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  • Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare

    Gambero Rosso e il Consorzio Vini Toscana uniti in un evento di territorio

    Di Cristina Santini

     

    Nel mese di ottobre, il Gambero Rosso e il Consorzio Vino Toscana hanno ospitato un evento per celebrare i vini IGT Toscana, i Supertuscan, una categoria di cui si parla molto da oltre 30 anni, ma che aveva già segnato il rinnovamento del vino italiano nei primi anni ’70.
    Durante la degustazione tenutosi presso l’Academy di Roma, Marco Sabellico del Gambero Rosso ha presentato e discusso 23 etichette di vino. Al suo fianco Stefano Campatelli, Direttore di uno dei più grandi consorzi vitivinicoli italiani, ha condiviso la visione del consorzio per il futuro e le sue importanti potenzialità di crescita.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    “Il Consorzio Vino Toscano IGT ha una lunga storia, ma è un’impresa relativamente giovane”, afferma il Direttore. “Se la denominazione IGT Toscana è nata oltre 30 anni fa, poco è stato fatto per promuoverla e non c’era praticamente nessun consorzio attivo a rappresentare i produttori. Tuttavia, negli ultimi tre anni, abbiamo lavorato duramente per riunire tutti i produttori e capitalizzare davvero questa indicazione geografica, poiché crediamo fermamente che il nome Toscana meriti di essere celebrato al meglio”.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina SantiniToscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    La denominazione Indicazione Geografica offre una flessibilità significativamente maggiore rispetto alla classificazione di Denominazione di Origine Controllata (DOC). I produttori possono lavorare con uno qualsiasi dei 97 vitigni autorizzati nella regione, ad eccezione dei vini spumanti. Ciò nondimeno, è stata presentata al Ministero una modifica al disciplinare di produzione e si spera che entro l’annata 2025 saranno consentiti sia il metodo Martinotti che quello Classico.

    Il Consorzio Vino Toscano ha ricevuto il riconoscimento ufficiale dal Ministero delle Politiche Agricole, della Sovranità Alimentare e delle Foreste con Decreto n. 423141 del 21 agosto 2023. Questo importante traguardo segna il completamento con successo del progetto di rinnovamento avviato nel 2019, in concomitanza con l’inizio della presidenza di Cesare Cecchi.
    Se tutto ciò che è stato raggiunto finora è un punto di partenza, di pari importanza è la realizzazione di iniziative promozionali per aumentare ulteriormente la conoscenza e l’apprezzamento dei vini Toscana IGT sia a livello nazionale che globale. Si tratta di un nuovo ruolo per il Consorzio, che andrà ad integrare le già consistenti responsabilità di gestione, tutela e promozione dei vini Toscana IGT.

    Facciamo chiarezza. Per essere riconosciuto dal MASAF, un Consorzio deve rappresentare almeno il 35% dei produttori e il 51% della produzione della Denominazione o Indicazione Geografica Protetta che intende tutelare. Il Consorzio Vino Toscana supera significativamente questi requisiti, rappresentando oltre il 39,5% dei produttori e più del 58% della produzione.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    La Toscana IGT comprende l’intera Regione, con oltre 1.500 aziende imbottigliatrici, un numero molto significativo. Una realtà, con oltre 13.000 ettari vitati e una produzione media annua di quasi 100 milioni di bottiglie ripartita in vini rossi 77%, vini bianchi 18%, vini rosati 5%. Per cui è quasi diventato obbligatorio considerare seriamente le strategie di crescita. Il rendimento degli Igt supera i 495 milioni di euro, con una ripartizione del 31% sul mercato italiano e il 69% verso l’export. Sensibile l’evoluzione delle vendite estere negli ultimi 10 anni, con un +126%. I principali mercati esteri sono l’Europa (46%), gli Stati Uniti (33%) e l’Asia (6%). Il restante 15% è distribuito su tutte le altre aree geografiche.

    Nel 1992 è stato istituito il sistema dei vini IGT, che ha finalmente previsto una denominazione formale. Tuttavia, molti di questi vini iconici sono stati creati prima di questa data. Ad esempio, il Sassicaia di Incisa della Rocchetta, così come la lunga serie di vini “Supertuscan” di produttori come Antinori, si erano già distinti utilizzando vitigni internazionali come Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Chardonnay, Sauvignon Blanc e Syrah. Questi erano gli unici vitigni dell’epoca in grado di attrarre costantemente il mercato internazionale e di godere di un prestigio diffuso. Di conseguenza, le cantine di tutta Italia hanno iniziato a piantare queste stesse varietà nello stesso periodo, anche prima che entrasse in vigore la classificazione formale IGT.

    Comunque, qualcuno non si rassegnava a vedere il declino del vero Sangiovese di Montalcino – quello con la buccia spessa e i grappoli piccoli. La ricostruzione viticola e la nascita dei vari cloni di Sangiovese è una storia recente; negli anni ’70, nessuno sapeva cosa significasse. Solo negli anni successivi si è cominciato a lavorare seriamente sul Sangiovese, ma ci sono voluti più di dieci anni per produrre vini di rilievo.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    Degustazione 23 Etichette Igt Toscana
    Questa masterclass è una delle prime del suo genere nelle attività di promozione regionale e i vini presentati questa serata rappresentano la diversità e il potenziale di questa denominazione: diversi vitigni, stili diversi e abbondanti possibilità.

    Data la qualità costantemente elevata dell’intera gamma, condividerò solo le mie impressioni più significative. Poiché non mi piace assegnare punteggi e non esiste una classifica personale, le note di degustazione saranno presentate in ordine numerico di servizio. Complessivamente, i vini mostrano una gamma di sapori espressivi, alcuni dei quali sono più tenui e meno impattanti di altri. In alcuni casi, il frutto è messo in ombra dall’uso del legno, mentre in altri i vini sono vere gemme vitivinicole, dei capolavori.

    1. Quattro chiacchiere a oltrepoggio, Chardonnay 2022, Colognole in Pontassieve. Azienda della famiglia dei Conti Spalletti Trivelli, proprietaria da oltre 150 anni della moltitudine di case coloniche al suo interno che oggi prende il nome di Country Wine Estate Colognole. Il vigneto si trova a 330 metri di altitudine a La Rufina, una zona situata nei pressi di Firenze.
    Fermentazione malolattica svolta, maturazione per un quarto in acciaio e il resto in barrique. Dopo un lungo periodo di invecchiamento in bottiglia, il vino mostra un bouquet di frutta a polpa bianca, acidità tonificante, tannini setosi, freschezza, mineralità e note di nocciole e pepe bianco. Al palato, offre un’esperienza di beva lunga, ampia ed espansiva.

    2. Acciaiolo 2020 Cabernet Sauvignon, Castello di Albola in Radda in Chianti, appartenuta alle più nobili famiglie della Toscana, oggi di proprietà della Famiglia Zonin.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    3. Farnito 2019 Cabernet Sauvignon, Carpineto.
    Acclamata a livello internazionale, la Cantina è stata fondata da due enologi concentrati sulla produzione di vini per l’esportazione. Giunta alla seconda generazione di viticoltori, attualmente possiede 220 ettari di vigneti nelle zone più prestigiose della Toscana, tra cui Montalcino, Montepulciano e Chianti e produce 3,5 milioni di bottiglie all’anno.
    Il vino presenta un’intensa ricerca di austerità, con un importante carattere tannico che contribuisce a una struttura piena, ricca e verticale. Il colore è nitido e molto pulito, con sfumature viola decise e note erbacee tipiche del vitigno, oltre a sentori di sottobosco. La complessità aromatica è data dall’utilizzo di botti di diverse dimensioni, tra cui grandi botti, tonneau e piccole botti di secondo passaggio.

    4. Olmaia 2018, Cabernet Sauvignon, Tenuta Col d’Orcia in Montalcino, un’oasi biologica ed ora biodinamica appartenente alla Famiglia Marone Cinzano.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    5. Arcanum 2019, Cabernet Franc, Tenuta di Arceno.
    Situata nella parte meridionale del Chianti Classico, a Castelnuovo Berardenga, la tenuta, di proprietà di un’influente famiglia americana, oggi produce vini eccellenti. Questo grazie al coinvolgimento di giovani enologi italiani che lavorano a fianco della consulente francese Pierre Seillan, su terreni argillosi.
    Il vino mostra note di liquirizia, erba tagliata e prugna, mantenendo una tensione piacevolmente acida e una grande eleganza. Sebbene manchi del carattere vegetale tipico dell’uva, l’uso sapiente del legno, dell’invecchiamento e della macerazione da parte dell’enologo ha prodotto un vino di impressionante profondità, morbidezza e raffinatezza. La qualità sapida è ben integrata, mai prepotente, e la freschezza è splendidamente bilanciata in tutto.

    6. Vas 2019 Merlot, Villa a Sesta in Castelnuovo Berardenga.

    7. Guardiavigna 2019 Cabernet Franc biologico e biodinamico, Podere Forte, nella regione della Val d’Orcia, a Castiglione d’Orcia.
    500 ettari allevati su un terreno scistoso vitale con una presenza di argilla, di proprietà dell’imprenditore milanese Pasquale Forte dove uomini, piante e animali coesistono armoniosamente, rendendo il tutto autosufficiente e sostenibile. I vini maturano in legni nuovi, soprattutto in tonneaux al posto delle barrique.
    Questo vino offre un intenso aroma di ciliegia e frutti rossi, con un carattere fresco e raffinato e un colore non troppo forte. L’espressione complessiva è di eleganza e finezza, con un risultato eccellente. I tannini sono fini e setosi, con note di cacao. Succoso e carnoso al palato, dona una sensazione morbida e avvolgente, raffinata.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    8. Auritea 2018 Cabernet Franc in biologico, Tenuta Podernovo appartenente alla Famiglia Lunelli, nel comune di Terricciola, all’interno della pregiata ed emergente zona vinicola delle colline pisane, a pochi km dalla costa toscana.

    9. Fsm 2019 Merlot, Castello Vicchiomaggio di John e Paola Matta in Greve in Chianti.

    10. Oreno 2022 45% Merlot, 40% Cab. Sauvignon, 10% Cab. Franc, 5% Petit Verdot, Tenuta Sette Ponti in Castiglion Fibocchi, Arezzo. Una storia antica: dalla Casa Reale Savoia-Aosta alla Famiglia Moretti Cuseri.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    11. Prima Pietra 2021 50% Merlot, 35% Cab. Sauvignon, 15% Cab. Franc, Tenuta Prima Pietra.
    Situato a nord di Bolgheri a Riparbella, questo resort di prim’ordine si estende su ben 200 ettari, di cui 11 dedicati ai vigneti e il resto ricoperto di foresta. Ciò che distingue Prima Pietra è il suo vigneto elevato, situato a un’altitudine di 450 metri, il più alto lungo la costa toscana.
    Cecilia Leoneschi, rinomata enologa, ha creato questo vino ben bilanciato e raffinato. Esalta il frutto del Merlot, la speziatura del Cabernet Franc e sfumature di cioccolato, erba appena tagliata e bacche rosse. Il vino è prodotto con un uso giudizioso di rovere di qualità, parte del quale è nuovo. Nel complesso, questo è un vino delizioso e armonioso da gustare.

