Assaggi è un evento imperdibile, dedicato alla valorizzazione del patrimonio enogastronomico del Lazio, dove professionisti di settore e appassionati del buon cibo potranno scoprire i migliori prodotti agroalimentari della nostra regione.
Il salone enogastronomico si svolgerà nella splendida location del Palazzo dei Papi, nel cuore del suggestivo quartiere medievale di Viterbo.
Un vivace calendario di eventi animerà le piazze più belle della città per permettere a tutti gli appassionati del settore di esplorare, degustare e conoscere il made in Italy enogastronomico.
GLI ESPOSITORI
Un Salone dedicato alle imprese che si impegnano per dare valore alla cultura enogastronomica del proprio territorio, realizzando prodotti artigianali e autentici.
l buon cibo di scoprire e apprezzare la ricchezza di sapori, profumi e tradizioni del nostro territorio.
PARTNER
Assaggi è l’evento organizzato da Camera di Commercio di Rieti Viterbo per valorizzare e promuovere le imprese enogastronomiche del Lazio a un pubblico di professionisti che non ha ancora avuto modo di apprezzare appieno l’alta qualità e la ricchezza dell’offerta della nostra regione.
SALONE ENOGASTRONOMICO
Palazzo dei Papi – Piazza San Lorenzo, Viterbo Inaugurazione: venerdì 19 maggio ore 17:00
ORARIO
Venerdì 19 maggio 17:00-20:00 – ingresso aperto agli operatori e al pubblico
Sabato 20 maggio 10:30-20:00 – ingresso aperto agli operatori e al pubblico
Domenica 21 maggio 10:30-20:00 – ingresso aperto agli operatori e al pubblico
Lunedì 22 maggio 10:00-16:00 – ingresso riservato agli operatori
Ingresso gratuito per i professionisti del settore
Cascina Boschetti, la degustazione di 3 prodotti rappresentativi
Di Marco Germani
Il territorio di Barolo, nel cuore delle Langhe rappresenta un punto di riferimento per gli appassionati di tutto il mondo, da queste colline nasce uno dei vini più famosi mai prodotti, icona della viticoltura italiana di qualità.
C’è una collina, che sovrasta i tetti di Barolo e le mura del castello dei Marchesi Falletti, dove gli ordinati filari di nebbiolo sembrano disegnati da un pittore, la collina Boschetti.
Cascina Boschetti nasce sulla sommità di questa collina, dall’azienda si gode di una vista mozzafiato a 360°, sulle colline di Langa e sui numerosi castelli che le costellano.
Sergio Gomba
Quando parliamo di Cascina Boschetti parliamo di Sergio Gomba. E’ lui l’uomo che ha firmato la rinascita dell’azienda, una vita passata a coltivare un sogno. Tenace e capace, Sergio Gomba ha trasformato una casa e le sue vigne in una tenuta maestosa con una vista mozzafiato.
“Il lavoro non mi ha mai spaventato, anche adesso che ho una certa età” dice senza enfasi, quest’uomo di poche parole. Per capire che non mente, basta guardargli le mani.
La Cantina
Cascina Boschetti, nasce nel 1977, i vigneti attorno alla cantina appartengono da anni alla famiglia Gomba. Nel 1991 l’acquisto della cascina e successivamente di altre vigne nel Roero.
“Ci piace dire che le uve sono tutte nostre, raccolte a mano, selezionate a mano. La vendemmia è un momento importantissimo per tutti noi, di lavoro ma anche di festa, di riunione della famiglia e degli amici”.
“I nostri 30 ettari si dividono tra Langhe e Roero, garantendo il meglio delle nostre uve, delle nostre viti e dei nostri terroir, per ottenere un vino unico, ogni anno diverso, ma sempre ineguagliabile”
Oggi la produzione si attesta intorno alle 300 mila bottiglie, di cui 160 mila di Barolo. “La vigna parla: bisogna saperla ascoltare”.
Grande cura quindi per tutte le lavorazioni del vigneto: dagli umori di terreno e viti fino all’ecosistema in cui sono inseriti.
Sergio custodisce non solo i suoi filari, ma anche dei boschi attorno alla tenuta. Qui vivono animali e alberi che contribuiscono a mantenere un equilibrio importante per il vigneto.
Nasce anche il tartufo bianco d’Alba. Una curiosità: il nuovo vigneto a Scaparoni, tra Alba e Piobesi d’Alba, è stato piantato sopra la “grotta dei pipistrelli”, una vecchia cava di gesso dismessa che ora è un rifugio per centinaia di pipistrelli.
Nebbiolo d’Alba DOC 2021
Luminoso rubino scarico. Olfattivo deciso declinato su mora, ribes, e fragolina di bosco in maturazione, rosa canina e viola fresche. In bocca domina la freschezza, in coerenza con una beva non troppo impegnativa. Il tannino, ancora deciso, porta ad un medio finale su scie di frutti di bosco maturi.
Barbera d’Alba DOC 2021
Rubino carico con screzi purpurei. Al naso si presenta piacevolmente variegato, passando da un fruttato maturo di ciliegia, amarena e mirtillo ad un floreale in appassimento di viola, rosa e peonia. Eleganti tocchi di pepe bianco, sottobosco e legno di rovere ne completano il profilo. In bocca è morbido, pieno, con tannini ben dosati e media persistenza su note di ciliegia succosa.
Barolo DOCG del Comune di Barolo 2019
Rubino vivace con sfumatura granata, sfoggia un olfattivo declinato al frutto sottospirito. Mora, ribes, ciliegia, lampone e fragolina di bosco sono seguiti da freschi fiori di viola e rosa. Completano il profilo piacevoli rimandi di pepe, noce moscata, liquirizia, vaniglia, smalto. Di ottima struttura, fine, dal tannino ben dosato e la fresca e dinamica evoluzione. Molto gradevole la lunga chiusura su rimandi di liquirizia e polvere di caffè.
TERRE DI TOSCANA 2023 – AD ALTO IMPATTO DEGUSTATIVO
Di Elsa Leandri
Terre di Toscana 2023 è giunta alla quindicesima edizione. Si è svolta nell’ultimo week end di marzo all’UNA Hotel Esperienze a Lido di Camaiore, location ormai ben rodata.
Dopo le varie anteprime dei mesi precedenti questo è il primo evento che racchiude tutta la Toscana in un luogo permettendo di spaziare da Bolgheri alle Colline Lucchesi, dal Chianti Classico alla Vernaccia di San Gimignano, dal Morellino di Scansano al Brunello di Montalcino offrendo in questo modo un vero e proprio elogio della produzione in terra etrusca.
