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  • Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz

    Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz

    Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz

    Di Gaetano Cataldo

     

    Potremmo stupirvi con effetti speciali principiando questo pezzo col raccontarvi dello scontatissimo doppio senso che si cela dietro al termine ambubaia, di origine persiana e poi rientrato nella lingua latina, sino ad analizzare il perché della trasmutazione delle orecchie di Monica Samille Lewinsky in maniglie dell’amore da parte di Bill Clinton, un simpatico jazzista dal sax facile, pervenendo comunque alla conclusione che in entrambi i casi trattasi, musicalmente e non, di blowjob per certi versi…

    …ma a costo di dover sopportare la vista di qualcuno di voi allibito e a bocca aperta alla stregua di quei romani quando videro certi affreschi ateniesi raffigurare la fellatio, restando come degli allocchi nello scoprire che pure quello si poteva fare, giuro che lo faremo e senza dover arrivare fino alla Casa Bianca o passare necessariamente per neologismi volgarucci come sala orale e via dicendo: verremo al dunque restando nella mediterraneità più colta, genuina e disinvolta possibile.

    “give and take style”

    Insomma, non occorre mica arrivare ai giorni nostri e riesumare certi scandali di ruolo uso “give and take style” per affermare che il sesso orale, se fatto a dovere, farebbe resuscitare anche i morti… dubbi, incertezze? Nella mitologia egizia la dea Iside rianimò lo sposo Osiride con tutta la dovizia amorosa proprio grazie alla padronanza di quest’arte.

    A parte la meticolosa descrizione nel Kāma Sūtra di antologica saggezza orientale, la pratica del sesso orale era ben nota nell’Antica Persia, in Egitto ed in Grecia, ce lo dicono numerose testimonianze in forma d’arte pittorica di gusto erotico e ritrovamenti di kylix a figure rosse provenienti dall’Attica risalente al 520 a.C.

    Grazie a quanto raffigurato all’interno delle necropoli etrusche si apprende quanto questo popolo apprezzasse certe pratiche e fosse promotore della libertà sessuale maschile, femminile ed omosessuale, deplorando la pratica del “vizio greco” e quindi il coinvolgimento dei fanciulli.

    Senza dilungarci troppo nel tema è chiaro che persino gli antichi romani non fossero avulsi dal ricercare piacere nella pratica del sesso orale, anzi si spesero molto nel marcare la differenza delle varie modalità di impiego nei termini fellatio, penilingus e irrumatio, e gli affreschi nei lupanari di Pompei e di Ercolano, assieme alla letteratura latina, ne sono la dimostrazione.

    Cantina di Bibi Graetz Fiesole (FI)
    Cantina di Bibi Graetz Fiesole (FI)

    In tutto ciò il vino, oggetto del desiderio e fonte di piacere allo stesso tempo, diventava elemento di fusione tra la gioia di banchettare e quella dell’amoreggiare se non addirittura l’innesco delle pulsioni che esplodevano in orge collettive tra cibi raffinati e corpi sinuosi.

    Bibi Graetz, la sua vigna, la sua uva, il soffocone

    D’altronde oggi come allora se ne sono visti entrare di calici nelle camere da letto per allietare le pause tra un amplesso e l’altro e per rendere più giocoso il sesso tra amanti ed altrettanto giocosamente Bibi Graetz avrà voluto sottolineare tutto ciò chiamando una sua bottiglia Soffocone di Vincigliata, trovata goliardica che magari vorrebbe suggerire, strizzando l’occhio al bevitore, “quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia chi vuol esser lieto sia del doman non v’è certezza”.

    Bibi Graetz nella sua nuova vigna
    Bibi Graetz nella sua nuova vigna

    Descrizione organolettica

    Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz
    Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 di Bibi Graetz

    Questa bottiglia è l’unica a riportare il nome del vigneto, Vincigliata appunto, e da cui si può godere di una vista panoramica davvero invidiabile sulla città di Firenze, circondati da boschi. Le uve provenienti dalla località di Fiesole, dove il vigneto di Vincigliata è stato impiantato, vengono raccolte da viti di quarant’anni che immergono le radici su terreni collinari, prevalentemente argillosi e ricchi di galestro, allevate a guyot e con esposizione a Sud-Ovest.

    Il blend di Sangiovese al 90%, di Canaiolo al 7% e di Colorino al 3% vede una fermentazione alcolica, innescata da lieviti indigeni, in vasche di acciaio per almeno dieci giorni e con follature svolte manualmente, per poi affinare in botti di rovere da 30 ettolitri per 15 mesi prima di essere imbottigliato.

    L'uva sana e di qualità di Bibi Graetz
    L’uva sana e di qualità di Bibi Graetz

    L’annata siccitosa nella regione e le poche piogge verificatesi in primavera hanno comportato una riduzione delle rese ma hanno conferito alle uve un’ottima concentrazione tanto che il Soffocone di Vincigliata IGT Toscana 2017 ad oggi presenta queste caratteristiche:

    rosso rubino di limpidissima eleganza con tendenza al granato e di buona consistenza all’esame visivo, note di rosa appassita, grande impatto di frutta quale lampone ed amarena, a cui fa seguito un sentore di scorza d’arancia candita, dunque cacao amaro, lieve nota piperita e cinerea all’esame olfattivo; al palato il sorso arriva tondo e sapido, con in mezzo una trama tannica ben calibrata e per niente irruenta, a cui fa seguito la piacevole freschezza a dare agilità di beva ad un vino comunque corposo.

    Abbinamento

    Abbinatelo mescolando almeno due distinti piaceri per volta mentre ascoltate mon manège à moi di Edith Piaf.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Cantina: https://www.bibigraetz.com/

    Partner: https://carol-agostini.tumblr.com/

    https://www.foodandwineangels.com/

  • Abbinamento vino e salumi 2022

    Abbinamento vino e salumi 2022

    Abbinamento vino e  salumi 2022

    Di Gaetano Cataldo

     

    Abbinamento vino e salumi di Carol Agostini Cantina Fattoria Il Colombaio di Monteriggione
    Abbinamento vino e salumi di Carol Agostini Cantina Fattoria Il Colombaio di Monteriggione con Lombo di Bufalo e Speck di Gaetano Mastrantoni

    Molto, decisamente tantissimo tempo prima che termini anglofoni come “snack” e “breakfast” diventassero di uso comune nella nostra lingua, e venissero addentate certe stramberie, i panini col salame, col prosciutto e con la mortadella erano diventati già da un bel pezzo un’istituzione celebrata a colazione, a pranzo oppure durante spuntino mattutino o pomeridiano da tutti gli italiani di ogni generazione, a prescindere dalla posizione sociale, dalla professione o dalla latitudine di provenienza.

    Se non infagottati in un bel panino caldo da portarsi a scuola per la ricreazione, piuttosto che a lavoro durante lo spacco, i salumi, consumati comodamente seduti e con le posate al piatto, piuttosto che catturati furtivamente con le dita direttamente dal tagliere, hanno sempre avuto un ruolo da protagonista nello stile di vita e nelle consuetudini alimentari di tutti noi italiani.

    Maggiore età permettendo, basta immaginare di consumarli con un innocuo bicchiere d’acqua per rabbrividire: infatti non c’è salume che non venga degnamente celebrato con un bel sorso di vino in nome di un matrimonio enogastronomico che, a seconda delle circostanze, riesce ad essere straordinariamente pop e ricercato allo stesso tempo.

