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  • Ricetta 2022 Quiche Lorraine e Moscato D’Asti DOCG

    Ricetta 2022 Quiche Lorraine e Moscato D’Asti DOCG

    Ricetta 2022 Quiche Lorraine e Moscato D’Asti DOCG

    MURAY Moscato D’Asti DOCG e SANTO STEFANO BIO Moscato D’Asti DOCG della cantina Beppe Marino Vini.

    Di Carol Agostini

    Gli abbinamenti dell’azzardo per giocare di sensi che alla fine ha reso un semplice tagliere composto da quiche lorraine farcita da speck di Asiago, zucchine, gorgonzola piccante, formaggio Asiago semi stagionato, con varie salse di accompagnamento, un momento di sperimentazione.

    La Quiche Lorraine è una torta salata farcita tipica della cucina francese, in particolare della regione Lorena, da cui prende il nome: “Quiche” significa appunto rustico, da qui Quiche Lorraine.

    Ricetta Quiche Lorraine e Moscato D'Asti DOCG
    Ricetta Quiche Lorraine e Moscato D’Asti DOCG eseguita da Carol Agostini

    Sono riuscita a sfatare il mito di abbinamenti classici per uno invece che ha sorpreso tutti, me compresa.
    Il connubio tra dolce e salato con una presenza leggermente piccante e sapida tra trovato armonia, anche se, non perfettamente equilibrato, ma il tutto con una sinergia di sapori e profumi invitanti ed intriganti soprattutto al palato.

    Uva del MURAY Moscato D'Asti DOCG e SANTO STEFANO BIO Moscato D'Asti DOCG della cantina Beppe Marino Vini.
    Uva del MURAY Moscato D’Asti DOCG e SANTO STEFANO BIO Moscato D’Asti DOCG della cantina Beppe Marino Vini.

     

    Muray, dal Piemontese “Gelsi” (Mu) “Rari” (Ray) di Beppe Marino Vini

    Muray, dal Piemontese “Gelsi” (Mu) “Rari” (Ray) di Beppe Marino Vini

    Muray, dal Piemontese “Gelsi” (Mu) “Rari” (Ray) se leggete nel loro sito troverete che nella tradizione vecchia ed antica della zona i terreni erano invasi da piante di gelsi, invece la famiglia Marino decise di impiantare piante di Moscato perchè si accorse che la resa dava un prodotto estremamente interessante e di soddisfacente qualità.

    Il vino che porta questo nome al naso è fruttato, da albicocca alla pesca, note di arancia gialla, fiori fianchi e gialli, miele di acacia, note di vaniglia che si mescolano con profumi dolci di caramello e papaya, litchi, tiglio e malva.

    In bocca è fresco, piacevolmente dolce e non stucchevole, l’ingresso è prorompente con aromi di frutta e fiori, di leggera speziatura dolce in chiusura, miele e nocciole.

    Santo Stefano Bio Moscato D'Asti DOCG
    Muray, dal Piemontese “Gelsi” (Mu) “Rari” (Ray) di Beppe Marino Vini

    Santo Stefano Bio, il nome del vino ricollega il nome del paese dove risiede la famiglia e la cantina, vicino il torrente Belbo che fu anche luogo natio dallo scrittore italiano del Novecento Cesare Pavese: “ La vita non è ricerca di esperienze, ma di se stessi. Scoperto il proprio strato fondamentale ci si accorge che esso combacia col proprio destino e si trova la pace”.(Il mestiere di vivere)

    Al naso questo Moscato è intenso, diretto con note di frutta a pasta gialla e bianca da albicocca e pesca, litchi, miele, mughetto e biancospino, glicine bianco, pera.

    In bocca la sensazione di dolce è sorretta dall’acidità che rende tutto armonico, in equilibrio senza essere stucchevole e troppo dolce, anzi buona componente quasi salmastra, gessosa alternata ai sentori primari dell’uva di Moscato, con bolla fine ed elegante.

    Conclusioni degustative
    Territorio e vigne della Cantina Beppe Marino Vini
    Territorio e vigne della Cantina Beppe Marino Vini

    Due vini rappresentativi di un territorio fatto di correnti d’aria fresca, pendii collinari dolci, con stradine che si introducono all’orizzonte in appezzamenti di vigne bacati dal sole.

    Luogo di racconti, di tradizione e di fantasia che racchiudono poesia e ottimi vini.

    Ricetta Quiche Lorraine

    Ingredienti per 8 persone
    • 500 g di zucchine fresche
    • 100 g di Speck affettato sottile
    • 150g di gorgonzola cremoso piccante
    • 3 cucchiai di olio EVO
    • sale quanto basta a piacere
    • pepe nero e pepe rosa macinato al momento
    • 1 uovo intero
    • 200 ml di latte intero
    • 250 g di pasta sfoglia
    • 30 g di Grana Padano grattugiato
    Esecuzione:
    1. Lavare le zucchine, eliminare le estremità e tagliarle a julienne (piccole striscioline tipo fiammifero sottili).
    2. Tagliare lo speck a striscioline larghe mezzo centimetro e lunghe 4-5 centimetri al massimo, acquistate un affettato morbido e non troppo stagionato.
    3. Mettere l’olio in una padella, farlo scaldare quindi unire le zucchine, un pizzico di sale e farle saltare per 4 minuti a fiamma vivace.
    4. Unire lo speck, una generosa macinata di pepe e proseguire la cottura, mescolando, per un paio di minuti.
    5. Spegnere il fuoco, coprire e tenere da parte.
    6. Rompere l’uovo in una ciotola e sbattere bene. Deve risultare fluido e perdere viscosità.
    7. Unire il latte a filo, mescolare, unire un pizzico di sale e pepe macinato al momento.
    8. Foderare una teglia di 26 cm di diametro con carta da forno e mettervi la pasta sfoglia.
    9. Bucherellare il fondo con i denti di una forchetta, è essenziale farlo per una cottura ottimale.
    10. Cospargere sul fondo le zucchine, il gorgonzola ridotto a cubetti, quindi versare la crema coprendo uniformemente il ripieno.
    11. Cospargere il tutto con il Parmigiano grattugiato.
    12. Ripiegare i bordi della pasta sfoglia verso l’interno, arricciandoli leggermente.
    13. Infornare per 25-30 minuti a 180° C, prolungando di poco la cottura se l’aspetto non dovesse risultare ben dorato, i tempi di cottura possono variare a seconda della potenza del vostro forno.
    Ricetta 2022 Quiche Lorraine e Moscato D'Asti DOCG
    Ricetta 2022 Quiche Lorraine e Moscato D’Asti DOCG eseguita da Carol Agostini
    Conclusioni degustative

    Due vini rappresentativi di un territorio fatto di correnti d’aria fresca, pendii collinari dolci, con stradine che si introducono all’orizzonte in appezzamenti di vigne bacati dal sole.

    Luogo di racconti, di tradizione e di fantasia che racchiudono poesia e ottimi vini.

    Un ottimo abbinamento con la nostra ricetta golosa, da presentare anche come pasto unico in occasione di amici ospiti.

    Di Carol Agostini


    Sito Cantina: https://www.beppemarino.it/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/ https://carol-agostini.tumblr.com/

  • Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009

    Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009

    Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009

    Di Carol Agostini

    Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009
    Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009

    Vitigno: 10%Pinot Noir – 60% Chardonnay – 30%  Meunier

    Uno champagne dal color oro intenso, colore del grano animato da esili e luminose bolle, ancora vivaci pur essendo un vintage.

    Degustazione

    Al naso è ampio e maturo, appena stappato emana  aromi di brioche, di lievito e burro fuso, su uno sfondo leggermente “affumicato”. Dopo si evolve con eleganza verso note speziate e di bosco, dai funghi al sentore di tartufo, terriccio, pepe nero e ginepro, leggero aroma di caffè, frutta esotica matura, albicocca, bergamotto e caramello. Aromatico con accenni di timo, pasta di mele cotogne, frangipane e miele, mandorla tostata in chiusura. È un naso complesso e molto elegante.

    Al palato è ampio e di corpo, consistente e pieno, rotondo ma vivace allo stesso tempo con una spiccata acidità ancora viva e presente. La consistenza del vino suggerisce la seta rendendolo raffinato con un’esplosione di sapori in continuo movimento, con un tannno morbido, aroma di mango, papaya, albicocca, ananas matura, sempre di degustare del tartufo bianco fresco, dei chicchi di caffè mescolati a delle spezie dolci e leggermente piccanti. In chiusura ritorna la mandorla sentita al naso. Il finale è franco, lungo, cremoso e fresco con note saline e gessose.

    Abbinamento

    Crocus Sativus Il fiore dello zafferano è un perigonio formato da 6 petali di colore violetto intenso
    Crocus Sativus Il fiore dello zafferano è un perigonio formato da 6 petali di colore violetto intenso

    Lo si potrebbe pensare in compagnia di pollame in camicia, risotto allo zafferano, ravioli farciti da selvaggina, da fegato di vitello e formaggi con delle stagionature importanti.

