Siamo in Sicilia, esattamente a Butera , provincia di Caltanissetta .
La cantina viene fondata nel 1977 dal padre di Domenico Ortoleva , attuale proprietario, ma solo dal 2004, quando appunto Domenico forte dell’esperienza accumulata negli anni e della grande motivazione di darle una identità, la fa diventare competitiva passando da una produzione di quantità ad una di qualità. Il nome della cantina deriva dal ritrovamento di numerosi massi cavi durante i lavori per gli impianti viticoli e la contrada dove si trova, si chiama Chiarchiaro che in italiano vuol dire cava di pietra.
Da tre generazioni il lavoro è improntato con cura al rispetto dei ritmi natuarli. Il sapere del lavoro in vigna e la mano dell’uomo con caparbietà, nel dare identità e valore nel tempo alle eccellenze del territorio. Molte sono le etichette in quanto molti sono i vitigni coltivati fra autoctoni e internazionali, i vini sono tutti da monovitigno.
L’azienda è situata in collina sul lato sinistro del torrente Comunelli a 390 metri slm.
Il terreno è ricco di carbonato di calcio che con il clima hanno fatto sì, che vi trovassero habitat ideale molti vitigni . Gli ettari vitati sono circa 22 e la produzione si aggira sulle 35.000 bottiglie.
L’azienda vinifica solo uve di proprietà e si sta convertendo al biologico , in vigna già vengono utilizzati concimi organico-naturali.
Il vino della Cantina in degustazione si chiama Sofalè, Moscato secco in purezza, annata 2018.
Le viti sono allevate a spalliera in un impianto di 4000 ceppi per ettaro. La raccolta avviene manualmente per la selezione dei grappoli . Fermenta in vasche di acciaio inox a temperatura controllata ed affina per tre mesi in bottiglia.
È un vino leggero, 12,5% di alcol, da bere fresco che ad ogni sorso può far evocare la primavera con i sentori di rosa e pesca tabacchiera.
Analisi olfattiva
Intenso, mediamente complesso, fine. Al naso attacca leggermente aromatico, tipicamente varietale ma in maniera composta, piacevole. Spuntano sentori floreali, colpisce la nota di rosa gialla, elegantemente leggiadra. Evoluzione su note fruttate, dove la pesca tabacchiera dà l’impronta maggiore. Che lascia spazio nel finale ad un mix fresco di macchia mediterranea .
Analisi gusto-olfattiva
Secco, abbastanza caldo. Il sorso asciutto da spazio però ad una piacevole morbidezza.
Una buona spalla acida dona una definita freschezza che va a rendere gradevole tutte le sensazioni olfattive che si ritrovano pienamente nel sorso. Corpo non troppo strutturato, nel complesso abbastanza equilibrato, comunque fine. Finale sapido, non troppo persistente, da bere con leggerezza nelle giornate siciliane.
Neofos 2018 Sicilia Doc Sauvignon Blanc Cantina PietraCava
Di Piergiorgio Ercoli
Siamo in Sicilia, esattamente a Butera , provincia di Caltanissetta .
La cantina viene fondata nel 1977 dal padre di Domenico Ortoleva , attuale proprietario, ma solo dal 2004, quando appunto Domenico forte dell’esperienza accumulata negli anni e della grande motivazione di darle una identità, la fa diventare competitiva passando da una produzione di quantità ad una di qualità. Il nome della cantina deriva dal ritrovamento di numerosi massi cavi durante i lavori per gli impianti viticoli e la contrada dove si trova, si chiama Chiarchiaro che in italiano vuol dire cava di pietra.
Da tre generazioni il lavoro è improntato con cura al rispetto dei ritmi natuarli. Il sapere del lavoro in vigna e la mano dell’uomo con caparbietà, nel dare identità e valore nel tempo alle eccellenze del territorio. Molte sono le etichette in quanto molti sono i vitigni coltivati fra autoctoni e internazionali, i vini sono tutti da monovitigno.
L’azienda è situata in collina sul lato sinistro del torrente Comunelli a 390 metri slm.
Il terreno è ricco di carbonato di calcio che con il clima hanno fatto sì, che vi trovassero habitat ideale molti vitigni . Gli ettari vitati sono circa 22 e la produzione si aggira sulle 35.000 bottiglie.
L’azienda vinifica solo uve di proprietà e si sta convertendo al biologico , in vigna già vengono utilizzati concimi organico-naturali.
Il vino che degustiamo è un Sauvignon Blanc in purezza, il “Neofos”, annata 2018 .
Le viti si trovano nella zona di Butera, su terreno calcareo di medio impasto.
Il sistema di allevamento è la contro spalliera con potatura a Guyot.