    Tagliere eseguito da Carol Agostini, salame in abbinamento ad una schiava rosè della Valdadige
    Tagliere eseguito da Carol Agostini, salame in abbinamento ad una schiava rosè della Valdadige con noci e pane integrale ai cereali e mousse di formaggio caprino fresco

    Un matrimonio però che, per poter riuscire, deve essere officiato con la buona e virtuosa pratica di abbinare i reciproci elementi per concordanza e per contrapposizione.
    Se un semplice panino al salame con un buon calice di rosso frizzante potrebbe mettere apparentemente tutti d’accordo nel rispetto dell’abbinamento territoriale, d’altra parte la ricerca dell’armonia del gusto necessita ragionamenti più complessi, proprio per la natura del salume stesso di assumere consistenze e note sensoriali diversissime a seconda dei casi.

    Tagli di salumi di varie carni
    Tagli di salumi di varie carni

    Carni suine, bovine ed equine, caprine ed ovine, danno vita assieme alle carni di selvaggina da piuma o da pelo ad un ventaglio di salumi incredibilmente vasto che, a sua volta, va a differenziarsi ulteriormente a seconda di “texture”, percentuale di grassezza, tendenza dolce e speziatura, sapidità ed aromaticità, persistenza gusto-olfattiva, i tempi e le modalità di stagionatura e l’impiego gastronomico.

     

    Ebbene, a pezzi interi o insaccati, crudi o cotti, i salumi si presentano in una moltitudine di forme, colori e profumi e basterebbe aumentarne lo spessore di una sola fetta per accrescere la succulenza indotta, elemento che per contrapposizione vorrebbe vi si associ un vino che abbia tenore alcolico, tannicità o entrambi, con una buona modulazione di frequenza degli stessi a seconda di quanto il palato debba essere disidratato da queste due componenti del vino, fermo restando che il tenore alcolico stesso del vino costituisca anche un ottimo contrappeso alla presenza di grassi nel salume in considerazione.

    Un altro abbinamento proposto da Carol Agostini con carne di bufalo e vino Brigante Aglianico Colli di Salerno IGP di Casula Vinaria
    Un altro abbinamento proposto da Carol Agostini con carne di bufalo e vino Brigante Aglianico Colli di Salerno IGP di Casula Vinaria

    Sempre per contrapposizione vediamo la grassezza del salume abbinata alla freschezza del vino, termine quest’ultimo che ne indica l’acidità che può essere, a seconda dei casi, accentuata dalle basse temperature e dal “perlage”, da adottarsi specialmente quando la patina di grasso oppone maggior resistenza ad essere rimossa; anche la tendenza dolce richiede contrasto: un vino con buona mineralità darà il suo valido contributo.

    Salame e parametri organolettici
    Salame di cinghiale molto persistente con parametri organolettici complessi

    Più un salume avrà persistenza gustativa e più l’abbinamento per concordanza con un vino di pari persistenza aromatica intensa dovrà essere tenuto in considerazione, parimenti al corpo ed alla speziatura che dovranno trovare un degno compagno per corrispondenti virtù gustative. Bisogna a questo punto fare una piccola considerazione: se è vero che la grandezza di un salume richiede un vino di pari dignità è altrettanto vero che non bisognerà mai rincorrere le irruenze dei salumi con le irruenze del vino perché la loro somma diventerebbe alla lunga troppo impattante per il palato, tanto che la saggezza popolare del buon pane insipido, tra l’altro non necessariamente presente in tutte le regioni, sarebbe un accorgimento del tutto insufficiente.

    Non è quindi la predilezione per tal salume e tal vino a rendere piacevole l’insieme, per quanto de gusti bus non disputandum est, ma l’equilibrio armonico di un abbinamento che al palato non vedrà mai prevaricare l’uno sull’altro.

    Abbinamento vino e  salumi 2022
    Abbinamento vino e  salumi 2022, in foto prosciutto cotto di pecora Veneto

    Lo zampone ed il “bal ‘d luc” abbinati ad un Barbera del Monferrato o ad un Lambrusco di Sorbara troverebbero un degno compagno a prescindere che il contorno sia a base di lenticchie o purè; I

    l prosciutto cotto di pecora, comune a Sardegna, Toscana e Veneto, col suo delicato sentore di timo potrebbe incontrare i favori di un Pigato ligure già a partire dalle assonanze olfattive, ma neanche una Falanghina del Beneventano o un delicato spumante rosato a base di Pinot Nero non sarebbero male.

     

     

    salumi e Franciacorta, articolo Abbinamento vino e salumi 2022
    salumi e Franciacorta, articolo Abbinamento vino e salumi 2022

    Il violino di capra ed il Valtellina Superiore della sotto zona di Valgella potrebbe essere un’interessante scommessa; i prosciutti crudi equilibrati, di buona stagionatura e delicati come il San Daniele ed il crudo di Parma possono essere accompagnati dalle bollicine satinate della Franciacorta, mentre il Culatello di Zibello ed un ottimo guanciale di suino nero casertano, decisamente più complessi, con un Metodo Classico trentino da lunga permanenza sui lieviti, piuttosto che un profumatissimo Sauvignon Blanc dei Colli Orientali del Friuli o magari un Viognier.

     

    Naturalmente quando l’appeal rustico si accentua nei prosciutti, come spesso accade nelle aree centro-meridionali e montane della penisola, i vini possono salire di struttura a patto che i tannini non siano troppo marcati: Vermentino Nero delle Alpi Apuane, Rosso Conero e Sangiovese di Romagna.

    Intrigante l’abbinamento tra la Finocchiona e la Vernaccia di Serrapetrona, piuttosto che un più morbido e territoriale Morellino di Scansano; lo Speck e la pancetta tesa affumicata trovano nel Gewürztraminer un compagno aromaticamente molto indicato ma anche una Ribolla Gialla da lunghissime macerazioni in anfora, per quanto più modesta in termini di aromaticità, troverebbe nella persistenza un valido pretesto per farsi bere con questi salumi dal carattere deciso.

    Una straordinaria mortadella un Fiano di Avellino di buona morbidezza e calibrata freschezza, un Catarratto oppure una Malvasia Bianca lucana; la piccantezza della ‘Nduja la si potrebbe spegnere con un rosato da uve Primitivo di Gioia del Colle, piuttosto che col territoriale Cirò Marina rosso, ma qualcuno pare abbia anche osato col Sirah Cortona e con il Carignano del Sulcis, promettendo che il “match” sia ben riuscito a patto che tali vini non siano proposti nelle loro versioni più strutturate.

    Abbinamento vino e salumi 2022
    Abbinamento vino e salumi 2022

    Una tipica specialità piemontese come il salame al Barolo vede immediata assonanza ma si può certamente volare fuori regione e prediligere un Taurasi di lungo affinamento, abbinamenti questi che si attagliano altrettanto magnificamente con il prosciutto di Cinghiale.

    Conclusioni

    Insomma, basta lasciarsi guidare dagli abbinamenti tradizionali dettati dalle consuetudini territoriali ma anche farsi coraggio e tentare sperimentazioni gustative provenienti dal connubio tra prodotti di altre terre e da interpretazioni enologiche mai considerate prima, purché la gioia del proprio palato sia raggiunta ed appagata.

    Di Gaetano Cataldo


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  • Ischia, Materica e Raffinata la cucina di Antonio Monti 2022

    Ischia, Materica e Raffinata la cucina di Antonio Monti 2022

    Ischia, Materica e Raffinata la cucina di Antonio Monti 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Forio, Ischia (NA) e il Ristorante Montecorvo con Antonio Monti
    Forio, Ischia (NA) e il Ristorante Montecorvo con Antonio Monti

    Se qualcuno ancora non si fosse messo in testa che la bella Ischia è un’isola di terra, ossia un luogo ad altissima vocazione gastronomica più contadina che marinara, può andare in un solo posto per rendersene conto: al Ristorante Montecorvo a Forio.