    12. Ghiaie della Furba 2020, 40% Cab. Sauvignon, 25% Merlot, 35% Syrah, Tenuta di Capezzana in Carmignano della Famiglia Contini Bonacossi.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    13. Monteti 2019, 55% Petit Verdot, 25% Cab. Sauvignon, 20% Cab. Franc, Tenuta Monteti della Famiglia Baratta.
    Questa storica dimora, adagiata sulle colline della Maremma meridionale nei pressi di Capalbio, custodisce 30 ettari circondati da vasti boschi e accarezzati dalle dolci brezze che lambiscono l’intera valle.
    Naso accattivante in un mix di fresche note mediterranee, sentori di erbe selvatiche, muschio e un sottile carattere salino che riflette la sua posizione vicina al mare. Un delicato carattere speziato e la maturazione in un mix di botti di rovere francese nuove e usate conferiscono complessità. I ​​tannini sono maturi e vellutati, sostenendo un finale lungo e generoso che smentisce il suo contenuto alcolico del 14,5%. Un vino straordinariamente profondo e ricco.

    14. Banditaccia 2023, Ciliegiolo, Le Rogaie in Magliano in Toscana.

    15. Il Poderone 2021, Ciliegiolo di anfora, Terre dell’Etruria.
    Questa è una cooperativa di 3.660 aziende agricole associate, rappresentando la più importante realtà imprenditoriale del settore agricolo in Toscana. Per quanto riguarda il settore vitivinicolo, conta 70 soci con circa 100 ettari vitati che conferiscono tutta la loro uva all’unica cantina della cooperativa, situata a Magliano (GR) e nota come Poderone.
    L’esperienza è estremamente gradevole e intensa, con un bouquet che si avvicina a sottili note affumicate e a una speziatura emergente, piuttosto che al caratteristico aroma di ciliegia. Entra nel palato in modo fluido e aggraziato, con un carattere fresco e un piacevole contrasto saporito prolunga il sorso sottolineando la bevibilità disarmantemente facile del vino. Energia gustativa da vendere.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    16. Il Legato 2020, Mammolo, Azienda Agricola Cincinelli posizionata nel territorio del Chianti, sulle colline che sovrastano la città di Capolona, piccolo paese a poca distanza da Arezzo.

    Questa varietà storica e tradizionale di uva, un tempo utilizzata come componente complementare nei blend di Montepulciano, è ora vinificata da sola, producendo un vino di notevole freschezza. Ha un livello moderato di antociani, che forniscono colore, ed è fermentato in vasche di acciaio prima di invecchiare per un anno in grandi botti di rovere francese.
    Presenta note di frutto, spezie ed erbe aromatiche, con un piacevole bilanciamento di dolcezza e acidità data dal balsamico. Al palato è ampio, elegante e delicato, con sentori di more, mirtilli neri e uvetta. Un’interessante interpretazione del vitigno.

    17. Giramonte 2021, Merlot, Sangiovese, Marchesi Frescobaldi in Castiglioni.

    18. Concerto 2021, 80% Sangiovese, 20% Cab. Sauvignon, Castello di Fonterutoli in Castellina in Chianti della Famiglia Mazzei.

    19. Modus 2020 55% Merlot, 20% Sangiovese, 25% Cab. Sauvignon, Ruffino 1877 prodotto nella Tenuta di Poggio Casciano, cuore pulsante dell’Azienda. Della Famiglia Folonari in partnership con Icon Estates, nota realtà californiana di proprietà dell’azienda statunitense Constellation Brands.

    20. Balifico 2020 65% Sangiovese, 35% Cab. Sauvignon, Castello di Volpaia in Radda in Chianti.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    21. Isacco 2020 50% Teroldego, 50% Merlot, Tenuta Matteraia in Vicchio, nel cuore delle campagne del Mugello.

    22. Badesco 2019, 60% Sangiovese, 20% Merlot, 20% Cab. Sauvignon, Bonacchi in Quarrata vicino Pistoia.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    23. Solengo 2019, Cabernet Sauvignon, Petit Verdot, Merlot e Sangiovese, Tenuta di Argiano, all’epoca della Famiglia Marone Cinzano, oggi nelle mani dell’imprenditore Bernardino Sani.

    Il grande Supertuscan, l’eredità di G. Tachis per Montalcino, è un vino di potenza e longevità. Il legno è perfettamente integrato con il frutto, dando vita a un carattere fresco e vibrante. Note di confettura di amarene e foglie di peperone si mescolano a sentori di tabacco. Al palato, i tannini saporiti regalano una struttura potente ma elegante. Il naso è sorprendentemente ricco, raffinato e armonioso: non un singolo elemento è fuori posto. I tannini setosi creano un equilibrio meraviglioso e un’esperienza straordinariamente bevibile.

    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

    Abbinamenti con i meravigliosi piatti colorati dello Chef Marco Brioschi:

    Uovo morbido, Cavolo nero e Alici
    Funghi, Topinambur e Castagne
    Trippa, Fegatini, Cannellini e Olive
    Ravioli di Cinghiale, salsa verde e fonduta di Pecorino

    Abbinamenti con i meravigliosi piatti colorati dello Chef Marco Brioschi, articolo: Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini
    Abbinamenti con i meravigliosi piatti colorati dello Chef Marco Brioschi, articolo: Toscana IGT 2024: un patrimonio da preservare e valorizzare, foto di Cristina Santini

     

    Cristina Santini Sommelier, winewriter, esperta vitivinicola
    Cristina Santini Sommelier, winewriter, esperta vitivinicola

    Siti di riferimento: http://www.consorziovinotoscana.it/

  • Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche

    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche

    La Pasta Mancini delle Marche: Un Viaggio tra Tradizione, Cultura e Sapore

    di Carol Agostini

     

    Nel cuore delle Marche, una regione del centro Italia ricca di storia, cultura e paesaggi mozzafiato, nasce una delle eccellenze culinarie più apprezzate: la Pasta Mancini. Questa pasta, prodotta con amore e maestria, rappresenta non solo un prodotto gastronomico di altissima qualità, ma anche un ponte tra tradizione e innovazione, un legame forte con il territorio e le sue tradizioni.

    Le Marche, una regione incastonata tra l’Adriatico e gli Appennini, è caratterizzata da una straordinaria varietà di paesaggi. Dalle dolci colline coperte di vigneti e uliveti, ai pittoreschi borghi medievali, fino alle spiagge dorate e alle scogliere frastagliate della costa adriatica. Questo territorio, ricco di risorse naturali, ha sempre favorito un’agricoltura di qualità, tra cui spicca la coltivazione del grano duro, materia prima essenziale per la produzione della pasta.

     

    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Carol Agostini
    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Carol Agostini

     

    La Produzione della Pasta nelle Marche

    La tradizione pastaia nelle Marche è antica e radicata. La regione vanta numerosi pastifici artigianali che utilizzano grani locali e seguono metodi di lavorazione tramandati di generazione in generazione. Tra questi, la Pasta Mancini è diventata un simbolo di eccellenza. Fondata nel 1940, l’azienda ha saputo coniugare la tradizione con l’innovazione, utilizzando tecniche di coltivazione e lavorazione rispettose dell’ambiente e della qualità del prodotto finale.

    Il Processo Produttivo

    La produzione della Pasta Mancini inizia con la selezione delle migliori varietà di grano duro, coltivato direttamente nei campi di proprietà dell’azienda. Il grano viene poi macinato in mulini locali, garantendo una farina pura e di alta qualità. La lavorazione avviene seguendo metodi artigianali, con l’impiego di trafile in bronzo che conferiscono alla pasta la sua caratteristica rugosità, ideale per trattenere i condimenti. L’essiccazione avviene lentamente, a bassa temperatura, per preservare le proprietà organolettiche e nutrizionali del prodotto.

    Le Marche sono una destinazione turistica affascinante, capace di offrire esperienze uniche tra cultura, natura e gastronomia. Il turismo enogastronomico è in crescita, con sempre più visitatori attratti dai sapori autentici e dalle tradizioni culinarie locali.

    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Carol Agostini
    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Carol Agostini

    Ricette Tradizionali Marchigiane

    La cucina marchigiana è ricca e variegata, con piatti che rispecchiano la diversità del territorio. Ecco alcune ricette tradizionali che valorizzano la Pasta Mancini:

    1. Vincisgrassi

    I vincisgrassi sono una sorta di lasagna tipica delle Marche, preparata con strati di pasta all’uovo, ragù di carne, besciamella e parmigiano. Ecco la ricetta:

    Ingredienti:

    • 500 g di pasta all’uovo
    • 400 g di carne macinata (manzo e maiale)
    • 1 cipolla, 1 carota, 1 gambo di sedano
    • 500 ml di passata di pomodoro
    • 500 ml di besciamella
    • Parmigiano Reggiano grattugiato
    • Olio extravergine d’oliva, sale, pepe, noce moscata

    Procedimento:

    1. Preparare il ragù facendo soffriggere cipolla, carota e sedano tritati in olio d’oliva.
    2. Aggiungere la carne macinata e farla rosolare.
    3. Unire la passata di pomodoro, salare, pepare e cuocere a fuoco lento per almeno un’ora.
    4. Preparare la besciamella e condirla con sale, pepe e noce moscata.
    5. Cuocere la pasta all’uovo in acqua bollente salata, poi raffreddarla in acqua fredda e asciugarla.
    6. In una teglia, alternare strati di pasta, ragù, besciamella e parmigiano.
    7. Cuocere in forno a 180°C per circa 30 minuti.

    2. Brodetto di Pesce

    Il brodetto è una zuppa di pesce tipica della costa adriatica, preparata con varie specie di pesce fresco.

    Ingredienti:

    • 1 kg di pesce misto (scorfano, gallinella, triglie, cozze, vongole)
    • 1 cipolla, 2 spicchi d’aglio, 1 peperoncino
    • 500 g di pomodori pelati
    • 1 bicchiere di vino bianco
    • Olio extravergine d’oliva, sale, pepe, prezzemolo

    Procedimento:

    1. Soffriggere cipolla e aglio tritati in olio d’oliva.
    2. Aggiungere il peperoncino e i pomodori pelati, cuocere per 10 minuti.
    3. Unire il pesce e sfumare con il vino bianco.
    4. Cuocere a fuoco medio per circa 20 minuti, aggiustando di sale e pepe.
    5. Spolverare con prezzemolo fresco tritato e servire con crostini di pane.
    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Carol Agostini
    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Carol Agostini

    3. Maccheroncini di Campofilone

    I Maccheroncini di Campofilone sono un formato di pasta all’uovo tipico delle Marche, conosciuto per la sua sottigliezza e delicatezza.

