiti principali per ottenere la certificazione biodinamica:
Requisiti in Vigna:
Pratiche Agronomiche Biologiche: La coltivazione biologica costituisce la base, eliminando l’uso di sostanze chimiche sintetiche e pesticidi.
Preparati Biodinamici: L’applicazione di preparati specifici (come il 500, preparato da letame fermentato) seguendo ritmi astronomici e cicli lunari.
Rispetto per i Cicli Naturali: Il rispetto dei cicli naturali della terra, ad esempio la semina e la potatura in armonia con le fasi lunari.
Biodiversità: Favorire la biodiversità nell’ambiente circostante, promuovendo la crescita di piante diverse, erbe spontanee, e conservando e stimolando l’habitat naturale.
Compostaggio: Utilizzo di compostaggio naturale per migliorare la salute del terreno e la fertilità del suolo.
Requisiti in Cantina:
Intervento Minimale: Limitare al massimo gli interventi durante il processo di vinificazione, lasciando che il vino si sviluppi naturalmente.
Lieviti Indigeni: Preferire l’utilizzo di lieviti naturali presenti nell’ambiente per la fermentazione, invece di lieviti selezionati.
Evitare Correzioni: Evitare correzioni o aggiunte chimiche al vino durante il processo di vinificazione.
Biodinamica in Cantina: Alcuni produttori biodinamici applicano pratiche specifiche in cantina, come l’osservazione delle fasi lunari durante la messa in bottiglia.
Rispetto per l’Anima del Vino: La filosofia biodinamica considera il vino come un essere vivente e cerca di preservarne l’individualità e l’espressione del terroir.
Ottenere la certificazione biodinamica richiede tempo e dedizione, ma rappresenta un impegno verso una produzione vinicola sostenibile e rispettosa dell’ambiente, promuovendo al contempo la biodiversità e la salute del terreno.
Ci sono diverse associazioni e organismi a livello nazionale e internazionale che rappresentano e certificano i produttori biodinamici. Alcune delle principali sono:
Cosa Fanno: Demeter è una delle organizzazioni più riconosciute a livello mondiale per la certificazione biodinamica. Fornisce standard e certificazioni per agricoltura e produzione vinicola biodinamica.
Cosa Fanno: L’Associazione Biodinamica negli Stati Uniti promuove la biodinamica attraverso risorse, eventi ed educazione. Offre anche programmi di certificazione biodinamica.
Associazione Italiana per l’Agricoltura Biodinamica (AIAB):
Cosa Fanno: AIAB è un’associazione italiana che supporta l’agricoltura biologica e biodinamica in Italia. Fornisce anche informazioni, risorse e promuove eventi relativi alla biodinamica.
Cosa Fanno: L’associazione in Francia promuove la biodinamica e fornisce supporto e risorse per i produttori e gli appassionati di agricoltura biodinamica.
Associazione Biodinamica in Germania (Bund für Biologisch-Dynamische Wirtschaftsweise – Demeter e.V.):
Cosa Fanno: L’associazione in Germania, affiliata a Demeter International, promuove l’agricoltura biodinamica e fornisce standard e certificazioni.
Queste associazioni svolgono un ruolo chiave nel promuovere e supportare i produttori che seguono i principi della biodinamica, fornendo orientamenti, certificazioni e una comunità di scambio di conoscenze.
Il Futuro della Biodinamica
La biodinamica nel mondo del vino continua a crescere, attraendo sempre più appassionati e produttori desiderosi di un approccio sostenibile e consapevole alla viticoltura. La sua forza risiede nella capacità di fondere tradizione e innovazione, testimoniando che il gusto di un vino va oltre la sua composizione chimica, riflettendo piuttosto l’armonia tra uomo, terra e natura.
Prosecco: un tesoro enologico d’Italia da Aureliano Acanti
Di Carol Agostini
Il Prosecco, uno dei tesori enologici d’Italia, non è solo un vino. È una tradizione millenaria, un paesaggio mozzafiato e un’eccellenza enologica che ha conquistato il mondo. Da Conegliano e Valdobbiadene, le colline Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, al calice che brilla nelle mani di chiunque celebri un momento speciale, il Prosecco ha una storia da raccontare.
Storia
La storia di questo vino risale all’antichità, quando i Romani, abili vignaioli, coltivavano la vite nei colli veneti. Il nome “Prosecco” deriva dalla città di Prosecco, situata tra Trieste e Gorizia, dove questa varietà di uva era originariamente coltivata. Tuttavia, nel tempo, la produzione si è spostata nelle colline intorno a Conegliano e Valdobbiadene, nella regione del Veneto.
La prima menzione documentata risale al 1754, quando il naturalista italiano Aureliano Acanti lo citò in un suo scritto. Nel corso dei secoli successivi, la produzione di codesto si è consolidata nella regione del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia.
Territorio
Le colline di Conegliano e Valdobbiadene, in provincia di Treviso, sono considerate il cuore del territorio di produzione del vino in questione. Queste colline sono state dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2019, grazie alla loro importanza storica e alla bellezza del paesaggio. Il clima mite, il suolo ricco di minerali e l’altitudine moderata conferiscono alle uve Glera, utilizzate per produrre il Prosecco, le condizioni ideali per esprimere il loro potenziale aromatico.
Produzione Artigianale e Metodologia
E’ prodotto principalmente con l’uva Glera, ma può essere affiancato da piccole percentuali di altri vitigni come il Bianchetta, il Verdiso, il Perera e il Glera Lunga. La vinificazione prevede una fermentazione in acciaio inox, che conserva le caratteristiche aromatiche dell’uva, e una seconda fermentazione in autoclave, responsabile della spumosità del vino.
Il Prosecco è disponibile in diverse varianti:
1. Prosecco Tranquillo: Senza effervescenza, simile a un vino bianco tradizionale.
2. Prosecco Frizzante: Leggermente frizzante, con bollicine più sottili.
3. Prosecco Spumante: Totalmente spumante, con bollicine fini e persistenti.
4. Prosecco Superiore: Prodotto nelle colline più prestigiose, offre una qualità superiore.
Caratteristiche organolettiche generali
Questo vino spumante si caratterizza per il suo gusto fruttato e fresco, con note di mela verde, pera e fiori bianchi. La sua acidità equilibrata lo rende un compagno ideale per l’aperitivo, ma è altrettanto adatto a essere abbinato a piatti leggeri, come frutti di mare, antipasti e formaggi freschi.
