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  • Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani

    Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    Di Cristina Santini

    L’Irpinia, terra campana, è un territorio dalle valenze ambientali e paesaggistiche notevoli, caratterizzato da una bellezza naturale che affascina chiunque vi ponga lo sguardo.

    Deve il suo nome agli Irpini, in latino Hirpis, una tribù di stirpe sannitica e di lingua osca, Hirpus in osco ossia lupo, che abitava in epoca preromana vaste zone dell’Appennino campano.

    La leggenda narra che un lupo avrebbe guidato gli Irpini fino alle terre in cui essi si sarebbero poi insediati.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    La Regione, che ospita la più alta concentrazione di vigneti, è circondata da valli ed alture, attraverso le quali si inerpicano numerosi fiumi e torrenti. L’orografia del territorio, con altitudini comprese tra i 300 e i 1800 metri sul livello del mare, contribuisce a creare microclimi unici che variano a seconda delle zone e consentono di produrre differenti tipologie di vini.

    In particolare, il versante Tirrenico, che è quello più adatto alla viticoltura, è montuoso e discontinuo, ricco di vegetazione e di acque, con terreni di origine argilloso-calcarei e vulcanici che hanno beneficiato dell’attività effusiva delle tre zone vulcaniche circostanti: il Vulture, il Vesuvio e i monti del casertano. Nel corso dei secoli, l’accumulo di diversi strati di cenere e lapilli ha dato vita a depositi tufacei e arricchimenti in minerali.

    L’area vitata è suddivisa in due zone: una che costeggia il fiume Calore, dove l’Aglianico regna sovrano; l’altra, sulle colline attraversate dal fiume Sabato, è più favorevole ai vitigni a bacca bianca. Sui suoli di arenarie, in pendenza media, prospera l’antico vitigno Greco, mentre il Fiano è allevato su terreni leggeri e profondi di origine vulcanica.

    In questo luogo, dove le idee hanno preso forma e qualcosa di straordinario è nato, Francesco De Stefano, un giovane imprenditore irpino, ha dato vita nel 2017 al progetto dell’azienda vitivinicola Vini De Stefano. Guidato dalla passione per la propria terra e l’enologia e seguendo le orme del nonno, ha creato un’azienda dinamica e innovativa con l’obiettivo di produrre vini di alta qualità con una forte attenzione alla tradizione e all’autenticità del territorio.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    Venti ettari di terreno coltivati su questa generosa e fertile terra, producono circa 70.000 bottiglie all’anno. Attualmente, la distribuzione è principalmente a livello nazionale, ma con un occhio rivolto al mercato internazionale, in particolare in paesi come Giappone, Germania e Svizzera.

    L’Irpinia è stata riscoperta grazie all’enologo Antonio Mastroberardino che ha dimostrato come la combinazione di metodi tradizionali e tecnologia moderna possa creare vini di alta qualità e nel tempo ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) per tre vini di fama internazionale: Taurasi, Greco di Tufo e Fiano d’Avellino.

    Esploriamo allora con attenzione la selezione completa dei vini bianchi e rossi di Francesco De Stefano con le nostre considerazioni di rito:

    FREJA, Falanghina Igt 2022, il cui nome si rifà ad una dea dall’aspetto elegante e raffinato e dall’indole coraggiosa e determinata, veneratissima dai popoli nordici.

    Ha un impatto olfattivo elegante con sentori di frutta bianca esotica, pesca gialla, note agrumate e con una leggera nota alcolica. Si percepiscono anche sentori di miele e un leggero tocco floreale. La beva è piacevole, con un’acidità spiccata che risalta all’inizio e si conclude con un dolce finale. Tuttavia, sembra che l’equilibrio sia ancora sbilanciato verso l’acidità, probabilmente per la sua giovane età, ma allo stesso tempo è un vino che rimane a lungo in bocca, lasciando sensazioni e sapori che persistono dopo averlo degustato.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    ADAMAS, in latino diamante, attribuito al Greco di Tufo Docg 2022 che, proprio come il minerale di origine naturale più duro che si conosca, è in grado di resistere nel tempo. Il suo processo di vinificazione e affinamento è identico agli altri bianchi.