    Questo grazioso angolo di paradiso è incastonato in un vero e proprio giardino, ove non mancano piante esotiche, l’orto familiare e giochi d’acqua, mentre le sale hanno tutto il calore delle case pronte a ricevere gli ospiti con sale in arte povera ed un camino scavato nel tufo verde caratteristico di Ischia.

     

    Il fondatore

    Il Ristorante Montecorvo Un accogliente ristorante immerso nella Campagna Ischitana, ma comunque raggiungibile in solo dieci minuti di macchina dal centro di Forio o dall'incantevole Sant'Angelo.
    Il Ristorante Montecorvo
    Un accogliente ristorante immerso nella Campagna Ischitana, ma comunque raggiungibile in solo dieci minuti di macchina dal centro di Forio o dall’incantevole Sant’Angelo.

    La struttura è stata tirata su grazie ai sacrifici di Giovanni Monti che a poco a poco è riuscito a creare una realtà sempre più apprezzata e con i dovuti ammodernamenti che esiste da ben 40 anni, senza mai cambiare radicalmente l’impronta originaria e la semplice immediatezza con la quale il ristorante Montecorvo si presenta ai commensali.

     

    Naturalmente Giovanni non è solo e può contare sempre sull’aiuto di sua moglie, la signora Carmela, e dei figli Nicola e Antonio, rispettivamente imprestati alla sala ed ai fornelli con tanta dedizione grazie alla passione trasmessa loro dai genitori e, diciamolo, anche per la loro vocazione al mestiere della ristorazione.

     

    La sala

    Nicola Monti responsabile di sala ristorante Montecorvo Forio-Ischia
    Nicola Monti responsabile di sala ristorante Montecorvo Forio-Ischia

    A Nicola Monti dunque il merito di accogliere gli ospiti con un welcome genuino e per niente ampolloso, mettendo tutti a proprio agio, sia i vecchi che i nuovi fan del ristorante Montecorvo, pertanto non potrebbe essere diversamente col servizio:

    semplice, puntuale e discorsivo quando serve.

     

    A lui in effetti tocca anche la gestione della carta dei vini, una carta briosa e della giusta profondità dove con leggerezza si attraversa l’enologia ischitana, passando per piacevoli referenze extra regionali che mettono a proprio agio una clientela trasversale, fino ai pezzi da novanta, ossia alcuni delle grandi bottiglie che hanno fatto la storia del vino in Italia.

    Ma veniamo allo chef adesso.

    Antonio Monti ha avuto trascorsi in sala ed in qualità di pizzaiolo, dimostrando da subito una grande flessibilità ed una visione complessiva dell’arte della ristorazione.

    Come tanti giovani ragazzi desiderosi di viaggiare e vedere il mondo, lavorare e crearsi un avvenire, Antonio, appena terminato gli studi e con lo zainetto in spalla, vola verso il suo futuro e approda a Londra.

    Trova lavoro dapprima come cameriere ma al tempo nutriva già attrazione per i fornelli, tanto più che amava farlo già assieme ai suoi genitori e, a poco a poco, ha ottenuto di indossare il grembiule, con tenacia, desiderio e zero improvvisazione, assecondando di fatto il suo istinto.

    Dopo questa scintilla ha trovato lavoro dapprima nelle cucine del Don a Bank Station, sotto la direzione dello chef James Walker, successivamente a Le Gavroche di Albert Roux. Dopo 3 anni di solida gavetta londinese ma anche di esempi virtuosi, di quelli che ti fanno amare ancora di più la Cucina, Antonio prosegue il suo percorso di addestramento all’arte culinaria sbarcando nelle cucine di Antonio Guida al Seta del Mandarin Oriental Hotel di Milano. Last but not Least ecco che dopo un’ulteriore palestra formativa ne arriva un’altra: e siamo al Mirazur dello chef Mauro Colagreco a Menton.

    Penso che possa anche bastare così, ma se foste di altro avviso, ecco altre altrettanto edificanti esperienze che Antonio, con umiltà e gratitudine, tiene molto a menzionare: con Frederic Simonin ed all’Atelier Robuchon a Parigi, a Le Grains d’Argent a Epernay, a Terra The Magic Place a Sarentino, poi con Marco Pirotta di nuovo a Milano ed a Piazza Duomo nella brigata dello chef Enrico Crippa ad Alba.

    Golosiamoci

    Come dicevamo prima la gastronomia ischitana si presta benissimo ad interpretare i sapori di terra ma pur certo è che nel menu del ristorante Montecorvo non manca mai il pescato di stagione, quel che è certo è che ci si va per respirare aria buona, per godere di una vista mare incredibile, per restare immersi nella natura e per stare bene a tavola.

    La cucina sana e fresca della Famiglia Monti a Ischia
    La cucina sana e fresca della Famiglia Monti a Ischia

    Si comincia con “‘e pizzell’e sciurille” che per poco non sparivano dal piatto, un piacere mangiare una primizia come i fiori di zucca direttamente dall’orto della famiglia Monti ancor prima della loro stagionalità media, grazie al favore del clima di Ischia.

    Lavoro di fino sulla tartare, perfettamente mondata e rimodulata col giusto condimento, con salsa di lenticchie e misticanza di verdure. I carciofi imbottiti e stufati che non ti aspettavi fanno bella e fumante mostra di sé in attesa dei primi.

    Sui primi si esagera alla grandissima: bucatini al sugo di coniglio che è tutta una promessa, pappardelle alla genovese di cinghiale, un fuori carta che stava lì apposta per noi, ed infine un’altra chicca: tagliolini al tartufo nero pregiato dell’Appennino Umbro-Marchigiano.

    Ricco sia di carne che pesce con vari contorni e una miriade di antipasti assolutamente da provare. Molti dei deliziosi piatti del ristorante Montecorvo vengono preparati in forno a legna, come i pesci al forno, le carni rosolate e il tipico coniglio all'ischitana che difficilmente al giorno d'oggi vedrete preparare secondo la ricetta tradizionale.
    Ricco sia di carne che pesce con vari contorni e una miriade di antipasti assolutamente da provare. Molti dei deliziosi piatti del ristorante Montecorvo vengono preparati in forno a legna, come i pesci al forno, le carni rosolate e il tipico coniglio all’ischitana che difficilmente al giorno d’oggi vedrete preparare secondo la ricetta tradizionale.

    Infine, ma per i primi si intende…

    La carne alla brace ed i contorni erano certamente squisiti ma quando è arrivato il coniglio all’ischitana si è fermato letteralmente l’orologio: andando a pizzicare come primo pezzo la parte più stopposa pure quella era tenera e succulenta, cucinata come si faceva un tempo e con una marinatura favolosa che non contemplava soltanto il timo serpillo ma anche altre erbe mediterranee impiegate molto saggiamente.

    Senza nulla togliere alla bravura di Antonio i complimenti per questo piatto tipico di Ischia vanno però al padre Giovanni che, dopo la prenotazione, si è messo di buona lena a coccolare per noi il saporitissimo roditore in cottura nel forno a legna.

    Coccole finali con la pasticceria della casa ed un cannolo squisito con ricotta locale e la cortesia, mai scontata, dei liquori della tradizione per gli irriducibili e, naturalmente, del nettare dionisiaco in forma di passito.

    Conclusione

    La cucina di Antonio Monti è materica e raffinata al tempo stesso. Certo questo potrebbe apparire un ossimoro, soprattutto quando si evince sostanza al piatto ed una traduzione di sapori e materia prima in chiave apparentemente casalinga, ma che nella realtà lo studio, la calibrazione di cotture ed ingredienti, rendono al piatto una semplicità definitiva che, ad un occhio disattento, mimetizza la complessità dei passaggi e l’attenzione mediante cui lo si è ottenuto il risultato finale.