Uno dei segreti del suo successo è la sua versatilità. È spesso utilizzato nella preparazione di cocktail famosi come l’Aperol Spritz, che ha contribuito a promuovere ulteriormente la bevanda. E’ adatto anche come base per cocktail creativi e rinfrescanti.
Il vino Prosecco ha guadagnato un seguito appassionato e, grazie alla sua accessibilità e prezzo relativamente contenuto, è diventato una scelta popolare per molte celebrazioni e occasioni speciali. La sua crescita costante nell’interesse dei consumatori e la sua presenza in tutto il mondo dimostrano che è destinato a rimanere uno dei vini italiani più amati e iconici.
Statistiche Globali
Il Prosecco è uno dei vini più popolari al mondo, con un tasso di crescita delle esportazioni notevole. Nel 2020, l’Italia ha esportato oltre 459 milioni di bottiglie di Prosecco, con gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania tra i principali mercati di destinazione. Questo vino è diventato sinonimo di celebrazione e gioia, spesso servito in occasioni speciali.
Leggi di Produzione e Classificazione
Il Prosecco è regolamentato da rigide leggi di produzione. La Denominazione di Origine Controllata (DOC) e la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) stabiliscono i requisiti per la produzione del Prosecco. La DOCG Prosecco Superiore ha norme più severe e copre le colline di Conegliano e Valdobbiadene.
Divulgazione generica
Numerosi testi letterari, storici e enologici che trattano del Prosecco e della sua storia, anche le guide come la popolare “Gambero Rosso” spesso recensiscono e valutano vini inclusi quelli a base di Prosecco. Molte opere culinarie includono suggerimenti su come abbinare questo vino a piatti specifici, offrendo idee su come gustare al meglio il Prosecco in combinazione con la cucina
Aforismi e Frasi Storiche
Il Prosecco ha ispirato aforismi e frasi celebri nel corso del tempo
• “Nel Prosecco, trovo la felicità.” – Anonimo
• “L’effervescenza del Prosecco è la gioia in una bottiglia.” – Sophia Loren
• “Niente può rendere più speciale un momento di festa come una bottiglia di Prosecco aperta.” – Ernest Hemingway
Prosecco Bottega al Vertice delle Vendite nei Duty Free: Un Successo Veneto Celebrato da Luca Zaia
In una dimostrazione di eccellenza enologica, il Prosecco continua a raggiungere vette sempre più alte, riscuotendo successo nei mercati internazionali e dimostrando di essere un tesoro di inestimabile valore per la regione Veneto. Questa affermazione giunge dal Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, mentre celebra il trionfo di Bottega Gold Prosecco DOC, che ha guadagnato il prestigioso titolo di leader nel settore “Champagne e spumanti” per le vendite nei duty free internazionali, secondo il recente ranking IWSR 2022.
Il Presidente Zaia ha evidenziato l’importanza di questo risultato, sottolineando come il Prosecco, nel corso degli anni, sia passato da semplice tendenza a fenomeno globale di grande rilievo. Il successo del Prosecco non è legato soltanto all’eccezionale qualità del prodotto, ma anche alla dedizione e all’impegno degli imprenditori vinicoli veneti, che hanno sfidato con successo i giganti della produzione di vino oltre confine.
I dati IWSR rappresentano un punto di riferimento nel settore delle bevande alcoliche, offrendo approfondite analisi sul consumo e sulle tendenze globali.
Zaia ha affermato: “Questo risultato riflette chiaramente come il Prosecco sia passato da semplice moda a una realtà consolidata nei mercati mondiali. Ha fidelizzato milioni di consumatori in tutto il mondo grazie alla qualità straordinaria del nostro vino e all’abilità dei nostri produttori, individui illuminati che hanno portato non solo il prodotto ma anche la cultura e l’identità del nostro territorio all’estero. Le aziende venete svolgono ora un ruolo di ambasciatori per l’intera regione, e il successo del Prosecco sta aprendo nuove porte per le altre produzioni tipiche, contribuendo a posizionare il Veneto come punto di riferimento nell’export agroalimentare.”
Inoltre, Zaia ha menzionato un fenomeno relativamente nuovo: il turismo enogastronomico estero, che sta registrando una crescita straordinaria verso il territorio veneto. Questo modello, incentrato sulla sostenibilità e l’ecologia, sta diventando uno strumento fondamentale per la promozione delle Colline del Prosecco e di altre zone regionali.
Il trionfo di Bottega Gold Prosecco DOC rappresenta un capitolo ineguagliabile nella storia di successo del Prosecco veneto, dimostrando come il vino possa diventare un ambasciatore culturale e commerciale della regione, portando l’arte dell’enologia veneta a nuovi livelli di prestigio.
Nata nel 1946, in un’epoca segnata dalle conseguenze del secondo conflitto mondiale, la Confraternita del Valdobbiadene D.O.C.G. si ergeva come baluardo contro l’abbandono dei vigneti e come faro di supporto morale e materiale per gli agricoltori. Da allora, la Confraternita si è fatta portavoce di una missione chiara: lo sviluppo e la promozione del rinomato Valdobbiadene D.O.C.G.
Composta da esperti enologi e da figure autorevoli del mondo vitivinicolo, la Confraternita rappresenta oggi una sorta di università del Prosecco. Il suo impegno si estende ben oltre il semplice amore per il vino; si tratta di un’autentica dedizione a un’arte millenaria e all’essenza stessa del territorio.
La Confraternita lavora instancabilmente per creare un legame indissolubile tra le persone, le cantine, il territorio e il suo prodotto di punta, il Valdobbiadene D.O.C.G. Questo legame non è solo una questione di commercio, ma un patto di reciproca crescita, dove il territorio fornisce il frutto e l’identità, mentre le persone e le cantine lo trasformano in un’opera d’arte da condividere con il mondo.