    Profumo intenso e gradevole della mela golden, fiori di camomilla e del rosmarino appena colto. il sapore fresco e seducente che si posa sul palato, come un bacio leggero è giunto a noi senza perdere il suo fascino.

    Ma c’è di più. La freschezza spiccata che si fa strada, come una brezza mattutina e la nota minerale aggiungono ulteriore complessità insieme alle intriganti trame di pietra focaia. È come se avessimo assaporato un pezzo di eternità, racchiuso in una fragranza.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    APIA’, Fiano di Avellino Docg 2022 che porta il nome dell’uva di una vigna antica che originariamente era chiamata “uva apiana” e della città di Apia del Peloponneso. Furono proprio gli abitanti di questa città i fautori della nascita di questo vitigno a bacca bianca. La sua vinificazione avviene con una pigiatura a grappoli interi, una malolattica svolta parzialmente e un affinamento di un anno in silos di acciaio.

    E’ un vino intrigante e complesso. Origano, fiori di campo, pesca gialla e un carattere minerale e vulcanico si fondono in un bouquet aromatico. La lunghezza e la balsamicità sono accompagnate da una piacevole acidità e freschezza bilanciate. La salivazione importante invita ad un altro sorso che insieme all’elemento erbaceo aggiunge un tocco di natura. Si caratterizza per la sua sbalorditiva beva e godibilità che può migliorare nel tempo.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    SALUBER è il nome scelto per l’Irpinia Campi Taurasini Doc 2019, per omaggiare la salubrità di questa terra.

    La sua vinificazione consiste nella macerazione per 12 gg circa, starter di lieviti autoctoni e malolattica svolta completamente in legno. Affinamento in barrique di rovere francese per tre anni e 4 mesi in bottiglia.

    Questo Aglianico in purezza, situato nei dintorni dei fiumi irpini, regala un aroma intrigante e coinvolgente di fico, prugna e rosa, una sfumatura di vaniglia che si fa strada amalgamandosi alla nota speziata di liquirizia conferendo profondità al vino.

    La struttura sembra promettente, l’acidità vivace, mentre i tannini potrebbero aver bisogno di un po’ più di tempo per ingentilirsi. Si fa notare con una presenza decisa e una lunga persistenza in bocca. In definitiva, abbiamo tra le mani un vino degno di nota che ha ancora spazio per evolversi e rivelare ulteriori sfaccettature.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    CORTICI’, Irpinia Aglianico Igt 2021, un rosso energico e vigoroso le cui uve provengono dai vigneti allevati su una collinetta nota come “Coticimolo” tra i Comuni di Contrada e Montoro. Passa il suo tempo affinandosi in barrique per dieci mesi e sei mesi bottiglia.

    Il bouquet intenso e profumato come la rosa violetta e la fragranza dei frutti rossi maturi, concentrati come more, prugne, e ribes promette un’esperienza sensoriale avvolgente. Al sorso, l’eleganza si manifesta con ciliegia, tannini setosi e un’acidità perfettamente bilanciata. Questo vino è fresco, godurioso, persistente e armonioso. Una bella bevuta per gli amanti del vino, da gustare con piacere.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    TAURASI, Aglianico Docg 2019 nasce da uve attentamente selezionate nei vigneti allevati sui pendii del Calore, del Sabato e dell’Ofanto. Affina in tonneaux e barrique di Allier nuove di media tostatura per quattro anni e ulteriore riposo in bottiglia.

    Il naso, attraente e intenso, danza tra le sensazioni di marmellata di more, ribes nero e un tocco di put pourri.