La raccolta manuale avviene nella prima decade di Settembre. Le uve selezionate vengono quindi sottoposte a pressatura soffice dei grappoli , cui segue una macerazione a freddo con le bucce. La fermentazione si sviluppa in vasche di acciaio inox termo controllate.
L’affinamento avviene in bottiglia per due mesi, prima della commercializzazione.
Degustazione
Analisi visiva
Cristallino, giallo paglierino con riflessi dorati, consistente.
Analisi olfattiva
Intenso e complesso, decisamente fine. Alle note tipicamente varietali, si susseguono intensi ma equilibrati sentori di frutta tropicale a polpa gialla croccante. Evoluzione sul tenore floreale, erbaceo. Immancabile la spalla minerale, degna rappresentante delle brezze marine che si fanno sentire di notte, dalla vicina costa mediterranea. Sottile sentore di spezia bianca.
Analisi gusto-olfattiva
Secco, caldo, morbido. Piacevole freschezza d’attacco nel sorso, però. Si rivela un vino di corpo, equilibrato, comunque croccante, un sorso che riempie la bocca. Il finale sapido e persistente invita al a riempire riempire il calice.
La Cantina Podere Moretti, nasce dall’unione di due famiglie : Moretti e Occhietti .
Affonda le radici nella storia del suo territorio. Dal 1630 in quel di Monteu Roero (CN), costruisce un azienda vitivinicola che pur mantenendo viva la tradizione, riesce a guardare avanti e non trascurare le nuove tecniche enologiche nel rispetto del territorio, della vigna e del lavoro in cantina. “ Il vino ha bisogno di tempo perché possa esprimere al massimo il suo potenziale” cit. del titolare Francesco Moretti che racchiude la filosofia dell’azienda.
Questa filosofia, ha portato Podere Moretti ad ottenere nel 2011, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia , il prestigioso riconoscimento come “IMPRESA STORICA D’ITALIA”.
Riconoscimento dato a tutte quelle aziende storiche che hanno trasmesso il loro patrimonio di esperienze e valori alle nuove generazioni.
Siamo nella Basa Langa , Roero, sul lato sinistro del fiume Tanaro.
Territorio unico, caratterizzato da dolci colline e profonde insenature chiamate Rocche del Roero , risultato di un fenomeno di erosione causato dal fiume e da fenomeni sismici di molti anni fa.
Il suolo è molto fertile , composto da arenarie, rocce di origine marina con strati di calcare e argilla e sopratutto sabbie ricche di fossili.
Il clima concede sole anche nelle stagioni fredde e le piogge non sono abbondanti.
Questo Arneis Riserva Occhetti 2019 DOCG, viene vinificato secondo un protocollo atto a garantirne la durata nel tempo.
La sottoscrizione in etichetta del vigneto Occhetti, da cui provengono le uve, evidenzia l’importanza della MGA ( Mensione Geografica Aggiuntiva ).
La vigna è situata a Sud de comune Monteu Roero, ed è allevata su un terreno ricco di sabbia di origine marina e in una zona non fredda. Dopo la raccolta mano delle uve, il mosto che ne deriva viene fatto fermentare in botti di legno di rovere e acacia sui propri lieviti per 12 mesi a temperatura controllata. Successivamente affina 6 mesi in bottiglia a temperatura controllata.
Analisi gusto-olfattiva
Secco, caldo, morbido, di buona freschezza, sicuramente sapido e di corpo. Nel complesso una bella struttura.
La sapidità è decisa e ritorna nel finale lungo e persistente ma non va ad alterarne l’equilibrio e l’armonia perché dotato di una bella morbidezza.
Il sorso evidenzia la corrispondenza fra naso e bocca caratterizzati da Ananas maturo, mango, spezie bianche e questa mineralità che fa pensare ad una sapidità marina ed invita al sorso successivo.
E’un vino pronto, maturo, ma con prospettive di invecchiamento di ancora qualche anno.
Ricetta in abbinamento eseguita da Carol Agostini
Una ricetta composta da pochi ingredienti in un gioco di consistenze e sapori, forme e colori per un abbinamento decisamente intrigante quanto gustoso.
Ingredienti per 4 porzioni:
1 kg di Asparagi bianchi
8 uova
olio Evo qb
sale qb
pepe nero qb
Procedimento:
Tagliare la parte finale dell’asparago, in modo da eliminare la parte dura e pelatelo con l’aiuto di un pelapatate o un coltello in modo da eliminare i filamenti duri che rendono il tutto stopposo.
Per praticità potete legare a mazzetti di circa 10 asparagi con l’aiuto del spago da cucina e pareggiarli per far si che siano della stessa grandezza.
La cottura ottimale sarebbe per immersione nella parte finale e a vapore le punte, ecco che è ideale la pentola che si chiama asparagera, che è una pentola alta e stretta con uno cestello estraibile e un coperchio, per una cottura perfetta, al dente quanto basta senza avere gli asparagi troppo molli.