    Bella chef! Alla prossima per la cucina di mare, sempre al ristorante Montecorvo.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito ristorante: https://www.montecorvo.it/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • Esce Vino, il Romanzo Segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron 2021

    Esce Vino, il Romanzo Segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron 2021

     

    Esce Vino, il Romanzo Segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron 2021

    Di Gaetano Cataldo

    Vino il romanzo segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron
    Vino il romanzo segreto di Roberto Cipresso e Alessandro Zaltron

    Fragoroso, dirompente, schietto e di grande umanità.
    La comunicazione enologica lasciata in mano ai turisti del vino è meno peggio di quella artefatta di quei grandi viaggiatori che hanno smarrito la strada ed il romanticismo insito nel cammino, accecati dal dio denaro e dalla semplicità di percorso.

    Roberto Cipresso enologo winemaker
    Roberto Cipresso enologo winemaker

    La capacità di emozionare un navigante non è facile da parte di un enologo, neanche quando quel navigante è anche un sommelier.

    Il fatto è che l’enologo non è un enologo qualsiasi ma Roberto Cipresso, compassato winemaker e scrittore cult di fama internazionale, ed in questo suo ultimo libro ha la capacità di un capitano di lungo corso di portare per mano in un viaggio che di pianificato non ha nulla persino i più scafati naviganti, di vigne o di oceani, facendo ritrovare al lettore la gioia di perdersi tra le sue pagine, come ci si perde volontariamente tra vicoli e vicoletti per ritrovarsi in una emozione univoca ed in uno stato di grazia: quello di solcare il mare dal colore del vino come nei vecchi simposi, scandagliandone le profondità, mai lineari.

    Alessandro Zaltron scrittore
    Alessandro Zaltron scrittore

    Troverete che vi perderete e nel perdervi imparerete nuove vie.

    È il romanzo dove in ogni capitolo c’è qualcosa che ci tocca sul personale forse o sfiora comune passioni: Corto Maltese, il Mare, il Radar…. Nel terzo capitolo si afferma che dalla Vitis Vinifera si può tornare alla Vitis Silvetris, già questo ti destabilizza e ti fa saltare dalla gioia, specie quando temi quella fillossera silenziosa che è l’introgressione genetica e ti si illumina il viso dalla speranza.

    “Vino, il Romanzo Segreto” è il luogo di incontro dove ogni citazione di un suo vino diventa la scusa per narrare storie di persone e non già che le storie di persone vengano usate come scusante per citare i suoi vini.

    “Le conoscenze enologiche applicate retroattivamente salvano il bello delle storie antiche. Soltanto a questo modo un’uva senza pedigree, di bellezza imperfetta, torna a parlarci con voce intellegibile”.

    Geografia del tempo del vino…

    I libri, il viaggio, la consapevolezza che ci sono persone che si leggono altrettanto tra le pagine e le pieghe dei loro anni, dei loro pensieri e delle loro esperienze. Questo libro, e non capita spesso, è diventato da subito molto personale, hai presente quando si ha come l’impressione che un piccolo frammento di scrittura sembra che parli di te o di cose tue o come di una canzone che sembra proprio ce l’abbia con te?

    Insomma è chiaro che il libro parli di altro, sono i nostri filtri, legittimo ognuno abbia il suo, però questa lettura la sto proprio accarezzando e da diverse sere, persino dopo averlo già letto, e mi culla proprio come al tempo in cui leggevo certi romanzi quando ero in mezzo al Mare e la nave rollava dolcemente con i venti e le correnti al traverso.

    Di Gaetano Cataldo


    Carol Agostini e Roberto Cipresso Vinitaly 2022
    Carol Agostini e Roberto Cipresso Vinitaly 2022

     

    Felice di conoscere entrambe i due protagonisti di questa recensione e di aver letto il libro, anch’io come Alessandro e Roberto sono nata e cresciuta vicino a Bassano del Grappa, dove il Ponte Vecchio, Oh bella ciao e la cultura del buon vino ci hanno fatto diventare grandi e apprezzare la nostra cittadina e regione.

    Roberto un esempio enologico di successo e di grande intuizione, Alessandro un dolce e emozionante scrittore con la sua penna delicata.

    Carol Agostini e Roberto Cipresso Vinitaly 2022
    Carol Agostini e Roberto Cipresso Vinitaly 2022

    E’ per noi un onore potervi presentare questo libro in tutta la sua essenza, vi consigliamo di leggerlo, vi porterà in un viaggio intrigante.

    Di Carol Agostini


    Sito da visitare: https://robertocipresso.it/poggio-al-sole-agriturismo-toscana/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • Un rosso di mare al Rasputin, Secret Bar di Firenze 2022

    Un rosso di mare al Rasputin, Secret Bar di Firenze 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Alle volte l’attitudine al viaggio ed alla riflessione sui sentieri dell’esistenza e sulle grandi città, l’aria che si respira e le persone che ne ricreano l’atmosfera, ti portano a fare il punto della situazione su certe analogie afferenti a dettagli architettonici, scorci e strutture, apparati umani persino, come in un gioco di sovrapposizioni che porta nella fantasia del visitatore a sostenere che: ci sono a Venezia tre luoghi magici e nascosti: uno in calle dell’amor degli amici; un secondo vicino al ponte delle Meraveige; un terzo in calle dei…. un attimo però, qui non siamo a Venezia e questa frase tra l’altro proviene da un fumetto di Corto Maltese!

    Firenze
    Firenze

    No, non credo affatto di essermi perso, so perfettamente di trovarmi nella bellissima Firenze e tutto sommato affermare che il capoluogo toscano abbia tutto il fascino di una Venezia senza i canali non è un’idea del tutto peregrina, anzi… a Firenze nemmeno mancano luoghi magici e porte dove si può entrare ed uscire da una fiaba all’altra, esattamente come faceva il celebre marinaio creato da Hugo Pratt.

    Credo proprio che una di queste porte sia quella che conduce al Rasputin, il secret bar di Firenze, sapete?

    Cocktail da Rasputin di Firenze
    Cocktail da Rasputin di Firenze

    Non è del tutto facile imbattercisi in un secret bar, prima di tutto perché non si chiamerebbe così, in secondo luogo perché ci vuole un poco di sana predisposizione per queste cose… che so? Quella sorta di mindset, o forma mentis come la si voglia chiamare, che ci mette in condizione di approdare in un luogo senza stare manco troppo a pensarci sul come ci si sia arrivati ad esempio, oppure arrivare a comprendere che certi luoghi e certe persone un poco si cercano e si scelgono a vicenda.

    Insomma lo capisci quando un posto ti sceglie e tu ci stai bene come se ci fossi sempre stato, no?

    Al Rasputin ho avuto proprio questa percezione, ma prima ho dovuto digerire per bene quel lungo attimo di trapasso tra una viuzza fiorentina e l’anticamera di questo locale che potrebbe tranquillamente definirsi “ogni dove”, non già perché sia un posto qualsiasi ma semplicemente perché, varcata quella soglia, potresti essere in ogni luogo per fisico o temporale che sia. Ecco, non dico proprio come quando si gira quella specie di serratura della porticina nel Castello Errante di Howl ma quasi.

    Passeggiando per Firenze in direzione Rasputin Secret Bar
    Passeggiando per Firenze in direzione Rasputin Secret Bar

    È stato grazie ad un amico di Firenze, dopo alcune giornate agli inizi di ottobre dedicate al sake giapponese, passione che ci accomuna, che ho potuto scoprire il Rasputin: si passeggiava agli inizi di ottobre per il centro storico di Firenze, disquisendo sulle materie che più ci appassionano, mentre si attraversavano viuzze e stradine, alla vista piacevole di tutta quella monumentalità dei ponti sul fiume Arno, dei palazzi storici e di quei dettagli, di cui parlavo più su, che ti fanno balzare alla mente altri sentieri, battuti in altro tempo, in altre città ed in altre circostanze.