Circa 140 cantine presenti tra le quali dei nomi di eccezione come Tenuta San Guido, Ricasoli, Petra, Montevertine, Panizzi, Il Marroneto, Tiezzi, Due Mani.. solo per citarne alcune; nomi che parlano anche a quelle persone che conoscono poco il mondo enologico e che sono diventati quasi uno status symbol della Toscana. Le vecchie annate protagoniste del lunedì hanno offerto inoltre delle degustazioni uniche, rare e indimenticabili.
Organizzazione eccellente con un’area food ben isolata dalle sale di assaggio in cui venivano proposti dei prodotti tipici toscani quali salumi o formaggi. Tuttavia potrebbe essere migliorabile la distanza tra un produttore e l’altro così da permettere una maggiore fruibilità. Speriamo inoltre che nella sedicesima edizione, che avrà luogo il 24 e 25 marzo 2024, tornino nuovamente le Degustazioni de l’Acquabuona che nel 2020 avevano avuto come argomenti il Brunello di Montalcino, la Syrah e i vini passiti.
Come tante api volano di fiore in fiore, così i vari avventori si muovono da un banchetto all’altro: alcuni hanno preparato un percorso studiato a tavolino, altri si fanno semplicemente attrarre dallo styling di un’etichetta, altri pur avendo un iter ben prestabilito non resistono e si lasciano comunque sedurre da una bottiglia che esula dai “progetti” iniziali.
In questa manifestazione possiamo dire che dove ti fermi non rimarrai deluso, tanto è elevato il livello qualitativo delle aziende presenti. Diventa pertanto difficile e superfluo stipulare una classifica dei migliori assaggi perché sarebbe fare un torto a altre cantine altrettanto meritevoli. Ci limiteremo quindi a indicare quelle bottiglie, forse meno conosciute ai più, che ci hanno suscitato un interesse e che speriamo che per voi siano una scoperta.
Giallo paglierino con riflessi dorati. Impatto olfattivo accattivante con sentori di fiori di tiglio e ginestra, echi di albicocca e pesca e in chiusura pasta di mandorle. In bocca si distingue per una sapidità che prolunga il sorso su frutta candita.
Rosso carminio vivace. Apertura di ciliegia, mirtillo e mora con ricordi di erbette balsamiche arricchite da una spolverata di grafite. Freschezza e tannino ben integrato per un lungo finale di bocca.
Vintage 2017 (50% Vermentino e 50% Viognier)– Montepepe
Paglierino con luminosi riflessi dorati. Attrattivi i sentori di ginestra e di fiori di acacia, con cenni di agrumi disidratati, propoli e note di pasticceria appena sfornata. Il sorso è pieno e avvolgente. La sapidità e una leggera tannicità ravvivano il cavo orale con un finale fruttato.
Carminio impenetrabile. Insieme di frutti di bosco che si distinguono nitidamente dalla mora al mirtillo, dalla ciliegia al lampone. Cenni speziati e floreali ne completano il profilo. Tannino ben marcato con la freschezza che dinamicizza la beva promettendo una lunga evoluzione in bottiglia.
Rosso di Montalcino Il Jeccardo 2018 ( 100% sangiovese)– Fattoria del Pino
Carminio di media intensità. Elegante apertura floreale di violetta e iris a cui seguono le classiche note di ciliegia marasca. Finale balsamico. Al sorso freschezza e tannini ci accompagnano e lasciano la bocca su una scia agrumata.
Malìe 2022 ( Vermentino 60%, Chardonnay 30%, Grechetto 10%)– Valle del Sole
Paglierino vivace. Profilo olfattivo che trova nella pesca bianca, negli agrumi e nelle erbette aromatiche la sua essenza. Note di fiori di zagara in chiusura. La bocca viene scossa da una vibrante acidità che seduce il palato con ricordi di melissa e lemongrass.
Il Poggio una cantina che racconta il Sannio ad ogni sorso
Di Adriano Guerri
Durante la mia partecipazione ad una delle più grandi fiere di vino e distillati a livello internazionale che ha avuto luogo dal 2 al 5 aprile a Verona, con enorme piacere mi sono presentato allo stand della Cantina Il Poggio.
Mi hanno ricevuto Carmine e Marco Fusco, titolari della tenuta e all’ interno dello stand ho trovato una gran bella sorpresa, c’era l’amico e collega Diodato Buonora, nonchè direttore di Ristorazione & Ospitalità con consorte, i quali mi hanno messo subito a mio agio.
I fratelli Fusco, oltre a farci degustare i loro ottimi vini, ci hanno descritto con grande entusiasmo la storia della loro azienda. A seguire, alcuni cenni della Cantina, e per ultimo, non per ordine d’ importanza, seguono le note di degustazione dei vini assaggiati a Veronafiere.
L’azienda vitivinicola campana “Il Poggio” si trova alle falde del Monte Taburno in provincia di Benevento, patria dell’omonimo Aglianico. Posta ad un’altitudine di 300 metri s.l.m. ed immersa tra boschi e vigneti nel verde delle dolci colline. La famiglia Fusco coltiva la vite in questa meravigliosa enclave, sin dal remoto anno 1790.
Tuttavia, il grande passo e la decisione di voler produrre le proprie etichette è avvenuto più recentemente, nel 1997 e le prime bottiglie sono state immesse sul mercato a partire dall’annata 2001.
In questo stupendo lembo di terra il microclima è ideale per la coltivazione della vite, tipico mediterraneo, caratterizzato da forti escurzioni termiche tra il giorno e la notte e capace di dare origine a vini con aromi intensi e di elevata qualità.
Per scelta “Il Poggio” ha deciso di privilegiare soltanto la coltivazione di vitigni autoctoni e vinificarli esclusivamente in purezza. Tra i filari si trovano, Aglianico, Falanghina, Coda di Volpe, Fiano del Sannio. La superficie vitata si attesta su circa 20 ettari con suoli composti prevalentemente da scheletro, arenarie, argilla e calcare. Le rese per ettaro sono davvero basse e nel calice si riscontra grande qualità e buona piacevolezza di beva.
La denominazione di origine controllata (Doc) Sannio risale al 1997 e la denominazione di origine controllata e garantita (Docg) Aglianico del Taburno al 2001, ambedue sono comprese nella provincia di Benevento.
Note di degustazione al padiglione dedicato alla regione Campania di Veronafiere nell’ occasione della 55° edizione di Vinitaly.
Taburno Falanghina del Sannio Dop 2022 – Giallo paglierino brillante, rivela sentori biancospino, forsizia e frutta esotica che vanno a seguire una gradevole scia agrumata, il sorso è fresco e sapido, invitante e duraturo. A tavola si abbina bene con preparazioni a base di frutti di mare.