    Ingredienti:

    • 400 g di farina
    • 4 uova
    • 1 pizzico di sale

    Procedimento:

    1. Disporre la farina a fontana su una spianatoia e rompere al centro le uova.
    2. Aggiungere un pizzico di sale e impastare fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo.
    3. Lasciar riposare l’impasto avvolto in pellicola trasparente per circa 30 minuti.
    4. Stendere la pasta con un mattarello fino ad ottenere una sfoglia molto sottile.
    5. Tagliare la sfoglia in strisce sottilissime e lasciarle asciugare per circa un’ora.
    6. Cuocere i maccheroncini in abbondante acqua salata per pochi minuti e condirli a piacere.

    Suggerimento di Condimento per i Maccheroncini di Campofilone: Ragù Marchigiano

    Ingredienti:

    • 300 g di carne macinata (manzo e maiale)
    • 1 cipolla, 1 carota, 1 gambo di sedano
    • 500 ml di passata di pomodoro
    • 1 bicchiere di vino rosso
    • Olio extravergine d’oliva, sale, pepe

    Procedimento:

    1. Soffriggere cipolla, carota e sedano tritati in olio d’oliva.
    2. Aggiungere la carne macinata e farla rosolare.
    3. Sfumare con il vino rosso e lasciar evaporare.
    4. Unire la passata di pomodoro, salare, pepare e cuocere a fuoco lento per almeno 1 ora.
    5. Condire i maccheroncini di Campofilone con il ragù e servire con una spolverata di parmigiano.
    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Carol Agostini
    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Carol Agostini

    Questa regione vanta una storia millenaria, testimoniata dai numerosi siti archeologici, castelli, chiese e borghi medievali. La regione ha dato i natali a grandi artisti come Raffaello Sanzio, uno dei maestri del Rinascimento, e Gioachino Rossini, celebre compositore.

    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Andrea Longhini, gli studenti dell'Ipsia di Asiago
    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Andrea Longhini, gli studenti dell’Ipsia di Asiago
    Bellezze Monumentali e Artistiche

    Tra le bellezze monumentali delle Marche, spiccano le Grotte di Frasassi, uno dei complessi carsici più grandi e affascinanti d’Europa. Non meno importanti sono la Basilica della Santa Casa di Loreto, meta di pellegrinaggio, e il Palazzo Ducale di Urbino, capolavoro del Rinascimento e patrimonio dell’UNESCO.

    Il Mare e la Pesca

    La costa marchigiana, lunga oltre 170 chilometri, è caratterizzata da spiagge sabbiose e acque cristalline. La pesca è una delle attività economiche principali della regione, con numerosi porti pescherecci attivi. Il pesce fresco è alla base di molti piatti tradizionali, come il già citato brodetto.

    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Andrea Longhini, gli studenti dell'Ipsia di Asiago
    Pasta Mancini 2024, splendido grano duro di semola, Marche, foto di Andrea Longhini, gli studenti dell’Ipsia di Asiago

    La Pasta Mancini è molto più di un semplice alimento: è un simbolo della ricchezza culturale e gastronomica delle Marche. Attraverso la sua produzione, si tramandano tradizioni secolari e si promuove il territorio, rendendolo una meta sempre più ambita per i turisti di tutto il mondo. Con una storia così ricca e un futuro promettente, la Pasta Mancini continuerà a rappresentare l’eccellenza marchigiana nel panorama culinario internazionale.

    Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer
    Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer

    Siti partners articolo: https://carol-agostini.tumblr.com/ https://www.foodandwineangels.com/  

    https://www.papillae.it/

    Sito pastificio: https://www.pastamancini.com/

  • Molino Borgioli 2024, autentico produttore di farine toscane

    Molino Borgioli 2024, autentico produttore di farine toscane

    Molino Borgioli: Tradizione, Qualità e Innovazione nella Produzione di Farine Italiane

    di Carol Agostini

    Il Molino Borgioli rappresenta un’eccellenza italiana nel settore delle farine, con una storia che affonda le radici nel passato e una visione proiettata verso il futuro. Questo articolo esplorerà le diverse tipologie di farine prodotte dal Molino Borgioli, il mercato nazionale e internazionale delle farine italiane, alcune statistiche rilevanti sull’export, e infine, presenterà alcune ricette tradizionali che esaltano le caratteristiche uniche delle farine Borgioli. Analizzeremo anche il territorio da cui provengono queste farine e il ruolo produttivo del molino, con un focus sulle fasi di produzione che garantiscono la qualità del prodotto finale.

    Molino Borgioli 2024, autentico produttore di farine toscane, foto di Carol Agostini
    Molino Borgioli 2024, autentico produttore di farine toscane, foto di Carol Agostini

    Il Molino Borgioli è situato nella suggestiva campagna toscana, una regione nota per la sua ricca tradizione agricola e culinaria. Fondato agli inizi del XX secolo, il molino ha saputo mantenere vive le antiche tecniche di macinazione, integrandole con le più moderne tecnologie per offrire farine di altissima qualità. La famiglia Borgioli, da generazioni alla guida del molino, ha sempre posto al centro della propria attività la valorizzazione del territorio e delle materie prime locali.

    Il Molino Borgioli produce una vasta gamma di farine, adatte a soddisfare le esigenze di consumatori e professionisti del settore alimentare. Tra le principali tipologie di farine prodotte troviamo:

    1. Farina di Grano Tenero Tipo 00: Perfetta per la preparazione di dolci, pasta fresca e prodotti da forno. È una farina finissima, ottenuta dalla macinazione del cuore del chicco di grano.
    2. Farina di Grano Tenero Tipo 0: Utilizzata principalmente per pane e pizza, questa farina ha un contenuto proteico leggermente superiore rispetto alla Tipo 00, conferendo maggiore elasticità agli impasti.
    3. Farina Integrale: Macinata con il grano intero, conserva tutte le parti del chicco, inclusa la crusca, offrendo un prodotto ricco di fibre e nutrienti. È ideale per preparazioni rustiche e salutari.
    4. Farina di Semola Rimacinata di Grano Duro: Essenziale per la produzione di pasta secca e alcuni tipi di pane, questa farina è apprezzata per la sua consistenza granulosa e il colore ambrato.
    5. Farine Speciali: Molino Borgioli offre anche farine di grani antichi, farine biologiche e farine di cereali alternativi come farro, avena e segale, per rispondere alle crescenti esigenze di una clientela attenta alla salute e alla sostenibilità.

    Il Mercato delle Farine in Italia

    Il mercato delle farine in Italia è molto competitivo e variegato. Secondo i dati di Associazione Italiana Mugnai (AIM), la produzione annuale di farine di grano tenero in Italia si attesta intorno ai 4 milioni di tonnellate. La domanda interna è alimentata sia dai consumatori finali che dai professionisti dell’industria alimentare, tra cui panifici, pastifici, pizzerie e pasticcerie.

    Negli ultimi anni, si è registrata una crescente attenzione verso le farine speciali e biologiche, con un aumento della richiesta di prodotti di alta qualità e a basso impatto ambientale. Le farine di grani antichi e di cereali alternativi stanno guadagnando sempre più spazio sugli scaffali dei supermercati e nei negozi di alimentari specializzati, riflettendo una maggiore consapevolezza del consumatore moderno riguardo a salute e nutrizione.

    L’Export delle Farine Italiane

    Le farine italiane godono di un’ottima reputazione sui mercati internazionali, grazie alla qualità delle materie prime e alla tradizione molitoria del paese. Secondo i dati di ISTAT, nel 2022 l’export di farine italiane ha raggiunto un valore di oltre 500 milioni di euro, con una crescita del 7% rispetto all’anno precedente.

    I principali paesi importatori delle farine italiane includono Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Le farine italiane sono particolarmente apprezzate per la produzione di pasta, pizza e pane, prodotti simbolo della cucina italiana che trovano estimatori in tutto il mondo.

    Molino Borgioli 2024, autentico produttore di farine toscane, foto di Carol Agostini
    Molino Borgioli 2024, autentico produttore di farine toscane, foto di Carol Agostini

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  • Il G7 2024 all’avangardia sull’enogastronomia italiana

    Il G7 2024 all’avangardia sull’enogastronomia italiana

    G7 conferma l’importanza dell’enogastronomia italiana goduta e assaporata

    di Gaetano Cataldo

    Il G7 in Italia va ribadito molto chiaramente, fuori dalla geopolitica e dagli aspetti diplomatici, che ha costituito una grandissima opportunità di mostrare al mondo, ancora una volta, quanto il nostro Paese sia il più spettacolare giardino di biodiversità che si sia mai visto al mondo. È straordinario poter affermare che la nostra Penisola, al 1600° posto per superficie rispetto a tutte le altre terre emerse del pianeta, detenga un primato inarrivabile di materie prime, tradotte dal genio italico in raffinate preparazioni culinarie da gustare tra paesaggi marittimi e montani, in quello che è il più bel museo a cielo aperto che ci sia.

    Il G7 2024 all'avangardia sull'enogastronomia italiana, foto di repertorio da internet
    Il G7 2024 all’avangardia sull’enogastronomia italiana, foto di repertorio da internet

    Ce lo dicono comunque anche i potentissimi radar astronomici della Nasa: le colazioni più belle, gli aperitivi più glamour, i pranzi e le cene più esclusive, forse anche qualche happy hour chissà, hanno avuto luogo tutte in Puglia dal 13 al 15 giugno per accogliere i vertici delle varie nazioni, appunto per il G7.

    Credo che con tutte le gatte che hanno da pelare, specialmente in periodi di gravi crisi e nel bel mezzo di due focolai bellici, gli uomini più potenti della terra si saranno rinfrancati dalle loro immani fatiche di salvare il mondo dall’inquinamento e dal riscaldamento globale, oltre che da un’umanità che da troppo tempo ha perso la giusta misura delle cose, della giustizia, dell’equità, del buono e del bello, sapendo già da un bel po’ che il G7 si sarebbe festeggiato qui in Italia, dove tutto è cultura, bellezza, gastronomia, arte, vino e splendidi paesaggi, come detto prima.

    Il G7 2024 all'avangardia sull'enogastronomia italiana, foto di repertorio da internet
    Il G7 2024 all’avangardia sull’enogastronomia italiana, foto di repertorio da internet

    Oh, si badi bene: tutto questo al netto delle umane brutture e miserie da cui il Belpaese, comunque e purtroppo, non è immune.
    Ma loro no! Loro, i grandi della Terra, non conoscono di queste cose e, da quei fantastici estimatori di bellezza e gusto che sembrano, meritano inesorabilmente il meglio che l’italica arte culinaria e vitivinicola han da offrire. E Dio non voglia, se un inferno dovesse esistere, che Cerbero prenda ad annotare da quali leccornie e regali servigi son stati deliziati, perché in contrappasso poi non ne restituisca in egual misura.
    Bando alle ciance! Lo annotiamo noi per il tricefalo canide degli Inferi, sempre che tutta queste brave genti non siano prenotate un pochino più in basso del club di Ciacco…

    Il 13 giugno al Castello Svevo di Brindisi, il presidente Mattarella ha fatto gli onori di casa con i debiti convenevoli, salamelecchi e protocolli vari, che finalmente hanno avuto a seguire un palinsesto gastronomico a dir poco estatico, almeno a giudicare da Giorgia Meloni, pur contenuta nel suo modello di sobria e galante compostezza.