    Brasato di vitello affumicato in abbinamento a Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009
    Brasato di vitello affumicato in abbinamento a Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009
    Vari formaggi di diverse stagionature in abbinamento allo champagne degustato
    Vari formaggi di diverse stagionature in abbinamento allo champagne degustato

    Si abbina bene anche a poularde di Bresse in camicia con salsa di panna e funghi, quenelle di tartufo, animelle, brasato di vitello, châteaubriand con salsa di foie gras.

     

     

    (Trovate ricetta del risotto allo zafferano a fine articolo)

    Mission e terroir

    Le vigne si trovano sulla riva destra della Valle della Marna, dove regna il sole, donando calore e luce alla vite, curate nel massimo rispetto del territorio, una delle mission della Maison, fare di tutto per ottenre un raccolto di qualità perchè la seconda mission è quella di rispettare i clienti offrendo loro un vino seguito in tutte le sue fasi produttive.

    “Lo Champagne è segnato dal suo terroir ma anche dal suo viticoltore” citazione da sito della Maison Caillez Lemaire.

    L’etichetta del prodotto ha subito un rinnovamento, un nuovo look grafico, mantenendo il colore nero che la caratterizza.

    La Belle Époque

    La Belle Époque
    La Belle Époque, il convivio a tavola tra gola e lussuria

    E’ uno champagne che riporta a “La Belle Époque” a quel periodo storico, culturale e artistico che inizia dalla fine dell’Ottocento e si conclude con lo scoppio della prima guerra mondiale (1970-1914), che significa “bei tempi”, o “l’epoca bella“, termine coniato in Francia che rievocava una vera e propria realtà storica ricordandola con nostalgia.

    E’ l’epoca delle grandi scoperte come la radio, il cinema, l’illuminazione elettrica, le grandi comodità che garantirono alla persone il miglioramento della vita quotidiana, esplosione di correnti di tipo artistico-letterario e nelle capitali europee si viveva in modo intenso e brillante.

    In questo periodo le persone affrontavano la vita in modo spensierato, vivendo di ogni tipo di lusso, di scoperte enogastronomiche, del bello e dell’eccitante, proprio come questo champagne, intrigante a tal punto di ricondurre la mente a collegamenti storici e figurativi.

    Ricetta Risotto allo zafferano
    Polvere di zafferano ottenuta dagli stimmi
    Polvere di zafferano ottenuta dagli stimmi
    Ingredienti per 4 porzioni:

    2 l acqua circa1 coste di sedano
    1 carote
    1.5 cipolle una per il brodo e mezza per il risotto
    prezzemolo q.b.
    rosmarino q.b.
    salvia q.b.
    sale fino q.b.
    320 g riso per risotti
    0,125 g zafferano, 8 stimmi circa
    40 g formaggio grattugiato tipo grana o parmigiano
    30 g burro due noci
    olio extravergine di oliva q.b.
    100 ml vino bianco mezzo bicchiere
    pepe q.b.

    Esecuzione:    mettere subito a macerare gli stimmi in un bicchiere a temperatura ambiente di acqua e latte intero
    1. preparate il brodo. Riempite una pentola di acqua (circa 2 litri), immergete una cipolla, una costa di sedano, una carota e il mazzetto aromatico. Salate secondo i vostri gusti.
    2. Spostate la pentola sul fuoco e cuocete il brodo contando almeno mezz’ora dal momento del bollore.
    3. In una pentola capiente sciogliete una noce di burro insieme a un filo d’olio d’oliva, fate imbiondire la cipolla tritata finemente.
    4. Versate il riso e tostatelo un paio di minuti mescolandolo in continuazione. Sfumate col vino bianco.
    5. Evaporata la parte alcolica del vino, aggiungete lo zafferano precedentemente infuso in 200ml di acqua e 50ml di latte intero e cominciate a cuocere il riso a fiamma media, mescolando in continuazione e aggiungendo un mestolo di brodo per volta (quando il brodo sarà assorbito, aggiungetene un altro fino a terminare la cottura del riso).
    6. Cotto il riso tenendolo al dente, spegnete il fuoco, aggiungete il formaggio grattugiato e un’altra noce di burro e mantecare energicamente con un mescolo di legno (Fate riposare il riso in pentola per un paio di minuti prima di servirlo in tavola, chiudendo con un coperchio).
    7. A piacere spolverate il riso impiattato con una manciata di pepe nero.
    Risotto allo zafferano oppure risotto alla milanese eseguito da Carol Agostini in abbinamento allo Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009
    Risotto allo zafferano oppure risotto alla milanese eseguito da Carol Agostini in abbinamento allo Caillez Lemaire Champagne Cuvée Jadis Millésimé Extra Brut 2009

    OTTIMO ABBINAMENTO CON IL NOSTRO CHAMPAGNE, GOLOSO, LUSSURIOSO E DI SENSI.

    Di Carol Agostini

    Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer
    Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer

    Sito Maison: https://www.champagne-caillez-lemaire.com/

    Mappa Maison: https://goo.gl/maps/ZC4bLL9MxYe94bQD8

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/ https://carol-agostini.tumblr.com/

     

  • Delite, vini di territorio a Montemarano 2022

    Delite, vini di territorio a Montemarano 2022

    Delite, vini di territorio a Montemarano 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Nel piccolo borgo di Montemarano vivono meno di 3000 abitanti e la cittadina sorge alle pendici del Massiccio del Tuoro, a sinistra del fiume Calore e molto vicino al torrente Chionzano.

    Si tramanda che la città sia stata fondata dal generale sannita Mario Egnazio il quale, stando allo storico Appiano d’Alessandria, sconfisse l’esercito romano nei pressi del monte Toro, facendoli tornare a casa carichi di meraviglie. Sulla sommità del colle dove oggi sorge la cattedrale di Santa Maria Assunta, dove una volta si ergeva il tempio di Giove ed oggi si conservano le reliquie di San Giovanni.

    Sede vescovile dal 1059 e successivamente contea nel 1082, con a capo Riccardo Caracciolo detto il Rosso, Montemarano vide un lungo periodo di declino a causa della peste tra il 1600 ed il 1700.

    Restano però le testimonianze di un glorioso passato: tra gli episodi della vita di San Francesco, raccontati nel ciclo di affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi, ce n’è uno dedicato alla morta di Montemarano, raffigurante il miracolo che vide una donna del paese resuscitata per mano del santo, fatto tramandato nel “Trattato dei Miracoli” ed “La Leggenda Maggiore di San Bonaventura di Bagnoreggio” di Tommaso Celano.

    I Montemaranesi

    Persone fiere i montemaranesi… scacciarono bizantini e longobardi per quanto male armati, sono molto legati alla loro terra da sempre e, nonostante i rovesci di fortuna, da secoli continuano a festeggiare il miracolo dell’esistenza col rito gioioso della tarantella montemaranese: tradizione millenaria estatica di grande coinvolgimento e panacea contro gli spiriti maligni.

    Visitare Montemarano

    Visitare Montemarano, specialmente durante la Sagra del Vino, il Carnevale Montemaranese e la Festa del Bosco, è un must per il visitatore che voglia avere una chiave di lettura profonda del contesto storico culturale irpino, ma anche semplicemente per fare una passeggiata nel romanticissimo nell’area medievale posta al centro della città.

    È qui che prende forma il sogno di Emanuele Coscia, titolare della cantina Delite, formatosi attraverso gli studi di viticultura ed enologia presso l’Istituto Enologico “Francesco De Sanctis di Avellino, un sogno che gli fa battere forte il cuore mentre si occupa amorevolmente della vigna e che lo fa battere a chi beve i suoi vini.

    Cantina Delite

    Cantina Delite
    Cantina Delite

     

    Il nome della Cantina Delite nasce dall’acronimo composto dal cognome di suo nonno, Generoso De Lisio, dal nome di sua nonna Italia ed appunto da Emanuele: un nome che diventa arco temporale che lega passato e tradizione con presente ed innovazione, tutto però nel pieno rispetto di ciò che è stato fatto in precedenza e tramandato al giovane vignaiolo.

    Di tutto il “Taurasi-shire”, terroir che esprime poliedriche sfumature organolettiche ed espressività, Montemarano è il comune che conferisce in media caratteristiche più austere al vino destinato alla docg: infatti la viticultura montemaranese è tipicamente pedemontana poiché si pratica ad un’altitudine media di 640 metri sul livello del mare e che, grazie alla vicinanza dei monti Picentini, viene influenzata da un clima continentale con importanti escursioni termiche; queste rallentano la maturazione delle uve, favoriscono lo sviluppo di una grande carica sia tannica che acida, ed imprimono meglio le profumazioni.

    Delite, vini di territorio a Montemarano 2022
    Delite, vini di territorio a Montemarano 2022

    Questo territorio ha origine in epoche geologiche molto remote, epoche in cui tutto era ricoperto dal mare, come testimoniano le sabbie di natura fossile ivi che, assieme al pietrisco calcareo ed ai lapilli, frutto delle eruzioni vulcaniche del Vesuvio, rende la tessitura dei suoli in cui le viti affondano le loro radici, suoli a prevalenza argillosa, molto complessi e disomogenei passo dopo passo.