    In un batter d’occhio ci ritroviamo all’ingresso di uno stabile o di un appartamento a piano terra, di fronte ad una porta così anonima che a passarci davanti neanche mi sarei accorto della sua esistenza.

    Cocktail di Rasputin Secret Bar di Firenze
    Cocktail di Rasputin Secret Bar di Firenze

    Percorso certo non casuale in questo caso, poiché ad indirizzare i miei passi è stato l’anfitrione con il quale si discuteva di tutt’altro un minuto prima e che adesso punta il dito su un campanello e contemporaneamente dice “adesso entriamo al Rasputin, il secret bar di Firenze”. Dopo tutto quell’andare e quel dire, l’idea di scoprire un luogo nuovo che avrei sempre voluto vedere e la possibilità di bere davvero bene mi garbava non poco.

    Non che magari a voi serva ma tra me e me giova dover ricordare che esiste una sostanziale differenza tra un secret bar ed uno speakeasy: le riunioni per fomentare rivolte e rivoluzioni nella vecchia Europa hanno avuto luogo ben prima dell’era del Proibizionismo ed in tutt’altri scenari e forme di pensiero.

    Prospettiva Ponte vecchio Firenze
    Il Ponte Vecchio è un ponte che scavalca il fiume Arno a Firenze, a circa 150 metri a valle dell’area in cui il fiume presenta naturalmente uno dei punti in cui l’alveo è più stretto all’interno della città nel suo tratto a monte delle Cascine.

    Epoche diverse, continenti diversi, ambientazioni diverse e pertanto un format piuttosto distinguibile tra questi due templi della miscelazione. Insomma, ciò che nacque presumibilmente in Pennsylvania nel 1888, dopo la proibizione di trasportare, importare e vendere bevande alcoliche e che ebbe fine il 5 dicembre 1933, è tutt’altra faccenda rispetto a quanto accadeva nel XVIII secolo nell’Europa dell’Est, per quanto si parlasse piano uguale in entrambi i contesti, seppur con rischi, estrazione sociale e leve motivazionali nettamente dissimili.

    Intanto ci hanno aperto, entriamo e… sarà pure che l’alchimia del verbo di rimbaudiana memoria, quel certo non so che ci fa associare i colori alle parole, una volta piombato all’interno del locale, diventa tutto un percorso sequenziale tanto in testa quanto nella realtà: ottobre, Rasputin, ottobre rosso, rivoluzione rossa e poi rosso ed ancora rosso, il rosso dei pesanti ma carezzevoli drappi di una sorta di anticamera che dà su ripide scale in discesa su un mondo che si annuncia già dapprincipio essere mistico ed austero, elegante e messianico, fuori dal mondo esterno ed appartenente a tutt’altra epoca per quanto estemporaneo al contempo.

    Sempre a proposito di rosso, pare che nei locali che hanno visto la nascita del Rasputin nel 2016 vi fosse un circolo negli anni ’70 in cui si riuniva un gruppo di Lotta Continua, poi furono adibiti alla ristorazione negli anni ’80 ed oggi nobilitato ad esempio superbo di secret bar.

    Il Ponte vecchio di Firenze
    Il Ponte vecchio di Firenze

    Intanto siamo scesi, ambientazione superba, il passo felpato del personale, la cortesia dell’acqua…

    Dopo aver bevuto qualche cocktail ci raggiunge, ritto, impeccabile, cordiale ma senza sbottonarsi, sorridente ed al tempo stesso attento alla sala, Daniele Cancellara, il maestro di casa, il Bar Manager del Rasputin, il deus ex machina dietro quelle espressioni d’orologeria perfettamente bilanciate in forma liquida.

    Cocktail di Rasputin Secret Bar di Firenze
    Cocktail di Rasputin Secret Bar di Firenze

    È stato un piacere ascoltarlo mentre descrive il Rasputin:

    “siamo uno dei rari secret bar della regione e qui, nel quartiere di Santo Spirito, siamo una sicurezza da cinque anni, tanto per chi ci scova che per chi ci onora di tornare. Il nome evocativo Rasputin, in omaggio al mistico russo, è stato scelto per lo stile vittoriano del locale, preso in prestito dai salotti di 200 anni fa.

    Altri sensi vissuti attraverso questi cocktail Fiorentini
    Altri sensi vissuti attraverso questi cocktail Fiorentini

    I cocktail che creo qui sono il risultato di anni di studio e di confronto, di una ricerca sulla materia prima che comporta la valorizzazione di tutto ciò che uso e che in definitiva si traduce in preparazioni accorte ed attenzione allo spreco. Oltre un terzo dei signature cocktails è a base di whisky e non potrebbe essere diversamente viste le oltre 350 referenze presenti in casa”.

    È classe del 1984 ed è reduce da numerose esperienze in diversi cocktail bar ed alberghi di Firenze, fino ad approdare alla guida del bar di Rasputin, si dalla sua nascita ed elevarne il concept. Inoltre ha portato la sua professionalità lungo tutto lo Stivale e anche per il mondo, come a Tokyo o a Tirana, con il Guest Night, format che gli ha permesso di confrontarsi dal vivo col grande senso dell’accoglienza e con lo stile di miscelazione di grandi colleghi barman.

    Da appassionatissimo di storia dei distillati e dell’arte della mixology, negli ultimi anni ha voluto approfondire con somma dedizione il mondo del whiskey fin quando, nel 2019, ha intrapreso assieme a Federico Silvio Bellanca e Michele Tamasco l’avventura web “Whisky for Breakfast”, entro cui ogni settimana trasmette nozioni sull’imbottigliamento, approfondimenti produttivi e stilisti, storie delle più svariate distillerie e tutto quel che attiene al celebre distillato di cereali.

    Prima di esperire attraverso la proposta stagionale del Rasputin ed avere avuto il bene di ascoltare Daniele, come anzidetto, abbiamo fatto un giro di ronda assolutamente sobrio e virtuoso con Pisco Sour e Vodka Tonic.

    Dire servizio impeccabile e cocktail come da manuale è poco: attenzione ed introspezione verso l’ospite per coglierne i gusti e le esigenze sono un must qui e l’espressività dei cocktail raggiunge decisamente livelli superiori per la qualità dei prodotti, per un equilibrio perfetto ed il tocco dell’artista che invito a provare di persona.

    Cocktail Rasputin Secret Bar Firenze
    Cocktail Rasputin Secret Bar Firenze

    Alla fine i cocktails sono terminati ma non la voglia di bere approfondendo circa il luogo, l’alchimia e lo stesso alchimista, quindi cambio di scena: la postazione adesso è proprio di fronte al banco, tempo di dare ascolto al silenzio delle mani di Daniele che, senza perdere il contatto visivo col nostro sguardo, armeggiano sicure dietro un ordine prestabilito e rodato da anni di aritmetica perizia, mentre confezionano altri drink artigianali.

    Intanto la mia guida fiorentina, nonché tra i massimi esponenti italiani di fermentato di riso e koji, ordina un Manhattan per lui e con un cenno mi invita ad ordinare qualcosa. E niente: devo conoscerlo meglio il Cancellara, è una buona occasione per imparare dai suoi percorsi, rompo gli indugi e gli chiedo qualcosa di trasversale, dandogli giusto qualche cenno leggero tra un’idea base di distillato e qualche essenza mediterranea.