    Il sorso super avvolgente, come un abbraccio caloroso, richiama la beva come una melodia che si ripete nella mente. Il calore si fonde con i tannini e l’acidità creando un equilibrio armonioso. Un mix di caffè tostato, cioccolato fondente e speziatura leggermente piccante gioca con un legno ben integrato, molto gradevole che lascia un segno indelebile. Ha grande potere di invecchiamento, come un libro che si apre lentamente nel tempo.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice

    LEGGI ANCHE: https://www.papillae.it/ciociaria-da-bere-2023-di-cristina-santini/

    Cristina Santini Sommelier, winewriter, esperta vitivinicola
    Cristina Santini Sommelier, winewriter, esperta vitivinicola

    Sito cantina: https://www.vinidestefano.eu/

    Siti partners articolo: https://www.papillae.it/ https://carol-agostini.tumblr.com/ https://www.foodandwineangels.com/

  • Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone

    Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone

    FONZONE presenta MATTODA’

    Redazione

    IL NUOVO AGLIANICO DEI CAMPI TAURASINI CHE RACCONTA L’IRPINIA SECONDO L’ENOLOGO LUCA D’ATTOMA Marzo 2023 – Un Aglianico in purezza che nasce nella sottozona Campi Taurasini, in Irpinia.

    Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone
    Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, Silvia Silvia Fonzone e l’enologo consulente Luca D’Attoma presentano Mattoda’ , foto da comunicato stampa

    Il primo realizzato con questo vitigno dall’enologo toscano Luca D’Attoma che, con l’azienda vitivinicola Fonzone Caccese di Paternopoli (AV), ha avviato un percorso incentrato sulla viticoltura sostenibile per creare vini sartoriali che raccontano questo territorio straordinario della Campania.

    Una sfida che l’enologo ha raccolto e che la famiglia Fonzone ha sostenuto con entusiasmo, al punto da battezzare il nuovo vino Mattoda’, un nome che rende omaggio a D’Attoma rievocandone il cognome, e che, al tempo stesso, sottolinea la volontà di creare un rosso fuori dagli schemi, innovativo, capace di interpretare in maniera originale un vitigno unico nel suo genere.

    Le bottiglie, articolo: Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, foto da comunicato stampa
    Le bottiglie, articolo: Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, foto da comunicato stampa

    Rosso rubino brillante, Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 rivela al naso note di mirtillo selvatico accompagnato dal profumo della sua foglia, mentolato. Al palato, l’ingresso è dolce e piacevole con sentori di pepe verde, note di eucalipto, bacca di vaniglia intera, molto balsamico.

    Un vino fresco, avvolgente, con una spiccata personalità che rispecchia fortemente quella dell’enologo e dei Fonzone, una grande famiglia che ha scelto di produrre vino per passione, con cura e precisione, assecondando i ritmi della natura e preservando la biodiversità di un territorio straordinario come l’Irpinia.

    Logo cantina Fonzone, articolo: Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, immagine da comunicato stampa
    Logo cantina Fonzone, articolo: Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, immagine da comunicato stampa

    Mattoda’ è un vino che si accompagna bene con carni rosse, piatti speziati, tartufo e formaggi stagionati.
    Il vigneto di Aglianico della Tenuta Fonzone, a Paternopoli, si estende lungo i due versanti di una collina ben ventilata, posta ad un’altitudine che varia dai 360 ai 430 m s.l.m. e circoscritta dai torrenti Fredane ed Ifalco.

    Le ottime esposizioni, i terreni argillosi e le bassissime rese consentono di ottenere uve di grande qualità che vengono raccolte in piena maturazione e vinificate nel rispetto rigoroso delle caratteristiche varietali.

    (altro…)

  • Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Di Gaetano Cataldo

     

    Chimica, barrique nuove, enologo di grido ed espianto di viti storiche… più o meno questa l’equazione propinata attraverso l’evangelizzazione delle guide fino a ieri l’altro.