Se non se ne è provvisti si può usare la pentola più stretta che si ha e costruirsi dei distanziatori con della carta alluminio. Altrimenti si possono cuocere semplicemente per immersione, stando attenti però che le punte sono tenerissime e si potranno rompere, oppure cuocerli al vapore.
Portare a bollore dell’acqua e salarla leggermente, calare gli asparagi, coprire e cuocere per circa 15 / 20 minuti a seconda della grandezza dell’asparago o della durezza. Estrarre gli asparagi, scolarli per bene, disporli nel piatto condirli con pepe e olio extra vergine d’oliva.
Cuocere le uova in acqua bollente per circa 5 minuti se si vogliono barzotte, per circa 8/9 minuti se si preferiscono sode.Quando sono cotte passarle in acqua fredda spelarle e servirle tagliate a metà oppure sminuzzate. Impiattare gli asparagi accompagnati dalle uova i vostri asparagi con uova alla veneta sono pronti per essere serviti.
Il Gobbo Nero 2015 Toscana Syrah IGT Tenuta Moriniello
Di Piergiorgio Ercoli
Storia di una famiglia che trasforma un desiderio in realtà. Due fratelli, Tania e Luigi,ereditano dal padre Beniamino il sogno di realizzare un progetto.
La passione per il vino, l’amore per la natura e la buona capacità imprenditoriale di Beniamino, hanno permesso alla generazione successiva di creare Tenuta Moriniello.
La proprietà è stata acquisita da un altro titolare e siccome “ogni cambiamento nasce dalla conoscenza approfondita delle origini”, la famiglia ha mantenuto legami con la precedente gestione e con il suo enologo. Si mantiene la tradizione guardando al futuro.
Lavorano in modo naturale senza l’utilizzo di sostanze chimiche per tutelare l’ecosistema e la biodiversità.
Un proverbio rappresenta la loro filosofia “ la terra non è un’eredità ricevuta dai nostri padri, bensì un prestito da restituire ai nostri figli” da qui,un modello di agricoltura responsabile diventa un assoluto.
La tenuta si trova a Montaione (FI), piccolo borgo toscano sito nel cuore della regione dove troviamo un areale privilegiato per la coltivazione della vite e la produzione di grandi vini.. I terreni sono prevalentemente di origine sedimentaria, composto da argille calcareo marnose, con arenaria e galestro. Circa 20 ht di superficie vitata una altitudine compresa tra i 280 e 450 m slm.
Le condizioni pedoclimatiche fanno sì, che le uve maturino sviluppando caratteristiche alcoliche e fenoliche equilibrate che daranno vita ad corredo gusto olfattivo intenso ai vini.
Producono 70.000 mila bottiglie di cui 55.000 dedicate al Chianti. Hanno dato vita a tre CRU al fine di esaltarle caratteristiche di ogni zona.
L’azienda è certificata Biologica dal 1999.
Il vino in degustazione “ Il Gobbo Nero” 2015” è un Syrah in purezza, prodotto da viti allevate su un terreno misto di origine sedimentaria con prevalenza di alberese del chianti,argilla, arenaria e galestro.
Le uve raccolte rigorosamente a mano nella prima decade di Ottobre,vengono poi selezionate prima della diraspatura. Fermenta a temperatura controllata in tini di cemento e la macerazione sulle bucce dura circa un mese con rimontaggi e frollature manuali. L’affinamento avviene in barrique di rovere francese per oltre 16 mesi, e riposa ulteriori 12 mesi in bottiglia prima della commercializzazione.
La peculiarità del suolo dove si allevano li viti, la cura e l’attenzione per il lavoro in cantina li ritroviamo alla beva. Morbido e potente, ricco, complesso con note speziate in prima battuta che ci accompagnano anche dopo aver deglutito, intervallate da frutti di bosco e una bella ciliegia presente anch’essa nel finale lungo e persistente.
I tannini eleganti, si accordano bene ad una struttura solida e nell’insieme tutto è equilibrato.
Degustazione
Analisi visiva
Rosso rubino intenso e impenetrabile. Limpido e consistene nel bicchiere.
Analisi olfattiva
Intenso, complesso. Dominante fruttata di ciliegia e frutta rossa in confettura, poi sentori floreali, rosa rossa e viola. Arrivano i toni eleganti di spezia scura, tipicamente varietali. Non mancano terziari piacevoli con note di tostatura e cuoio.
Analisi gusto-olfattiva
Secco, caldo, morbido. Sorso pieno, potente e suadente. Corpo e struttura ben espressi, in una eleganza complessiva elevata.