    Ma facciamo prima qualche salto indietro nel tempo…

    Sono stati sei i G7, o G8 a seconda della presenza di alcuni stati o meno, che hanno avuto la presidenza italiana da quando il summit internazionale è nato, e cioè nel 1975. I primi si svolsero a Venezia nel 1980 e poi nel 1987, gli ospiti furono invitati a cena nell’appartamento del Doge a Palazzo Ducale. Nel 1994, durante il primo governo Berlusconi, il G8 si svolse a Napoli con una cena memorabile all’interno della Reggia di Caserta. Chef Salvatore Di Meo, napoletano doc trapiantato poi in Sardegna, che portò in tavola i più celebri piatti della tradizione campana.

    Famosa in quell’occasione la visita del Presidente americano Bill Clinton alla Pizzeria Di Matteo, storica insegna in Via Dei Tribunali di Napoli, durante una passeggiata per i vicoli del centro. Avanti poi fino al 2001, in quel disastroso G8 di Genova passato alla storia non certo per quello che mangiarono i grandi della terra, blindati all’interno della zona rossa tra proteste e guerriglie. Nel 2009 invece il G8 arrivò a L’Aquila, in Abruzzo, e a cucinare fu lo chef personale del Cavaliere: Michele Persechini, che dalle cucine di Palazzo Grazioli si trasferì in quei giorni in quelle della caserma della Guardia di Finanza di Coppito.

    Il menù riprendeva a dir poco ingenuamente le tonalità del tricolore: pennette verde, bianco e rosso con pesto, al pomodoro e ai quattro formaggi.
    Nel 2017 fu l’anno della Sicilia a Taormina: la cena dei grandi della terra avvenne all’Hotel Timeo e fu curata dallo chef Roberto Toro, siciliano legato ai sapori della Dieta Mediterranea.  Una cena rimasta negli annali perché il Presidente degli Stati Uniti Trump, bontà sua, bevve solo Coca-Cola. A Pino Cuttaia fu affidato il pranzo delle First Lady e dei First Gentlemen del summit siciliano di quell’anno. Lo chef due stelle Michelin per il ristorante La Madia di Licata, preparò un menu tutto locale: arancini, melanzane, cannoli, tenerume di cocuzza e molto alto per il pranzo al Palazzo degli Elefanti di Catania.

    Il G7 2024 all'avangardia sull'enogastronomia italiana, foto di repertorio da internet
    Il G7 2024 all’avangardia sull’enogastronomia italiana, foto di repertorio da internet

    Insomma, abbiamo portato il risultato a casa anche allora. E al G7 del 2024?

    Il club dei Paesi più importanti al mondo, quello del G7, si è dato appuntamento a Borgo Egnazia dal 13 al 15 giugno 2024, con l’Italia come paese ospitante. Un congresso che questa volta si è voluto aprire anche ad altri paesi oltre gli USA, il Canada, la Francia, la Germania, l’Inghilterra e il Giappone. Tra i leader che hanno potuto godere delle bellezze e delle bontà di questi giorni, anche il presidente della commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Inoltre, sono stati invitati i paesi cosiddetti “outreach” anche le seguenti nazioni: Troika G20 (Brasile, India e Sudafrica), Mauritania, Kenya, Algeria, Giordania, Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Tunisia, Argentina, ma anche l’Onu con il segretario generale Guterres, la Banca Africana di Sviluppo, l’Ocse, l’Fmi e la Banca Mondiale.

    La tavola imbandita con i piatti e i vini italiani è forse l’unico luogo del G7 dove non era possibile firmare un accordo finale condiviso preventivamente: tutto in diretta, tutto giudicato al momento, una prova da brividi per lo chef Massimo Bottura e per tutta l’organizzazione. La politica d’altronde si fa anche a tavola, si spera che i piatti spettacolari siano riusciti a limare le differenze, ammorbidire gli opposti schieramenti.

    Cibo e vino, le vere armi a disposizione per una pace perlomeno temporanea…

    Lo chef dell’Osteria Francescana di Modena, per questi tre giorni, è stato il re della cucina al Castello di Brindisi ed a Borgo Egnazia. Il menu, studiato attentamente, ha fatto pivot sulle eccellenze italiane, con un percorso gastronomico che prende il nome Vieni in Italia con me, con un focus sulle diverse zone del nostro paese, da Nord a Sud.

    Al pranzo del primo giorno:

    Pane e pomodoro della Campania, passando alla zuppa di pesce dell’Adriatico, direttamente dalla Laguna di Venezia, con cottura in forno a vapore di cozze, cannolicchi, granchio blu, vongole, gamberi rossi ed erbe aromatiche. Si fa un salto in Sardegna con il risotto all’astice blu, fondo di branzino e agrumi e si torna in Costiera Amalfitana con brodetto di olive verdi capperi e colatura d’alici. Come dessert l’immancabile “Ooop, mi è caduta la crostata” dello chef, uno dei suoi piatti più celebri.

    Per la cena del primo giorno…

    l’organizzazione è stata affidata a Tenuta Moreno, struttura recettizia a Mesagne, e lo chef Vincenzo Elia ha portato in tavola i sapori della Puglia. Lo chef, originario di San Vito dei Normanni, dopo esperienze a Roma e Londra è alla direzione di Tenuta Moreno dal 2002.
    Il menù proposto: scorfano con pomodorini secchi ed erbe aromatiche, tortelli ripieni di gallinella con pesce serra affumicato, per poi proseguire con il filetto di dentice alle mandorle di Toritto e crema di burrata di Andria. Una cucina fresca a base di pesce a cui si abbinano i prodotti del territorio, come i vini di Tenute Rubino, per finire un amaro a base di carciofo, il Carduus Brindisino, e il caffè di una torrefazione di Francavilla Fontana.

    Per il 14 giugno invece tutto è dedicato al Nord…

    Il piatto d’apertura è ispirato alla Liguria, ed è anche uno dei grandi classici dello chef, dal nome “Come un pesto alla genovese”. Si passa in Emilia con altre due ricette che hanno fatto la fortuna di Bottura:” La parte croccante di una lasagna”, interpretazione creativa del piatto bolognese, e il “Tortellino del dito mignolo”, servito con crema leggera al Parmigiano Reggiano di Rosola. Immancabile l’omaggio al Piemonte con la fassona piemontese servita con una salsa leggera alle verdure, più salsa al Barolo e tartufo nero d’Abruzzo. Per dolce: frutti di bosco in una crema di latte e vaniglia.
    L’ultimo giorno, il pranzo è stato servito a buffet, in quanto gli ospiti erano pronti a ripartire, consapevoli che anche le cose più belle hanno un termine.

    Il G7 2024 all'avangardia verso sull'enogastronomia italiana, foto di repertorio da internet, Cantina Cuomo Marisa
    Il G7 2024 all’avangardia verso sull’enogastronomia italiana, foto di repertorio da internet, Cantina Cuomo Marisa

    Ma non dimentichiamoci della parte più intellettuale del pasto: il nettare Dionisiaco…

    Immancabili il Tignanello, che proprio quest’anno festeggia 50 anni dal suo esordio, e il Sassicaia. Poi tre Chianti Classico, denominazione che di anni ne celebra i suoi primi 100: Vigna del Sorbo di Fontodi, Ruello di Boschetto Campacci e Castello di Volpaia. Poi quella che dai più viene definita la star del Brunello di Montalcino, Casanova di Neri, schiera il Tenuta Nuova a fianco del Barolo di Ceretto e del Valpolicella Toar di Masi, quindi le bollicine di Ferrari Trento, Bellavista “Vittorio Moretti” di Villa Sandi, Cantina della Volta, Tenuta Foricola e Marcalberto, inoltre Torre Rosazza e poi le cantine Jermann con il Vintage Tunina.

    Non mancavano altri grandissimi vini bianchi: l’abbruzzese Marina Cvetic di Masciarelli, il sardo Is Argiolas di Argiolas Winery, l’altoatesino Aristos di Valle Isarco e il campano Furore Bianco Fiorduva di Marisa Cuomo che, mentre il Sassicaia veniva eletto il vino più buono al mondo, nello stesso aveva già raggiunto i massimi punteggi sulle guide più prestigiose.

     

    Due gli autorevoli commenti raccolti per i nostri lettori a caldo…

    Intanto va sottolineata la presenza in carta di vitigni reputati a torto i meno blasonati, come il Vermentino, con le sue miriadi di espressività. Ecco perché teniamo alle parole di Mariano Murru, enologo di Argiolas Winery, nonché presidente Assoenologi Sardegna, che può essere tanto fiero del recente summit più importante del vino in Italia, officiato a Cagliari, quanto della presenza di una sua speciale referenza, l’Is Argiolas Vermentino. Infatti afferma:

    “Il motivo dell’inserimento del Vermentino di Sardegna tra i vini che hanno rappresentato l’Italia al G7 è legato alla qualità. Il vermentino è un vitigno che ama il mare e in Sardegna ha trovato la sua terra d’elezione, con ormai oltre 5000 ettari vitati, l’unica denominazione di origine controllata e garantita, il Vermentino di Gallura, e una denominazione di origine controllata, il Vermentino di Sardegna, che abbraccia tutta l’isola, si attesta come la regione più importante a livello mondiale”.

    Il vermentino Is Argiolas, un classico della produzione regionale e uno dei Vermentino storici dell’azienda Argiolas, nasce sulle colline di marne calcaree che si affacciano sul golfo di Cagliari.

    Qui invece la dichiarazione di Andrea Ferraioli, presidente del Consorzio di Tutela dei Vini di Salerno, nonché proprietario delle storiche cantine amalfitane:

    “Non è la prima volta che siamo presenti al G7 con i vini delle cantine Marisa Cuomo e non sarà certo l’ultima, però continua ad essere sempre motivo di orgoglio crescente ogni volta, oltre che di impatto emotivo e soddisfazione, per me e per la mia famiglia. Tengo a precisare, ringraziando Riccardo Cotarella per la curatela della carta dei vini, che questo risultato è collettivo per la provincia di Salerno e premia tutte le cantine che si prendono cura delle viti e del paesaggio, esprimendo vini di altissimo profilo qualitativo. Da presidente del Consorzio il mio ringraziamento va a tutte le cantine salernitane, motivo di fierezza e vanto. Dunque un successo inclusivo per tutti i salernitani.”