Coda di Volpe Sannio Dop 2022– Giallo paglierino luminoso, una cascata di frutta, mela, albicocca, melone, susina, fiori di tiglio e erbe aromatiche, ben si uniscono a note di pompelmo e lime, caratterizzato da una buona spalla fresca, rotondo, sapido e appagante. Compagno ideale di pesce bianco alla griglia.
Taburno Falanghina del Sannio Vendemmia Tardiva 2018 – Giallo dorato consistente, emana sentori di albicocca, ananas, mango, nettarina, nocciola, zagara e fiori di campo, coerente, sapido e amabile. Lo vedo bene con la pastiera napoletana.
Safinos Aglianico del Taburno Rosso Docg 2016 – Rosso rubino intenso, al naso un tripudio di sentori, come ribes, mirtilli, amarena, mora che ben si fondono con sottili e piacevoli note sia tostate sia speziate, al gusto è decisamente avvolgente, pieno e incredibilmente persistente. Il matrimonio perfetto è con carne arrosto e alla griglia.
Antica Tenuta Palombo, memorie e tradizioni vinicole ad Atina: Radici profonde in una terra nobile
Di Cristina Santini
L’universalità della bellezza risiede in un luogo e nel suo trascorso che non può e non deve essere dimenticato e a volte l’unico punto di partenza è riprendere il filo da dove lo si è interrotto. Questa è la storia di Antica Tenuta Palombo di Atina, in provincia di Frosinone, Città dalle origini antichissime, patria di facoltose famiglie patrizie.
Con un press tour organizzato dai ragazzi di Vinario4, in collaborazione con l’Azienda ospitante e gli Enologi, Pierpaolo Pirone e Roberto Mazzer, di At Wine Consulenze Enologiche, abbiamo avuto prova di tanta bellezza osservando da vicino la Valle di Comino, circondata dall’Appennino abruzzese, fatta di paesaggi meravigliosi e molto generosa di una vegetazione differente dalle altre zone pedemontane del Lazio.
Piena di ruscelli, sorgenti, boschi è conservatrice di una lunghissima tradizione vitivinicola, esistente già in età romana, che ebbe inizio dalla coltivazione dei vitigni provenienti dal Medoc francese, impiantati più di 160 anni fa, fino ad arrivare ai nostri giorni alla riscoperta di rarità enologiche locali.
Nel 1860 la zona ricadeva nel Regno delle due Sicilie e un tale Pasquale Visocchi, allora Ministro dell’Agricoltura del Regno di Napoli nonché nobile di zona, fu inviato per conto del Regno in missione in Francia. Appassionato di viticoltura, notando delle similitudini con il terreno di Atina, portò con sé varietà, come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Syrah, Sauvignon Blanc, Sémillon per creare campi sperimentali in questo angolo di natura.
Giunti poi all’Unità d’Italia, la zona rimase rurale, esclusa dagli investimenti per lungo tempo fino al secondo dopoguerra, diventando terra di emigranti e rimanendo isolata e sconosciuta.
Anche dopo la morte del Visocchi, il tempo cancellò la memoria e le piante di Cabernet e Merlot furono confuse l’una con l’altra.
Si dovrà attendere gli anni ‘80 per vedere la ripresa territoriale e la produzione di vini di qualità con Giovanni Palombo, Fondatore dell’Antica Tenuta Palombo.
L’areale è circondato dalle montagne che lo proteggono dai venti freddi del Nord. Circa 200 milioni di anni fa, l’Appennino era una barriera corallina che si trovava nell’attuale Mar Rosso; oggi troviamo un territorio, originato dal fondo del mare molto friabile, con tre fiumi principali che lo attraversano (il Liri, il Fibreno e il Melfa). Tutti questi corsi d’acqua in milioni di anni hanno eroso tutta la parte centrale dell’Appennino portando all’attuale conformazione caratterizzata da colline di marne calcaree che vanno dai 400 mt ai 700 mt di altitudine.
Questi rappresentano i terreni più nobili per la coltivazione della vite che regalano vini di grande profumo, di grande eleganza e acidità, con colori poco compatti, molto vivi, mai concentrati sull’estratto e sulla struttura.
Il suolo è abbastanza uniforme, cambia un pò la dotazione di scheletro con aree più ricche o più povere a seconda di quanto sono distanti dagli originari corsi d’acqua.
E’ una zona con una buona piovosità, anche durante il periodo estivo, con un clima continentale e precipitazioni nevose che creano disponibilità idrica per tutto l’anno e grandi escursioni termiche che vanno dai 30 gradi di giorno ai 20 nel pomeriggio.
Questo permette di spostare la maturità di tutte le uve di circa un mese più avanti rispetto a tutta la zona, avendo da una parte una grossa freschezza e dall’altra morbidezza, espressioni peculiari del territorio. L’escursione termica non regala sensazioni di grande corposità al palato ma vini comunque molto eleganti e ancora sconosciuti al grande pubblico.
Tutto inizia nel 1980 quando Giovanni Palombo, in principio per gioco poi per una vera e propria attività, inizia a produrre vino, in particolar modo il Cabernet di Atina. Ottenendo da subito i primi riconoscimenti continua nella sua espansione, aumentando la produzione. Credeva molto in questo progetto e nel 1999 spinse per la realizzazione della Denominazione Atina Dop Cabernet, per il riconoscimento di questa zona considerata di elite per la viticoltura e successivamente per la costituzione del Consorzio di Tutela Atina Dop.
Oggi il Consorzio consta di 17 aziende e ogni produttore ha una piccolissima produzione che copre soprattutto il consumo interno con qualche esportazione al di fuori del territorio. E’ una vera e propria nicchia enologica di grande qualità.
Nel 2000 viene costruita l’attuale struttura, realizzata da Roberto Mazzer, Architetto ed Enologo della Tenuta, inizialmente con fini di produzione, recuperando i vecchi vigneti e impiantandone di nuovi. Poi nel 2016 subentrata la nuova proprietà a supporto della quarta generazione del fondatore con Giacomo Palombo e suo fratello che sono ancora parte attiva nell’Azienda e portano avanti il lavoro del nonno. Un ulteriore salto di qualità è dato anche dalla nuova struttura ricettiva e ristorativa che mette a disposizione degli ospiti una cucina gourmet del territorio e sale per le degustazioni e gli aperitivi.
Oggi insieme ai vitigni internazionali si porta avanti la coltivazione degli autoctoni come Maturano, Capolongo, Lecinaro, Ottonese, impianti sperimentali già messi a dimora da Giovanni Palombo nel 1996, accuratamente selezionati per le microvinificazioni.
Attorno al corpo aziendale e nei vigneti sono state collocate anche delle splendide opere d’arte, realizzate dall’artista Mario Velocci, che si intrecciano perfettamente con questo meraviglioso paesaggio montano; una collezione permanente di sculture di arte contemporanea che compongono “La Collina Sonora”, un bellissimo connubio tra arte e vino.