Questa storica Confraternita rappresenta una testimonianza tangibile del potere dell’unione e della passione quando si tratta di preservare e promuovere un vino di eccellenza. Nel cuore delle colline di Valdobbiadene, queste personalità illuminate lavorano instancabilmente per garantire che il Valdobbiadene D.O.C.G. continui a brillare come un gioiello dell’enologia italiana, unendo il passato all’avvenire attraverso il potere del Prosecco.
Da oltre settant’anni, la Confraternita di Valdobbiadene (precedentemente nota come Confraternita del Prosecco) si è impegnata a vigilare e promuovere un prodotto che va ben oltre il semplice vino, rappresentando anche storia, tradizione e passione. La sua missione, fin dall’inizio, è stata quella di trasmettere l’impegno, la dedizione e l’amore per questa terra e il suo nettare prezioso.
Il Gran Maestro della Confraternita ha sottolineato come l’attività della Confraternita abbia contribuito a preservare e arricchire la cultura degli uomini che hanno reso possibile il successo economico di questo vino. Questo vino, che si presta così bene alle parole di Luigi Veronelli,“comincia sempre col rifiutarsi” e si concede solo a coloro che desiderano comprenderne l’anima oltre al corpo.
Le radici della Confraternita affondano in gran parte nelle condizioni difficili del periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale. In quel contesto, il settore vitivinicolo era minacciato dall’esodo degli agricoltori dalla collina verso lavori più remunerativi e sicuri nella pianura. Ciò portava al rischio di abbandono totale dei vigneti, minacciando la perdita di un patrimonio che solo l’uomo poteva tramandare.
Per evitare questa catastrofe, sono state necessarie azioni concrete e protettive, non solo dal punto di vista morale ma soprattutto materiale. I fondatori di quella che sarebbe diventata la Confraternita di Valdobbiadene non hanno lesinato sforzi nell’offrire assistenza tecnica e professionale, aiutando gli agricoltori a superare quel difficile periodo.
Negli anni, la Confraternita ha assunto il ruolo di un’autentica università del Prosecco. La sede della Confraternita, ricavata da una vecchia cantina a volta, ospita una collezione di bottiglie rari, alcune risalenti al lontano 1919, che costituiscono una testimonianza storica dell’evoluzione del vino nella regione.
La Confraternita è cresciuta nel tempo e oggi conta tra i suoi membri tecnici e figure di spicco del settore vitivinicolo, tutti impegnati nell’obiettivo di sviluppare il sodalizio e, soprattutto, di accrescere il prestigio del Prosecco e del suo territorio. La Confraternita di Valdobbiadene è diventata un faro di passione, tradizione e dedizione per il mondo del Prosecco, difendendone l’identità e promuovendone l’eccellenza attraverso i decenni.
La Bottiglia Selezione 2023 Presentata con Pompa e Stile dalla Confraternita
Nella pittoresca cornice di Valdobbiadene, terra del rinomato Prosecco, la Confraternita di Valdobbiadene ha svelato con orgoglio la Bottiglia di Valdobbiadene D.O.C.G. selezionata per il 2023. Questo evento di risonanza ha visto la Bottiglia del confratello Mirco Balliana, dell’azienda agricola Andreola, essere eletta come ambasciatrice ufficiale della tipicità e della qualità dell’annata.
La cerimonia ufficiale, svoltasi ieri sera con la partecipazione di numerose autorità, è stata un’occasione emozionante e carica di significato. Per presentare con stile la Bottiglia scelta per il 2023, la Confraternita di Valdobbiadene ha scelto la terrazza del ‘Municipio 1815 Boutique Hotel’ a San Pietro di Barbozza, uno scenario iconico che rappresenta la bellezza senza tempo di questa regione vinicola.
Tra i partecipanti all’evento figuravano il Gran Maestro Enrico Bortolomiol, accompagnato da una nutrita rappresentanza di Confratelli, tutti in eleganti mantelli scarlatti, oltre alla presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco D.O.C.G., Elvira Bortolomiol, la vicepresidente della Strada del Prosecco e Vini dei Colli, Cinzia Sommariva, e amministratori locali.
Il Gran Maestro Enrico Bortolomiol ha aperto la cerimonia con parole di orgoglio e gratitudine, sottolineando il ruolo centrale della Confraternita nel promuovere la tipicità e la qualità del Valdobbiadene D.O.C.G. Oltre a essere un’etichetta di Valdobbiadene D.O.C.G. extra dry per l’annata vendemmiale 2022, la Bottiglia selezionata rappresenta l’identità di questa terra generosa e unica.
Elvira Bortolomiol, presidente del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco D.O.C.G., ha sottolineato l’importanza della Confraternita nel tracciare le linee guida per la viticoltura e l’enologia, contribuendo così a preservare la qualità del Conegliano Valdobbiadene D.O.C.G. La vicepresidente della Strada del Prosecco e Vini dei Colli, Cinzia Sommariva, ha sottolineato la visione condivisa tra la Confraternita e la Strada del Prosecco, entrambe impegnate nella promozione del territorio con serietà e rispetto.
Anche l‘assessore al turismo del Comune di Valdobbiadene, Marco Miotto, ha elogiato il ruolo della Confraternita nel promuovere il Valdobbiadene D.O.C.G. e nel richiamare turisti da tutto il mondo nelle colline circostanti.
La Bottiglia selezionata per il 2023 è stata scelta dai Confratelli enologi attraverso una degustazione alla cieca. Prodotta da Mirco Balliana dell’azienda agricola Andreola, questa bottiglia è destinata a diventare un ambasciatore ufficiale per un anno, rappresentando il meglio dell’annata. Mirco Balliana ha descritto la bottiglia come un’opera di complessità aromatica, caratterizzata da una bolla fine e croccante, e il risultato delle uve provenienti da diverse zone di Valdobbiadene. Il Gran Maestro Enrico Bortolomiol ha concluso: “La Bottiglia della Confraternita diventa dunque veicolo e summa della qualità di un prodotto di eccellenza.”