    Emanuele si prende cura di sei ettari di terreno, ripartiti in tre lotti in prossimità della cantina: questa distribuzione, per suolo ed esposizione costituisce per le uve Aglianico e la stessa cantina una fonte di grande ricchezza e diversificazione in quanto, grazie ad un’agricoltura di precisione e la gestione della chioma ad esempio, si possono ottenere non solo risultati tali da poter meglio interpretare la vendemmia ma persino prevenire i disagi del riscaldamento globale sia rispetto al ciclo vegetativo della pianta che riguardo alla vinificazione.

    I Vini

    Alcune etichette della cantina Delite
    Alcune etichette della cantina Delite

    Il risultato prodotto da tutto questo lavoro, anche grazie all’aiuto dell’enologo ed agronomo Arturo Erbaggio, uomo virtuoso della viticultura campana ed interprete della sostenibilità e dell’enologia coerente, si misura il appena 2500 bottiglie, un condensato di lavoro genuino e tipicità, ripartito in tre referenze:

    Aglianico Irpinia Doc “Generoso
    Aglianico Irpinia Doc “Generoso Cantina Delite

    Aglianico Irpinia Doc “Generoso”, vino molto ancorato all’identità del luogo, rustico ed appagante

    Campi Taurasini Doc “Nonna Seppa
    Campi Taurasini Doc “Nonna Seppa Cantine Delite

    Campi Taurasini Doc “Nonna Seppa”, dedicato alla madre di Generoso e che ne onora la memoria, frutto della selezione migliore delle uve e con una elegante mineralità, molto espressivo dell’andamento vendemmiale

    Taurasi Docg “Pentamerone
    Taurasi Docg “Pentamerone Cantina Delite

    Taurasi Docg “Pentamerone, ispirato all’omonimo libro di Giambattista Basile, dal vivido e complesso bouquet, equilibrato nel corpo e destinato ad una grande longevità.

     

    Conclusione

    Praticamente scoperta da Fabio Oppo, professionista del settore enologico e specialista in marketing del vino, la Cantina Delite convince per piacere anzitutto ai montemaranesi e poi per essersi fatta valere in alcuni contest internazionali ove, grazie al suo carattere affatto internazionalizzato, i suoi vini hanno ottenuto degli importanti risultati. Emanuele Coscia è decisamente una giovane promessa nel panorama vitivinicolo irpino e non si può che augurargli Buon Vento ed Ottime Annate.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Cantina: https://www.cantinedelite.it/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

    https://carol-agostini.tumblr.com/

  • Gioi e la sua Soppressata tra Storia e Sapori 2022

    Gioi e la sua Soppressata tra Storia e Sapori 2022

    Gioi e la sua Soppressata tra Storia e Sapori 2022

    Di Gaetano Cataldo

    La piccola cittadina di Gioi è incastonata nel cuore del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano nella media valle dell’Alento ad un’altitudine che sfiora i 700 metri sul livello del mare e fa parte della comunità montana del Monte Gelbison e Monte Cervati; ubicata sul costone roccioso di una collina dalla quale è visibile la Catena Serra, Gioi si affaccia su due burroni i cui fondi valle si ricongiungono presso la pianura della Selva dei Santi ed è attraversata dai torrenti Fiumicello e Fosso.

    La soppressata è un salume tipico del Centro e Sud Italia, preparato con una selezione di tagli di carne di maiale (prosciutti, spalle e rifili di pancetta e lardo), infilata in un budello e lasciata stagionare.
    La soppressata è un salume tipico del Centro e Sud Italia, preparato con una selezione di tagli di carne di maiale (prosciutti, spalle e rifili di pancetta e lardo), infilata in un budello e lasciata stagionare.

     

    Ambiente

    Boschi di castagni e lecci si alternano ai querceti abitati da volpi, cinghiali, gufi reali, tassi, marmotte e ricci; dalle ripide vigne ed attraverso gli uliveti si gode di un paesaggio superbo e dall’alto spessore naturalistico, arricchito dalle vedute sui monti sino al Mar Tirreno, abbracciando con lo sguardo un perimetro azzurrato che si estende dall’isola di Capri a Capo Palinuro, passando per l’antica città di Elea.

    Per quanto Gioi, con la sua unica frazione Cardile, conti circa 1300 anime, non manca di essere un luogo ricco di storia e fascino: anche se le prime notizie ufficiali, reperite mediante un diploma della Badia di Cava de’ Tirreni, si fanno risalire al 1034 è stata accertata la presenza degli Enotri che qui costruirono fortezze e rifugi, presidi successivamente rinforzati dalle popolazioni coloniche della Magna Grecia tanto da far presumere l’etimologia del nome di questo borgo cilentano gli derivi dalla trascorsa presenza di un antico tempio pagano dedicato a Giove.

    In seguito Gioi divenne anche roccaforte prima romana e poi longobarda, accrescendo il suo prestigio in epoca normanna, quando divenne baluardo difensivo della Rocca dei Novi e quando, grazie agli Aragonesi, la sua fama di centro amministrativo e commerciale giunse sino in Toscana per via dei manufatti in legno, cuoio e lana, nonché per l’allevamento di bachi da seta.

    Attrazione

    Tra i principali luoghi di attrazione i ruderi della Cinta Muraria Medievale, del ponte, della Cappella del San Salvatore, del Castello e della Porta dei Due Leoni, unica superstite delle sette porte che garantivano l’accesso nel borgo fortificato.

    Da segnalare le chiese dedicate a San Eustachio e a San Nicola per le quali Gioi è conosciuta con l’appellativo di “città dei due campanili”, il Convento di San Francesco del 1466 e la Chiesa di San Giovanni Battista, suo santo patrono, risalente alla seconda metà del ‘500 e, non ultimo, il Palazzo Baronale col suo antico frantoio e la Cappella della Madonna del Carmine; infine, da non perdere, i sentieri che ripercorrono le antiche mulattiere, i tipici mulini ad acqua ed il Lago Lavinia.

    Presidio Slow Food

    Lavorazione La Soppressata di Gioi, presidio Slow Food del Cilento
    Lavorazione La Soppressata di Gioi, presidio Slow Food del Cilento

    Lo scorso 23 giugno Gioi è stata insignita del Diploma di Certificazione consegnato durante l’assemblea internazionale di Slow Food a Mirande in Francia, entrando di fatto nella rete delle città Slow.
    In questa graziosa cittadina, piccola gemma del Cilento, terra famosa per la Dieta Mediterranea, non possono certo mancare primizie e leccornie di prim’ordine, la più nota delle quali è la soppressata.

    La soppressata di Gioi è un presidio Slow Food tra i primi in Italia, la cui produzione è autorizzata oltre che a Gioi e Cardile anche nei comuni limitrofi di Orria, Piano Vetrale, Salento e Stio.

    Per risalirne alla tradizione bisogna ripercorrere le rotte della transumanza, ove l’incontro tra pastori cilentani ed abruzzesi è evidente nella contaminazione produttiva che vede somiglianze con la mortadella di Campotosto, per via del lardello centrale e della pezzatura, anche se l’insaccato gioiese risulta più schiacciato; andando ancor più a ritroso è possibile risalire attraverso il secondo tomo “Delle Cose Rustiche” del 1793, scritto da padre Gaetano Niccola Onorati, detto Columella, al fatto che che addirittura la soppressata di Gioi era nota ed apprezzata già nell’XI secolo, riconoscibile per essere l’unico salame campano lardellato.

    Gioi e la sua Soppresata tra Storia e Sapori 2022
    Gioi e la sua Soppressata tra Storia e Sapori 2022

    Un tempo prodotto con l’autoctono suino nero cilentano, oggi viene ottenuto dai filetti, dai lombi e dai prosciutti di large white, duroc e landrace e loro incroci, allevati sul posto con alimentazione naturale, dal peso non inferiore ai 190 kg e di 12 mesi di età.

    Le carni magre vengono lavorate nei mesi più freddi, accuratamente private di nervature e cartilagini, macinante finemente amalgamandole al sale marino e al pepe nero in grani, senza conservanti; vengono fatte riposare per almeno 10 ore per poi essere insaccate manualmente in budello naturale, inserendo quindi il lardello centrale, ricavato dal collo del suino.

    Generalmente questa soppressata viene anche affumicata, oppure sosta in ambiente termo-condizionato per poi affinare in cantina ed essere stagionato, in ogni caso, per un periodo compreso tra i 40 ed i 45 giorni; talvolta, oltre che sottovuoto, viene conservata in vasi di vetro sottolio oppure nello strutto e, secondo una tradizione legata all’emigrazione dei gioiesi verso le Americhe o in Australia, viene inserita addirittura nel caciocavallo.

    Degustazione

    Gioi e la sua Soppresata tra Storia e Sapori 2022
    Gioi e la sua Soppresata tra Storia e Sapori 2022

    All’esame visivo esterno presenta una buona regolarità e risulta omogeno nel colore del budello su cui hanno attecchito le muffe naturali, mentre al tatto risulta consistente e compatto; la fetta, cedevole alla pelatura, si presenta di un colore rosso vivo omogeneo e leggermente marezzato, senza evidenti fessurazioni e di buona coesione persino in prossimità del lardello centrale.

    All’esame olfattivo si avverte il profumo della nocciola tostata e delle note salmastre che si accompagnano ad un leggero sentore di affumicato e speziatura.