Passeggiando tra i vigneti, Pierpaolo Pirone, l’altro Enologo, ci racconta:
“Al momento l’Azienda dispone di 10 ettari: durante il periodo di fermo parte dei terreni sono stati dati in affitto e ogni anno che terminano i contratti tornano in proprietà. Il corpo principale dei vigneti si estende intorno alla struttura, verso le montagne c’è un anfiteatro dove sono piantati i vigneti storici di Cabernet e Merlot e proseguendo c’è un’altra terrazza con il Sauvignon dove le lavorazioni vengono fatte a mano per le pendenze accentuate. Di fronte le sale del ristorante invece si trova il vigneto sperimentale con il Maturano.
Qui nella parte nord est, più adatta per i bianchi, si andranno a piantare gli autoctoni Maturano, Capolongo, ma anche il Lecinaro adatto a comporre la base del nostro metodo classico. Questo è l’obiettivo principale: andare a riequilibrare la produzione che ad oggi è composta per l’80% dal rosso. Il Maturano e il Sauvignon sono produzioni ridotte che nell’ottica dovrebbero crescere nei prossimi anni come anche la parte delle uve impiegate per lo spumante.”
Continua il nostro percorso all’interno della Cantina e giunti alla barricaia dove affinano i rossi, troviamo le pupitre dove riposa il Metodo Classico. Qui ci aspetta un gradito aperitivo di benvenuto con il Metodo Charmat e un piccolo buffet ad accompagnare i nostri calici. Degustiamo con curiosità un extra dry, 13 g/l e permanenza sui lieviti di 4 mesi in autoclave, molto fresco, immediato con una grande acidità. Questo prodotto, ideale per il ristorante e gli aperitivi, nasce per valorizzare quel poco di falanghina esistente.
La sala è stata disegnata e progettata per produrre circa 150000 bottiglie, ma già dal prossimo anno, con l’aumento degli ettari tornati in proprietà e il Sauvignon già pronto, la produzione aumenterà del 50% e sarà in continua crescita per gli anni a venire. L’uva viene raccolta a mano e messa in cassette lasciate un’intera notte all’esterno della Cantina. Tutte le fasi vengono seguite da remoto, dai travasi ai tagli, al controllo delle temperature, alla fermentazione, ai rimontaggi, protocolli impostati al minuto per qualsiasi necessità.
Le fermentazioni sono lunghe (35 giorni) lente e continue, come anche le macerazioni, fino ad arrivare ad un mosto con la migliore pulizia olfattiva. L’obiettivo è la costanza.
Si parte con uve portate la mattina in cantina a sette gradi, messe nei serbatoi a fermentazione, innestati i lieviti con temperature che salgono lentamente.
Non lavorando all’istante le uve, si riesce a sfruttare il picco di maturazione che si ha al momento del distacco dalla pianta in risposta allo stress per la mancata alimentazione che si esaurisce nel giro di 24 ore. Al contrario si perderebbe questa maturazione naturale che rilascia altri aromi varietali.
Tutti i rossi sono affinati in barriques, come da tradizione, differenti per tostature e doghe di rovere francese provenienti da varie zone.
Il Cabernet riserva fa sempre legno nuovo per almeno un anno poi dipende dall’annata, e successivamente un anno in bottiglia.
Il Cabernet e il Merlot vengono fatti affinare nelle barrique che hanno più di un anno fino ai tre, a seconda di quanto ancora possono regalare ai vini. Una parte viene mantenuta in acciaio, l’altra parte fa legno di secondo o terzo passaggio. Dopo un anno in genere vengono assemblati e imbottigliati oppure continuano l’affinamento in legno o in acciaio fino ad ottenere un prodotto pronto e mai anticipato nei tempi.
Questa era la filosofia di Giovanni Palomboe lo è ancora tutt’oggi, la stessa che riporta in bottiglia vini in purezza, nonostante il disciplinare permetta un’elasticità del 15%.
Anche il Metodo Charmat nasce dal vigneto sperimentale, la falanghina, mentre una parte dell’aglianico insieme ad altre varietà autoctone a bacca bianca e rossa, che non possono essere vinificate in purezza, vengono impiegate per lo spumante Metodo Classico che verrà sboccato in primavera. In futuro sarà il Lecinaro, altro vitigno autoctono che si adatta meglio alla zona, ad essere la parte portante di questo spumante.
Tra due anni uscirà una nuova referenza, da sempre vino di punta dell’azienda: un taglio bordolese composto per il 50% Merlot e 50% Cabernet. Dal 2018 infatti si è cominciato a metter da parte, in due barrique nuove, una frazione di Merlot destinata alla riserva, e la migliore partita risultante dall’assemblaggio del Cabernet Riserva che viene poi inserita un altro anno in barrique nuove. Quindi l’affinamento dura due anni in legno e tre anni in bottiglia con una produzione limitata a 600 bottiglie. Questo era un prodotto che Giovanni Palombo amava produrre per sé o regalare come omaggio a personaggi illustri.
Terminata la visita, siamo stati ospitati nella bellissima sala del ristorante con vista sui vigneti dove abbiamo degustato i vini accompagnati da un gustoso pranzo a menù tradizionale curato dallo Chef Dino Notarianni che ci ha proposto e illustrato piatti e prodotti locali rivisitati in chiave moderna.
La degustazione parte dal più atteso degli autoctoni, il Maturano 2020, vitigno poco aromatico, soprattutto nel primo anno di vinificazione, non ha un’estrema complessità, matura molto tardi e già di per sé non riesce a mantenere molto l’acidità. Quindi la raccolta delle uve è anticipata proprio per ottenere un vino fresco, piacevole, con note nette ed espressive del suolo marnoso calcareo. Per avere struttura ed equilibrio gustativo si esegue la stabulazione mantenendo il mosto torbido a bassa temperatura per diversi giorni.
Dopo la fermentazione di circa 12 giorni, riposa sulle fecce fini per otto mesi e poi viene imbottigliato.
Le sue note delicate e citriche al naso sono inconfondibili come anche al sorso lo è la sua piacevole acidità, freschezza, apportata da sensazioni salivari tipiche che si presentano né dolci come la sapidità del mare nelle zone costiere, né tendenti all’amaro come nelle zone vulcaniche.
Grazie agli Enologi che hanno esaudito le nostre curiosità, abbiamo avuto il piacere di assaggiare da vasca il nuovo Maturano 2022 che risulta essere un buon vino profumato, intenso e aromatico con evidenti nuance balsamiche. Una partenza straordinaria!