Ottimo lavoro sui polialcoli che regalano una piacevolezza tattile da grande vino. L’opulenza del sorso non si rivela mai tronfia però, restando su toni di grande equilibrio. Tannini morbidi. L’equilibrio fra morbidezze e durezze ammansisce i 14,5° di tenore alcolico dichiarati, tutto a favore della piacevolezza di beva.
Elegante, armonico nel lungo finale, dove ritroviamo la corrispondenza olfattiva delle note speziate e di frutto.
Ricetta in abbinamento eseguita da Carol Agostini
Una ricetta composta da pochi ingredienti in un gioco di consistenze e sapori, forme e colori per un abbinamento decisamente intrigante quanto gustoso.
Ingredienti per 4 porzioni:
Patate 1 kg
Uova 1
Farina 00 (q.b.)
Polpa di cinghiale 500 gr
Cipolla rossa1
Sedano1 costola
Carota1
Rosmarino1 rametto
Salvia 5 foglie
Alloro 3 foglie
Aglio 1 spicchio
Vino rosso della Tenuta Moriniello 2 bicchieri
Passata di pomodoro400 gr
Olio extra vergine di oliva(q.b.)
Sale (q.b.)
Pepe (q.b)
Procedimento:
Fare il ragù per prima cosa seguendo queste indicazioni: in una ciotola versate un bicchiere di vino della Tenuta Moriniello e lavate la polpa di cinghiale. Svuotate la ciotola e versate sulla polpa l’altro bicchiere di vino rimasto aggiungendo la salvia, l’alloro e il rosmarino, potete aggiungere anche altre erbe aromatiche a vostro piacimento; lasciate in infusione per una notte.
Il giorno successivo, in una casseruola, preparate un trito con cipolla, sedano, carota e aglio. Fate rosolare con un po’ di olio Evo.
Nel frattempo tagliate a pezzettini piccolissimi la polpa di cinghiale che unirete al trito; aggiungete la passata di pomodoro, il sale ed il pepe. Cuocete a fuoco moderato per circa 90 minuti, di tanto in tanto mescolate con un cucchiaio di legno.
Per gli gnocchi: lavate le patate con la buccia, mettetele in un tegame ricoprendole con acqua fredda e fatele lessare; scolatele, passatele nello schiacciapatate e disponetele su una spianatoia di legno.
Create una spezie di vulcano e nel mezzo al composto versateci l’uovo e un po’ di sale, impastate con l’aggiunta di un po’ di farina fino a quando non è tutto compatto. Formate delle palle che stenderete fino a formare delle lunghe strisce rotonde di circa 1 cm di diametro che successivamente taglierete ogni 2 cm circa (durante questa lavorazione spolverateci sopra un po’ di farina per evitare che si attacchino).
Nel frattempo portate ad ebollizione l’acqua con un po’ di sale in una capiente pentola, quindi versateci gli gnocchi. Quando vengono a galla toglieteli con una schiumarola e metteteli in una zuppiera e conditeli con il ragù di cinghiale, impiattate possibilmente con piatti tenuti al caldo nel forno a circa 80°/100°, attenzione a non scottarvi.
Rosavite 2019 Rosato Terre degli Osci IGT Terresacre
Di Piergiorgio Ercoli
Da uve montepulciano in purezza, coltivate sulle colline molisane a Montenero di Bisaccia (CB) ad un’altezza di circa 300 metri slm, terreni argillo-calcarei, dove il clima è caratterizzato dall’influenza delle correnti marittime dall’Adriatico che favoriscono l’arieggiamento del corpo vitato evitando la formazione di muffe e donando una identitaria sapidità.
Raccolta manuale, diraspatura, pigiatura morbida per mantenere l’integrità degli acini.
Macerazione di circa 10 ore cui segue una pressatura soffice del mosto, quindi fermentazione in bianco per circa 10 giorni a temperatura controllata di 16°-18°.
Degustazione
Analisi visiva
Nel calice rosa corallo, trasparente e limpido. Di consistenza media.
Analisi olfattiva
Sufficientemente intenso, di media complessità e finezza. Dominante olfattiva fruttata, ciliegia e fragoline di bosco; toni vegetali di erba appena tagliata, toni minerali di humus e terra bagnata.
Leggera spezia scura.
Analisi gusto-olfattiva
Secco, moderatamente caldo, morbido. Fresco, tannini duri, sapido. Corpo medio, sufficientemente armonico, buona permanenza. Sufficientemente fine e sufficientemente armonico. Pronto.
Ricetta in abbinamento eseguita da Carol Agostini
In abbinamento un gioco di consistenze e sapori, forme e colori per un abbinamento decisamente intrigante quanto gustoso di formaggi di varie tipologie e stagionature.