    Con media capacità di masticazione, all’assaggio si avverte un buon equilibrio con una riconferma dei sentori di nocciola a conferire una piacevole persistenza aromatica di buona intensità, con sapidità calibrata ed accenni di pepato stemperati dalla scioglievolezza del grasso.

    Gioi e la sua Soppresata tra Storia e Sapori 2022
    Gioi e la sua Soppresata tra Storia e Sapori 2022 con calice di Aglianicone in purezza Paestum IGT del 2015
    Abbinamento territoriale

    con un Aglianicone in purezza della denominazione Paestum Igt del 2015 senza alcun affinamento in legno:

    il colore rubicondo, quasi tendente al viola, la piacevole consistenza, il profumo ancora vinoso con note succose di gelsi rossi, ciliegia in confettura con accenni piperiti, i suoi tannini più delicati rispetto all’Aglianico, una piacevole verve acida e tendenza alle morbidezze, lo rende un compagno ideale.

     

    Di Gaetano Cataldo


    Sito da visitare: https://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/soppressata-di-gioi/

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  • Intervista Anton F. Börner delle cantine Ômina Romana 2022

    Intervista Anton F. Börner delle cantine Ômina Romana 2022

    Intervista Anton F. Börner delle cantine Ômina Romana 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Ômina significa “buoni presagi”, termine ispirato dalla consuetudine degli Antichi Romani di ricavare i vaticini dalle osservazioni della meteorologia, dei pianeti e degli asterismi per comprendere l’andamento del raccolto.

    Le vigne di cantina Ômina Romana
    Le vigne di cantina Ômina Romana
    Intervista Anton F. Börner delle cantine Ômina Romana 2022
    Intervista Anton F. Börner delle cantine Ômina Romana 2022

    Ômina Romana, cantina fondata nel 2007, si ispira proprio agli auspici che le terre romane rivolgono a chi è dotto nella conduzione dei campi ed alla rinascita dei vini laziali, riprendendo antiche tradizioni mediante un modello innovativo e di controllo di tutti i processi favorevoli alla viticultura ed all’enologia, allo scopo di elevare, fino alla loro massima espressività, prodotti enologi mono varietali da cultivar come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Viognier, Chardonnay e Cesanese, selezionati da anni di studi incrociati sul clima e sulla vocazionalità dei terreni.

    Fondatore di questa realtà enologica è il dott. Anton F. Börner, capitano d’industria e uomo poliedrico che riunisce nella sua forma mentis tratti analitici ed umanistici al tempo stesso: infatti, di origini bavaresi, di cui conserva la grande affabilità, è teutonica mente statuario e metodico, ma persino appassionatamente mediterraneo, è nato ad Ingolstadt nel ’54, ed il motto “credo ut intellegam” definisce perfettamente la sua maniera di essere e di agire, ossia quello di un imprenditore scafato che deve poter sempre credere fermamente al suo progetto, averne la visione e praticarla con la ragione.

    Dapprima diplomato al liceo classico, si è poi laureato in economia e commercio nel 1979, ha occupato ruoli al vertice degli asset strategici dell’economia tedesca ed è tutt’oggi presidente onorario della Associazione Federale Tedesca del Mercato all’Ingrosso, del Commercio Estero e dei Servizi. Studi di psicologia, filosofia e teologia sono parte del suo background culturale, assieme alla passione per il mondo classico greco e latino e per l’archeologia.

    La vinificazione in purezza di varietà nobili e complesse come quelle dei nostri monovarietali ci permette di cogliere ed apprezzare le caratteriste intrinseche di ciascuna varietà. Il nostro “saper fare” trova nei monovarietali l’opportunità di massima espressione per celebrare la ricchezza aromatica che si cela in ogni acino dei nostri vitigni Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Viognier, Chardonnay e Cesanese. Le Cuvée
    La vinificazione in purezza di varietà nobili e complesse come quelle dei nostri monovarietali ci permette di cogliere ed apprezzare le caratteriste intrinseche di ciascuna varietà. Il nostro “saper fare” trova nei monovarietali l’opportunità di massima espressione per celebrare la ricchezza aromatica che si cela in ogni acino dei nostri vitigni Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Viognier, Chardonnay e Cesanese. Le Cuvée dal sito

    Con una solida esperienza internazionale parla fluentemente inglese, francese, italiano e spagnolo, possedendo inoltre una buona conoscenza base di arabo, giapponese, greco moderno e portoghese.

    A livello europeo il dott. Börner ha ricoperto ruoli strategici ed infatti è stato membro della Fédération Européenne des Grossistes en Appareils Sanitaires et de Chauffage, inoltre dal 2000 al 2004 è stato vicepresidente di EuroCommerce a Bruxelles che, all’interno dell’Unione Europea, è un’associazione che rappresenta le federazioni nazionali del commercio di 31 Paesi e le maggiori aziende di vendita al dettaglio e all’ingrosso di tutta Europa.

    Ama i cani, ne possiede ben 4 tra cui un labrador, e gli piace moltissimo il trekking.

    È un vero gourmet, conosce perfettamente la gastronomia italiana, predilige il pescato e la cacciagione e si diletta a cucinare a cucinare, anche se ammette che sua moglie Anna Maria, lo fa decisamente meglio ed è la sua costante fonte di ispirazione.

    Ha quattro figli ma è con Katharina Börner, managing director, che gestisce Ômina Romana, cantina la cui conduzione enologica è affidata a Simone Sarnà.

     

     

    Qual è il primissimo ricordo che ha del vino dottor Börner?Ero con i miei genitori ed avevo appena 5 anni, ci trovavamo in vacanza proprio in Italia sul lago di Garda. Ricordo che un simpaticissimo cameriere mi portò un poco di vino rosso mischiato con dell’acqua, rassicurando tutti che era buona consuetudine e dicendo, molto sorridente, che mi avrebbe fatto bene. Aveva proprio ragione!

    E quand’è stata la prima volta che le è venuta l’idea di fare vino?L’idea mi sfiorò precisamente nel ’92 anche se non se ne fece nulla: era il periodo del crollo della lira e furono tantissime le offerte pervenutemi da cantine piemontesi, chiedendomi di acquisirle.

    Cosa l’ha spinta ad investire in una cantina e perché in Italia?
    Ho sempre avuto una grandissima passione rispetto al mondo dell’agricoltura ed ho sempre creduto che l’unico segmento di questa attività, dove una persona possa esprimere una visione, sia la viticultura.

    Infatti del vino si può narrare l’origine, la storia prima ancora che esso diventi tale e questo perché il vino ha la sua individualità. Il vino consente lo sviluppo di un progetto imprenditoriale complesso ed appagante sotto ogni punto di vista, poiché esso riesce ad esprimere la bellezza di diverse attività umane, indispensabili alla sua piena realizzazione, tutte assieme. L’Italia è il Paese del Vino e ciò è motivo ulteriore di fiero appagamento.

    Ci racconterebbe della sua passione per l’archeologia, creando magari un parallelo tra questa scienza ed il vino stesso?
    L’archeologia ha il fascino di riscoprire cose nascoste e che risalgono ad epoche remote. Questa grande scienza riesce a svelarci ciò che è stato il mondo antico, un’attività determinante per che aiuta a comprendere meglio la società odierna tramite le consuetudini del passato. Attraverso lo studio del vino possiamo vedere il passato, il presente ed il futuro, oltre che una sintesi spirituale tra le forze della terra, il genius loci quindi, e la mano dell’uomo.

    Non occorre pertanto che citi le innumerevoli scoperte durante gli scavi, tanto sulla terraferma che sott’acqua, di reperti, come ad esempio le anfore, che ci aiutano a ricordare le origini del vino e che creano appunto un ponte tra archeologia e viticoltura.

    In Italia, da Nord a Sud, ci sono moltissimi siti archeologici: Paestum, Pompei, Agrigento e tantissime aree sull’isola di Sardegna, giusto per citarne alcune. Come mai Velletri?
    Come dicevo in precedenza, l’Italia è il Paese del Vino e ogni sua località, come quelle che ha citato nella domanda, hanno una straordinaria vocazione in quanto a suoli, climi e cultura, quindi estremamente prestazionali dal punto di vista della coltura della vite e della vinificazione. Non tutti però possono giovarsi di tutte le condizioni favorevoli possibili, non certo tutte assieme.

    Velletri era già abitata nel 1400 a.C. ma la sua scelta non attiene soltanto a ragioni storico-archeologiche, per quanto lavorare le uve in un’area già rinomata per il vino nell’antichità abbia il suo fascino. Infatti i terreni in cui le viti affondano le loro radici sono stati generati da un’esplosione vulcanica che ha dato vita ad una tessitura fatta da quattro distinti suoli, condizione che ci consente di non fare trattamenti; siamo al di un’ideale circonferenza: da una parte proviene l’influenza marittima e dall’altra siamo ridossati dai bastioni dei Monti Lepini, con buona canalizzazione eolica; infine siamo vicinissimi al massiccio del Gran Sasso che nel contesto generale ci assicura ottime escursioni termiche, mediamente di 16 e talvolta anche 20 gradi.