Con il Sauvignon Blanc 2021 viene fatta la criomacerazione delle uve, per una maggior estrazione di aromi primari dalla buccia, per circa 8/10 ore a seconda dell’annata. Dopo una leggera pressatura e la decantazione statica a freddo, affina 10 mesi in acciaio sulle fecce fini e poi riposa in bottiglia. Il naso pulito e fresco mostra la sua parte vegetale dominante coadiuvata dagli inconfondibili sentori di frutto della passione e sambuco. Dal sorso intenso e persistente, emerge la sua acidità pronunciata e un leggero finale balsamico piacevolmente gradevole.
Per questo Merlot 2018 i suoi acini interi vengono diraspati e caricati direttamente nel serbatoio dove avvengono entrambe le fermentazioni, alcolica e malolattica. Il 30% affina in legno di secondo/terzo passaggio, la restante parte invece in acciaio per poi essere assemblate. Riposa otto mesi in bottiglia prima della sua uscita sul mercato, altrimenti rimane in vasca per un ulteriore affinamento.
Inizialmente atteso qualche minuto per essere capito, all’olfatto si è aperto poi su note di fiori appassiti e frutto rosso pieno e maturo. La sua beva morbida dalle sfumature erbacee lascia una sensazione di asciutto con un fondo amarognolo nella parte superiore del palato. Ci piacerebbe degustarlo prima di questa annata.
Il Cabernet Sauvignon 2018 segue lo stesso percorso di affinamento del Merlot e impressiona per la sua freschezza. Caratterizzato da un naso intenso e concentrato sulle note vegetali, è un vino morbido ed elegante, frutto del suo territorio e al contempo ben strutturato con una bella acidità che lo rende molto godibile.
Primo anno per il Duca Cantelmo Cabernet Sauvignon Riserva 2017, una referenza che non veniva prodotta dal 2005 che affina in barrique nuove di media tostatura per 12 mesi. Sono i grappoli migliori selezionati per questo vino che macerano per 65 giorni a serbatoio colmo con frequenti rimontaggi.
Note di marasca matura, erbette che accompagnano il naso in un connubio tra il legno e la frutta scura. Elegante il suo sorso compatto sorretto da tannini prestanti in uno stile raffinato e di grande longevità. Il ragazzo ha carattere da vendere.
Sboccato per noi in anteprima, il Metodo Classico da Aglianico, Lecinaro, Falanghina, millesimato 2020 è un altro importante nuovo progetto in via di sperimentazione che avrà un dosaggio extra brut e 30 mesi sui lieviti con l’obiettivo di andare avanti per vederne l’evoluzione.
Ottima base di partenza.
Nella Valle di Comino si respira un’aria pura e frizzante, c’è una squisita fluidità di movimenti, un intenso ardore e tanta voglia di cogliere i frutti della terra camminando con decisione sulle orme del suo Fondatore.
Non vi staremo a tediare sul fatto che quest’anno si è svolta la 55esima edizione del Vinitaly, che Verona dal 2 al 5 aprile ha accolto moltissimi winelovers, operatori del settore, buyers ed espositori, che fossero presenti più di 4000 aziende tra italiane e straniere, che in città ci fosse l’evento fuori salone Vinitaly and the city con mostre, degustazioni e wine talk, che il carnet fosse denso con numerosi eventi e con approfondimenti in ogni stand; non ve lo racconteremo perché pensiamo che ogni appassionato di vino ne sia a conoscenza e che in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, lo abbia vissuto.
Se per noi italiani, winelovers e addetti al lavoro, il Vinitaly è la kermesse del vino nazionale ed è il luogo dove avere tutta la penisola rappresentata, per le aziende vitivinicole è soprattutto un importante palcoscenico per proporsi anche a livello internazionale. Un settore in crescita che ad ora ricopre nel settore agro-alimentare il primo posto nell’export e che ha richiamato più del 43% in più di “superacquirenti” esteri di vino tricolore rispetto allo scorso anno.
Organizzazione eccezionale che collega i parcheggi gratuiti con navette (anch’esse gratuite) alla fiera e domenica mattina 2 aprile verso le 9 la gente è già pronta per poter passare il proprio codice ed entrare così in questo mondo enologico.
Impossibile venire in questa “città” senza essere dotati di una mappa e di una classifica di priorità per poter vedere i “monumenti” che più ci interessano, ma talvolta è anche bello fermarsi in uno stand anche “solo” perché attratti dalla cura dei dettagli. Fondamentale per orientarsi la app Vinitaly che ormai ci accompagna da diversi anni e che ci permette di essere letteralmente guidati da uno stand all’altro.
Ogni regione occupa un particolar padiglione o più di uno e all’interno di questi ogni cantina ha ricostruito la propria sala di degustazione, biglietto da visita della propria filosofia e della propria territorialità. Elevata la cura dei particolari, grande attenzione e professionalità al top da parte anche dei sommelier Ais e Fisar che presenziavano nei vari consorzi.
Il padiglione dedicato al Ministero dell’Agricoltura della Sovranità Alimentare e delle Foreste è stato teatro di un incontro e di connubio tra coltura e cultura con l’esposizione di due quadri: il “Bacco” del Caravaggio e il “Bacco Fanciullo” di Guido Reni, che solitamente sono esposti presso le Gallerie degli Uffizi a Firenze.
Il Made in Italysi manifesta in questo modo a 360 gradi ricordandoci che per nutrire lo spirito è necessario da una parte apprezzare le bellezza che si manifesta attraverso arte, musica, poesia e dall’altra essere consapevoli che questo si può celare ovunque anche, per esempio, in un bicchiere di vino: questo racchiude l’espressione artistica del produttore (il suo savoir faire), la musicalità delle note del vino che viene versato e i versi che vengono composti nella nostra mente, e talvolta vengono declamati, per descrivere il nettare di Bacco che è nel calice.
Con questo spirito abbiamo affrontato questo giorno cercando di approfondire alcune realtà spumantistiche italiane come il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, l’Asolo Prosecco DOCG, il Trento DOC e ovviamente, ma purtroppo molto velocemente, il Franciacorta DOCG e l’Oltrepò Pavese Spumante DOCG. Diverse espressioni di bollicine italiane ognuna con un sua caratteristica, ognuna con la sua storia e espressività.
Dalle bollicine Italiane alle bollicine per eccellenza.
Non abbiamo resistito e abbiamo partecipato alla Masterclass “Champagne nella prospettiva delle annate” condotta da François Gilbert delle edizioni Gilbert&Gaillard nella quale, dopo aver fatto un overview sulla produzione dello Champagne, sono state messe a confronto due annate, la 2012 e la 2015, completamente diverse tra loro: la prima un’annata fresca, che promette un equilibrio abbastanza classico per la Champagne, e quindi con una tensione acida importante; la seconda più calda e quindi con maggior struttura.