Tagliere di formaggi provenienti dall’Altopiano di Asiago da Asiago pressato dolce, a quello saporito, al mezzano di 6 mesi di malga, con fragole, crostini tostati, asparagi in agrodolce, cestino di grana padano con erbette di montagna stufate, caciotta di pecorino di malga alle foglie di olivo.
Quando si parla di Cannonau la nostra mente viaggia subito in quell’isola bagnata dal mare smeraldo, dalle riserve naturali, dalle spiagge spettacolari che solo la Sardegna ci sa offrire. Zona vocata a tale vitigno è l’Ogliastra ed è proprio qui che l’omonima cantina sociale, Cantina Ogliastra, se ne fa portavoce.
Il Cannonau
Questo vitigno conosciuto in Spagna come Garnacha e in Francia, nella quale si è sviluppato alla fine del Settecento, come Grenache, trova in terra di nuraghi il nome di Cannonau. La sua diffusione su quest’isola è stata imputata a Pietro d’Aragona quando nel XIII secolo conquistò Alghero, fino ad allora possedimento della famiglia genovese dei Doria.
I ritrovamenti nel 2002 di vinaccioli, datati del 1200 a.C, a Borore, nel sito archeologico di Dues Nuragehs, hanno fatto cadere tale ipotesi e vedono più credibile la sua introduzione da parte dei Fenici.
Il cannonau principalmente viene utilizzato nella produzione della Doc Cannonau di Sardegna e la sua zona d’elezione, seppur possa essere prodotto su tutta l’isola, è in provincia di Nuoro, in cui infatti si può contare il 70% dei vigneti impiantati a cannonau in Sardegna.
Al cannonau possono concorrere in tale denominazione massimo 15% (10% se si parla di Cannonau di Sardegna Classico) di vitigni autorizzati e raccomandati in regione sarda a bacca nera, purché non aromatici. Nella Doc Cannonau di Sardegna sono, inoltre, contemplate tre sottodenominazioni: Capo Ferrato, Jerzu e Nepente d’Oliena.
Una cantina sociale feudataria dei vitigni autoctoni sardi: Cantina Ogliastra
Cantina Ogliastra è una cantina sociale che è stata fondata nel 1959. È situata a Tortoli in provincia di Nuoro e prende il nome dall’omonima regione che si estende dal Mediterraneo al Gennargentu, terreno vocato alla coltivazione del Cannonau.
Mission aziendale
La mission di questa azienda è la valorizzazione dei vitigni autoctoni (principalmente vermentino e cannonau) ed è per questo che i soci facenti parte di questa cantina, che coprono diversi territori dell’Ogliastra andando dal mare verso l’entroterra, sono tutti uniti dall’amore e dalla passione per la loro terra.
La cantina propone varie versioni di cannonau, vinificato in bianco, in rosato, in rosso o spumantizzato e di vermentino e questo è possibile grazie ai circa 200 soci conferitori che permettono di abbracciare circa 200 ettari di terreno e 21 dei 23 comuni che compongono l’Ogliastra. Una rappresentazione del loro lavoro ci è offerta da Violante, un Cannonau di Sardegna Doc del 2016.
In degustazione: Violante- Cannonau di Sardegna Doc 2016
Rosso carminio vivace. Confettura di ciliegia, fragola e lampone insieme a fiori essiccati di iris lasciano spazio a delle note vegetali balsamiche e di mirto. La chiusura rievoca sentori di cuoio. In bocca è notevole il suo impatto che, oltre che ad essere pieno, si rivela con freschezza e con tannini suadenti ed eleganti. Finale lungo con richiami alla balsamicità.
Ricetta in abbinamento eseguita da Carol Agostini
Lasagne classiche in abbinamento al Cannonau Sardo di Ogliastra eseguite da Carol AgostiniRicetta classica di Lasagne al forno in abbinamento al Cannonau sardo della cantina Ogliastra, un accompagnamento goloso e sfizioso, dato da consistenza e tendenza dolce che viene sorretta e compensata dalla tannicità e freschezza del vino.
Vi consiglio di fare personalmente la besciamella per dare la giusta tendenza dolce al piatto già caratterizzato da questa percezione gustativa, aggiungendo una spolverata di noce moscata, e dell’erba cipollina a crudo tagliata molto soffile oppure a piccolissimi pezzetti, rende la ricetta più speziata
Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018
Di Elsa leandri
Dietro il nome dell’azienda Mario Rivetti ci si potrebbe aspettare una conduzione prettamente maschile. A condurla, invece, un po’ come capitava negli anni del dopoguerra in Champagne, sono le donne della famiglia. Alla scoperta di questa realtà immersa nelle Langhe e del suo Dolcetto D’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018.
L’azienda Mario Rivetti
Siamo nelle Langhe, a Alba. L’azienda nasce alla fine degli anni 1960 quando Mario Rivetti inizia a vinificare e a imbottigliare il proprio vino, passando quindi da conferitore a produttore.