    Cosa conferisce carattere ai vini di Ômina Romana, qual è la sua filosofia produttiva?
    La nostra filosofia consiste nel motto latino “mens et manus”, consapevoli che senza la tecnica la manodopera non basta. Il nostro modello produttivo esige fare vini di grandissima qualità e struttura, eleganza ed armonia, insomma vini che sappiano essere territoriali ed edonistici al tempo stesso. Nella nostra linea Ars Magna, tutto deve essere perfetto in sé e conferire una complessità gusto-olfattiva che soddisfi la poliedricità dell’assaggiatore che desideri concedersi calici intellettuali, rigeneranti ed appaganti.

    Il team dell'azienda, articolo Intervista Anton F. Börner delle cantine Ômina Romana 2022
    Il team dell’azienda, articolo Intervista Anton F. Börner delle cantine Ômina Romana 2022

    Come ha convinto Heinz Beck a diventare suo testimonial?
    Lo contattammo molto tempo fa e, malgrado la condivisione della lingua e della nazionalità, sulle prime non era disposto a venire, semplicemente perché non amava avere rapporti con le cantine. Un giorno si decise a farci visita, anticipando che aveva solo 20 minuti a disposizione. Feci del mio meglio per rispettare i tempi, lui restò stupito dalla tenuta e dai vigneti, si disse felice e compiaciuto ed a me non restò altro da fare che portarlo in cantina ad assaggiare i nostri vini, poiché mancavano ancora circa 10 minuti. Heinz è rimasto con noi altre 4 ore.

    E cosa beve il dott. Börner quando non beve i vini di Ômina Romana?
    Tè verde.

    Quali sono le principali differenze di metodo tra l’imprenditoria del vino tedesca e quella italiana? Cosa esporterebbe del concetto italiano in Germania e cosa importerebbe del modello teutonico in Italia?
    In Germania l’imprenditoria è più analitica, in Italia le persone sono intuitive ed hanno più creatività, cavandosela piuttosto bene senza aver necessariamente organizzato tutto, cosa alquanto improbabile per un tedesco. Preferisco non parlare di esportazione o scambio, piuttosto credo che tedeschi ed italiani possano lavorare perfettamente bene insieme, creando sinergie inedite e modelli d’impresa straordinari.

    A suo avviso come si dovrà difendere la viticultura dal cambiamento climatico? E quali strategie i produttori europei dovranno adottare per essere competitivi rispetto ai vini del Nuovo Mondo?
    Dal mio punto di vista bisogna lavorare con metodi di coltivazione scientifici e favorire il progresso, d’altronde sono favorevole ai “pilzwiderstandsfähig”, quindi alle viti resistenti di nuova generazione. Dal punto di vista delle strategie di marketing, sostengo che il Vecchio Mondo possegga elementi unici e irripetibili: il fattore terroir, lavorare secondo natura ove si può e l’autenticità non replicabile delle varie regioni vitivinicole europee. Il Nuovo Mondo è semplicemente un’area geografica più vasta e diversa con altri tipi di attrattori per il consumatore.

    Anche i più grandi imprenditori hanno sogni e progetti. Ci parlerebbe dei suoi?
    Il mio sogno è di sviluppare un’azienda che possa essere riconosciuta per fare tra i vini più rinomati al mondo.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Cantina: https://ominaromana.com/

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  • La Cecina di León…non chiamatela Bresaola nel 2022

    La Cecina di León…non chiamatela Bresaola nel 2022

    La Cecina di León…non chiamatela Bresaola nel 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Pare fosse conosciuto ben prima che Lucio Giunio Moderato Columella ne descrivesse il procedimento di produzione nel suo De Re Rustica: è la Cecina di León, salume bovino d’eccellenza originario della regione di Castiglia e León, il cui etimo deriva dal latino siccus ossia secco, essiccato.

    La cecina di León (pronunciato sesìna) è una varietà di conserva animale che si elabora nella provincia di León (Spagna🇪🇸)con carne bovina. È catalogata dal 1994 come Indicazione Geografica Protetta. La Cecina de León" puó definirsi come carne bovina seccata e affumicata proveniente dalla parte posteriore dell'animale. La cecina presenta esteriormente un colore tostato-abbrustolito, leggermente scuro, dovuto al processo della elaborazione.
    La cecina di León (pronunciato sesìna) è una varietà di conserva animale che si elabora nella provincia di León (Spagna🇪🇸)con carne bovina. È catalogata dal 1994 come Indicazione Geografica Protetta.
    La Cecina de León” puó definirsi come carne bovina seccata e affumicata proveniente dalla parte posteriore dell’animale. La cecina presenta esteriormente un colore tostato-abbrustolito, leggermente scuro, dovuto al processo della elaborazione, la trovate da Facciolati 93.

    Storia del prodotto

    La Cecina di León...non chiamatela Bresaola nel 2022
    La Cecina di León…non chiamatela Bresaola nel 2022

    Per quanto si reputi che la prelibata Cecina abbia origini risalenti persino al I secolo a.C il suo consumo ha avuto maggior diffusione a partire dal XVI secolo, divenuta popolare a quei tempi grazie ai contadini che la producevano e la raccomandavano ai locandieri dell’epoca; il famoso agronomo spagnolo Gabriel Alonso de Herrera riporterà, nel suo Trattato di Agricoltura Generale del 1513, un capitolo a sé sulla cecina e le tecniche di salagione delle carni, mentre sono a cavallo tra il 1835 ed il 1839 le testimonianze riportate nella raccolta Tierra de León di Patrocinio Garca Gutiérrez in cui si evince che il consumo di cecina in un lustro fosse di ben 4800 arrobas, ossia 528 quintali.

    In seguito Enrique Gil y Carrasco, scrittore romantico, dedicherà ampio spazio, nel suo “Il Pastore Transumante” del 1843, alla vita dei “figli della montagna” ed alle commoventi separazioni coi familiari per condurre le greggi lungo i tratturi, portando con loro fiambreras, ossia recipienti da viaggio tipici per conservare le provviste, colmi di cecina e prosciutto. Oggigiorno si stima che il 95% della cecina consumata in Spagna e nei paesi della Comunità Europea venga prodotta ed affinata nella sola León.

    Divenuta un’indicazione geografica protetta nel 1994, la produzione di cecina è consentita nel solo comprensorio di León, Zamora e paesi limitrofi, tutti comunque facenti parte della provincia di León che, grazie al fattore pedoclimatico e ad un’altitudine media attorno agli 800 metri sul livello del mare, offre le condizioni ideali: infatti col suo clima asciutto e ben ventilato l’area di produzione ben si presta alla stagionatura della cecina, conferendo quella sua caratteristica delicatezza.

    Classificazione, taglio, produzione

    Generalmente la cecina viene classificata a seconda del taglio carneo, pertanto avremo a partire dal maggior peso la cecina de contra, taglio di petto o sotto fesa, la cecina de tapa, ossia del muscolo o fesa, la cecina de babilla, corrispondente alla parte posteriore della coscia o noce e la cecina de cadera, ossia dell’anca o scamone.

    La salagione dei pezzi di carne
    Cos’è la salagione della carne? salare i vari tagli di carne

    I tagli carnei provengono esclusivamente da mattatoi autorizzati ed il processo produttivo prevede le seguenti fasi: la rifilatura, la salagione a base di sale grosso marino, il lavaggio, il riposo, l’affumicatura della durata di 12-16 giorni, impiegando legna di quercia, rovere o leccio, ed infine l’asciugatura in camere naturali con il tradizionale metodo di regolazione di apertura e chiusura delle finestre.

    La Cecina di León...non chiamatela Bresaola
    La Cecina di León…non chiamatela Bresaola

    Tale filiera di produzione, a partire dalla salagione, avrà una durata non inferiore ai sette mesi, al termine dei quali viene assegnata l’etichetta certificativa numerata a patto che l’organismo di disciplina (Consejo Regulador) abbia riscontrato qualità e rispondenza durante l’esame organolettico, garantendo quindi la tracciabilità a seconda che il prodotto sia intero, oppure avvolto o imbustato, porzionato o confezionato affettato e sottovuoto.

     

     

    Esame organolettico

    Dall’esame visivo si evince che la colorazione esterna della cecina assume toni di marrone scuro, mentre al taglio l’aspetto assume un colore variabile tra la polpa di ciliegia matura ed il granato a seconda della stagionatura, i quali tendono ad accentuarsi verso i bordi; inoltre è possibile vedere quanto al taglio sia visibile una raffinata marezzatura.

    I profumi rievocano note tostate e di affumicato senza prevaricazione, profumi che aggiungono alla delicatezza durante l’assaggio un aroma inconfondibile; un lieve accenno sapido e di grassezza, che piuttosto che patinare il palato conferiscono nell’insieme una piacevole succulenza, completano il quadro armonico grazie ad una fibra tenera ed una gradevole persistenza.

    Evocazione e tradizione

    La cecina è un prodotto di grande evocazione storica e davvero tradizionale che si abbina perfettamente al Pinot Grigio, allo Chardonnay ed ai più satinati Franciacorta ma che si sposa benissimo anche con vini più territoriali come un Verdejo della denominazione Rueda un rosato a base di uve Prieto Picudo.