La Confraternita di Valdobbiadene è la prima di questo genere in Italia e non a carattere religioso. Fondata da enologi visionari come Giuliano Bortolomiol, Umberto Bortolotti, Doretto Brunoro e Mario Geronazzo, la Confraternita ha una lunga storia di passione e impegno per la qualità del prodotto e il rispetto dell’ambiente. La Bottiglia selezione 2023, veicolo per la conoscenza del Valdobbiadene D.O.C.G., è già disponibile sul mercato, distribuita dall’azienda agricola Andreola. Un totale di cinquemila etichette numerate e contraddistinte dal logo della Confraternità di Valdobbiadene rappresentano i valori e la cultura di una regione che vanta con orgoglio il riconoscimento UNESCO. http://www.confraternitadivaldobbiadene.it
Questo articolo è scritto da una champagnista che vive in zona prosecchista
I segreti del Lugana: il bianco del Lago di Garda che sfida il tempo LUGANA ON TOUR A ROMA 2023
Di Cristina Santini
Torniamo a parlare delle fondamenta del terroir, rintracciabile e riconoscibile nel vino prodotto in questa area, espressione di un territorio ben distinto caratterizzato da fattori naturali quali chiavi di lettura e connubio perfetto fra clima, posizione, terreno e persone.
Siamo a Roma presso il Giardino d’Inverno di Villa Laetitia Fendi dove il Consorzio continua la sua opera di promozione e lo fa in maniera eccelsa con il suo Presidente, Fabio Zenato che apre l’incontro:
“Oggi per noi è un momento importante perché testimonia un percorso che vuole avvicinare sempre di più il calice del Lugana al mondo della comunicazione, al mondo dei consumatori, dei wine lovers che a me piacciono molto come concetto.
Qualche numero: Il Consorzio è nato nel 1990 ma parliamo di una Doc che è nata nel 1967, una delle prime denominazioni italiane. Una storia molto lunga. In questi ultimi anni ha corso molto, si è portati ad avere quasi 2650 ettari vitati, nel 2022 con 28 milioni di bottiglie prodotte delle quali, e questo è il motivo per cui siamo venuti a Roma con questo percorso che si chiama Lugana on tour nelle principali città italiane, ad avere due terzi delle bottiglie vendute all’estero.
E’ una denominazione che è molto forte all’estero e che in Italia è molto locale, nelle zone di produzione del Veneto e Lombardia. La missione è quella di farla diventare un percorso nazionale e quindi non si poteva non partire dalla Capitale.”
“Arrivando qui oggi mi sono chiesto: cos’è che potrei dire per introdurre al meglio una denominazione così particolare – che io amo da tantissimi anni – e la risposta l’avevo davanti agli occhi. La riposta è Roma. Definitiva la città eterna, quindi cos’è che rende eterno un prodotto? Ci sono due elementi fondamentali: il primo è il rispetto della natura, più rispettiamo la natura intesa anche come la storia di una città – quindi riusciamo a preservarla nel tempo, in questo Roma ha fatto un lavoro straordinario – e più gli consegnamo l’eternità.
L’altro aspetto è la bellezza che ci rende immortali. Per un vino è fondamentale provare tutti i modi ad essere eterno e per farlo è importante che rimanga sempre contemporaneo. Se c’è un vino che a mio parere è incredibilmente contemporaneo questo è proprio il Lugana.
Tanto si fa la similitudine tra il vino e la moda, in realtà se questo fosse realmente una moda sarebbe la fine perché non può permettersi di modificare il suo ciclo produttivo per la tendenza di consumo di un certo genere. E’ impossibile, tant’è che tutti quei territori che sono costretti a rincorrere le mode sono quelle denominazioni che sono più in difficoltà”.
La contemporaneità deve essere insita nel dna di un territorio e il territorio del Lugana ha tutto il codice genetico che lo rende assolutamente contemporaneo nel tempo. Il luogo di produzione ha un printing molto chiaro che è dettato dal Lago di Garda, il più grande Lago italiano, questo bacino d’acqua straordinario frutto del ritiro di un ghiacciaio di 10000 anni fa che ha portato alla nascita di questo bacino che non solo consente una fortissima mitigazione del clima con i due venti:
Il Peler, il vento freddo notturno del Nord che arriva dal Monte Baldo che domina il lago con oltre 2200 mt di altitudine e l’Ora, il vento caldo diurno del Sud che consente una costante ventilazione che determina una salubrità importante per le uve e consente al vitigno di essere unico ed esprimersi al meglio.
La Turbiana, regina bianca del Garda e protagonista della Doc Lugana, lambisce cinque comuni tra due Regioni, Lombardia e Veneto, che regala vini assolutamente riconoscibili, peculiari, anche rispetto a dei Trebbiani come quello di Soave, grazie all’impatto climatico dei suoli di queste colline moreniche determinate da stratificazioni generate nel tempo di argille e calcare, una presenza di sali minerali che è tra i più elevati a livello internazionale.
Il suolo è il vero custode del profilo organolettico che rende questo vino unico, ad altissima bevibilità, con quella sapidità e mineralità che garantisce freschezza nel tempo e che oggi è uno dei fattori determinanti del successo dei vini bianchi.
Ci siamo accorti come esistano delle diversificazioni estremamente interessanti dovute alla plasticità del suolo che a seconda del terroir di appartenenza anche a pochi chilometri di distanza genera vini profondamente diversi.
Altro valore aggiunto è la scelta della Denominazionedi avere cinque diverse interpretazioni, dallo spumante alla vendemmia tardiva, che testimoniano anche in questo caso che non solo il Lugana è contemporaneo ma riesce anche ad intercettare differenti modelli di consumo.
Due gli elementi fondamentali: da un lato la possibilità di avere una sua immediatezza nella beva anche nelle annate più giovani ma anche una potenzialità in termini di longevità straordinaria come pochi altri.
Dall’altro lato mi piace sottolineare che i 210 produttori sono quasi tutti piccoli e medi produttori e questa è una caratteristica rara tra le Denominazioni del vino italiano.