Maison degustate
Champagne Tribaut 2012 Blanc de Blancs Premier Cru Brut
Champagne Lombard 2015 Grand Cru Cramant Brut Nature
De Saint-Gall 2012 Grand Cru Blanc de Blancs Brut Avize
De Saint-Gall 2015. Grand Cru Blanc de Blancs Brut Avize
Champagne Arnould et Fils Carte d’Or 2012 Brut Nature
Champagne Arnould et Fils Carte d’Or 2015 Brut Nature
Georges Vesselle Grand Cru Bouzy 2015 Brut
Georges Vesselle Grand Cru Bouzy 2015 Brut Nature
Vignon Père et Fils 2015 Blanc de Noirs Extra Brut
Un percorso tra questi calici provenienti da aziende, da zone e con dosaggi differenti. Il vero e proprio confronto tra le due annate è stato possibile effettuarlo per i prodotti di Champagne De Saint Gall e di Champagne Arnould.
In entrambi i casi la 2012 offre dei sentori di frutta evoluta ma con una freschezza e una verticalità di bocca ancora ben presente, mentre la 2015 regala, pur essendo più giovane, una maggiore ampiezza da un punto di vista gustativo accompagnata da note di frutta a polpa gialla ben matura.
La conclusione di questo confronto è che l’andamento dell’annata è di per sé in Champagne uno dei fattori che entrano in gioco, ma non l’unico in quanto il terroir, il dosaggio, gli assemblaggi, la mano del vigneron contribuiscono anch’essi nella personalizzazione di quello che ritroviamo nella bottiglia.
A Verona nell’ occasione della 55esima edizione di Vinitaly, andata in scena dal 2 al 5 aprile, ho visitato lo stand della Cantina Girlan. Conosco i loro vini da anni, tuttavia mi ha fatto molto piacere degustare i loro vini, ma anche avere nozioni sulla cantina altoatesina. Pertanto, prima di passare all’analisi sensoriale dei vini, propongo alcuni cenni dell’azienda.
La storica Cantina Girlan si trova a Cornaiano a poca distanza dal Lago di Caldaro e da Bolzano, sulla strada del vino ( Weinstraße ). Nata un secolo fa, nel 1923 per volontà di 23 soci fondatori, che attualmente sono diventati circa 200. Gli ettari vitati sono oltre 220 con appezzamenti posti nelle migliori zone di questo meraviglioso lembo di terra in Alto Adige.
I vigneti sono posti ad altimetrie che variano dai 220 agli 850 metri s.l.m,. con terreni composti prevalentemente da argilla e marne. Il clima è caratterizzato da notevoli escursioni termiche tra le ore diurne e le ore notturne. I vitigni maggiormente coltivati sono il Pinot Nero, la Schiava, il Merlot, il Lagrein e il Cabernet Sauvignon, e poi ancora di Pinot Bianco, Pinot Grigio, Müller Thurgau, Gewürztraminer, Chardonnay e Sauvignon Blanc.
I vini prodotti sono senza ombra di dubbio di elevata qualità. In Alto Adige le Cantine cooperative funzionano molto bene. Tutto è ben monitorato e ben organizzato sia nei vigneti sia in cantina. Un areale altamente vocato per la coltivazione della vite e i vitigni sopra menzionati hanno trovato un habitat ideale per dare origine a vini identitari sia quelli ottenuti con uve provenienti da vitigni autoctoni sia quelle da alloctoni.
Nel 2010 la cantina è stata completamente ristrutturata e munita di attrezzature tecnologiche più moderne. La produzione di vino si attesta per un 55 % di bianchi ed il restante 45 % di rossi per una media totale di circa 1.500.000 bottiglie all’ anno. Nel calice si riscontra grande qualità, dovuta alle rese basse nei vigneti che difficilmente superano i 60 hl/ ha.
La gamma dei loro vini è ampia e si declina in quattro versioni, Classici, Vigneti, Flora e Solisti al top.
I vini degustati nel capoluogo venet0
Platt & Riegl Pinot Bianco Alto Adige Doc 2022 – Giallo paglierino cristallino, rivela sentori di fiori bianchi, mela, pera e agrumi, al palato è fresco e minerale, leggiadro e di buona persistenza.
Marna Chardonnay Alto Adige Doc 2022 – Giallo paglierino brillante, emana sentori di frutta gialla matura, agrumi, ananas, biancospino e mela golden, equilibrato, morbido e piacevolmente fresco.
Indra Sauvignon Alto Adige Doc 2022– Giallo paglierino luminoso, rimanda sentori di pesca bianca, pompelmo e scorza di limone, costa di sedano e note iodate, morbido e vibrante, fresco e sapido, dotato di una lunga persistenza.
Flora Pinot Bianco Riserva Alto Adige Doc 2020 – Giallo dorato brillante, sprigiona sentori di frutta esotica, fiori di campo che ben si integrano con sottili note di cedro e pepe bianco, generoso, armonioso e gustoso.
Flora Pinot Noir Riserva Alto Adige Doc 2020 – Rosso rubino intenso, trasparente e consistente, dipana sentori di frutti di bosco e ciliegia, rosa e tabacco, vellutato e dotato di una piacevole trama tannica, incredibilmente lungo.
Trattmann Pinot Noir Alto Adige Doc 2020 – Rosso rubino vivace, libera sentori di ciliegia e marasca, accompagnate da sottili note speziate, pieno e soddisfacente, nonché persistente.
Curlan Pinot Noir Riserva Alto Adige Doc 2019– Rosso granato intenso, percettibili sentori di rosa, frutti di bosco maturi, prugna, nuances tostate e speziate, appagante, elegante e decisamente duraturo.
Vigna Ganger Pinot Noir Riserva Alto Adige Doc 2019 – Rosso granato intenso, rilascia una cascata di sentori, quali ciliegia e marasca, frutti di bosco, in particolare lampone e una leggera nota di marzapane, note speziate e di tabacco dolce, fine e rotondo, ma che buon vino!.
Champagne Experience 2023, la VI°edizione il 15 e 16 ottobre
Redazione
Carol Agostini
L’evento più importante dedicato allo champagne si terrà come sempre a ModenaFiere nel secondo fine settimana di ottobre. La VI edizione di Champagne Experience, organizzata da Società Excellence, riunirà produttori e importatori italiani per due giorni di degustazioni. I partecipanti saranno suddivisi in base alla loro zona di produzione in Champagne.
L’evento è un punto di riferimento per i professionisti del settore in tutta Europa e offre l’opportunità di degustare le ultime novità e avere un’immagine aggiornata del mercato. L’Italia gioca un ruolo importante nell’export dello champagne, con 326 milioni di bottiglie spedite nel 2022.