    Di Gaetano Cataldo


    Dove acquistare online: https://jamonjamonds.com/prodotto/cecina-de-leon-i-g-p-1-kg-circa/

    https://www.kuccagnamarket.it/it/cecina-de-leon/806-cecina-de-leon.html

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  • Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz

    Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz

    Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz

    Di Gaetano Cataldo

     

    Potremmo stupirvi con effetti speciali principiando questo pezzo col raccontarvi dello scontatissimo doppio senso che si cela dietro al termine ambubaia, di origine persiana e poi rientrato nella lingua latina, sino ad analizzare il perché della trasmutazione delle orecchie di Monica Samille Lewinsky in maniglie dell’amore da parte di Bill Clinton, un simpatico jazzista dal sax facile, pervenendo comunque alla conclusione che in entrambi i casi trattasi, musicalmente e non, di blowjob per certi versi…

    …ma a costo di dover sopportare la vista di qualcuno di voi allibito e a bocca aperta alla stregua di quei romani quando videro certi affreschi ateniesi raffigurare la fellatio, restando come degli allocchi nello scoprire che pure quello si poteva fare, giuro che lo faremo e senza dover arrivare fino alla Casa Bianca o passare necessariamente per neologismi volgarucci come sala orale e via dicendo: verremo al dunque restando nella mediterraneità più colta, genuina e disinvolta possibile.

    “give and take style”

    Insomma, non occorre mica arrivare ai giorni nostri e riesumare certi scandali di ruolo uso “give and take style” per affermare che il sesso orale, se fatto a dovere, farebbe resuscitare anche i morti… dubbi, incertezze? Nella mitologia egizia la dea Iside rianimò lo sposo Osiride con tutta la dovizia amorosa proprio grazie alla padronanza di quest’arte.

    A parte la meticolosa descrizione nel Kāma Sūtra di antologica saggezza orientale, la pratica del sesso orale era ben nota nell’Antica Persia, in Egitto ed in Grecia, ce lo dicono numerose testimonianze in forma d’arte pittorica di gusto erotico e ritrovamenti di kylix a figure rosse provenienti dall’Attica risalente al 520 a.C.

    Grazie a quanto raffigurato all’interno delle necropoli etrusche si apprende quanto questo popolo apprezzasse certe pratiche e fosse promotore della libertà sessuale maschile, femminile ed omosessuale, deplorando la pratica del “vizio greco” e quindi il coinvolgimento dei fanciulli.

    Senza dilungarci troppo nel tema è chiaro che persino gli antichi romani non fossero avulsi dal ricercare piacere nella pratica del sesso orale, anzi si spesero molto nel marcare la differenza delle varie modalità di impiego nei termini fellatio, penilingus e irrumatio, e gli affreschi nei lupanari di Pompei e di Ercolano, assieme alla letteratura latina, ne sono la dimostrazione.

    Cantina di Bibi Graetz Fiesole (FI)
    Cantina di Bibi Graetz Fiesole (FI)

    In tutto ciò il vino, oggetto del desiderio e fonte di piacere allo stesso tempo, diventava elemento di fusione tra la gioia di banchettare e quella dell’amoreggiare se non addirittura l’innesco delle pulsioni che esplodevano in orge collettive tra cibi raffinati e corpi sinuosi.

    Bibi Graetz, la sua vigna, la sua uva, il soffocone

    D’altronde oggi come allora se ne sono visti entrare di calici nelle camere da letto per allietare le pause tra un amplesso e l’altro e per rendere più giocoso il sesso tra amanti ed altrettanto giocosamente Bibi Graetz avrà voluto sottolineare tutto ciò chiamando una sua bottiglia Soffocone di Vincigliata, trovata goliardica che magari vorrebbe suggerire, strizzando l’occhio al bevitore, “quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia chi vuol esser lieto sia del doman non v’è certezza”.

    Bibi Graetz nella sua nuova vigna
    Bibi Graetz nella sua nuova vigna

    Descrizione organolettica

    Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz
    Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz

    Questa bottiglia è l’unica a riportare il nome del vigneto, Vincigliata appunto, e da cui si può godere di una vista panoramica davvero invidiabile sulla città di Firenze, circondati da boschi. Le uve provenienti dalla località di Fiesole, dove il vigneto di Vincigliata è stato impiantato, vengono raccolte da viti di quarant’anni che immergono le radici su terreni collinari, prevalentemente argillosi e ricchi di galestro, allevate a guyot e con esposizione a Sud-Ovest.

    Il blend di Sangiovese al 90%, di Canaiolo al 7% e di Colorino al 3% vede una fermentazione alcolica, innescata da lieviti indigeni, in vasche di acciaio per almeno dieci giorni e con follature svolte manualmente, per poi affinare in botti di rovere da 30 ettolitri per 15 mesi prima di essere imbottigliato.

    L'uva sana e di qualità di Bibi Graetz
    L’uva sana e di qualità di Bibi Graetz

    L’annata siccitosa nella regione e le poche piogge verificatesi in primavera hanno comportato una riduzione delle rese ma hanno conferito alle uve un’ottima concentrazione tanto che il Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 ad oggi presenta queste caratteristiche:

    rosso rubino di limpidissima eleganza con tendenza al granato e di buona consistenza all’esame visivo, note di rosa appassita, grande impatto di frutta quale lampone ed amarena, a cui fa seguito un sentore di scorza d’arancia candita, dunque cacao amaro, lieve nota piperita e cinerea all’esame olfattivo; al palato il sorso arriva tondo e sapido, con in mezzo una trama tannica ben calibrata e per niente irruenta, a cui fa seguito la piacevole freschezza a dare agilità di beva ad un vino comunque corposo.

    Abbinamento

    Abbinatelo mescolando almeno due distinti piaceri per volta mentre ascoltate mon manège à moi di Edith Piaf.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Cantina: https://www.bibigraetz.com/

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  • Abbinamento vino e salumi 2022

    Abbinamento vino e salumi 2022

    Abbinamento vino e  salumi 2022

    Di Gaetano Cataldo

     

    Abbinamento vino e salumi di Carol Agostini Cantina Fattoria Il Colombaio di Monteriggione
    Abbinamento vino e salumi di Carol Agostini Cantina Fattoria Il Colombaio di Monteriggione con Lombo di Bufalo e Speck di Gaetano Mastrantoni

    Molto, decisamente tantissimo tempo prima che termini anglofoni come “snack” e “breakfast” diventassero di uso comune nella nostra lingua, e venissero addentate certe stramberie, i panini col salame, col prosciutto e con la mortadella erano diventati già da un bel pezzo un’istituzione celebrata a colazione, a pranzo oppure durante spuntino mattutino o pomeridiano da tutti gli italiani di ogni generazione, a prescindere dalla posizione sociale, dalla professione o dalla latitudine di provenienza.

    Se non infagottati in un bel panino caldo da portarsi a scuola per la ricreazione, piuttosto che a lavoro durante lo spacco, i salumi, consumati comodamente seduti e con le posate al piatto, piuttosto che catturati furtivamente con le dita direttamente dal tagliere, hanno sempre avuto un ruolo da protagonista nello stile di vita e nelle consuetudini alimentari di tutti noi italiani.

    Maggiore età permettendo, basta immaginare di consumarli con un innocuo bicchiere d’acqua per rabbrividire: infatti non c’è salume che non venga degnamente celebrato con un bel sorso di vino in nome di un matrimonio enogastronomico che, a seconda delle circostanze, riesce ad essere straordinariamente pop e ricercato allo stesso tempo.

    Tagliere eseguito da Carol Agostini, salame in abbinamento ad una schiava rosè della Valdadige
    Tagliere eseguito da Carol Agostini, salame in abbinamento ad una schiava rosè della Valdadige con noci e pane integrale ai cereali e mousse di formaggio caprino fresco

    Un matrimonio però che, per poter riuscire, deve essere officiato con la buona e virtuosa pratica di abbinare i reciproci elementi per concordanza e per contrapposizione.
    Se un semplice panino al salame con un buon calice di rosso frizzante potrebbe mettere apparentemente tutti d’accordo nel rispetto dell’abbinamento territoriale, d’altra parte la ricerca dell’armonia del gusto necessita ragionamenti più complessi, proprio per la natura del salume stesso di assumere consistenze e note sensoriali diversissime a seconda dei casi.

    Tagli di salumi di varie carni
    Tagli di salumi di varie carni

    Carni suine, bovine ed equine, caprine ed ovine, danno vita assieme alle carni di selvaggina da piuma o da pelo ad un ventaglio di salumi incredibilmente vasto che, a sua volta, va a differenziarsi ulteriormente a seconda di “texture”, percentuale di grassezza, tendenza dolce e speziatura, sapidità ed aromaticità, persistenza gusto-olfattiva, i tempi e le modalità di stagionatura e l’impiego gastronomico.

     

    Ebbene, a pezzi interi o insaccati, crudi o cotti, i salumi si presentano in una moltitudine di forme, colori e profumi e basterebbe aumentarne lo spessore di una sola fetta per accrescere la succulenza indotta, elemento che per contrapposizione vorrebbe vi si associ un vino che abbia tenore alcolico, tannicità o entrambi, con una buona modulazione di frequenza degli stessi a seconda di quanto il palato debba essere disidratato da queste due componenti del vino, fermo restando che il tenore alcolico stesso del vino costituisca anche un ottimo contrappeso alla presenza di grassi nel salume in considerazione.