    Proprio durante il buffet di chiusura, manco a dirlo, c’erano il Donna Augusta di Vespa Vignaioli, tanto il Bruno nazionale si è giustificato dicendo il suo vino fosse già lì in carta, oltre a Carvinea di Eliele spumante metodo classico 2013 ed il Primitivo Igt del Salento firmato da Gianfranco Fino: l’Es Red 2019.
    Buon Dio, dacci oggi il nostro pane quotidiano senza negarlo mai a nessuno e possa l’acqua essere un diritto di tutti e per le future generazioni.

    Gaetano Cataldo F&B Manager, docente di Sake, giornalista pubblicista, assaggiatore di salumi e sommelier professionista.
    Gaetano Cataldo F&B Manager, docente di Sake, giornalista pubblicista, assaggiatore di salumi e sommelier professionista.

    Siti partners articolo: https://carol-agostini.tumblr.com/ https://www.foodandwineangels.com/ https://www.papillae.it/

  • La scuola del Contadino 2024, una vera e propria eccellenza

    La scuola del Contadino 2024, una vera e propria eccellenza

    LA SCUOLA DEL CONTADINO. UN PROGETTO AD ALTO IMPATTO SOCIALE

    Di Danilo Amapani

    Nasce a Gioia del Colle, provincia di Bari, la prima “Scuola del Contadino” del Sud Italia. Il progetto, proposto da Tracceverdi, ha origine nel 2019 con obbiettivo il coinvolgimento sociale di ragazzi con difficoltà in attività come agricoltura, riciclo del legno, erboristeria. 

    La scuola del Contadino 2024, una vera e propria eccellenza
    La scuola del Contadino 2024, una vera e propria eccellenza

    Sin dal primo istante, il comune di Gioia del Colle ha aiutato questa cooperativa, capitanata da Cecilia Posca, nella crescita costante del progetto. Oggi a distanza di 5 anni è stato presentato il libro “- La Scuola del Contadino. Un Progetto ad Alto impatto sociale-“ con lo scopo di raccontare ciò che la cooperativa svolge insieme ai ragazzi e alle loro famiglie.

    Durante la presentazione sono intervenuti la senatrice Maria Nocco, membro della Commissione programmazione economica; Cecilia Posca, presidente della Cooperativa sociale Tracceverdi; Giovanni Barnaba, presidente della Cooperativa sociale Soleluna. A fare gli onori di casa è stato il sindaco Giovanni Mastrangelo assieme all’assessora alle politiche sociali e giovanili del comune di Gioia del Colle Marianna Milano. Il tutto moderato da Rosangela Silletti, ufficio stampa e componente della Cooperativa Tracceverdi. 

    La scuola del Contadino 2024, una vera e propria eccellenza
    La scuola del Contadino 2024, una vera e propria eccellenza

    Le parole che hanno accompagnato l’incontro sono state concretezza e comunità. Concretezza nel credere e tuffarsi pienamente nel progetto. Il sindaco ha ribadito più volte gli obiettivi: avvicinare i ragazzi al mondo contadino, un mondo che oramai si sta lasciando sempre più in secondo piano; integrazione e socialità, un risultato che può essere vincente solo con l’inclusione di questi ragazzi. 

    La difficoltà sta soprattutto nella continuità progettuale, una continuità che tutti i coordinatori devono trasmettere ai ragazzi poiché li forma come contadini, ma soprattutto come cittadini del futuro.

    L’’agricoltura è un cardine fondamentale per la società. Accresce il turismo e l’enogastronomia”, queste le parole della senatrice Maria Nocco che inoltre spiega come l’agricoltura diventa terapia per questi ragazzi divenendo anche un benessere psicofisico.

    Un punto importante è stata la proposta fatta alla senatrice di presentare in Senato il progetto con l’intento di far crescere la comunità portandone l’attenzione nelle altre regioni.

    La scuola del Contadino 2024, una vera e propria eccellenza
    La scuola del Contadino 2024, una vera e propria eccellenza

    È Cecilia Posca che approfondisce e ci racconta le origini di questa iniziativa. Il libro è proprio un racconto di tutte le esperienze e dei lavori portati a termine nella scuola del contadino. Il grande lavoro svolto dai ragazzi è stato possibile anche grazie alle piccole aziende che hanno voluto collaborare con Tracceverdi: se ne contano circa 20.

    La pubblicazione del libro “La Scuola del Contadino. Un progetto ad alto impatto sociale” è il mezzo con cui la cooperativa Tracceverdi vuole portare il progetto ad un livello superiore: partendo da piccole realtà e arrivando a coinvolgere le aziende più grandi. Questo progetto può diventare promotrice dei prodotti di punta del territorio regionale e nazione, mantenendo lo scopo di scommettere su questi ragazzi per un’integrazione nel mondo lavorativo. (altro…)

  • Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale

    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale

    ASSAGGI, salone dell’enogastronomia laziale, ci porta allo show cooking di Alain Rosica, grande curiosità!

    Di Cristina Santini

     

    Si è da poco conclusa, con ottimi risultati, la terza edizione di Assaggi – Salone dell’Enogastronomia Laziale di Viterbo, la kermesse delle eccellenze del nostro territorio e dei numerosi eventi collaterali.

    Assaggi 2024, alla scoperta dell'enogastronomia Laziale, foto dell'autrice
    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice

    Tra le tante attività alle quali abbiamo partecipato, abbiamo dedicato uno spazio allo show cooking dello Chef Alain Rosica del Ristorante Belvedere dal 1933 situato a Frascati (RM), dal titolo “La profonda identità delle radici”.

    Un titolo, quello dell’incontro, a tema data la provenienza dal Venezuela dello Chef che si è portato un bagaglio di ricordi, sapori e conoscenze, e approdato ai Castelli Romani, la sua cucina si è contaminata con il nuovo ambiente. La matrice genetica, la biodiversità di una grande Capitale come Caracas, la cucina e la storia geologica castellana si fondono in un mosaico complesso e affascinante, un viaggio culinario, omaggio alla storia personale e alla passione per la cucina, un ponte tra due mondi che si incontrano in un piatto.

    Assaggi 2024, alla scoperta dell'enogastronomia Laziale, foto dell'autrice, show cooking
    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice, show cooking

    Il viaggio che abbiamo intrapreso con Alain e Matteo è stato il riflesso di questa storia bellissima:

    “E’ un’emozione e un onore rappresentare un territorio così vicino a Roma e così complesso. Al ristorante Belvedere, al centro di Frascati, abbiamo trovato una dimensione locale importante, in questi tempi riuscire ad avere questo nesso con il territorio, così quotidiano, è l’unica chiave che possiamo utilizzare per avere la stagionalità invece che la grande distribuzione, quindi il fruttarolo della piazza, il pastificio o il nostro macellaio di fiducia, i formaggi come la ricotta che ci viene consegnata calda.

    Quest’anno facciamo 25 anni di attività e conserviamo ancora alcuni dei nostri fornitori storici.
    Qui oggi abbiamo portato un piatto che rappresenta una unione di culture, siamo andati anche molto indietro nel tempo, a cogliere l’essenziale di quello che è quel territorio che circonda Roma, la Roma di un tempo che ritroviamo nell’agnello, nelle erbe spontanee di campagna e nel pecorino.”

    Assaggi 2024, alla scoperta dell'enogastronomia Laziale, foto dell'autrice, degustazione prodotti
    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice, degustazione prodotti

    La cucina romana è fatta di ingredienti poveri e la sua evoluzione nei secoli è stata arricchita da contaminazioni virtuose e influenze regionali, ne è un chiaro esempio l’unione gastronomica giudaico-romana. Come anche le spezie, gli amidi di riso, il pepe oggi utilizzato tanto nella nostra alimentazione.

    In questa preparazione si è mantenuta l’identità locale castellana, con l’impiego di un formaggio, stravecchio, di un produttore di Grottaferrata e l’agnello in bianco, una preparazione certamente di provenienza abruzzese-laziale. Un tipo di carne che richiama le origini abruzzesi da parte paterna, perché il papà era di Guardiagrele, dove Alain ha vissuto per alcuni anni conservando questo forte legame, anche contadino, con il territorio.

    “Ragionandoci abbiamo voluto proporre un piatto antico, dai sapori e dalle radici antiche, di queste parti prima che arrivasse la cultura dell’antica Roma con tutto ciò che si è portata dietro, ovvero quello che mangiavano le comunità autoctone dei Castelli, prima che arrivasse la Roma imperiale raccontando per alcuni versi anche la biodiversità territoriale.”

    Assaggi 2024, alla scoperta dell'enogastronomia Laziale, foto dell'autrice, degustazione piatto
    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice, degustazione piatto

    Arriviamo al nostro meraviglioso e buonissimo piatto: si tratta di una sfoglia particolare, una pasta di grano antico saragolla, un po’ amaro, utilizzata per comporre i cappellacci che sposano perfettamente la dolcezza della carne di agnello con fonduta di pecorino e salsa di melograno e l’aggiunta di erbe amare spontanee e uvetta. C’è complessità ma anche tanta bontà in questo delizioso piatto, con il cumino tostato a corredo che lega perfettamente con la carne, insieme a chiodi di garofano, pepe, cannella, dal tocco orientale come le origini dello Chef, tutte spezie dell’antica Roma, ma anche del Nord Africa e del bacino del Mediterraneo. Un piatto dal sapore delicato, dove ogni ingrediente è riconoscibile e ben integrato, con gli aromi speziati a dominare la scena. Una riduzione lenta di melograno, senza zuccheri, quasi neutra, a colorare e condire con maestria la pietanza.

    L’utilizzo del succo, secondo noi, ha colto l’essenza finale del piatto, un elemento poco utilizzato in cucina che invece sarebbe appropriato reinserire nella nostra cultura perché regala tanta aromaticità, molto usato ad esempio nella gastronomia dei balcani. Profumi inebrianti provengono dai formaggi e dalle erbe aromatiche che compongono la ricetta, soprattutto dalle misticanze ripassate con l’uvetta.

    Assaggi 2024, alla scoperta dell'enogastronomia Laziale, foto dell'autrice, show cooking
    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto dell’autrice, show cooking

    Dulcis in fundo, i cappellacci, prima di essere serviti, sono stati tostati un pochino – quasi mai mantecati nel loro sugo, come racconta Alain – per dare più intensità aromatica e croccantezza al palato. Si vuole, a ragion veduta, esaltare la fragranza dell’impasto e creare una specie di “dumpling”.

    “Abbiamo utilizzato le ossa, che oggi nei ristoranti è difficile trovare, per fare il fondo. E’ un piatto che ha quel gusto e quel ricordo di una volta perché nelle ricette tradizionali bisogna ritrovare la nonna, la mamma.”