Champagne Experience™ è il più grande evento italiano dedicato esclusivamente allo champagne. Promosso e organizzato da Società Excellence, riunisce importatori e maison in gran parte rappresentate dagli stessi produttori francesi, presenti durante l’evento. L’evento offre l’opportunità di degustare centinaia di champagne e partecipare a Master Class con vini e relatori di altissimo livello.
Le maison vengono distribuite sui cinquemila metri quadrati del padiglione A di ModenaFiere in base alla loro appartenenza geografica, corrispondente alle diverse zone di produzione della Champagne.
Nel 2023, le maison presenti includeranno Thiénot, Paul Bara, Bruno Paillard, Henri Giraud, Ayala, Marguet, Jacquesson, de Venoge, Pannier, Encry, Louis Roederer, De Sousa, Larmandier-Bernier, Palmer & Co, Paul Clouet, Charles Heidsieck e Leclerc Briant.
Le diverse zone di produzione della Champagne sono Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Côte des Blancs e Aube. Durante l’evento Champagne Experience™ a ModenaFiere, le maison vengono distribuite in base alla loro appartenenza geografica a queste zone di produzione.
Informazioni generiche
Nel 2021 le spedizioni di champagne hanno raggiunto quota 322 milioni di bottiglie, in aumento del 32% rispetto al 2020 (anno in cui le vendite si erano fermate a 245 milioni di bottiglie) ma con numeri più alti anche rispetto al periodo pre-pandemico (nel 2019 le vendite di champagne erano arrivate a 300 milioni di bottiglie). Le esportazioni di Champagne nel 2021 hanno raggiunto un record di quasi 180 milioni di bottiglie con un aumento del 31,8%.
La filiera dello Champagne conta 16200 viticoltori, 130 cooperative e 360 maison, che lavorano su una superficie vitata 34300 ettari in cui ci sono ben 319 cru.
L’area di produzione a denominazione Champagne (AOC) si estende nel nord della Francia per poco più di 34.300 ettari e comprende 319 cru, ossia i villaggi, di cui 17 “grand cru” e 44 classificati come “premier cru”. Il termine cru indica un determinato vigneto con le medesime caratteristiche di terroir, dove i “grand cru” rappresentano il gradino qualitativo più alto e migliore tra tutti.
I 17 Grand Cru della Champagne sono: Louvois, Bouzy, Ambonnay, Verzy, Verzenay, Mailly-Champagne, Beaumont-sur-Vesle, Sillery e Puisieulx nella zona nota come Montagne de Reims; A e Tours-sur-Marne nella Vallée de la Marne; Oiry, Chouilly, Cramant, Avize, Oger e Mesnil-sur-Oger nella Côte des Blancs.
La produzione dello champagne deve attenersi a un disciplinare rigoroso. In Champagne la raccolta dell’uva viene rigorosamente fatta a mano. I grappoli vengono raccolti in ceste larghe e poco profonde per evitare lo schiacciamento. Il disciplinare impone anche un periodo minimo di maturazione che va dai 15 mesi per gli champagne non millesimati, e 3 anni per i millesimati “Vini Prodotti da una sola Annnata”.
Se il vino base è realizzato con vino prodotto con uve raccolte in anni diversi, lo champagne è sans année; quando invece il vino base è prodotto con uve raccolte in un unico anno, allora lo champagne è millésime. Per essere millesimato il vino deve essere 100% di una sola annata.
Lo champagne presenta molte caratteristiche d’originalità fra i grandi vini francesi. La raccolta è manuale poiché è essenziale che le uve giungano in perfetto stato. Generalmente potremmo dire che lo champagne ha un gusto fruttato, floreale, spesso dotato di tonalità speziate, con frammenti di freschezza e vivacità. Lo champagne è uno dei vini perfetti per l’apertivo e si caratterizza per essere un ottimo abbinamento a numerose pietanze.
Nell’ occasione della 55esima edizione del Vinitaly che è andata in scena dal 2 al 5 aprile 2023 nella città di Giulietta e Romeo, tra i tanti padiglioni, i numerosi espositori e migliaia di etichette in degustazione, ho fatto un excursus nella regione Emilia Romagna. Tra gli assaggi che mi hanno suscitato maggiore interesse ci sono quelli di un noto vino bianco, quale Romagna Albana. Prima di passare alle note di degustazione, una piccola descrizione della denominazione.
La Romagna Albana o Albana di Romagna, così denominato sino al 2011 è stato il primo vino bianco italiano ad ottenere la meritata certificazione Docg nel 1987, già a Doc dal lontano 1967. Reputata a giusto titolo un’icona dell’Emilia Romagna. La coltivazione del vitigno Albana affonda le radici in tempi remoti, introdotto, consumato e valorizzato dai Romani.
La sua etimologia può essere ricollegata al termine latino “albus”, ossia bianco, ma potrebbe addirittura prendere il nome dai monti Albani nel Lazio. Le province ove viene coltivato questo singolare vitigno sono: Bologna in 7 comuni, Forlì-Cesena in 10 comuni e Ravenna in 5 comuni.
Tuttavia, a Bertinoro, considerata la culla, l’Albana ha trovato un habitat ideale e capace di dare origine a vini di eccellente qualità. Galla Placidia, imperatrice romana trovatasi di fronte a questo vino servito in un rudimentale calice di coccio, esclamò “vorrei berti in oro”.
Da allora il piccolo Borgo dell’entroterra ha preso il suo attuale nome. Con questo vitigno vengono ottenute varie tipologie di vino e sono: Romagna Albana secco, dolce, passito, passito riserva e la versione spumante che attualmente è classificata Doc. Un vino bianco unico nel suo genere, grazie alla presenza di tannini e dotato di una notevole capacità d’invecchiamento.
Degustato alla cieca e a una temperatura intorno ai 18°C.,non si ipotizzerebbe mai che sia un vino bianco, ma bensì, potrebbe essere scambiato tranquillamente per un vino rosso.
A tavola, in funzione della tipologia trova abbinamento con molte preparazioni culinarie; la versione secco si sposa bene con salumi, zuppe di pesce e pasta con verdure, la versione amabile con pasticceria secca, mentre il passito con formaggi erborinati e dolci complessi, ma è ideale anche come vino da meditazione. I produttori di questa enclave sono oltre 60.
Alcuni assaggi a Verona
Arlus Romagna Albana secco Docg 2021 Az. Trerè. Si presenta nel calice con un bellissimo colore giallo paglierino brillante, al naso sprigiona eleganti note di gelsomino, albicocca e agrumi, al palato è sapido e fresco, dotato di una buona piacevolezza di beva.
Amar-Cord d’un Bianc Romagna Albana secco Docg 2019 Az.Trerè. giallo dorato, al naso note di camomilla, zagara, pesca, albicocca e cannella, al palato è pieno ed avvolgente, decisamente lungo e persistente.