Negli anni 2000 le figlie Anna Maria e Loredana, sono state improvvisamente coinvolte, in seguito alla dipartita del padre, nella gestione dell’azienda di famiglia. Trovarsi da un momento all’altro a prendere le redini dell’azienda non deve essere stato facile, ma tenendo a mente che il vino di qualità nasce da come si cura la vigna, era loro ben chiaro quali fossero gli step da seguire.
Vigna e terreno Azienda Mario Rivetti
Attenzione alla vigna e al terreno in primis si traducono quindi in attenzione all’ambiente e in impegno nella lotta integrata. I circa 10 ettari di vigneti che sono sopra Alba si trovano a un’altitudine di circa 300m s.l.m. con esposizione principalmente a Sud e con terreni argillosi-sabbiosi, con la presenza di Marne di Sant’Agata.
Bricco Capre, la cui morfologia (conformazione assimilabile a un pascolo più che a una collina) e il cui nome evocano erroneamente pascoli verdi in cui brucano le caprette, è sinonimo d’eccellenza per la cantina: in questa zona, che presenta un terreno argilloso e calcareo, furono impiantati circa 40 anni fa nebbiolo, dolcetto e barbera dando vita a Nebbiolo d’Alba, Langhe Nebbiolo, Barbera d’Alba Superiore e Dolcetto d’Alba Superiore.
In degustazione Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018
Rubino elegantemente vivace con riflessi amaranto. Un susseguirsi di piccola frutta matura rossa e nera (lampone, mora, mirtillo, ciliegia) e di rosa e iris viene completato da una nota speziata di chiodi di garofano e da effluvi balsamici.
L’eccellente impatto olfattivo trova corrispondenza in bocca, in cui la tannicità (non fatevi trarre in inganno dal suo nome così “dolce”) viene ben bilanciata dalla nota alcolica e da una discreta acidità. Chiusura mediamente lunga con richiami di frutta nera.
L’Azienda – Quando la produzione è un patto di rispetto tra l’uomo, la terra e la vite
Ad Agliano Terme (AT), nell’areale dell’Alto Monferrato, a sud dal Tanaro, Stefano “Steo” Bologna gestisce l’Azienda Agricola Vitivinicola “Bosco Galli”, che può vantare origini bicentenarie.
Il nome dell’Azienda, Bosco Galli, che sorge su un terreno che fu villaggio gallico in epoca romana, testimonia le origini stesse della viticoltura in Piemonte: in questi territori le infiltrazioni “galliche” (largamente documentate da ritrovamenti archeologici), posero le basi dal 400 a.C. per una primordiale coltivazione della vite di “matrice celtica” la cui caratteristica principale, oltre all’allevamento delle piante ad “arbusto maritato a tutori vivi” (pioppi/aceri), era l’utilizzo delle botti di legno come contenitore per la conservazione ed il trasporto del vino.
I Vigneti di Bosco Galli
I vigneti dell’ Az. Bosco Galli, distribuiti tra i Comuni di Agliano Terme, Costigliole e Montegrosso d’Asti, godono di ottime esposizioni ed i terreni sono profondi, argillosi, con buona presenza di residui ferrosi e magnesio. Il clima è tipicamente continentale, con inverni freddi ed estati calde tanto da far rilevare periodi siccitosi importanti. Caratteristiche, queste, incisive per la coltivazione del vitigno “principe” del Monferrato: LA Barbera.
La conduzione delle vigne (interamente di proprietà) ed il lavoro di cantina, che “Steo” e la sua Famiglia adottano, sono fortemente orientati verso la massima sostenibilità, una sorta di “patto” di rispetto tra uomo, terra e vite: minimo utilizzo di chimica in vigna, nessun diserbo interfilare e tecniche di potatura orientate alla bassa resa dei frutti, per favorire salubrità e qualità delle uve.
Le uve di Bosco Galli
Uve che rappresentano i vitigni autoctoni ed identitari del territorio, Barbera- Grignolino-Moscato-Cortese-Dolcetto-Bonarda, e che vengono lavorate con tecniche tradizionali di vinificazione con particolare attenzione all’uso del legno per gli affinamenti (per dimensioni e tempi di permanenza), il tutto a garanzia della qualità dei vini prodotti.
Abbiamo degustato il San Zeno 2015, Barbera d’Asti Superiore DOCG, vino di punta della Cantina.
Stappiamo la bottiglia e versato il vino nel calice, lo lasciamo qualche minuto a respirare: intanto parliamo un po’ di Barbera.
Cenni storici sulla Barbera.