    Poi arriva lui fresco fresco, e come pochi a quei tempi, ha avuto la “presunzione” di appiccicare l’etichetta alla bottiglia che si faceva a casa per autoconsumo senza ricorrere alla consulenza tecnico-scientifica, con apprezzamenti immediati da parte del pubblico di consumatori e della critica, rendendo accattivante e provocatoria la bottiglia semplicemente facendo questo: citare in retro etichetta tutto quello che non si è mai sognato di mettere nel vino, cosa che oggigiorno è diventata più una cosa figa ed una faccenda di marketing che sana e genuina concretezza.Ah, nel frattempo ha restituito lo spirito contadino al vino irpino così come quasi non ce lo ricordavamo più e nobilitarlo come pochi.

     

    Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di '900.
    Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900, foto dal sito https://luigitecce.com/cantina-vini-vigneti/

    Luigi Tecce

    Lui è Luigi Tecce, classe del ’71. Non crede in Dio ma ad una prima occhiata pare sappia campare molto meglio di chi lo fa e vive i suoi tempi col distacco tipico di chi ha subito il fascino ed il successivo disincanto dai grandi ideali, facendolo da pragmatico e anche con una sottile vena da nostalgico sognatore, ma non ditelo a nessuno sennò finisce che perde la sua aria di strafottente.

    Dopo il diploma in ragioneria si iscrive subito alla facoltà di economia e commercio e, conquistato l’esonero militare, giusto per farvi capire che il tipino in questione già sapeva quel che voleva, abbandona subito l’università ottenendo il suo scopo.

    Nel mentre, come molti di noi in quegli anni d’altronde, vive quel momento storico in cui, dopo tangentopoli, sembrava fosse giunto il tempo per una grande ventata di innovazione e, col ’94, le prime elezioni fondate sull’onestà, assistendo invece alla frammentazione del Partito Comunista in tutt’altro e alla deflagrazione degli ideali della gioventù.

    Il 20 Marzo del ’97, con la morte del papà ha ereditato una fattoria tradizionale, ultimo embrione di una anarchia produttiva; di punto in bianco la responsabilità e la fatica di portare avanti le vacche da latte, i vitelli, gli ulivi, tutta sulle sue spalle e la determinazione amorevole di riqualificare la vigna ereditata e conferire all’inizio il vino alle aziende come ha sempre fatto la sua famiglia, preservandone una quantità per il suo consumo personale, negli anni in cui la critica enogastronomica era univoca semplicemente perché non era critica e non si faceva massa critica.

    Ogni anno però conferiva sempre meno, tenendo sempre più per sé, fino a decidere di diventare produttore nel 2003, anno ufficiale della prima annata.

    Luigi Tecce in vigna
    Luigi Tecce in vigna

    Occhio vispo, sorriso sornione e volto scarno, tipico di quei consumati pescatori che fanno di una piccola barca la loro repubblica indipendente, anche se si tiene ben lontano dal mare, Luigi ha l’aria di uno che la sa proprio lunga, più o meno, specie con quella parlantina svelta poi, mediante la quale probabilmente nasconde un animo molto sensibile e costantemente in bilico tra lo slancio narrativo e misurato di un vignaiolo e quell’esigenza di riserbo sulla sua singolare persona, forse sospettosa per qualche disavventura con dei suoi simili, e su di un’epoca spazio temporale remota di cui pretende di essere custode.

    Detesta il rumore e contempla il silenzio; dice di non avere un buon orecchio per la musica, ma andate a dirlo al suo amico Vinicio Capossela che lo aiuta a comporre i vestiti per le sue bottiglie e con il quale c’è questo traghettarsi vicendevole in un mondo onirico fatto di odissee moderne ed antiche credenze, un grande amore in forma chiusa per l’umanità e l’immagine del Mito che si cela nell’uomo comune, dervisci rotanti e chimere.