Questo non significa che la presenza di grandi imbottigliatori o di grandi cooperative sia un fattore negativo ma indubbiamente influisce sia su quello che potrebbe essere il posizionamento medio del prezzo del prodotto ma anche quella che potrebbe essere l’interpretazione di quella denominazione perché se c’è una caratteristica vitale che hanno i vignaioli è di provare più di tutto ad esaltare ciò che la terra in maniera autentica gli dona.
Si parla di vini complessi e di facile beva, gastronomici e versatili, con una spalla acida importante, croccanti, fragranti, sapidi, minerali, e al tempo stesso con quella rotondità naturale che li rende anche accessibili, democratici ad un pubblico trasversale vastissimo.
Una doppia capacità di essere immediato e longevo dovuta in particolare alla presenza elevata di acido tartarico che consente da una parte di avere tanta freschezza e fragranza che lo rende bevibile, ma anche di essere quel fattore che aumenta fortemente il potenziale di longevità. E’ per questi motivi che il Lugana è un bianco di successo!
Nonostante sia una piccola denominazione, ha tanta voglia di farsi conoscere nel miglior modo possibile a partire dal nostro Paese considerato un mercato strategico.
Ci sono Lugana eccellenti fortemente legati alla loro immediatezza, altri come la tipologia superiore che hanno una certa modalità di affinamento, un uso sapiente del legno per delle riserve interessanti o delle vendemmie tardive che regalano un’altra ricca interpretazione.
Il 90% della denominazione è rappresentato dal Lugana nella versione più immediata. Il Lugana Superiore esce con un anno di maturazione dalla vendemmia, la Riserva con almeno 24 mesi di affinamento di cui sei in bottiglia e la versione tardiva con surmaturazioni delle uve vendemmiate fine ottobre inizi novembre concede al vino un aumento della dolcezza, ma con un gusto decisamente fragrante, piacevolmente fresco che non annoia mai, caratteristiche intrinseche nella Turbiana.
Vi presento gli otto produttori oggetto della degustazione con le mie conclusioni di rito:
Azienda Agricola Brunello “Etichetta Nera” 2022
Piccola Azienda storica con 6 Ha a Pozzolengo, sulla sponda bresciana del Garda, fondata nel 1930 dal Nonno Battista – il primo a piantare due ettari di Lugana – fino ai giorni nostri con il il nipote del fondatore che porta avanti la sua opera.
Da un’annata con grande siccità con temperature molte elevate che poi ha sorpreso al tempo stesso per le piogge di fine agosto, il clima è tornato ad avere una grande escursione termica tra il giorno e la notte e questo associato alla terra argillosa che è in grado di trattenere la minima quantità di acqua, ha permesso alle piante di riattivarsi più velocemente rispetto ad altre zone.
Due grandi famiglie olfattive descrivono questo calice, in questa fase più giovanile, ovvero sensazioni agrumate che regalano freschezza alle quali si aggiungono quelle di frutta gialla (pesca, albicocca) e quelle leggere di frutta tropicale (banana, ananas). Il mondo floreale con i suoi fiori selvatici, con le note balsamiche come mentuccia, zafferano, tiglio accompagnano il frutto dominante.
Alla beva sapidità, fragranza e croccantezza sono sempre avvolte da una sensazione di maggior rotondità e da una piacevole voglia di ritornare ad un secondo sorso.
Citari “Conchiglia” 2022
Avviata nel 1975 da Francesco Gettuli, la Cantina si trova nel Comune di Desenzano del Garda, sotto la torre suggestiva di San Martino della Battaglia, terreni di conflitto della seconda guerra di Indipendenza in parte morenici, magri e più sassosi che scendono verso l’argilla.
Un Vino dal giusto bilanciamento tra i due suoli, dal nome che deriva proprio dalle conchiglie fossili marine sedimentate tra le rocce e le pietre che il ghiacciaio ha portato fin qui.
Vinificato in acciaio con permanenza di sei mesi sulle fecce fini, regala un naso più complesso ove ritornano le note agrumate, floreali, di frutta gialla, come pesca e albicocca, ma che al sorso ritrova questa forte mineralità, sapidità che rimane un marchio di fabbrica così indelebile che caratterizza fortemente questa Denominazione e in alcuni vini come questo può essere più spiccata e di maggior eleganza. Uniforme nella sua bevibilità.
Cascina Le Presceglie “ Hamsa” 2021
L’agriturismo, di Cristina Bordignon, è situato a San Martino della Battaglia e costituito da un casale antico del 1805 circondato da 13,5 ha di vigne coltivate sulle argille bianche che hanno circa 35 anni di età.
“Hamsa” è il nome nato dalla passione di Cristina per lo Yoga e per la mitologia indiana raffigurante il cigno bianco riportato in etichetta, simbolo di purezza e di regalità, elementi comuni che ritroviamo gradevolmente nel suo calice di Lugana.
Uve frutto di una vendemmia bella, sana, di grande soddisfazione processate con una fase inusuale ovvero con il lavaggio e la disinfezione che ha permesso, dopo tante sperimentazioni e investimenti, di arrivare ad ottenere un vino più salubre. Una parziale criomacerazione permette di mantenere inalterata più possibile la freschezza ove torreggiano profumi di lime intenso, frutto della passione e a polpa bianca come pera, pesca. Uno spettro olfattivo aromatico ampissimo. Grande sapidità e rotondità che lo rendono speciale al palato, bevibile e replicante.
Cà Maiol “Molin” 2021
Azienda agricola di Desenzano del Garda che ha fatto la storia della Denominazione, fa parte del Gruppo Vitivinicolo Santa Margherita, nata nel 1967 dal sogno di un imprenditore milanese, Walter Contato, fino al 2018 con il passaggio di consegne alla Famiglia Marzotto. 110 ha vitati situati intorno alla struttura su un terreno di natura calcarea, variamente stratificato ad argilla compatta.
Il Molin prende il nome dal vigneto posizionato accanto alla tenuta di 13 ha, con elevata presenza di viti molto vecchie, di circa 40 anni. Il raffreddamento in cella di parte delle uve prima della spremitura soffice, l’attenta vinificazione in acciaio e il prolungato affinamento sulla feccia fine, con in più una piccola parte fermentata e maturata in legno (di piccole dimensioni e non di primo passaggio) permettono di ottenere un vino fresco, elegantemente aromatico e dal giusto equilibrio tra morbidezza e sapidità.