    Firenze dall'alto
    Firenze dall’alto

    Ecco che mentre cercavo di cogliere altri tratti della sua personalità e forma mentis è lui a farmi la radiografia, tirandomi fuori dal cilindro il Rosso di Mare, traducendo quasi all’istante ciò che avrei voluto bere. Per gentile concessione del Bar Manager ecco la ricetta: 40 ml di Trois Rivières Ambrè, 15 ml di Cinzano 1757 Vermouth di Torino, 10 ml di Rabarbaro Nardini ed altrettanti di Campari Bitter, infine 3 gocce di Tintura alle Erbe Mediterranee… il tutto invecchiato in botti di rovere!

    Un viaggio a vela Martinica-Gibilterra con approdo fluviale a Firenze. Un bere intellettuale e meditato dai sentori aromatici tipici della flora del Mare Nostrum, incluso lo speziato del prezioso zafferano, dal corpo equilibrato e verve di piacevole acidità che anche Corto Maltese, certo, avrebbe gradito.

    Con una scelta magistrale degli ingredienti impiegati, esaminando consapevolmente l’ospite senza neanche conoscerlo, ha saputo riproporre un percorso ideologico che parte dalle Piccole Antille ed arriva nel Mar Mediterraneo. Come le porte magiche che conducono in altre storie, come d’altronde fa lo stesso ingresso del Rasputin, i cocktail artigianali di Daniele sono delle sliding door che ti invitano al viaggio al primo sorso. Grazie sir Cancellara! A presto Rasputin!

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Locale: https://rasputinsecretbar.com/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • Paisà, Trattoria di mare ad Agnone Cilento 2022

    Paisà, Trattoria di mare ad Agnone Cilento 2022

    Paisà, Trattoria di mare ad Agnone Cilento 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Ci sono pochi posti dove il mare è disposto ad entrare fin dove l’uomo domina i fuochi delle cucine, portato dal vento attraverso le finestre delle casette, i vicoli e le stradine, per benedire la Dieta Mediterranea che mani laboriose ed esperte celebrano con la stessa risolutezza con la quale i pescatori issano le reti, estraendo rispettosamente dalla materia prima tutta la sua marinara essenza ed il suo sapore più autentico per comporre piatti gustosi.

    Paisà, Trattoria di Mare ad Agnone Cilento
    Paisà, Trattoria di Mare ad Agnone Cilento

    Il posto è il Cilento, precisamente ad Agnone Cilento, e le mani sono quelle di Pasquale Tarallo, cuoco navigato e patron del Paisà, ristorante tipico delle Cucina Cilentana di mare.

    Territorio e storia

    Questa frazione marittima del comune di Montecorice, le cui spiagge sono state insignite anche quest’anno della bandiera blu, sorse come piccolo borgo di pescatori, noto già nel 1187 quando insisteva sul sito la chiesetta di Santa Maria de Hercula e che nel XVII secolo vide un maggiore sviluppo grazie alle case sorte attorno alla torre di San Nicola.

    mentre oggi vive in prevalenza di turismo: il paesaggio di Agnone infatti è davvero molto attrattivo grazie alla sua pineta a picco sul mare ed il promontorio delle Ripe Rosse che si stagliano su un azzurro da mille sfumature, per non parlare delle abitazioni, dei cortili e dei porticati fatti in pietra cilentana e dei terrazzamenti imbrigliati dai muretti a secco con gli olivi, i fichi e le viti, che nell’insieme narrano la memoria storica di una comunità che supera di poco i 2600 abitanti.

    Costa di Agnone Cilento
    Costa di Agnone Cilento

    Un intreccio di cultura e tradizione confezionato pazientemente dal tempo, che qui scorre ancora a misura d’uomo, esattamente come pazientemente gli agnonesi si occupavano della commettitura della “libbana”, una cima a tre legnoli molto resistente, ricavata con erbe essiccate.

    Dall’intreccio secolare del tempo a quello del tradizionale cordame, che da sempre l’artigianato locale ha prodotto per i pescatori cilentani, fino alla metafora sull’intreccio dei sapori che Pasquale impiega per creare i suoi piatti il passo è breve.

    Paisà la trattoria di mare

    Paisà prende il nome dal celebre film del ‘46 di Roberto Rossellini, la seconda pellicola di una trilogia della guerra antifascista e superbo esempio di neorealismo del cinema italiano, ma è anche la forma vocativa di paesano o compaesano usata al Sud Italia, con cui soldati italo-americani solevano rivolgersi ai civili, fino ad assumere anche il significato di soldato alleato.

    Il paesaggio ad Agnone Cilento, una meraviglia per gli occhi
    Il paesaggio ad Agnone Cilento, una meraviglia per gli occhi

    Il ristorante, oggi segnalato da Slow Food, venne fondato nel 1971 da Veturia, la nonna di Pasquale e di suo fratello Luca che ne sono al timone dal 2006, e che già allora doveva essere una sorta di osteria social dove tra un bicchiere di vino, una pietanza di pesce ed un piatto di formaggi, si brindava alla vita ed alla libertà.

    Oggi, a parte qualche piccolo restauro e l’ambiente di sala più arioso, lo spirito del locale è lo stesso di prima con in più l’estro creativo di Pasquale Tarallo che, a seconda della stagione, coniuga i sapori dell’orto al pescato del giorno, comunicando le portate tramite un menu fluido, rigorosamente scritto a penna ed a seconda della reperibilità quotidiana dei prodotti.

    Quello che non manca mai è quell’atmosfera cordiale che anche se non ci si passa da anni è come se da Pasquale ci si è stati il giorno prima, proprio come in quelle locande di altri tempi dove tutti si conosco e la tavola serve a tenere uniti, come se si fosse tutti a casa.

    Paisà, Trattoria di Mare ad Agnone Cilento
    Paisà, Trattoria di Mare ad Agnone Cilento

    Naturalmente oltre alla cordialità non mancheranno mai l’olio extravergine di oliva del Cilento, le verdure e gli ortaggi a km zero, a dimostrazione di una grande valorizzazione della vocazione agricola del comprensorio, il pescato locale con varietà di ogni sorta, con una predilezione per il pesce azzurro.

    Per le varietà ittiche così dette povere, una carta dei vini semplice ed incentrata sulle cantine del territorio e sugli abbinamenti, i formaggi paesani, la pasticceria cilentana in stile “home made” ed i liquori artigianali… tutti ingredienti di una cucina sostenibile, genuina e sincera.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito ristorante: https://www.facebook.com/PaisaAgnone/photos/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • Fermentato di riso: il sake dalla sua nascita 5000 a.C

    Fermentato di riso: il sake dalla sua nascita 5000 a.C

    Fermentato di riso: il sake dalla sua nascita 5000 a.C

    Di Gaetano Cataldo

    Non so a voi ma a me, quando bevo vini straordinari e birre artigianali di alto livello, senza manco dover andare in coma etilico o vedere alcolemiche allucinazioni, mi capita di fare certi viaggi a ritroso nel tempo che è uno spasso, viaggi che rispolverano antiche leggende, accadimenti ed aneddoti storici.

    Fermentazione del riso: il sake dalla sua nascita 5000 a.C
    Fermentazione del riso: il sake dalla sua nascita 5000 a.C

    Il fluire del tempo…

    Impigliati nel fluire del tempo e rievocati da una sorsata di vino appena prelevato da un grosso qvevri c’è la nascita dell’alfabeto cuneiforme sumerico e le gesta mitologiche di Gilgameš re di Uruk, la fiera ebrezza degli Argonauti alla vigilia della ricerca del Vello d’Oro nell’antica Colchide, la scia delle antiche navi fenicie giunte fino a Cartagine, in Croazia ed in altri angoli del Mar Mediterraneo.