    Luigi ama di Capossela la trasversalità ed il suo essere spugna, eternamente curioso ed aperto alla vita, , ascolta con piacere la musica classica, il jazz, la musica folk di un certo livello e Fabrizio De André, anche per un retaggio ideologico di una vecchia sinistra ormai andata.

    La cantina di Luigi Tecce un vignaiolo colto e spontaneo
    La cantina di Luigi Tecce un vignaiolo colto e spontaneo

    Nel bene o nel male il vino è anche frutto degli umori, dei pensieri e delle emozioni di chi il vino lo fa e tutto ciò è paradigmatico nel suo Maman, dedicato a sua madre ed alla madre di Capossela: questa triangolazione di umanità immateriale dovette fondersi tutta quando Luigi ne imbottigliava l’unica edizione proprio mentre la mamma lasciava questa sonda terrena e la luce del suo bianco venne ricoperta da un velo di dolore e tristezza che molti scambiarono per difetto invece di un irrecuperabile pezzo di anima disciolto, tanto che decise venisse ritirato dal mercato.

    E questo a dimostrazione di quanto il vino vivo subisca, nel bene o nel male, gli effetti delle emozioni e dei sentimenti dell’uomo che lo fa.

    Agli esordi forse qualcuno dovette muovere qualche critica sul prezzo delle bottiglie probabilmente ma poi, quando arrivò a realizzare la fatica che serve a fare il vignaiolo e che i suoi vini non sono fatti per accontentare tutti, dovette ricredersi, inclusi i detrattori che urlarono allo scandalo nel 2011 per quelle innocue piantine di marijuana messe a dimora nel vigneto e che lo videro, naturalmente, scagionato da tutte le accuse. Luigi lavora bene tanto in vigna che in cantina, lo fa così bene che le bottiglie non gli vengono mai uguali e questo a dimostrazione che conosce il valore interpretativo di ogni singola vendemmia e come tirarlo fuori.

    Ecco forse perché non legge mai quello che scrivono su di lui e sui suoi vini. E speriamo che non cominci proprio adesso…

    I vini di Luigi Tecce, articolo: Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di '900.
    I vini di Luigi Tecce, articolo: Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Intervista

    Qual è il tuo primissimo ricordo sul vino?

    Mio nonno Luigi, classe 1902, amava tantissimo il vino bianco dolce, insomma quello lambiccato fatto col cappuccio di canapa. Da piccolo andai in cantina con una tazzina da caffè, la riempii con quel nettare e mi ubriacai per la prima volta. Avevo 4 anni.
    Una frase che ti caratterizza…

    Il non fare secondo propria coscienza non è né prudente né legittimo.
    Persone che ti hanno ispirato?

    Proprio mio nonno Luigi. Avevo 11 anni quando se ne è andato ma mi è rimasta la sua impronta. I vecchi non sono necessariamente interessanti per via dell’età e quelli che hanno vissuto dopo di lui, andando avanti negli anni, sono appartenuti ad una storia recente, una storia dalla quale sono stati sopraffatti.

    Nonno Luigi invece sì che era un vecchio interessante: apparteneva ad una generazione di uomini millenari per il loro legame ad una grande storia passata, un tempo molto più lungo e profondo di quello che abbiamo vissuto dopo le prime decadi del ‘900.

    La Barricaia di Luigi Tecce, articolo: Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di '900.
    La Barricaia di Luigi Tecce, articolo: Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Cosa ti piace leggere?

    Sono un amante della letteratura, della storia antica e della saggistica, anche se da quando pratico il mestiere del vino leggo un po’ meno. Flaubert, Herman Hesse, tutto Hemingway, Pavese e Svevo. Anche poesia: “I Fiori del Male” di Rimbaud, Neruda, Pedro Salinas e, di grande arricchimento per me, Charles Bukowsky. Il libro più importante per me resta sicuramente “Cristo si è Fermato ad Eboli”, poi “Il Rosso e il Nero” di Stendhal. Di John Fante adoro “La Confraternita dell’Uva”, costituisce per me il trionfo dell’uomo quotidiano contrapposto all’osannato uomo mito. Prima di ogni vendemmia leggo “Sparta e Atene. Il racconto di una guerra” di Sergio Valzania ma non chiedermi il perché.