Non un vino di stile ma territoriale, legato alla mano dell’uomo, dove ritroviamo i classici sentori di agrumi, frutta gialla e tropicale, ma anche una leggera nuance balsamica e una spiccata acidità che rende lungo e godibile il suo sorso. Dinamico e longevo gioca su una chiusura di frutta croccante e una vivacità di sapore a dettare il ritmo gustativo.
Montonale “Orestilla” 2021
Tre fratelli alla conduzione della Cantina, giunti alla quarta generazione, Roberto Girelli enologo e Valentino Girelli agronomo si dividono i ruoli seguendo tutti i passaggi che dalla potatura portano il vino alla bottiglia finale.
Il termine Montonale deriva dal borgo dove è situata la struttura delimitata dai 35 ha di vigneto in un blocco unico considerato un Cru all’interno del panorama Lugana. L’obiettivo è interpretare al meglio, attraverso i vini, questo piccolo lembo di terra costituito da argille molte calcaree e minerali, elementi distintivi di questo territorio.
Orestilla, appellativo che deriva dal ritrovamento di un sarcofago dedicato all’omonima nobildonna romana, è il Cru all’interno del Cru: due ettari che affondano le proprie radici nell’argilla particolarmente minerale che conferisce al vino una mineralità ancora più spiccata, addomesticata da un affinamento più lungo di 2 anni, di cui il 30% avviene in botte grande di rovere piegata a vapore e 12 mesi in bottiglia.
Tonalità olfattive gustative più accese per questo calice che colpisce per la sua elegante complessità in un connubio di frutta tropicale e polpa gialla matura. Non porta mai a sensazioni eccessive che rischiano di annoiare e di indebolire la beva. E’ un’esplosione sapidamente morbida che stupisce.
Ca’ Lojera “Riserva del Lupo” 2019
Ci troviamo a Sirmione per questa realtà di Ambra e Franco Tiraboschi nata nel 1992 dalla scelta o meglio dalla sfida in un momento difficile in cui l’uva destinata a Lugana non era richiesta o scarsamente pagata. I 18 ettari di Turbiana sono dislocati intorno al corpo su argille bianche e due ettari in collina morenica dedicati a Chardonnay, Merlot e Cabernet.
Nel calice questa volta abbiamo un’interpretazione che introduce un’annata più lontana ottenuta attraverso una vendemmia tardiva con botrytis nobile che ha portato ad una surmaturazione delle uve. Aspettativa confermata da una bellissima evoluzione e una specifica identità che si presenta al naso con nette sensazioni tropicali mature, frutta sotto spirito, una freschezza invidiabile e una beva che gli dà una immediatezza straordinaria.
Dalla texture unica, di forte personalità si allunga nella sua morbidezza e fragranza di frutto che emoziona.
Perla del Garda “Riserva Madre Perla” 2018
Situata in collina morenica con vista su Sirmione, la cosiddetta Perla del Garda, l’azienda nasce nel 2006 da una famiglia che ha sempre venduto le uve fino al giorno in cui Giovanna Prandini e il fratello hanno scelto di fondare una propria cantina rendendosi conto del grande potenziale produttivo a disposizione, ad altitudini più elevate e coltivato per di più su un terreno più sassoso calcareo rispetto alle zone pianeggianti.
Il Madre Perla nasce da un esperimento felice e premiato, affinato 24 mesi sui lieviti con lavoro di batonnage in vasca di acciaio sin dal primo anno. Nel corso del tempo si è cercato di capire questa permanenza sui lieviti quale complessità potesse esprimere nel vino a differenza dell’affinamento in legno.
Una singola vigna situata nella parte bassa della collina molto sassosa viene dedicata a questo vino, lavorato in riduzione, che non ha il colore del tempo e l’espressione classica del frutto ma esprime verticalità e una sfumatura tenue nonostante l’annata.
Certamente piacevole ma che indubbiamente possa arrivare ad un’armonia ancora maggiore. Cinque anni che dimostrano la sua grande longevità.
Cantina Bulgarini “Superiore Cà Vaibò” 2016
Fausto e Virginia Bulgarini si trovano a Pozzolengo e rappresentano un’importante realtà del territorio nata nel 1930, un esempio di generazioni che convivono bene tra di loro.
Nei suoi 50 ha di vigneti, con la vendemmia manuale, la selezione dei grappoli migliori, l’appassimento. l’invecchiamento e l’affinamento in legno, valorizzano l’Oro della Lugana.
Qui viene usata la tecnica dell’appassimento in cassetta per andare a generare quella leggera surmaturazione con l’utilizzo sapiente del legno. Una parte del vino infatti viene realizzata in botte di rovere francese per circa dodici mesi dove avviene anche la fermentazione malolattica.
Siamo su sensazioni più evolute al naso sia fruttate sia floreali, con una beva armoniosa, rotonda, morbida, che evidenzia note di vaniglia, frutta tropicale matura, tabacco fresco da pipa e un’acidità ad ampio spettro su tutto il palato.
Una delle chiavi di successo del Lugana, forse la più importante, è data proprio dalle diverse interpretazioni di un vino che, pur rispettando quella che è la natura, la matrice del proprio territorio, sfruttando tutte le sfaccettature di una terra unica, portano ad un concetto fondamentale che per comprenderne il valore dobbiamo necessariamente conoscere la sua genesi, i legami con la sua terra e quello che può essere lo stile produttivo.
La denominazione gardesana si è dimostrata in continua crescita negli ultimi anni, soprattutto dal 2021, anno che entrerà
negli annali per la crescita del Lugana da sempre vocato all’export, a dimostrazione del prezioso lavoro compiuto dal Consorzio e dalle Aziende che continuano a farsi conoscere, a farsi promotori del territorio e pronti per un’accoglienza autentica.
Mille etichette, ognuna diversa dall’altra, con disegni esclusivi di cavalli realizzati dall’artista georgiano Niko Kherkeladze: l’unicità delle eleganti ed equilibrate note sensoriali dell’Amarone della Valpolicella Riserva dell’Azienda Agricola Falezze di Luca Anselmi è sottolineata da questo segno distintivo diventato protagonista di un evento speciale.