Frangipane Romagna Albana Secco Docg 2022 Ten. La Viola. Giallo paglierino luminoso, dipana sentori di mimosa, mela golden, pera ed albicocca, piacevolmente fresco, sapido e leggiadro.
Interra Bianco Romagna Albana Secco Docg 2021 Ten. La Viola. Giallo paglierino con sfumature dorate, libera sentori di fiori di campo, tè verde, mela, pesca, melone e spezie dolci, è giustamente sapido con piacevole trama tannica, vibrante e duraturo.
I Croppi Romagna Albana Secco Docg 2022 Az Celli. Veste color giallo paglierino con leggeri riflessi dorati, fiori di genziana, zagara, melone ed albicocca, palato contraddistinto da una buona sapidità e una lunga persistenza aromatica.
Sol Ara Romagna Albana Passito Docg 2021 Az.Celli. Bellissima tonalità giallo dorato, emana nuances di frutta candita, albicocca, miele e scorza di arancia, sorso piacevolmente amabile e armonioso, un vino di stoffa. Molto fine.
La Signora Romagna Albana Secco Docg 2021 Az. Maria Galassi. Colore giallo dorato, complesso e ricco di note agrumate, albicocca, frutta esotica e zagara , buona freschezza accompagnata da un tocco di tannicità tipica del vitigno e spiccata mineralità e sapidità. Lunga persistenza.
Bissoni Romagna Albana passito Docg 2020 Az.Bissoni.Giallo dorato intenso, rivela sentori di confettura di pesche, dattero, albicocca, miele, fichi secchi, vaniglia e zafferano, coerente, suadente e persistente. Ottenuto con appassimento su pianta e attaccato da botrytis cinerea.
Trinacria. Così veniva chiamata anticamente la Sicilia, racchiudendo nel nome stesso i “tre promontori” che identificano i tre vertici di questa magnifica isola.
Trinacria. È anche il nome che viene dato al simbolo che la rappresenta: gli elementi che possiamo riconoscere sono la testa della Gorgone, figura mitologica nota per avere al posto dei capelli dei serpenti tali da pietrificare chiunque la guardasse, le spighe di grano e le tre gambe piegate all’altezza del ginocchio, ovvero i tre capi dell’isola, Capo Boeo, Capo Peloro e Capo Passero.
Trinacria. È un’icona altresì carica di significati: la testa di Medusa grazie alla sua capacità di paralizzare ci mette al riparo del male, le spighe di grano richiamano la fertilità, i serpenti che effettuano la muta la rinascita e le tre gambe il cambiamento della vita o il tempo che scorre (passato, presente e futuro).
Terre Sikane
Sarà per tutto questo che Terre Sikane ha scelto come “marchio” una figura che richiama molto la Trinacria: sono infatti raffigurate tre S che rimandano alle iniziali della propria terra, la Sicilia, del popolo che abitava Butera e le zone limitrofe in periodo pre-ellenico, i Sicani, e della propria famiglia, i Sciacchitano.
Terre Sikane è un’azienda di Riesi, fondata nel 2012 e che conta 58 ettari di terreno di cui 23 impiantati a vigneto siti nel comune di Butera, nelle contrade di Turchiotto-Gurgazzi.
Fin dai primi passi in viticoltura Francesco e Rosy, affiancati dal savoir faire dell’enologo Francesco Paolo Urone, hanno investito moltissimo in questa terra sita a un’altezza di circa 400m s.l.m. dove arrivano le brezze marine a accarezzare le vigne.
La famiglia Sciacchitano, con i prodotti ottenuti da questo areale, ha affermato fin da subito sia la propria filosofia, in cui tradizione abbraccia innovazione, che la propria qualità nel mercato internazionale riportando moltissimi e prestigiosi premi.
Vitigni autoctoni e vitigni internazionali sono le varietà coltivate in questo lembo sicano che vengono vinificati come monovitigno o in uvaggio e che andremo a scoprire con grande curiosità.
Porta Reale Gran Galà Vino Spumante (Grillo e Chardonnay)
Questo metodo Martinotti ci regala delle bollicine fini che ravvivano il calice paglierino con riflessi verdolini. Si esprime con accattivanti sentori di gelsomino e di fiori di zagara freschi, abbracciati da note agrumate, di frutta tropicale (ananas, melone bianco) e di lemongrass e salvia. La bolla solletica piacevolmente il cavo orale offrendo un finale che evoca il mandarino.
Turchiotto Grillo Sicilia Doc 2021 (100% Grillo)
Paglierino con riflessi dorati. Impatto olfattivo che evoca erbe officinali come timo e salvia. Biancospino, frutto della passione e una leggera speziatura di noce moscata ne completano il profilo. Vibrante e saporito persiste a lungo lasciando richiami ammandorlati.
Il Sikano Sicilia Doc 2021 (60% Merlot- 40% Nero d’Avola)
Rubino impenetrabile. Si apre con ricordi di ciliegia e prugna accarezzati da effluvi di lavanda e di macchia mediterranea. In chiusura paté d’oliva. Il sorso è appagante con tannini e freschezza che vanno a braccetto. Prolungato epilogo con cenni di pepe nero.
Turchiotto Rosato Nero D’Avola Sicilia Doc 2021 (100% Nero D’Avola)
Veste salmone con riflessi ramato. Si declina con echi di lavanda, peonia e garrigue; attraenti richiami di ciliegia, ribes rosso e fragolina di bosco. La beva è piacevole grazie al connubio di freschezza e sapidità. Il sorso si allunga su cenni di buccia di mandarino.
Turchiotto Syrah e Merlot Sicilia Doc 2021 (60% Syrah- 40%Merlot)
Rubino fitto. Si avvertono immediatamente i sentori di ciliegia matura e mora di gelso cosparsi da pepe nero e cacao. Tannini vigorosi sovrastano il palato. Finale leggermente amaricante.
Frasciano Rosso Nero D’Avola Sicilia Doc 2020 (100% Nero d’Avola)
Carminio vivace. Al naso è una scoperta continua: ciliegia, prugna, mirtillo si rincorrono su un sottofondo di macchia mediterranea, menta ed eucalipto. Speziatura di cannella e chiodi di garofano, note empireumatiche di tabacco dolce e cacao ne completano il profilo. Ottima piacevolezza in bocca in cui il tannino è ben integrato. Chiusura su echi balsamici.
Oltre alla produzione di varie tipologie di vini, una parte degli ettari della proprietà trovano dimora degli oliveti che accolgono le cultivar locali come la Tonda Iblea, la Nocellara Messinese e la Nocellara Etnea da cui si ottiene l’autentico olio extravergine d’oliva.