    E del cinema che mi dici?

    Che per me è la seconda arte dopo la letteratura. Sono affascinato da questo componimento di letteratura visiva fatto di recitazione, sceneggiatura e regia. I film di e con Buster Keaton, i registi come Fellini, Ettore Scola, Vittorio De Sica, Sergio Leone, Stanley Kubrick, Akira Kurosawa e Pedro Almodovar non ti stanchi mai di vederli.
    Dammi tre titoli…
    Eh, tre titoli… complicato dartene solo tre. Facciamo “La corazzata Potëmkin”, “Quarto Potere” ed “Otto e Mezzo”.

    Ed una frase tratta dal cinema che avresti voluto pronunciare?

    Una carica di significato e per niente banale, quella di Alberto Sordi quando dice “Maccarone… m’hai provocato e io te distruggo, maccarone! Io me te magno!”.

    A proposito di mangiare, cosa ti piace abbinare ai tuoi vini?

    Intanto sappi che non condivido granché le rigide griglie degli abbinamenti, sono più per l’abbinamento anarchico all’inglese: “bevi quello che ti piace con quello che ti piace mangiare”. Amo decisamente gli abbinamenti storico culturali, questo perché sono loro a raccontarti dei luoghi e della tradizione di mettersi a tavola.

    Alle volte ci vuole un vino buono senza grande personalità e senza troppe distrazioni per vivere al meglio la convivialità ed il buon mangiare. Se proprio devo darti degli abbinamenti penserei ad un cosciotto di agnello cotto al fieno col Poliphemo, col Purosangue un brasato di vacca podolica e col Satirycon una grande lasagna alla napoletana.

    E col Maman?
    Il pane con la frittata oppure una zuppa di baccalà con qualche patata.
    Quando è che ci fai un altro bianco?

    Per il momento accontentati di un rosato: è il frutto di uve aglianico vendemmiate nel 2018 e vinificate in bianco 2018. La Cyclope, un rosé che ambisce al lunghissimo affinamento.

    Linea di demarcazione tra il Poliphemo ed il Purosangue?

    TAURASI POLIPHEMO Il Poliphemo é il simbolo del viaggio di Luigi Tecce, l’Ulisse della verde Irpinia che ha riscoperto i valori della campagna e dei vigenti di famiglia dando vita a un nettare di Bacco che stuzzica il palato in modo potente e progressivo.
    TAURASI POLIPHEMO
    Il Poliphemo é il simbolo del viaggio di Luigi Tecce, l’Ulisse della verde Irpinia che ha riscoperto i valori della campagna e dei vigenti di famiglia dando vita a un nettare di Bacco che stuzzica il palato in modo potente e progressivo.

    Semplicemente il Poliphemo è più anarchico e figlio di viti vecchie ed irrazionali, mentre il Purosangue è aristocratico e proviene da una vigna più moderna.
    Raccontami di qualche tua contraddizione….

    Mi viene in mente una frase di Oscar Wilde… “La buona società è una cosa necessaria: farne parte è solo una gran noia, ma esserne fuori è una tragedia”.

    IRPINIA CAMPI TAURASINI SATYRICON Il Satyricon passa 12 mesi in legno, sempre vecchio, salvo necessità di aggiungerne di nuovi per il ricambio naturale dovuto all’usura.
    IRPINIA CAMPI TAURASINI SATYRICON
    Il Satyricon passa 12 mesi in legno, sempre vecchio, salvo necessità di aggiungerne di nuovi per il ricambio naturale dovuto all’usura.