Nel 1839 gli ampelografi Giorgio Gallesio e Domenico Milano codificano come “vitis vinifera monferatensis” quello che sicuramente è il vitigno più popolare del Piemonte, LA Barbera, sancendone in un certo senso il luogo d’origine: è l’Alto Monferrato, specificatamente la zona a sud del Tanaro, nel comprensorio di Asti.
Già dal XV secolo, però, quest’uva era conosciuta (con altri nomi), tanto da essere nominata, ad esempio, nel “Trattato dell’Agricoltura” del botanico Piero dè Crescenzi ed in un estimo catastale del Comune di Chieri (1514).
Il battesimo “al femminile” si fa risalire, nel 1789, a tal Conte Nuvolone: definitivamente riconosciuta “generosA” dal Carducci la questione se chiamarla “il” o “la” Barbera, sembrava risolta.
La Barbera
La Barbera, vitigno vigoroso a maturazione medio-tardiva, dalla grande adattabilità diventa ben presto, dalla seconda metà del 1800, il vitigno che varca i confini del Monferrato alla conquista della Penisola. Per molto tempo, fino agli anni ‘80 del secolo scorso, i vini prodotti con questo vitigno però risultarono rustici, leggeri e beverini, spesso in veste frizzante: i vini da Barbera, oltre che tra i più popolari, soffrono quindi una considerazione, da parte degli enofili, di vini “popolani”, dove la produzione privilegiava la quantità a discapito della qualità.
Sorte che dalla seconda metà degli anni ‘80 cambia. Alcuni produttori, infatti, attenti alle doti delLa Barbera, innescano una illuminata rivoluzione, che parte proprio dalle Colline Astigiane più vocate alla produzione, sublimandone la capacità di regalare vini strutturati e complessi, sicuramente di qualità.
Nel 2008 arriva infine il massimo riconoscimento legislativo: la DOCG, che permette di individuare le sottozone di Tinella, Colli Astiani e Nizza, veri e propri simboli di terroir, tra i più giovani del Piemonte.
La degustazione del San Zeno 2015 – Barbera d’Asti Superiore DOCG.
Dicevamo dell’importanza delle tecniche tradizionali che “Steo” pratica nella produzione dei suoi vini. Il “San Zeno”, da uve Barbera in purezza accuratamente selezionate alla raccolta, rappresenta proprio la “classicità”, il marchio “tradizionalista” piemontese: le uve, infatti, pigio-diraspate tramite pigiatrice a rulli, vengono lasciate in macerazione nel mosto per qualche settimana e dopo la fermentazione in acciaio, il vino viene affinato in “botte grande” fino a 18 mesi, a seconda delle annate.
L’impronta dell’affinamento in legno grande definisce questo vino in maniera identitaria verso l’eleganza; peraltro la Cantina produce dalle stesse uve il “Caratel”, fratello di sangue del San Zeno, che viene affinato in “legno piccolo”, in tonneaux (caratello), con caratteristiche di beva più decisa e con evidenti toni speziati accesi.
Ci accorgiamo piacevolmente che in questi minuti il “San Zeno” ci ha già conquistato con i suoi sentori, intensi, sprigionatisi dal calice. Calice che ce lo presenta di un rosso rubino intenso, brillante, con riflessi granati sull’unghia. Di buona consistenza e sufficientemente trasparente, caratteristico della bassa carica antocianica, tipica del vitigno. Il bouquet complesso è dominato da sentori fruttati di amarene, ribes nero, mirtilli che evolvono verso suadenti note di spezie , quindi cannella e chiodi di garofano. Sensazioni eteree sopraggiungono, che vanno ad armonizzarsi con una mineralità leggera.
Il sorso è asciutto, caldo, di struttura. Colpisce l’importante freschezza, che proprio più dei tannini è la vera caratteristica di questa Barbera “Superiore” (ricordiamo che detta menzione caratterizza vini aventi qualità più elevate, rispetto ai vini della stessa denominazione che non si fregiano della menzione Superiore, dovute ad una regolamentazione più restrittiva riferita a resa per ettaro ( – 10%) e titolo alcolometrico (+0.5°) ).
Proprio la caratteristica freschezza dona equilibrio al “San Zeno”, anche in contrapposizione ad un evidente tasso alcolico e ad una buona morbidezza. La beva continua golosa sul ritorno di frutto, vivo. Sicuramente un vino maturo ma con capacità di evoluzione ulteriore. Chiude lungo, persistente, sapido.
Consigliatissimo, anche per l’ottimo rapporto qualità/prezzo!!!
Goccia Volterrana 2010 Toscana Rosso IGT Rifugio dei Sogni
Di Piergiorgio Ercoli
Uve?
Uvaggio di Sangiovese, Canaiolo e Cabernet Sauvignon da uve provenienti dall’areale di Volterra (PI), dove le viti sono allevate su terreni a medio impasto con presenza di argilla. Sia in vigna che in cantina si rispettano principi ecosostenibili, con particolare attenzione al rispetto dell’eco-sistema.