A Milano, nella centrale location del Ristorante Trussardi by Giancarlo Perbellini, il wine writer Massimo Zanichelli, che con Spazio EnoArte dà vita a sorprendenti incontri tra il mondo dell’arte e quello del vino, ha guidato la degustazione della produzione Falezze portando, nel contempo, i presenti lungo un viaggio della rappresentazione equestre nel panorama artistico, dalle grotte di Lascaux e dalla scultura romana fino a Marino Marini attraverso Pisanello, Paolo Uccello, Parmigianino, Caravaggio, Füssli, Géricault, Degas.
Il mondo del vino e dell’arte sono molto più vicini di quanto potremmo pensare: ben sappiamo quanta arte, oltre alle specifiche conoscenze tecniche, occorrano per ottenere eccellenze vitivinicole. Il lavoro di Luca Anselmi rappresenta in maniera eccellente l’incontro di questi due aspetti inscindibili con produzioni enologiche di alto livello.
Ma anche il mondo del vino e i cavalli sono molto più simili di quanto potremmo pensare: entrambi esprimono potenza e sentimento, forza ed eleganza. I cavalli in pose scattanti, in movimenti armoniosi o in primi piani statici e commoventi di Niko Kherkeladze fanno presagire il contenuto emozionante.
Oltre a Riserva Amarone 2012 e 2013, entrambe apprezzate per il loro equilibrio e la loro impareggiabile aromaticità, nel corso dell’evento sono stati degustati, in apertura, Valpolicella Ripasso Superiore 2016 e a seguire, in accostamento ai piatti studiati da Giancarlo Perbellini, Valpolicella Superiore 2017 (con Risotto al finocchio, pomodoro confit, oliva nera e arancio), Amarone 2017 (con Guancia di vitello brasata e glassata all’oliva taggiasca, scarola brasata, maionese di cannellini). In chiusura, Grappa di Amarone, una delle ultime distillazioni di Amarone fatte dal Maestro Carlo Gobetti, servita con Millefoglie by Giancarlo Perbellini.
I vini
La produzione Falezzesi articola tutta sui vini rossi, a partire dal Valpolicella Superiore, prodotto da uve corvina, corvinone, rondinella e oseleta in vigne di oltre 40 anni dopo un breve appassimento naturale, fermentazione in acciaio e maturazione in tonneaux di rovere francese. Un vino ben strutturato e scorrevole, con la mineralità tipica del terroir Falezze e una persistenza in bocca che invita all’assaggio successivo.
Per il Valpolicella Ripasso i migliori grappoli ottenuti dalla raccolta di fine settembre appassiscono in fruttaio per un mese e mezzo, poi vengono vinificate una prima volta dopo il giorno di San Martino, l’11 di novembre, ottenendo un Valpolicella Superiore destinato a una seconda fermentazione sulle bucce dell’Amarone. Nasce così un Valpolicella Ripasso dal colore rosso rubino con riflessi granati, aranciati.
Al naso risulta floreale, con evidenze di frutta matura, ancora fresca. Il palato è verticale, gioca sulle note acido-sapide, con un ottimo equilibrio tra mineralità, derivante da un terreno composto in parte da scaglia in parte da terra vulcanica, e una tannicità che consente di chiudere in modo asciutto e persistente.
L’Amarone della Valpolicella Falezze utilizza esclusivamente uve del terroir Falezze, con ripetute selezioni, in fase di vendemmia e due volte nel corso dell’appassimento, per garantire i migliori grappoli a un vino vinificato con movimentazione lenta delle bucce. Il successivo affinamento in botti di rovere francese dà un esclusivo Amarone dalla trama rosso rubino con riflessi violacei. Al naso è evidente la marcatura del territorio, esaltata da sentori di marasca, prugna e frutti di bosco con note sempre raffinate di cacao e tabacco. La complessità al naso è confermata in bocca regalando grande struttura, un sorso pieno con un grande velluto e rotondità e una chiusura persistente.
La vera star della collezione di vini Falezze è senza dubbio l’Amarone Riserva, nato con l’annata 2012 in edizione esclusiva e da collezione numerata di soli 400 pezzi, presentati in scatole di antico legno di abete e di pino recuperato da vecchi masi del Trentino, con un soggetto diverso per ogni singola bottiglia: un progetto nato da un’idea di Luca Anselmi e Sofia Kherkeladze, con la partecipazione del maestro Niko Kherkeladze, padre di Sofia e celebrato artista contemporaneo, che ha firmato per l’annata 2013 ben 1000 diverse etichette a tema equestre.
L’Amarone Riserva ci parla di una grande tradizione e di rispetto: per le origini dell’uvaggio, con la cernita di grappoli provenienti da vigne di oltre 80 anni; ma anche per l’idea di inimitabilità dell’opera artistica, perché ogni bottiglia è un pezzo unico, contraddistinto da un diverso soggetto in etichetta.
Il vino si presenta con una struttura importante e una pienezza di aromi, dal colore rosso rubino carico, immediatamente riconoscibile per complessità ed eleganza. Un vino adatto ai lunghi affinamenti e ad abbinamenti importanti oltre a momenti più meditativi, magari abbinato a cioccolato fondente.
La Grappa di Amarone di Falezze è la massima espressione dell’eccellenza dell’artigianato italiano. Per valorizzarla, Luca Anselmi ha realizzato il progetto Grappa di Amarone Le SessantaDue Dogaresse una collezione artistica di sole 62 bottiglie da 500 ml l’anno, ognuna delle quali con un’etichetta diversa, dipinta a mano da Sofia Kherkeladze.
La grappa di Amarone è ottenuta dalle uve nobili del terroir Falezze appassite per la produzione dell’Amarone della Valpolicella. Dopo delicata pressatura sono inviate al Maestro Carlo Gobetti, distilleria artigiana da cinque generazioni. Dopo tre anni di affinamento in acciaio la Grappa Amarone di Falezze è pronta per essere imbottigliata.