    Un boccale di birra dissetante tra amici non di rado porta a riscoprire le origini di questa bevanda oltre la spuma: la pratica di svezzare i neonati con lo zythum nell’Antico Egitto, i rituali religiosi officiati con la scura e concentratissima curmy, riservata al faraone ed il culto del gruit, miscela d’erbe antesignana del luppolo, custodito dalle popolazioni etrusche in un’epoca in cui la Campania non era stata ancora colonizzata dai Romani e quindi costoro non erano ancora riusciti a monopolizzare le abitudini di beva col nettare dionisiaco.

    Sake alle erbe di vario tipo
    Sake alle erbe di vario tipo

    Al di là del fascino e dell’alone leggendario che si cela dietro al consumo di vino o di birra quel che conta è saper bere e bere consapevolmente, pertanto anche chi sorseggia un sake artigianale potrebbe idealmente fare un bel viaggetto nella storia, ripeto “viaggetto” in termini metaforici e non “trip fantalcolemico”.

    Bisognerà portarsi col pensiero giusto un tantinello più ad Est, non subito in Giappone però…

    Cina precede il Giappone: sake e origine

    Junmai shu in degustazione
    Junmai shu in degustazione

    Infatti pare tutto abbia avuto inizio in Cina: con buona probabilità il casuale processo di fermentazione del riso sembra sia avvenuto attorno al V millennio a. C. nei pressi del Fiume Azzurro, altre fonti sostengono invece che sia avvenuto in prossimità del Fiume Giallo durante il periodo della dinastia Shang, tra il XVII ed il XI secolo a. C. Da questo punto di vista è bene osservare che ci sono degli antenati cinesi che si avvicinano molto al sake giapponese:

    lo shokoshu e lo shaohing-jiu, entrambi provenienti dalla regione dello Shaoxing nell’Est della Cina, nei quali vengono impiegati non soltanto riso, ma addirittura miglio ed anche grano durante il processo fermentativo, per non parlare di un altro parente prossimo… l’huang-jiu, ossia il vino giallo, tutt’oggi elemento di estremo rilievo nella gastronomia cinese. Si rilevi che è che nella terra del Dragone Rosso, tre secoli prima della nascita di Gesù Cristo, che viene fatta menzione per la prima volta di una particolare muffa nello Zhouli, libro dei riti della dinastia Zhou, che in seguito verrà classificata come aspergillus oryzae, di estrema importanza per l’alimentazione in Estremo Oriente.

    Ma cosa accadeva nell’arcipelago giapponese e come si è arrivati al sake?

    Attualmente solo 1500 aziende producono il riferimentato di riso
    Attualmente solo 1500 aziende producono il riferimentato di riso

    Alcuni reperti archeologici consistenti in anfore, vasellame e coppe, sono stati rinvenuti sull’isola di Kyushu nel sud del Giappone qualche anno fa e gli esami al radiocarbonio vorrebbero risalissero al periodo Jomon, tra il 10.000 ed il 300 a. C., epoca in cui alcune tracce confermano la consuetudine a bere alcolici frutto della fermentazione di uva selvatica e di altri frutti spontanei da parte degli abitanti. È alla fine di questo periodo, più o meno tra il 600 ed il 500 a. C., che assisteremo all’introduzione del riso nell’arcipelago nipponico da parte dei cinesi.

    Durante il periodo Yayoi, databile tra il 300 a. C. ed il 300 d. C., assistiamo allo sviluppo ed al consolidamento delle tecniche di coltura del riso per mezzo dell’allagamento delle risaie e dei terreni predisposti alla semina di questo prezioso cereale.

    È bene rilevare che le testimonianze scritte più accreditate confermano il consumo di sake in Giappone risalga proprio a quest’epoca: nelle “Cronache dei Tre Regni” o “Gishi Wajin Den”, più precisamente nel Libro di Wei, testo cinese importantissimo, si descrive come interpretare e decifrare gli ideogrammi giapponesi rispetto ai costumi del tempo, tra cui la consuetudine di bere alcol appunto sia durante le danze popolari che nei periodi di lutto.

    Grazie all’impulso cinese la società giapponese cominciò a cambiare radicalmente ed assumere, a poco a poco, una connotazione culturale tutta sua… al periodo Yayoi, come recitato nel testo che lo menziona per la prima volta, ossia l’Ohsumikoku Fudoki, appartiene il kuchi-kami no sake, il sake ancestrale preparato dalle sacerdotesse shintoiste attraverso la masticazione del riso caldo, poi riposto in recipienti di terracotta assieme ad altro riso ed acqua perché amilasi e fermentazione potessero aver luogo.

    I giapponesi credono che il sakè sia la bevanda degli Dei e, durante i matrimoni, gli sposi si scambiano bottiglie di questo particolarissimo vino di riso, per suggellare la loro sacra unione.
    I giapponesi credono che il sakè sia la bevanda degli Dei e, durante i matrimoni, gli sposi si scambiano bottiglie di questo particolarissimo vino di riso, per suggellare la loro sacra unione

    Il rituale della preparazione del sake da masticazione da parte delle giovani vergini fa sì che nel periodo Kofun ed Asuka, tra il III ed il VII secolo d. C., la bevanda sia consacrata agli dei per ingraziarsi buona sorte e raccolti fruttuosi e purtroppo, dopo essere divenuto una bevanda molto popolare, proibita: il consumo infatti divenne appannaggio esclusivo dell’imperatore e della sua corte.

    Nel 689 d. C. fu istituita la prima casa di produzione di sake al palazzo imperiale di Nara e costituirono un organismo che ne vigilasse il processo, inoltre si beveva il doburoku, un sake “fangoso”, ergo non filtrato.

    Col periodo Nara , datato tra il 710 ed il 794, la sacralità del sake venne consolidata ulteriormente da un editto imperiale che ne codificò il culto durante specifiche funzioni religiose, proprie dello Shintoismo; dal Fudoki , testo di cronache di costumi e terre, opera letteraria voluta dalla stessa Genmei, un’importantissima rivoluzione nel processo di produzione del nettare di riso, si apprende circa l’introduzione del kamutachi: il termine antico è nient’altro che il sinonimo del meglio noto koji-kin, la spora fungina che cresce lungo gli steli del riso cui si è fatto cenno precedentemente ed il cui nome scientifico, lo ricordiamo, è aspergillus oryzae.

     bevanda alcolica prodotta dal riso nota in giapponese come Nihonshu
    bevanda alcolica prodotta dal riso nota in giapponese come Nihonshu

    754 la prima consacrazione dell’intero Giappone

    Di importante rilevanza storico-culturale è stata la prima consacrazione dell’intero Giappone del 754 avvenuta proprio in una delle sale del Grande Tempio Orientale tutt’oggi presidiata dalle imponenti statue dei quattro guardiani del Kaidan-In.

    Dal 794 al 1185, detto periodo Heian, il Giappone vede il fiorire dell’arte della scrittura a corte e numerose sono le descrizioni in forma letteraria ed artistica circa il servizio di mescita del sake; nel 927 viene ultimata, per volere dell’imperatore Daigo, la stesura dell’Engishiki, libro di leggi e costumi del tempo contenente una vera e propria trattazione sul processo di fermentazione, la descrizione di una dozzina di sake conosciuti e viene menzionata per la prima volta la consuetudine di bere il sake caldo con le tecniche di riscaldamento.

    Il mercato antico del Sake

    Alla fine del periodo Heian, nome dell’antica Kyōto, la domanda di sake aumentò così vertiginosamente da superare persino il prezzo del riso e, di conseguenza, i santuari shintoisti produttori di sake si moltiplicarono rapidamente in tutto il paese.