    Una storia importante che si riflette nelle proposte, quei ricordi di Alain, della sua nonna in Venezuela che cucinava e si riscaldava con le braci in quel paesino a 1800 metri di altitudine lontano dal clima torrido di Caracas. E la casa in Italia, quella connessione indissolubile con il nostro Paese sin da piccolo dove passava le feste insieme al papà.
    Ma la crisi economica che stravolse la Nazione, portò tutti a spostarsi e ricominciare da capo.

    Ciò nonostante, è affascinante come le tradizioni e i dialetti possano creare una relazione così profonda con un territorio.
    Frascati è davvero un gioiello. La sua atmosfera pittoresca e il legame con la tradizione culinaria italiana lo rendono un luogo unico. La famiglia che gestisce il ristorante sembra aver fatto un ottimo lavoro nel preservare queste tradizioni e creare un’identità autentica. È sempre bello vedere come la cultura locale si intrecci con la cucina e l’ambiente circostante creando sinergie.

    “Viviamo in cucina, facciamo cucina, un lavoro di ricerca sui prodotti, sulle materie prime, di identità ma anche di amore. E quindi il nostro pecorino non sarà mai del supermercato come anche una bottiglia di vino non arriverà dalla grande distribuzione, questo per dare al nostro ospite un servizio completo”.

    Assaggi 2024, alla scoperta dell'enogastronomia Laziale, foto da sito ristorante
    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto da sito ristorante

    Lo Chef Rosica ci racconta del suo “Belvedere dal 1933” che già dal nome possiamo intuirne la posizione.

    “Abbiamo in mente di allargare un po’ la sala anche all’esterno, dove abbiamo una veranda permanente. E vogliamo renderla fruibile anche d’inverno. L’estate invece si apre alle Terrazze proprio dall’altra parte. Abbiamo una cucina sempre stagionale, ma un po’ più leggera d’estate per il grande numero di persone, cercando sempre una formula comunque che mantenga la qualità nei nostri piatti.
    Altro piccolo progetto, sarà quello di inserire una cottura un po’ più primitiva. Tornare proprio alla semplicità e ai profumi veri della cucina, questa voglia di rimettere le erbe spontanee al centro, di ritrovare l’olio quello giusto. Insomma si è alzata moltissimo la soglia di attenzione sulla materia prima, e siamo anche fortunati di essere fuori in campagna, ci aiuta tantissimo questa vicinanza al produttore e questa conoscenza del suo lavoro.”

    Assaggi 2024, alla scoperta dell'enogastronomia Laziale, foto di Cristina Santini
    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto di Cristina Santini

    Ad accompagnare il piatto di Alain, un calice di Roscetto in purezza prodotto dall’Antica Cantina Leonardi di Montefiascone (VT), i cui vigneti sono esposti sulle colline vulcaniche del Lago di Bolsena. Una realtà enologica nata agli inizi del ‘900 dalla passione di un giovane imprenditore che, innamorato della sua terra e del vino, ha piantato le basi per quella che è diventata la più storica e prestigiosa cantina del luogo.

     

    Luce del Lago – Lazio Igp Roscetto 2022 affinata in acciaio

    Il Trebbiano giallo, localmente chiamato Roscetto per via della colorazione degli acini rosata anziché dorata in fase di maturazione, presenta un bouquet delicato di note fruttate come la pesca e l’albicocca, accompagnate da erbe aromatiche che lasciano una bocca fresca, leggera nella struttura e armonica.
    Il suo sorso minerale e deciso, dall’acidità spiccata, si sposta sulla dorsale agrumata, sulle note fumé, di pietra focaia che rendono tutta l’esperienza degustativa gradevole e di ottima morbidezza con un finale lievemente ammandorlato.

    Assaggi 2024, alla scoperta dell'enogastronomia Laziale, foto di Cristina Santini
    Assaggi 2024, alla scoperta dell’enogastronomia Laziale, foto di Cristina Santini

    Un successo accertato l’abbinamento con la pasta nel mix dei suoi ingredienti, concedendoci l’esaltazione al gusto della riduzione e delle sue erbette integrate alle note aromatiche e fruttate del vino. Un vino che esalta il piatto lasciando la bocca pulita e ben appagata.

     

    Cristina Santini Sommelier, winewriter, esperta vitivinicola
    Cristina Santini Sommelier, winewriter, esperta vitivinicola

    Sito evento: https://www.assaggisalone.com/

    Sito ristorante: https://www.belvedere1933.com/ 

    Siti partners articolo: https://carol-agostini.tumblr.com/ https://www.foodandwineangels.com/ 

    https://www.papillae.it/

  • Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024

    Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024

    Immaginare un febbraio caldo ed accogliente nella campagna toscana fa già viaggiare con i pensieri e con il palato. E allora perché non viaggiare e volare davvero verso Valdarno, Tenuta Sette Ponti?

    Di Marco M. Marcialis

    La risposta è sì! Tenuta Sette Ponti è un’azienda vitivinicola creata dalla visione illuminata e lungimirante del dott. Antonio Moretti Cuseri, che dopo i grandi successi nel mondo della moda e dello stile made in Italy ha voluto, alla fine degli anni ’90, investire nella sua più grande passione: il vino!

    Nei primi giorni di febbraio, sono stato invitato dalla famiglia Moretti Cuseri a visitare le tenute di famiglia e conoscere il loro concetto di accoglienza e ospitalità. Un tour composto da tre giorni di piena immersione tra Valdarno, Bolgheri ed Arezzo.

    Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis
    Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis

    Si inizia con il benvenuto di Alberto ed Amedeo Moretti Cuseri, che tra stile e modernità conducono l’azienda sui più prestigiosi palchi internazionali. Villa Crognolo ci accoglie in modo regale presso la Vigna dell’Impero, dalle cui vecchie e nobili viti viene ottenuto l’omonimo sangiovese in purezza.

    Stile, rigore e accuratezza nella gestione delle vigne e delle zone di lavorazione, aprono le porte al primo tasting che, partendo dalla loro moderna visione del Chianti Vigna Pallino, cede il passo ai must dell’azienda come il Crognolo e poi gli iconici e pluripremiati Oreno e Sette, vere gemme che spiccano tra i super tuscan. Il tasting nell’accogliente e storica dimora prosegue davanti ad un grande caminetto acceso per poi dare spazio ad un aperitivo tra salumi di cinta senese e cena in pieno stile toscano che consente degli abbinamenti straordinari.

    Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis
    Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis

    Da Valdarno si prosegue a Bolgheri, dove la via Bolgherese mi ha lasciato senza parole per lo stupore e la meraviglia di ogni #winelover nel percorrere questo viale di memoria carducciana. La visita alle vigne di Orma apre la discussione su un territorio come quello di Bolgheri così amato e agognato. L’amore e l’agonismo verso Bolgheri vengono resi liquidi nei calici dei vini prodotti ad Orma, da un Vermentino fresco e sapido fino ad arrivare al ricercatissimo ed esclusivo Aola di Orma.

    Il tour tocca anche una parte storico-culturale che, passando dal Ponte Buriano famoso per essere stato dipinto da Leonardo Da Vinci sullo sfondo della Gioconda, arriva fino al centro di Arezzo, che respira e vive di grande arte ed enogastronomia.

    Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis
    Tenuta Sette Ponti, un viaggio in Valdarno 2024, foto di Marco M. Marcialis

    Questo è stato un viaggio personale e magnifico con cui la famiglia Moretti Cuseri ha voluto farmi vivere un sogno toscano durato tre giorni e per questo rivolgo loro un immenso “Grazie”!

    Marco Fabio Maria Marcialis sommelier e wine-Trainer siciliano
    Marco Fabio Maria Marcialis sommelier e wine-Trainer siciliano

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  • Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice

    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice

    Guida ai Vini di Sicilia 2024: Un’Esplorazione Sensoriale in un Paradiso Enogastronomico

    Di Marco Maria Marcialis

    Sabato 27 gennaio, presso il San Paolo Palace Hotel di Palermo, si è svolta la suggestiva presentazione della Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, un evento fortemente mediterraneo che ha entusiasmato i presenti. Iniziare l’anno con una spinta tutta siciliana tra suoli e areali che conquistano i palati e fanno sognare i wine lover di tutto il mondo, i quali percorrono decine di migliaia di chilometri per visitare questa terra baciata dal sole e dagli dei.

    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice, foto dell'autore
    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice, foto dell’autore

    In un meraviglioso equilibrio tra occidente e oriente, tra mare e montagna, più di 170 aziende sono state recensite nella guida di quest’anno. Trentadue di esse hanno ricevuto il massimo riconoscimento delle 4 Viti AIS; in questo olimpo enoico, ben sei sono stati riconosciuti come “Gemme”.

    Da sommelier siciliano e winelover di lungo corso, è con immenso piacere che constato la crescita del vino siciliano, sia in termini di godibilità sia di modernità, rispettosa comunque della tradizione e con una visione proiettata verso il futuro. Modernità e Visione a cui è stata dedicata una masterclass e un wine talk intitolati “Next Generation“, incentrati sui più pregevoli e accurati cambi generazionali nella conduzione di importanti aziende vitivinicole, tra cui Fina, Nicosia, Barone Sergio e Baglio del Cristo di Campobello.

    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice, foto dell'autore articolo
    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice, foto dell’autore articolo

    Ulteriore enfasi è stata data dalla doppia conduzione di Orazio e Claudio di Maria, padre e figlio appunto, quest’ultimo insignito nel 2023 come Migliore Sommelier di Sicilia.

    Tra i banchi di assaggio si respirava un clima di condivisione e passione per la Sicilia e i suoi vini, arricchita dalla presenza corale di tutte le delegazioni territoriali.

    Durante l’evento, ho posto alcune domande a Francesco Baldacchino, presidente regionale, e a Mariagrazia Barbagallo, delegata responsabile per la sezione di Catania.

    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice
    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice

    Al presidente Baldacchino ho chiesto:

    1. Cosa rappresenta per te questo evento? Per lui è un’emozione vivere l’evento come coronamento del lavoro di un anno alla scoperta del territorio ed eccellenze che si svolge nei panel di degustazione che attraversano l’anno, divisi tra Palermo, Agrigento e Catania.
    2. Cosa rappresenta la Sicilia in questo momento nel panorama vitivinicolo nazionale? Per Baldacchino, è motivo di grande orgoglio rappresentare la sua regione, che in modo forte ed efficace in ogni ambito, dai spumanti ai bianchi, ai rosati, offre vini di riconosciuta qualità e identità, con grande impegno dei produttori e dei sommelier nel veicolare le meraviglie della Sicilia.
    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice, foto dell'autore articolo
    Guida AIS ai Vini di Sicilia 2024, sole e mare nel calice, foto dell’autore articolo

    A Mariagrazia Barbagallo ho chiesto:

    1. Quanto appeal ha oggi la figura del sommelier?Questa figura, soprattutto nei giovani, è molto riconosciuta e ambita perché rappresenta modernità, conoscenza e curiosità, con approccio positivo e propositivo anche nel mondo del lavoro negli ultimi anni, confermandosi una figura molto dinamica.”
    2. Quanto è unita e compatta AIS Sicilia nelle manifestazioni e nella programmazione?Abbiamo creato nella dirigenza un gruppo che si occupa di eventi in tutta la Sicilia. La forza del gruppo è vincente. Ognuno con le proprie conoscenze contribuisce e completa la macchina organizzativa complessa ed articolata.”