    Penso anche di avere la fortuna di provare la libertà indescrivibile che provano i vecchi di 90 anni nel dire ciò che vogliono dall’alto del loro vissuto ma facendolo con la sfrontatezza di un adolescente, senza essere fuori gioco, senza essere per forza oggetto di riverenza e senza essere fuori dal tempo.

     

     

     

     

     

    Un tuo hobby?

    A parte il mio mestiere, dei libri a me cari e del cinema di cui si è parlato prima nessuno. Avevo un grande legame con Ferruccio il mio cane, purtroppo è venuto a mancare lo scorso settembre. Ci ho rimuginato su parecchio ma oggi con me c’è un altro fedele amico: il piccolo Gino, mi segue sempre e sa già molto di me.

    Cosa suggerisci di bere ai lettori di Papillae.it?

    Suggerisco di bere qualsiasi tipologia di vino purché sia un vino fatto bene. Per imparare a bere però ed assumere una buona consapevolezza occorre metterci impegno, tempo ed energia fisica… con una certa autonomia di pensiero.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Cantina: https://luigitecce.com/cantina-vini-vigneti/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/ https://carol-agostini.tumblr.com/

  • La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza.

    La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza.

    La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza Passione aglianico.

    Di Zombiwine

    Enza Salduti è una donna del vino, non c’è nulla di strano in questo; il vino nelle sue incredibili e mutevoli sfumature è, e sempre sarà, una creatura fortunatamente non binaria.
    Nella sua essenza, indipendentemente se nobile o meno, sarà sempre una creatura mutevole e non per forza chiaramente definita. Premessa questa secondo me fondamentale per parlare del suo Aglianico chiamato Passione annata 2015, vino da 14,5% vol.

    La destrutturazione di un Aglianico, La Cantina di Enza 2015 Passione aglianico 2015.
    La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza Passione Irpinia aglianico 2015 DOC.

    Come tutti gli storytelling che si rispettano, facciamo un passo laterale e andiamo a capire di che cosa stiamo parlando.

    Click…Territorio

    Click, l’astronave aliena punta il suo occhio digitale sul pianeta terra!
    Click Europa!
    Click Italia!
    Click meridione…. Campania…. Irpinia …..
    Click Montemarano.

    Montemarano è un luogo unico che vive una meravigliosa dualità tanto cara alla nostra enologia.
    Barolo e Barbaresco : 24 km di distanza
    Montalcino e Montepulciano 26 km in linea d’aria.
    Montemarano Taurasi 22 km.
    L’irpinia è però terrà punk che preferisce dialogare coi suoi affezionati come facevano i poeti maledetti e che nelle declinazioni Enologiche più emozionati richiama a se ciò che fu piuttosto che ciò che potrebbe essere.

    Enza Saldutti

    Con questa premessa la nostra Enza è una produttrice di una nuova guardia: che ama fare la scarpetta nel sugo! Che ama fare vini maleducati ma saggi!
    Vini che vanno recensiti con chiavi di lettura un po più ampie o si rischia di cadere in un dualismo che, non è funzionale al nostro discorrere, ma solo chiavistello di quell’enologia trita  e ormai fastidiosa.

    Enza parla alle vigne, pratica un enologia potente e non interventista: per molti sarebbe Vino naturale, ma io preferisco chiamarli Vini antichi. La sua grammatica enologica è per il mio palato come il Latino è per la lingua italiana: difficile ma fondamentale.
    dare a voi gli elementi per comprenderli è cosa complessa e quindi ho deciso di cominciare con il vino che più di altri ha dualistici monologhi.

    La Cantina di Enza Passione aglianico 2015.

    La destrutturazione di un Aglianico, La Cantina di Enza 2015 Passione aglianico 2015.
    La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza Passione Irpinia aglianico 2015.