    Un altro abbinamento proposto da Carol Agostini con carne di bufalo e vino Brigante Aglianico Colli di Salerno IGP di Casula Vinaria
    Un altro abbinamento proposto da Carol Agostini con carne di bufalo e vino Brigante Aglianico Colli di Salerno IGP di Casula Vinaria

    Sempre per contrapposizione vediamo la grassezza del salume abbinata alla freschezza del vino, termine quest’ultimo che ne indica l’acidità che può essere, a seconda dei casi, accentuata dalle basse temperature e dal “perlage”, da adottarsi specialmente quando la patina di grasso oppone maggior resistenza ad essere rimossa; anche la tendenza dolce richiede contrasto: un vino con buona mineralità darà il suo valido contributo.

    Salame e parametri organolettici
    Salame di cinghiale molto persistente con parametri organolettici complessi

    Più un salume avrà persistenza gustativa e più l’abbinamento per concordanza con un vino di pari persistenza aromatica intensa dovrà essere tenuto in considerazione, parimenti al corpo ed alla speziatura che dovranno trovare un degno compagno per corrispondenti virtù gustative. Bisogna a questo punto fare una piccola considerazione: se è vero che la grandezza di un salume richiede un vino di pari dignità è altrettanto vero che non bisognerà mai rincorrere le irruenze dei salumi con le irruenze del vino perché la loro somma diventerebbe alla lunga troppo impattante per il palato, tanto che la saggezza popolare del buon pane insipido, tra l’altro non necessariamente presente in tutte le regioni, sarebbe un accorgimento del tutto insufficiente.

    Non è quindi la predilezione per tal salume e tal vino a rendere piacevole l’insieme, per quanto de gusti bus non disputandum est, ma l’equilibrio armonico di un abbinamento che al palato non vedrà mai prevaricare l’uno sull’altro.

    Abbinamento vino e  salumi 2022
    Abbinamento vino e  salumi 2022, in foto prosciutto cotto di pecora Veneto

    Lo zampone ed il “bal ‘d luc” abbinati ad un Barbera del Monferrato o ad un Lambrusco di Sorbara troverebbero un degno compagno a prescindere che il contorno sia a base di lenticchie o purè; I

    l prosciutto cotto di pecora, comune a Sardegna, Toscana e Veneto, col suo delicato sentore di timo potrebbe incontrare i favori di un Pigato ligure già a partire dalle assonanze olfattive, ma neanche una Falanghina del Beneventano o un delicato spumante rosato a base di Pinot Nero non sarebbero male.

     

     

    salumi e Franciacorta, articolo Abbinamento vino e salumi 2022
    salumi e Franciacorta, articolo Abbinamento vino e salumi 2022

    Il violino di capra ed il Valtellina Superiore della sotto zona di Valgella potrebbe essere un’interessante scommessa; i prosciutti crudi equilibrati, di buona stagionatura e delicati come il San Daniele ed il crudo di Parma possono essere accompagnati dalle bollicine satinate della Franciacorta, mentre il Culatello di Zibello ed un ottimo guanciale di suino nero casertano, decisamente più complessi, con un Metodo Classico trentino da lunga permanenza sui lieviti, piuttosto che un profumatissimo Sauvignon Blanc dei Colli Orientali del Friuli o magari un Viognier.

     

    Naturalmente quando l’appeal rustico si accentua nei prosciutti, come spesso accade nelle aree centro-meridionali e montane della penisola, i vini possono salire di struttura a patto che i tannini non siano troppo marcati: Vermentino Nero delle Alpi Apuane, Rosso Conero e Sangiovese di Romagna.

    Intrigante l’abbinamento tra la Finocchiona e la Vernaccia di Serrapetrona, piuttosto che un più morbido e territoriale Morellino di Scansano; lo Speck e la pancetta tesa affumicata trovano nel Gewürztraminer un compagno aromaticamente molto indicato ma anche una Ribolla Gialla da lunghissime macerazioni in anfora, per quanto più modesta in termini di aromaticità, troverebbe nella persistenza un valido pretesto per farsi bere con questi salumi dal carattere deciso.

    Una straordinaria mortadella un Fiano di Avellino di buona morbidezza e calibrata freschezza, un Catarratto oppure una Malvasia Bianca lucana; la piccantezza della ‘Nduja la si potrebbe spegnere con un rosato da uve Primitivo di Gioia del Colle, piuttosto che col territoriale Cirò Marina rosso, ma qualcuno pare abbia anche osato col Sirah Cortona e con il Carignano del Sulcis, promettendo che il “match” sia ben riuscito a patto che tali vini non siano proposti nelle loro versioni più strutturate.

    Abbinamento vino e salumi 2022
    Abbinamento vino e salumi 2022

    Una tipica specialità piemontese come il salame al Barolo vede immediata assonanza ma si può certamente volare fuori regione e prediligere un Taurasi di lungo affinamento, abbinamenti questi che si attagliano altrettanto magnificamente con il prosciutto di Cinghiale.

    Conclusioni

    Insomma, basta lasciarsi guidare dagli abbinamenti tradizionali dettati dalle consuetudini territoriali ma anche farsi coraggio e tentare sperimentazioni gustative provenienti dal connubio tra prodotti di altre terre e da interpretazioni enologiche mai considerate prima, purché la gioia del proprio palato sia raggiunta ed appagata.

    Di Gaetano Cataldo


    Partner: https://www.foodandwineangels.com/     https://carol-agostini.tumblr.com/

     

  • Ischia, Materica e Raffinata la cucina di Antonio Monti 2022

    Ischia, Materica e Raffinata la cucina di Antonio Monti 2022

    Ischia, Materica e Raffinata la cucina di Antonio Monti 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Forio, Ischia (NA) e il Ristorante Montecorvo con Antonio Monti
    Forio, Ischia (NA) e il Ristorante Montecorvo con Antonio Monti

    Se qualcuno ancora non si fosse messo in testa che la bella Ischia è un’isola di terra, ossia un luogo ad altissima vocazione gastronomica più contadina che marinara, può andare in un solo posto per rendersene conto: al Ristorante Montecorvo a Forio.

    Questo grazioso angolo di paradiso è incastonato in un vero e proprio giardino, ove non mancano piante esotiche, l’orto familiare e giochi d’acqua, mentre le sale hanno tutto il calore delle case pronte a ricevere gli ospiti con sale in arte povera ed un camino scavato nel tufo verde caratteristico di Ischia.

     

    Il fondatore

    Il Ristorante Montecorvo Un accogliente ristorante immerso nella Campagna Ischitana, ma comunque raggiungibile in solo dieci minuti di macchina dal centro di Forio o dall'incantevole Sant'Angelo.
    Il Ristorante Montecorvo
    Un accogliente ristorante immerso nella Campagna Ischitana, ma comunque raggiungibile in solo dieci minuti di macchina dal centro di Forio o dall’incantevole Sant’Angelo.

    La struttura è stata tirata su grazie ai sacrifici di Giovanni Monti che a poco a poco è riuscito a creare una realtà sempre più apprezzata e con i dovuti ammodernamenti che esiste da ben 40 anni, senza mai cambiare radicalmente l’impronta originaria e la semplice immediatezza con la quale il ristorante Montecorvo si presenta ai commensali.

     

    Naturalmente Giovanni non è solo e può contare sempre sull’aiuto di sua moglie, la signora Carmela, e dei figli Nicola e Antonio, rispettivamente imprestati alla sala ed ai fornelli con tanta dedizione grazie alla passione trasmessa loro dai genitori e, diciamolo, anche per la loro vocazione al mestiere della ristorazione.

     

    La sala

    Nicola Monti responsabile di sala ristorante Montecorvo Forio-Ischia
    Nicola Monti responsabile di sala ristorante Montecorvo Forio-Ischia

    A Nicola Monti dunque il merito di accogliere gli ospiti con un welcome genuino e per niente ampolloso, mettendo tutti a proprio agio, sia i vecchi che i nuovi fan del ristorante Montecorvo, pertanto non potrebbe essere diversamente col servizio:

    semplice, puntuale e discorsivo quando serve.

     

    A lui in effetti tocca anche la gestione della carta dei vini, una carta briosa e della giusta profondità dove con leggerezza si attraversa l’enologia ischitana, passando per piacevoli referenze extra regionali che mettono a proprio agio una clientela trasversale, fino ai pezzi da novanta, ossia alcuni delle grandi bottiglie che hanno fatto la storia del vino in Italia.

    Ma veniamo allo chef adesso.

    Antonio Monti ha avuto trascorsi in sala ed in qualità di pizzaiolo, dimostrando da subito una grande flessibilità ed una visione complessiva dell’arte della ristorazione.

    Come tanti giovani ragazzi desiderosi di viaggiare e vedere il mondo, lavorare e crearsi un avvenire, Antonio, appena terminato gli studi e con lo zainetto in spalla, vola verso il suo futuro e approda a Londra.

    Trova lavoro dapprima come cameriere ma al tempo nutriva già attrazione per i fornelli, tanto più che amava farlo già assieme ai suoi genitori e, a poco a poco, ha ottenuto di indossare il grembiule, con tenacia, desiderio e zero improvvisazione, assecondando di fatto il suo istinto.