    Felice e appagato del sole isolano in ogni calice, do l’arrivederci alla prossima edizione.

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  • Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024

    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024

    Un viaggio nei sensi in Umbria alla Cantina Barberani

    Di Adriano Guerri

    Gennaio 2024

     

    Assieme ad amici della Delegazione AIS Siena ci siamo recati presso la Cantina Barberani per una visita e degustazione dei loro vini.
    La Cantina si trova a Baschi, a poca distanza dal centro storico di Orvieto, nel cuore  verde dell’Umbria e nell’areale dell’Orvieto Classico.

    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024, foto da sito
    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024, foto da sito

    La cantina

    La tenuta è immersa tra le dolci colline attorno al Lago di Corbara e vanta 55 ettari vitati, sui quali affondano le radici di varietà sia alloctone sia autoctone,  quali, Cabernet, Merlot, Chardonnay e Sauvignon, Grechetto, Trebbiano Procanico, ossia il Trebbiano toscano, Moscato e Sangiovese. I suoli sono di origine vulcanica e ricchi di calcare e argilla, il clima è ideale per l’allevamento della vite e caratterizzato da notevoli escursioni termiche tra le ore diurne e notturne.

    La dedizione a questa passione é di ben tre generazioni, fondata nel 1961 da Vittorio Barberani, il quale passerà il timone negli anni ’70 a Luigi e Giovanna Barberani, i cui figli Bernardo e Niccolò che attualmente guidano l’azienda,  le hanno dedicato un vino nel 2011 per l’occasione del 50°  anniversario dell’azienda. I coniugi Barberani erano molto lusingati del vino a loro dedicato,  ma al contempo scettici e non troppo d’accordo con la scelta dei figli.

    Sempre rispettosi dell’ambiente e della natura, Barberani pratica il regime biologico da diversi anni. I vini sono  caratterizzati da una grande finezza, da uno stile nitido e lineare. Nel periodo autunnale nei vigneti attorno al lago si sviluppano fitte nebbie che sono ideali per lo sviluppo della muffa nobile (Botrytis Cinerea) e che danno origine al Muffato Calcaia. La cantina è circondata  dai vigneti ed è munita di tutte le più moderne attrezzature per la produzione del vino. La famiglia Barberani si avvale della collaborazione dell’esperto enologo Maurizio Castelli, assistito da Niccolò Barberani.

    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024, foto dell'autore
    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024, foto dell’autore

    La DOC

    L’Orvieto Doc è un noto vino bianco italiano che gode di una fama planetaria . La cittadina orvietana è  molto legata a questo vino, fiore all’occhiello dell’ enologia italiana, che con enorme piacere le ha donato il proprio nome. L’areale si estende intorno alla meravigliosa cittadina umbra in provincia di Terni per quanto riguarda la denominazione Orvieto Classico,  mentre per la denominazione Orvieto si estende sino ad arrivare nel Lazio, nella contermine provincia di Viterbo, trattasi di denominazione interregionale.

    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024, foto dell'autore, Vista sul Lago di Corbara
    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024, foto dell’autore Vista sul Lago di Corbara

    I vitigni prevalentemente coltivati e utilizzati per la produzione della Doc, sono il Procanico derivante dal Trebbiano Toscano ed il Grechetto,  tuttavia possono essere impiegati altri vitigni bianchi come il Verdello, la Malvasia Toscana ed il Drupeggio. I terreni sono in  prevalenza vulcanici e capaci di dare origine a vini sapidi e minerali. Il vino “Orvieto” viene prodotto nelle tipologie secco, abboccato, amabile, Superiore e dolce; ottenuto da uve botritizzate.

    Orvieto si erge su una rupe di tufo, al di sotto della quale si trovano  cantine scavate nel tufo, ove i vini vinificano e maturano. L’Orvieto Doc, a tavola trova abbinamento con molte preparazioni culinarie e in base alla tipologia va bene  dall’antipasto al dessert.

    I vini degustati :

    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024, vini degustati da Adriano Guerri, foto autore
    Cantina Barberani, vicino a Orvieto primi assaggi del 2024, vini degustati da Adriano Guerri, foto autore

    Castagnolo Orvieto Classico Superiore Doc 2022 – Grechetto 70% e Procanico 30% – Giallo paglierino, al naso è  intenso e complesso con sentori di fiori di campo, mela, susina e agrumi, al gusto è piacevolmente fresco, sapido e persistente, suadente e dotato di una buona piacevolezza di beva.

    Luigi e Giovanna Orvieto Classico Superiore Doc 2021 – Grechetto 80% e Trebbiano Procanico 20% – Giallo paglierino intenso, emana note di ananas,  mango, papaya e zagara, al palato è avvolgente, armonioso e incredibilmente persistente.

    Polvento Umbria Igt Rosso 2019 – Sangiovese,  Merlot e Cabernet Sauvignon – Rosso rubino intenso, all’olfatto si percepiscono sentori di lampone,  ribes,  amarena e spezie dolci, al palato è  setoso, coerente e decisamente duraturo con freschezza che invita ad un sorso successivo.

    Calcaia Orvieto Doc Classico Superiore Muffa Nobile 2020 – Grechetto e Trebbiano Procanico – Giallo dorato, naso elegante  di mielie d’ acacia, fichi secchi, zafferano e datteri, al palato è  suadente, piacevolmente  morbido, dolce e persistente.

    Adriano Guerri, sommelier professionista, wine critic e blogger freelance
    Adriano Guerri, sommelier professionista, wine critic e blogger freelance

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  • Cortigiane veneziane, Casanova, seduzione, cacao nel 1700

    Cortigiane veneziane, Casanova, seduzione, cacao nel 1700

    “La Seduzione a Tavola: Riflessi delle Cortigiane Veneziane nell’Arte Gastronomica”

    Di Carol Agostini

    Nell’arte dell’eros e della seduzione, le donne hanno spesso incarnato ruoli chiave, attingendo a una varietà di sfaccettature per affascinare, intrigare e conquistare. Le cortigiane veneziane, celebri per la loro abilità nel conquistare cuori e menti, non solo attraverso il fascino personale, ma anche attraverso l’arte del cibo.

    Cortigiane veneziane, Casanova, seduzione, cacao nel 1700, foto di Alessandro Manzoli
    Cortigiane veneziane, Casanova, seduzione, cacao nel 1700, foto di Alessandro Manzoli

    Ispirandosi a queste storie intriganti, la cultura popolare ha riportato alla luce le vicende delle donne che animavano la Venezia dei secoli passati. Queste storie, un misto di realtà e fantasia, raccontano episodi curiosi e singolari, intrecciati alle vite tanto dei nobili quanto dei plebei. È proprio dalla fusione tra l’alta società e il popolo che nasce un affascinante quadro comico, rivelando come il potere seduttivo possa superare le barriere di classe, trovando nel cibo un filo conduttore.

    Questo tema attinge dalla complessa e vibrante storia di Venezia, culla di intrighi, amori e una tradizione gastronomica ricca di sfumature. Il cibo, da sempre simbolo di passione e piacere, diventa uno strumento per superare le barriere sociali, unificando le diversità attraverso il gusto e la passione per la buona tavola.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto di Wolfgang
    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto di Wolfgang

    Attraverso la rappresentazione artistica di questo legame tra seduzione e cucina, emergono le dinamiche umane che vanno oltre le differenze di classe, mostrando come il cibo possa diventare un linguaggio universale capace di unire, intrigare e affascinare.

    Questa commistione tra storia, società e gusto culinario conferma come la seduzione sia un’arte che trascende le barriere sociali, gettando le basi per relazioni umane profonde, avvolte nella passione per il buon cibo e l’incanto della seduzione.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari

    Come anticipato nelle righe precedenti nel cuore di Venezia nel XVIII secolo, un mondo affascinante e sfrontato prendeva vita tra i vicoli e i canali della città. Le cortigiane, figure leggendarie della Venezia settecentesca, non erano semplici donne d’intrattenimento ma vere e proprie abitatrici di una sottile linea tra cultura, potere e desiderio.

    Contesto Storico e Culturale:

    Venezia nel XVIII secolo era un vivace crogiolo culturale, con una società stratificata che rifletteva l’eccentricità e l’opulenza della Repubblica Serenissima. La città, ricca di commercio e di scambi culturali, vantava una ricchezza senza pari, attirando artisti, scrittori e mercanti da tutto il mondo.

    Cortigiane veneziane, Casanova, seduzione, cacao nel 1700, foto di Carolina Spork
    Cortigiane veneziane, Casanova, seduzione, cacao nel 1700, foto di Carolina Spork

    Le Corti e la Cultura Lagunare:

    Le cortigiane, conosciute come “corti” o “cortigiane di luce” in riferimento ai loro sontuosi abiti luminosi, erano donne di grande intelligenza e abilità sociale. Oltre ad essere esperte nell’arte dell’amore, queste donne erano raffinate e istruite, svolgendo un ruolo cruciale nella vita culturale della città.

    Le Cortigiane come Protettrici delle Arti:

    Molte di loro non si limitavano al mero intrattenimento. Erano mecenati delle arti, sostenendo pittori, scultori e musicisti emergenti. La loro influenza si estendeva ai salotti letterari, dove le menti più brillanti si riunivano per discutere di letteratura, politica e filosofia.

    Un Simbolo di Potere e Intrighi:

    Le cortigiane avevano un ruolo ambiguo nella società veneziana, tanto ammirate quanto oggetto di critiche. Mentre alcune di loro godevano del favore dei potenti e dell’alta società, altre si trovavano al centro degli intrighi politici e delle lotte di potere.

    Il Declino delle “Corti” Lagunari:

    Con il declino della Repubblica Serenissima alla fine del XVIII secolo, anche il mondo delle cortigiane iniziò a sbiadire. Le tradizioni e i costumi che avevano reso Venezia così vibrante e affascinante furono soppiantati dall’ascesa di nuove ideologie e dalla trasformazione sociale.

    Eredità e Memoria:

    Tuttavia, l’eredità delle cortigiane veneziane sopravvisse nel racconto delle loro storie, nella pittura e nella letteratura, offrendo uno sguardo affascinante su un’epoca di sfarzo e controversia nella storia di Venezia.