    L’era Kamakura – Muromachi, dal 1185 al 1493, sancisce l’inizio della produzione moderna di sake e si praticava l’antica tecnica fermentativa chiamata bodai-moto: essa consisteva nel mescolare riso grezzo cotto al vapore con acqua, koji e lieviti per ottenere un miscuglio ricco di acido lattico… una sorta di batonnage.

    Nel 1252 il governo dovette correre ai ripari limitando e regolando la produzione per impedire il consumo di sake degenerasse nella piaga dell’alcolismo.

    Tra il 1493 ed il 1600, ossia nel periodo Azuchi – Momoyama, venne introdotta la levigatura del riso con metodo Morohaku, descritto nel libro Tamon-in Nikki pubblicato nel 1569, creata la ricetta per la distillazione dello shōchū e, udite udite, fu introdotta la pratica della pastorizzazione… appena 300 anni prima di Pasteur, aumentando così la shelf-life del fermentato.

    Il culto del sake
    Il culto del sake

    Durante il periodo Tokugawa, noto anche come Edo, inizia il declino per lo shogunato ed il governo trova una stabilizzazione definitiva nella città di Tokyo. In questa fase di progresso generale avvengono altri determinanti cambiamenti per la produzione qualitativa di sake: come si tramanda nel Tamonin viene scoperta da Tazaemon Yamamura, fondatore della cantina Sakuramasamune, ancora attiva ed una delle più famose, la sorgente Miyamizu sul Monte Rokko nella prefettura di Hyogo e si comprende di conseguenza la funzione dell’acqua nel sake.

    Il cambiamento che porta Edo, la moderna Tokyo, a diventare la nuova capitale del Giappone in luogo di Osaka comporterà il trasporto di sake via mare e di conseguenza la costruzione di navi apposite chiamate Taru Kaisen, inoltre viene introdotta la figura del Toji, praticamente l’enologo del sake; nel Kanzukuri viene stabilito che i migliori sake debbano essere prodotti in inverno dove l’assenza o quasi di lieviti ed altri batteri non interferisce, inoltre verrà praticata la pastorizzazione a freddo ed infine, cosa importantissima, si introduce e perfeziona il processo fermentativo in tre fasi chiamato Sandan Jikomi.

    Al Periodo Meiji, databile tra il 1868 ed il 1912, si deve la nascita della bottiglia “Issho Bin”, in pratica la magnum del sake; nel 1872 il sake viene liberalizzato, consentendone il consumo al popolo, ed il fermentato di riso e koji compare sul Vecchio Continente, debuttando all’Expo Mondiale di Vienna.

    Durante il secolo scorso, tanto nel periodo Taisho che nel periodo Showa, sono stati apportati altri miglioramenti ma cosa ancora più importante è avere comprensione che il sake è frutto di ogni singolo tassello che nel corso della sua storia è servito ad ottimizzare un prodotto ed uno stile di bere evolutosi senza sosta nel tempo fino ai nostri giorni.

    Cosa possiamo dire del periodo Hensei, cioè dal 1989 fino ai giorni nostri? Con l’Expo di Milano del 2015 l’Italia diventa il primo paese europeo per l’importazione di sake di qualità e nel dicembre dello stesso anno il nihonshu viene insignito dell’indicazione geografica il cui disciplinare ne sancisce la tutela per tutte le 47 prefetture in cui viene prodotto.

    Bere consapevolmente significa appunto bere di qualità e con moderazione, accrescendo al tempo stesso la propria cultura grazie anche al confronto con altre culture tra presente e passato e bere sake giapponese è uno dei modi migliori per cogliere tale opportunità, con un tocco healthy e di grande appeal allo stesso tempo.

    Di Gaetano Cataldo


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  • Vino e Mare 2022, passioni liquide

    Vino e Mare 2022, passioni liquide

    Vino e Mare 2022, passioni liquide

    Di Gaetano Cataldo

    Devo ammetterlo: sono romanticamente e professionalmente preso da tutto ciò che attiene al Vino e al Mare, passioni liquide che vanno al di sopra del mero concetto di mestiere e, quando mi imbatto in ciò che li mette in relazione, sento sempre una certa emozione ed un forte interesse a cogliere assonanze con le persone che amano ciò che amo, tentando di comprendere il loro percorso nella lunga rotta che ci fa sognare di navigare tra i vigneti e di contemplare sensorialmente e con lo spirito l’infinità dell’orizzonte marino.

    Vino e mare, passioni liquide 2022
    Vino e mare, passioni liquide 2022

    È stato un piacere ed un privilegio poter leggere, giusto l’altro giorno, una poesia nuova, una poesia che crea un legame forte proprio tra questo incommensurabile mostro di energia che è il Mare, saggio, generoso e terribile, e questo elemento vivo che è il Vino, la bevanda più civilizzata al mondo come affermò giustamente Ernest Hemingway e come confermano i figli della Civiltà Contadina di ogni tempo, nostromi con la pelle baciata dal sole e scavata dal vento.

    Autore di questo tributo in versi al nettare dionisiaco è Francesco Terrone, figlio del Sud, ingegnere e poeta.

    Francesco Terrone ingegnere e poeta
    Francesco Terrone ingegnere e poeta, foto profilo Social Facebook

    Si, ingegnere e poeta, proprio perché nella misura in cui “rimbaldianamente” si possono associare i colori alle parole, dunque l’alchimia al verbo, è altrettanto vero che l’aritmetica della parola è proprio costituita dalla metrica della poesia, mediante la quale si possono edificare solide impalcature su cui affidare appunto quelle parole che sono traduzione di pensieri e sentimenti.

    Laurea in Ingegneria Meccanica presso l’Università Federico II di Napoli, Francesco Terrone ha fondato 30 anni fa la Sidelmed spa, gli sono state riconosciute numerose lauree ad honorem, ha creato la Fondazione di Ripacandida e Ginestra che porta il suo nome, è stato insignito di prestigiosi titoli e riconoscimenti, favorendo altresì il Dialogo Inter religioso nel Mediterraneo con forte radicamento nella Fede Mariana, vantando un lavoro letterario tra libri che trattano con cognizione di causa ed acume la Questione Meridionale e ben 94 raccolte di poesie.

    Vino e Mare, passioni liquide 2022, autore Gaetano Cataldo con poesia di francesco terrone, ingegniere e poeta.
    Vino e Mare, passioni liquide 2022, autore Gaetano Cataldo con poesia di francesco terrone, ingegniere e poeta.

    La poesia che ho il piacere di condividere coi lettori di Papillae porta in sé forza descrittiva e delicatezza di pensiero al tempo stesso, è stata insignita del Premio Pio IX durante la seconda edizione del 2018, portando con sé l’evocazione di un’antica metafora filosofica: οἶνοψ πόντος, letteralmente “Mare che agli occhi ha il colore del Vino”, come il colore di un Aglianico molto particolare in abbinamento a un momento eucaristico ai versi che seguono:

    VINO

    Sei come il mare

    che dal cielo nasce

    e nella terra vive.

    ti accompagnano nel mondo

    sapori e colori

    che ti rendono

    simile a una maschera

    che gioca con la vita,

    con il dolore e con l’amore.

    Giullare di un tempo senza tempo,

    divori il silenzio

    per dare luogo

    ad allegria e pace.

    Frizzanti sorrisi

    ribollono nei cuori,

    anche in cuori spenti,

    cuori sterili di emozioni…

    Tu, o bevanda dai mille misteri,

    grato a te è il sogno

    che in te vive e stagna.

    Poesia di Francesco Terrone


    Autore articolo Gaetano Cataldo: https://www.mediterraneaonline.eu/intervento-di-gaetano-cataldo-giornalista-di-mediterranea-presso-la-scuola-enologica-di-avellino/

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