    Bottiglia da 0.75.
    Etichetta non particolarmente evocativa, funzionale al suo essere.
    Retro etichetta, graficamente richiama un pò le retro etichette di podere Veneri vecchio.

    Passione Aglianico 2015 DOC.
    Quindi il vino ha superato i controlli della disciplinare doc Aglianico. Questo non è per forza un merito, ma è un fatto.

    Leggendo il sito di Enza e parlandoci via Wazzup scopro che la sua politica agronomica è assolutamente non interventista: viticultura naturale dura e pura.

    Nel bicchiere è un Aglianico violaceo che nonostante i sei anni non mostra segni di corruzione cromatica.

    Versandolo nel bicchiere è chiaramente riscontrabile una leggera rifermentazione,non so se  questo vino deve essere così o è la bottiglia \ annata\ caso, fatto sta che la schiumetta c’è.

    Non Filtrato  e non chiarificato  ma nonostante ciò il vino ha una bella luminosità e appena un accenno di velatura sugli ultimi bicchieri: personalmente questo non solo non mi da fastidio ma anzi mi invoglia a berlo.

    Degustazione

    Naso: parlare dello spettro olfattivo pretende una premessa: anche se io bevo molti naturali (ormai quasi solo ), e che il mio gusto ha tutta una serie di tolleranze, ho passato una buona mezz’ora a non capire come approcciare questo vino.
    Non ha difetti olfattivi, se non un pò di ridotto all’inizio che va via in pochi minuti.

    Ha una nota vinosa varietale dell’aglianico facilmente percepibile, e poi una fortissima e piacevole nota dolce tostata: dovuto probabilmente alla botte di Castagno.

    Sorso: il sorso ha quello che è il suo tallone d’Achille. Questa bottiglia era leggermente rifermentata e in questi casi non c’è oggettività ma solo soggettività.
    Per la scuola classica la rifermentazione è un difetto, sempre e comunque a meno che non sia voluta o trattata come fanno oltralpe.
    Bene per me questa è una fesseria, la rifermentazione è un difetto solo se sviluppa note di essudato e questa bottiglia non ne ha.

    La carbonica  (che dopo una mezz’oretta sparisce) da un pò di brio e spinge in alto il sorso che era comunque supportato da una bella acidità.
    I tannini qui, nonostante il vitigno, sono molto lievi e nel complesso  la somma di tutte le sue parti crea un vino rusticissimo, ma piacevole.

    Riflessioni…e passione

    Passione Irpinia Aglianico DOC 2015 La Cantina di Enza Saldutti autore articolo Zombiwine
    Autore articolo: La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza, Passione Irpinia aglianico 2015 DOC di Zombiwine

    Durante la mia Adolescenza mi capitò sotto mano un bellissimo libro intitolato: Bertoldo e Cacasenno. Scoprii poi che divenne anche un film con Lello Arena e Ugo Tognazzi: bene questo aglianico è la trasposizione liquida di quel piccolo, rustico e agreste capolavoro della nostra letteratura.

    Vini così no sono semplici, sono schietti.
    Vini così non sono banali ma per essere bevuti e apprezzati richiedono un piccolissimo gesto di comprensione: sono i vini di nonno.
    Se pensiamo ai nostri Avi, sicuramente, quando gli capitava un vino così erano felici di poterlo bere e non venivano a rompere le scatole per quel filo di co2.

    Passione

    In conclusione un bel vino Funky che sicuramente in futuro assaggerò nuovamente.
    Prezzo rilevato on line fra 15 e 18 euro.

    Di Zombiwine

    Foto di Zombiwine con un altro prodotto de La Cantina di Enza, Il sopravvissuto che ama il vino, grande esperto di vini naturali, il racconta storie vere e reali senza peli sulla lingua
    Foto di Zombiwine con un altro prodotto de La Cantina di Enza, Il sopravvissuto che ama il vino, grande esperto di vini naturali, il racconta storie vere e reali senza peli sulla lingua

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