    Le cortigiane del XVIII secolo veneziano, con la loro intrinseca connessione con la cultura e la storia lagunare, restano un simbolo affascinante di un’epoca contraddittoria e intrigante nella vita della Serenissima.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto da internet
    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto da internet

    Venezia: Il Regno dell’Eros e Casanova: Il Leggendario Seduttore

    La città lagunare di Venezia, da sempre fonte di mistero, storia, e arte, ha un fascino che va oltre il suo retaggio culturale. È stata e continua ad essere il palcoscenico di passioni ardenti e racconti seducenti. È qui che nasce la storia di “Desiderio“, romanzo di Ricardo Belnome, un’opera che racchiude la sete erotica e l’ispirazione tra le sue pagine.

    Il genere dei romanzi erotici ha catturato l’attenzione di molti lettori, con “Desiderio” di Belnome che non fa eccezione. Questi romanzi, che spesso diventano best-seller internazionali e persino adattamenti cinematografici, godono di una vasta platea di lettori, in particolare tra il gentil sesso. E Venezia, con il suo suggestivo e sensuale sfondo, è stata protagonista anche di queste storie intriganti.

    Il romanzo “Desiderio” ci porta nel mondo dello scrittore francese Daniel Daniélou, che, a Parigi, si trova a cimentarsi nella creazione di un romanzo erotico. La ricerca di ispirazione lo conduce a Venezia, affiancato dal suo editore e da Julie, la giovane assistente. La città diventa il palcoscenico perfetto per un’opera che si distingue per l’intreccio tra arte classica, moderna, e una sofisticata teoria della letteratura erotica.

    Venezia: Il Regno dell'Eros e Casanova: Il Leggendario Seduttore, articolo: Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto da internet
    Venezia: Il Regno dell’Eros e Casanova: Il Leggendario Seduttore, articolo: Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto da internet

    Venezia è stata da sempre una culla di mistero e fascino, dove l’erotismo si intreccia con la storia e l’arte. Le atmosfere nebbiose e le feste in maschera si uniscono a storie di amore e passione, richiamando alla mente il grande Giacomo Casanova. Casanova, tra il 1725 e il 1798, è stato avventuriero, scrittore, e un seduttore senza eguali. Le sue gesta, la sua abilità nel conquistare il cuore di cortigiane, nobili, e donne di ogni ceto sociale, lo rendono una figura leggendaria nell’arte della seduzione.

    In confronto alle migliaia di conquiste di altri seduttori, Casanova si distingueva per il suo approccio: non mirava alla quantità, ma all’arte della passione. Questo lo differenziava da Don Giovanni, il quale collezionava conquiste senza alcun coinvolgimento emotivo. Casanova, al contrario, si appassionava sinceramente ad ognuna delle sue donne.

    Se state cercando un esempio di seduzione, Venezia e le storie di Casanova offrono una lezione che trascende il tempo: l’arte della seduzione non si limita alla mera conquista, ma si fonda sull’abilità di coinvolgere ed appassionare veramente il cuore di chi si desidera conquistare.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto da internet
    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto da internet

    “Analisi critica di Toni Veneri: Il Profilo Sfaccettato di Casanova e il Dominio del Desiderio”

    Nella recente opera di Toni Veneri, emerge una prospettiva intrigante sul celebre personaggio di Casanova, evidenziando le molteplici strade tortuose che il suo desiderio sembra percorrere. Veneri, in parallelo con le riflessioni di Massimo Recalcati, espone l’idea che il nocciolo di ogni manifestazione del desiderio risieda nell’esperienza di sentirsi sopraffatti, nella perdita di controllo di una forza che supera l’Io individuale, sfuggendo a qualsiasi padronanza (2012: 26-29).

    Questo approccio apre a una nuova interpretazione del complesso destino di Casanova, spiegando il susseguirsi di caricature e rappresentazioni contrastanti nel mito che lo circonda. Il personaggio emerge come una figura sfuggente, capace di assumere molteplici identità, spesso contraddittorie, proprio a causa di un desiderio che lo sovrasta costantemente, trascinandolo in una ricerca inesauribile al di là di sé stesso, generando non solo piacere ma anche fatica, dubbio, tormento e una costante messa in discussione (Casanova 2009: III, 285).

    Il paradosso che emerge, sottolineato da Recalcati, affronta ogni appassionato lettore di Casanova: la contrastante presunzione di un uomo che si crede capace di sedurre chiunque, risolvere complessi enigmi scientifici o ingannare l’intero universo, ma che, a causa di un eccesso di desiderio, non riesce mai a raggiungere una piena realizzazione di sé stesso.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto di Helena Jankovicova
    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto di Helena Jankovicova

    Inoltre, Veneri contestualizza questa analisi nel secolo in cui Casanova visse, sottolineando la differenza tra la sua figura e l’attuale malattia contemporanea, strettamente legata all’egemonia del discorso capitalistico. Casanova, al contrario, si opponeva fermamente a una visione autoreferenziale e narcisistica dell’Io, evidenziando l’alterità del desiderio come un elemento contrapposto a tale mentalità (Casanova 2009: I, 101-102).

    Attraverso riferimenti alle massime della letteratura sapienziale antica e al precetto stoico del “sequere Deum“, Casanova incarna un atteggiamento vitale, non passivamente abbandonato, ma piuttosto orientato ad accettare ciò che il destino presenta, senza una resistenza eccessiva.

    L’analisi di Veneri offre una visione intrigante della complessità del desiderio e della sua relazione con l’identità, evidenziando come il personaggio di Casanova sia stato continuamente sopraffatto da questa forza trascendente, rendendolo una figura tanto affascinante quanto inafferrabile.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto di Emily Geibel
    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto di Emily Geibel

    Giacomo Casanova: L’Esteta del Cacao e la Sua Arte della Seduzione a Venezia

    La leggenda di Giacomo Casanova non si limitava solo al fascino per le belle donne, ma abbracciava anche una passione inestinguibile per la cioccolata. Nella sua “Storia della mia vita”, confessò di aver dedicato la sua esistenza alla coltivazione dei piaceri sensoriali, definendo il suo amore per il sesso opposto e la buona tavola come priorità fondamentali.

    A Venezia, nel XVIII secolo, l’amore per la cioccolata era diffuso in tutte le classi sociali. Chiunque potesse permetterselo non rinunciava alla calda tazza mattutina di cioccolata, considerata un elisir di energia per iniziare la giornata. Persino Carlo Goldoni, celebre commediografo veneziano, ne era un estimatore e frequentatore abituale del Caffé dell’Abbondanza, dove amava gustare la fragrante bevanda.

    Casanova, viaggiatore instancabile, portava sempre con sé un frullino e una provvista personale di cioccolata, gratuggiata con cura per poi mescolarla in acqua o latte e frullarla fino a ottenere una bevanda omogenea e schiumosa.

    Nei suoi corteggiamenti, Casanova prediligeva offrire regali di cioccolata alle dame da sedurre, convinto dei poteri afrodisiaci del cacao. I suoi amici e le sue amanti condividevano questa passione, facendogli continui doni di cibi prelibati.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto di Ioannes Marc
    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto di Ioannes Marc

    Per Casanova, nulla poteva eguagliare le sensazioni inebrianti della cioccolata, definita come il supremo elisir d’amore, capace di trasmettere un’intensa disinibizione e regalare momenti paradisiaci prima e dopo le fatiche d’amore.

    Organizzava talvolta gli “Ambigu“, feste esclusive dove invitava amici e affascinanti donne per cene sontuose e notti di piacere. La celebre Ambigu a Colonia, ricorda ostriche, vini pregiati, tartufi e Champagne, con Casanova che evita di descrivere le scene successive ma si limita a ricordare i suoni di piacere femminile.

    Oltre a queste gesta, esistono in commercio dolci come i “Baci di Casanova“, cioccolatini fondenti con un cuore piccante al peperoncino, e le praline Casanova, evocative della gioia e dell’allegria.

    Curiosamente, non solo Casanova attribuiva poteri seduttivi alla cioccolata: Gabriele d’Annunzio, grande amatore, si concedeva cioccolato fondente prima degli incontri amorosi, convinto dei suoi poteri afrodisiaci. Questa convinzione risale addirittura all’epoca dell’imperatore Montezuma, che consumava fino a cinquanta tazze al giorno per soddisfare le donne del suo harem affollato.

    Così, la cioccolata, simbolo di piacere e seduzione, ha lasciato il suo dolce segno nella storia degli amanti illustri, dalla Venezia del XVIII secolo fino ai giorni nostri.

    Il cacao è una meravigliosa pianta che offre una gamma di proprietà, che vanno dal livello chimico e fisico al potenziale impatto emotivo.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto di Pixabay
    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto di Pixabay

    Proprietà Chimiche e Fisiche del Cacao:

    La composizione chimica è basata sulla Teobromina che è uno dei componenti principali del cacao, un alcaloide che stimola il sistema nervoso centrale. Ha effetti simili alla caffeina, ma con una durata più lunga.

    La Caffeina, anche se presente in minori quantità rispetto alla teobromina, la caffeina è un altro alcaloide che agisce come stimolante.

    La Feniletilamina, conosciuta come “molecola dell’amore”, è coinvolta nella regolazione dell’umore e può avere effetti positivi sull’euforia e sul benessere emotivo.

    I Flavonoidi, sono antiossidanti che possono aiutare a proteggere le cellule dai danni dei radicali liberi.

    Le proprietà fisiche sono il Sapore e Aroma:

    Il cacao ha un gusto ricco e complesso, che varia a seconda della varietà e del processo di lavorazione, contiene grassi che sono presenti nei semi del cacao, principalmente acidi grassi saturi e insaturi, che influenzano la consistenza e il profilo nutrizionale dei prodotti a base di cacao, mentre, le Proprietà Viscoelastiche del cacao conferiscono viscosità e elasticità ai prodotti alimentari.

    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L'Intrigante Mondo delle "Corti" Lagunari, foto di Karolina Grabowska
    Le Cortigiane di Venezia nel XVIII Secolo: L’Intrigante Mondo delle “Corti” Lagunari, foto di Karolina Grabowska

    Potenziali Impatti Emotivi del Cacao:

    Effetti sulla Salute Mentale:

    La stimolazione data dalla presenza di teobromina e caffeina può contribuire a uno stato di vigilanza e stimolazione, mentre, gli effetti di Benessere sono determinati da alcuni componenti del cacao, come la feniletilamina, sono associati a effetti positivi sull’umore e sul benessere emotivo.

    Associazioni Culturali e Psicologiche:

    Divise tra Associazioni Positive in cui il cacao è spesso associato a momenti di comfort e piacere, che possono influenzare positivamente lo stato d’animo, mentre, il Rituale Sociale: Il consumo di cacao è radicato in molte culture e spesso è legato a cerimonie, celebrazioni e momenti sociali, creando legami emotivi con questi eventi.

    Il cacao è un ingrediente intrigante che, oltre alle sue proprietà chimiche e fisiche, può avere effetti emotivi significativi creando momenti di piacere intensi e profondi.

    Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer
    Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer

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