La cantina
La storia di Falezze inizia con il nonno e il padre, coltivatori di uve in Valpolicella, da cui Luca Anselmi apprende la consapevolezza che il primo patrimonio della famiglia è il rispetto e la conservazione della terra. I suoi studi da perito agrario, biologo molecolare, nutrizionista, lo portano a specializzarsi nel ramo della genetica e microbiologia enologica e inizia un percorso di analisi sui terreni di famiglia e sulle uve che qui si producono.
Luca Anselmisegue personalmente ogni pratica agronomica e da subito emerge chiara l’idea di concentrare la sua ricerca su questo terroir per ricavarne un vino che ne sia l’espressione più autentica ed esclusiva. Le limitate dimensioni del vigneto (4 ettari) lo indirizzano verso la produzione di un vino in quantità limitata, originale in ogni suo aspetto, dalle caratteristiche organolettiche all’immagine con cui proporlo e raccontarlo.
In questo gli viene in aiuto la moglie georgiana Sofia Kherkeladze, fashion designer e pittrice, figlia a sua volta di artisti e autrice delle immagini che si ammirano sulle etichette dei vini.
L’azienda, certificata bio dall’annata 2022, può contare su 7 ettari di vigneto, di cui 4 nel cru denominato Falezze, che si sviluppa su un’altitudine compresa tra i 200 e i 250 m s.l.m. con esposizione da sud-ovest a nord-ovest. I filari hanno un’età media di quarant’anni con alcune parcelle di vigne storiche che raggiungono gli ottant’anni.
I vitigni presenti sono Corvinone, Corvina e Rondinella, che rappresentano la classica produzione della Valpolicella, a cui si aggiungono alcune parcelle dedicate a Oseleta, che entrano nell’uvaggio di alcuni vini.
Le bottiglie prodotte sono tra le 10.000 e le 15.000 all’anno, destinate in buona parte all’estero, con priorità ai mercati tedesco, francese, svizzero, canadese, UK, USA e Australia.
Massimo Zanichelli
Wine writer, degustatore, documentarista del vino, Massimo Zanichelli ha lavorato per 15 anni per il Gruppo Editoriale L’Espresso, firmando la guida I vini d’Italia e la celebre rubrica enologica del settimanale «L’Espresso». Ha scritto il Nuovo Repertorio Veronelli dei vini italiani (2005), I Grandi Cru del Soave (2008), Effervescenze.
Storie e interpreti di vini vivi (2017), Il grande libro dei vini dolci d’Italia (2018). L’ultimo suo libro è I quattro elementi del vino italiano. La Montagna (2022), primo volume di una serie dedicata all’enologia nazionale. Tra i suoi documentari sul vino: Un viaggio tra i vini del Veneto (2013), F for Franciacorta (2015), Generazione Barolo. Oddero Story (2016), Nel nome del Dogliani (2017) e La casa del Pinot Nero (2020). È anche docente e saggista di cinema. Da diversi anni cura i progetti “EnoArte” ed “EnoCinema”, esperienze sensoriali tra film, pittura e vino d’autore.
GRAZIANO PRÀ: VIVERE IL VINO IN OGNI STAGIONE 2023
Redazione
L’azienda di Monteforte d’Alpone (VR) presenta i nuovi tour dedicati ai wine lovers, per scoprire il Soave tutto l’anno. Dalle degustazioni in barricaia ai bike tour tra le colline, fino alle escursioni nel Percorso Natura del nuovo agriturismo Monte Bisson.
Quella di Graziano Prà è una realtà vitivinicola che nasce da un produttore appassionato e lungimirante, immersa in una natura rigogliosa a pochi passi da uno dei borghi più belli d’Italia. Qui prendono vita i suoi vini, dai vigneti allevati tra le colline del Soave e della Valpolicella, e frutto di un lavoro autentico di valorizzazione dei vitigni autoctoni e di grande attenzione all’innovazione.
Graziano Prà è una vera e propria esperienza immersiva da vivere tutto l’anno e che dal 2023 apre sempre di più le porte ai wine lovers per far vivere il suo territorio in ogni stagione. Da quest’anno nascono infatti sei nuovi tour guidati pensati per accogliere al meglio tutti gli appassionati, senza dimenticare lo spirito familiare e conviviale che da sempre muove l’azienda.
“Il tempo è prezioso, nel lavoro come nella quotidianità, ecco perché il nostro invito ai visitatori è quello di venire a trascorrere dei momenti di qualità insieme a noi – spiega Graziano Prà, titolare dell’azienda.
Vivere la storia della cantina, sedersi con noi a tavola per assaggiare insieme i vini e i prodotti del territorio, immergersi nel bosco che circonda la nostra tenuta sul Monte Bisson o visitare il borgo medievale di Soave: sono esperienze di natura e di gusto che rigenerano anima e corpo e che speriamo lascino un bellissimo ricordo in tutti coloro che passano a trovarci”.
Declinati secondo diverse proposte, i percorsi per vivere il vino secondo Graziano Prà possono comprendere una visita più storica e tecnica, dedicata alla cantina e alla barricaia di Monteforte d’Alpone, ma anche trekking guidati che partono dal nuovo agriturismo Monte Bisson e proseguono lungo il Percorso Natura, con un passaggio nei vigneti fino al bosco che li circonda e la visita all’annessa torre veneziana del 1400. Un sentiero escursionistico alla portata di tutti per scoprire la biodiversità dei colli alla ricerca di orchidee selvatiche, scoiattoli, ricci, tassi e volpi.
La cantina ha pensato anche agli ospiti più sportivi e darà la possibilità di noleggiare a prezzi agevolati le e-bike, il modo ideale per scoprire gli scorci più suggestivi del territorio e del borgo medievale di Soave.
Non può mancare quindi il momento della degustazione, che conclude tutte le visite, con diverse selezioni dedicate ai vini simbolo di Graziano Prà: dai Soave DOC, con le etichette Otto, Staforte e l’iconico Monte Grande, e la linea Morandina, con il Valpolicella, l’Amarone e il Ripasso. Ogni tasting è quindi accompagnato da un abbinamento di formaggi, salumi, focacce e altri prodotti gastronomici tipici del territorio, preparati direttamente in azienda.