    Dopo questa scintilla ha trovato lavoro dapprima nelle cucine del Don a Bank Station, sotto la direzione dello chef James Walker, successivamente a Le Gavroche di Albert Roux. Dopo 3 anni di solida gavetta londinese ma anche di esempi virtuosi, di quelli che ti fanno amare ancora di più la Cucina, Antonio prosegue il suo percorso di addestramento all’arte culinaria sbarcando nelle cucine di Antonio Guida al Seta del Mandarin Oriental Hotel di Milano. Last but not Least ecco che dopo un’ulteriore palestra formativa ne arriva un’altra: e siamo al Mirazur dello chef Mauro Colagreco a Menton.

    Penso che possa anche bastare così, ma se foste di altro avviso, ecco altre altrettanto edificanti esperienze che Antonio, con umiltà e gratitudine, tiene molto a menzionare: con Frederic Simonin ed all’Atelier Robuchon a Parigi, a Le Grains d’Argent a Epernay, a Terra The Magic Place a Sarentino, poi con Marco Pirotta di nuovo a Milano ed a Piazza Duomo nella brigata dello chef Enrico Crippa ad Alba.

    Golosiamoci

    Come dicevamo prima la gastronomia ischitana si presta benissimo ad interpretare i sapori di terra ma pur certo è che nel menu del ristorante Montecorvo non manca mai il pescato di stagione, quel che è certo è che ci si va per respirare aria buona, per godere di una vista mare incredibile, per restare immersi nella natura e per stare bene a tavola.

    La cucina sana e fresca della Famiglia Monti a Ischia
    La cucina sana e fresca della Famiglia Monti a Ischia

    Si comincia con “‘e pizzell’e sciurille” che per poco non sparivano dal piatto, un piacere mangiare una primizia come i fiori di zucca direttamente dall’orto della famiglia Monti ancor prima della loro stagionalità media, grazie al favore del clima di Ischia.

    Lavoro di fino sulla tartare, perfettamente mondata e rimodulata col giusto condimento, con salsa di lenticchie e misticanza di verdure. I carciofi imbottiti e stufati che non ti aspettavi fanno bella e fumante mostra di sé in attesa dei primi.

    Sui primi si esagera alla grandissima: bucatini al sugo di coniglio che è tutta una promessa, pappardelle alla genovese di cinghiale, un fuori carta che stava lì apposta per noi, ed infine un’altra chicca: tagliolini al tartufo nero pregiato dell’Appennino Umbro-Marchigiano.

    Ricco sia di carne che pesce con vari contorni e una miriade di antipasti assolutamente da provare. Molti dei deliziosi piatti del ristorante Montecorvo vengono preparati in forno a legna, come i pesci al forno, le carni rosolate e il tipico coniglio all'ischitana che difficilmente al giorno d'oggi vedrete preparare secondo la ricetta tradizionale.
    Ricco sia di carne che pesce con vari contorni e una miriade di antipasti assolutamente da provare. Molti dei deliziosi piatti del ristorante Montecorvo vengono preparati in forno a legna, come i pesci al forno, le carni rosolate e il tipico coniglio all’ischitana che difficilmente al giorno d’oggi vedrete preparare secondo la ricetta tradizionale.

    Infine, ma per i primi si intende…

    La carne alla brace ed i contorni erano certamente squisiti ma quando è arrivato il coniglio all’ischitana si è fermato letteralmente l’orologio: andando a pizzicare come primo pezzo la parte più stopposa pure quella era tenera e succulenta, cucinata come si faceva un tempo e con una marinatura favolosa che non contemplava soltanto il timo serpillo ma anche altre erbe mediterranee impiegate molto saggiamente.

    Senza nulla togliere alla bravura di Antonio i complimenti per questo piatto tipico di Ischia vanno però al padre Giovanni che, dopo la prenotazione, si è messo di buona lena a coccolare per noi il saporitissimo roditore in cottura nel forno a legna.

    Coccole finali con la pasticceria della casa ed un cannolo squisito con ricotta locale e la cortesia, mai scontata, dei liquori della tradizione per gli irriducibili e, naturalmente, del nettare dionisiaco in forma di passito.

    Conclusione

    La cucina di Antonio Monti è materica e raffinata al tempo stesso. Certo questo potrebbe apparire un ossimoro, soprattutto quando si evince sostanza al piatto ed una traduzione di sapori e materia prima in chiave apparentemente casalinga, ma che nella realtà lo studio, la calibrazione di cotture ed ingredienti, rendono al piatto una semplicità definitiva che, ad un occhio disattento, mimetizza la complessità dei passaggi e l’attenzione mediante cui lo si è ottenuto il risultato finale.

    Bella chef! Alla prossima per la cucina di mare, sempre al ristorante Montecorvo.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito ristorante: https://www.montecorvo.it/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • Esce Vino, il Romanzo Segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron 2021

    Esce Vino, il Romanzo Segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron 2021

     

    Esce Vino, il Romanzo Segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron 2021

    Di Gaetano Cataldo

    Vino il romanzo segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron
    Vino il romanzo segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron

    Fragoroso, dirompente, schietto e di grande umanità.
    La comunicazione enologica lasciata in mano ai turisti del vino è meno peggio di quella artefatta di quei grandi viaggiatori che hanno smarrito la strada ed il romanticismo insito nel cammino, accecati dal dio denaro e dalla semplicità di percorso.

    Roberto Cipresso enologo winemaker
    Roberto Cipresso enologo winemaker

    La capacità di emozionare un navigante non è facile da parte di un enologo, neanche quando quel navigante è anche un sommelier.

    Il fatto è che l’enologo non è un enologo qualsiasi ma Roberto Cipresso, compassato winemaker e scrittore cult di fama internazionale, ed in questo suo ultimo libro ha la capacità di un capitano di lungo corso di portare per mano in un viaggio che di pianificato non ha nulla persino i più scafati naviganti, di vigne o di oceani, facendo ritrovare al lettore la gioia di perdersi tra le sue pagine, come ci si perde volontariamente tra vicoli e vicoletti per ritrovarsi in una emozione univoca ed in uno stato di grazia: quello di solcare il mare dal colore del vino come nei vecchi simposi, scandagliandone le profondità, mai lineari.

    Alessandro Zaltron scrittore
    Alessandro Zaltron scrittore

    Troverete che vi perderete e nel perdervi imparerete nuove vie.

    È il romanzo dove in ogni capitolo c’è qualcosa che ci tocca sul personale forse o sfiora comune passioni: Corto Maltese, il Mare, il Radar…. Nel terzo capitolo si afferma che dalla Vitis Vinifera si può tornare alla Vitis Silvetris, già questo ti destabilizza e ti fa saltare dalla gioia, specie quando temi quella fillossera silenziosa che è l’introgressione genetica e ti si illumina il viso dalla speranza.

    “Vino, il Romanzo Segreto” è il luogo di incontro dove ogni citazione di un suo vino diventa la scusa per narrare storie di persone e non già che le storie di persone vengano usate come scusante per citare i suoi vini.

    “Le conoscenze enologiche applicate retroattivamente salvano il bello delle storie antiche. Soltanto a questo modo un’uva senza pedigree, di bellezza imperfetta, torna a parlarci con voce intellegibile”.

    Geografia del tempo del vino…

    I libri, il viaggio, la consapevolezza che ci sono persone che si leggono altrettanto tra le pagine e le pieghe dei loro anni, dei loro pensieri e delle loro esperienze. Questo libro, e non capita spesso, è diventato da subito molto personale, hai presente quando si ha come l’impressione che un piccolo frammento di scrittura sembra che parli di te o di cose tue o come di una canzone che sembra proprio ce l’abbia con te?

    Insomma è chiaro che il libro parli di altro, sono i nostri filtri, legittimo ognuno abbia il suo, però questa lettura la sto proprio accarezzando e da diverse sere, persino dopo averlo già letto, e mi culla proprio come al tempo in cui leggevo certi romanzi quando ero in mezzo al Mare e la nave rollava dolcemente con i venti e le correnti al traverso.

    Di Gaetano Cataldo


    Carol Agostini e Roberto Cipresso Vinitaly 2022
    Carol Agostini e Roberto Cipresso Vinitaly 2022

     

    Felice di conoscere entrambe i due protagonisti di questa recensione e di aver letto il libro, anch’io come Alessandro e Roberto sono nata e cresciuta vicino a Bassano del Grappa, dove il Ponte Vecchio, Oh bella ciao e la cultura del buon vino ci hanno fatto diventare grandi e apprezzare la nostra cittadina e regione.

    Roberto un esempio enologico di successo e di grande intuizione, Alessandro un dolce e emozionante scrittore con la sua penna delicata.

    Carol Agostini e Roberto Cipresso Vinitaly 2022
    Carol Agostini e Roberto Cipresso Vinitaly 2022

    E’ per noi un onore potervi presentare questo libro in tutta la sua essenza, vi consigliamo di leggerlo, vi porterà in un viaggio intrigante.

    Di Carol Agostini


    Sito da visitare: https://robertocipresso.it/poggio-al-sole-agriturismo-toscana/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/