La ricerca della qualità del prodotto è attuata nel rispetto delle tradizioni tramandate e del territorio.
Degustazione
Analisi visiva
Rosso rubino brillante con riflessi granati sull’unghia, dalla densità leggera.
Analisi olfattiva
Intenso e sufficientemente complesso, bouquet fine.
Predominante olfattiva orientata al fruttato: ciliegia, piccoli futti rossi di sottobosco, prugna.
Note balsamiche e vegetali lasciano spazio a toni terziari evoluti: vaniglia, cuoio e tabacco. Frutta secca e tostatura leggera. Speziatura scura e mineralità sul finale.
Analisi gusto-olfattiva
Secco, caldo, morbido. Nonostante sia un vino evoluto con oltre 10 anni di bottiglia, mantiene una freschezza piacevole, sorretta da una spalla acida che fa ben sperare per una conservazione di qualche anno ancora. Tannini ben presenti in maniera vellutata, per una beva ampia ed equilibrata.
Perfetta corrispondenza con le sensazioni olfattive, dove i terziari la fanno da padrone, lasciando comunque il sorso elegante. Note sapide e speziate concludono persistentemente.
Corpo medio, vino maturo ed armonico.
Ricetta in abbinamento eseguita da Carol Agostini
Una ricetta composta da molti elementi in un gioco di consistenze e sapori, forme e colori per un abbinamento decisamente intrigante quanto gustoso.
Una ricetta composta da pochi ingredienti in un gioco di consistenze e sapori, forme e colori per un abbinamento decisamente intrigante quanto gustoso.
Il piatto per due persone è composto da:
4 costine di pancetta, insalatina di valeriana o misticanza (a piacere), senape a l’ancienne in una ciottolina separata, due cucchiai di miele millefiori, un bicchiere di acqua naturale a temperatura ambiene e un cucchiario di zucchero di canna per eseguire la caramellizzazione delle costine.
Unico vino prodotto da Cantine Spanu a Dorgali (NU), assaggiato come tutte le nostre recensioni vitivinicole partono dalla degustazione dei vini tramite una scheda tecnica di analisi organolettica creata appositamente da Carol Agostini.
Dichiarazione in retroetichetta davvero notevole su rispetto della tradizione ed etica che inspira la Cantina nel produrre il vino.
Territorio?
Le vigne allocate a Dorgali nella Sardegna centro-orientale si torvano sulle dolci colline a circa 420 m. slm, a ridosso del Mar Tirreno. Suoli di origine vulcanica ed alluvionale, di media tessitura.
Uve?
Le uve utilizzate sono Cannonau, Muristellu (Bovale Sardo) e Cagnulari: alla raccolta manuale (nelle ore più fresche del mattino) segue la cernita dei migliori grappoli quindi l’avvio della fermentazione a temperatura controllata (28°-32°) con lunghe macerazioni.
L’affinamento avviene in acciao per circa 8 mesi, previsto un leggero passaggio in barrique di rovere francese
Degustazione
Analisi visiva
Rosso rubino intenso, con riflessi porpora. Poco trasparente, limpido, di buona consistenza.
Secco, moderatamente caldo, morbido. La durezza data da una notevole freschezza è comunque equilibrata da tannini ben integrati. Strutturato, di corpo medio, evidente sapidità. Beva piacevole, dinamica. Finale persistente.
Giovanni, il titolare, cura la propria vigna come se fosse parte integrante della famiglia, come una “figlia” con grande devozione e sacrifici, in un contesto splendido quanto difficoltoso per le componenti climatiche; spesso dai suoi racconti si percepisce tristezza ma allo stesso tempo forza e voglia di arrivare ogni anno ad una vendemmia di massima qualità.
Ricetta in abbinamento eseguita da Carol Agostini
Una ricetta composta da molti elementi in un gioco di consistenze e sapori, forme e colori per un abbinamento decisamente intrigante quanto gustoso.
Il piatto per due persone è composto da:
cestini di Grana Padano casarecci fatti all’istante (vedi ricetta link online), riempiti da una fettina di carne salada trentina disposta a rosellina, con una nuvola di mousse di gorgonzola a cucchiaio con trito di fichi secchi aromatizzati al miele di castagno.
I cestini sono disposti su letto di insalatina julienne di radicchietto misto, con acini di uva bianca senza semi, con fette di crostoni integrali ai cereali leggermente tostati, 200g di Morlacco del Grappa morbido di accompagnamento.
Vi consiglio di provare l’abbinamento e il vino proposto, godrete di sensi e gola, giocando con consistenze, sapori e profumi, sorseggiando questo blend di uve sarde.