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  • A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022

    A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022

    A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022

    Di Elsa Leandri

    Quanto gli insegnamenti dei nonni si ripercuotano in noi stessi è incredibile: piccole attitudini e atteggiamenti iniziano a farsi strada, senza che ce se ne renda conto, diventando parte integrante di noi stessi e del nostro essere.

    A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.
    A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.

    Questo è quello che è successo a due dei 3048 abitanti del piccolo comune di Volano, situato nell’alta Vallagarina in provincia di Trento ( dato del 31 dicembre 2017).

    I protagonisti di oggi sono i fratelli Matté, Bruno e Michele.
    Proprio nel 1987, quando nasce il primogenito Bruno, il padre Marco decide, a causa della crisi nel settore, di chiudere l’azienda agricola, fondata nel 1946 dal bisnonno e conosciuta con il nome Azienda Agricola Mario Matté. La terra però non viene abbandonata ma anzi si continua, per tutti questi anni, a conferire l’uva e le mele alle cooperative sociali. Nel 1990 nasce il fratello Michele.

    Matté Calice Mener, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.
    Matté Calice Mener, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.

    L’infanzia dei due bambini si svolge a Volano, in alta Vallagarina. I giochi nei campi e nei boschi, le corse e le cadute su quella terra che sa di mela e di vite riempiono le loro giornate e quando tornano a casa non mancano le storie di nonno Fabio.

    I racconti di quando l’uva raccolta non andava alle cooperative, ma veniva vinificata in azienda e la vista di alcune bottiglie prodotte negli anni addietro dall’azienda di famiglia, fanno sognare i giovani Matté.

    Mi piace pensare che i due fratelli, dopo un racconto del loro nonno durante una notte in cui non riuscivano a dormire, si siano promessi che avrebbero dato nuovamente vita a quell’azienda vitivinicola e avrebbero prodotto le loro proprie bottiglie, così come aveva incominciato a fare il loro bisnonno subito nel dopoguerra.

    Matté calice Avell, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.
    Matté calice Avell, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.

    Durante l’adolescenza cominciano, quasi per gioco, le loro prime sperimentazioni di vinificazione. La passione di Bruno e Michele è talmente forte che proseguono i loro studi nel prestigioso Istituto Agricolo San Michele all’Adige.

    Il 2017 è l’anno decisivo: ripuliscono la cantina, rimettono le vasche di cemento in uso e, nel 2019, parte la loro nuova avventura familiare con la produzione di tre etichette e con il nome Azienda Agricola Matté.

    La promessa che si erano fatti è finalmente realtà!

    La scelta del simbolo per identificare la cantina non è casuale: una “emme” stilizzata, che ruotata di 90 gradi si trasforma in un bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno (personalmente preferisco la seconda opzione e che sia riempito di vino!) con tre cerchi di tre colori diversi per simboleggiare sia le tre tipologie prodotte (rosso, rosato e bianco), ma anche le tre generazioni che rivivono in questa nuova avventura.

    Le degustazioni

    In degustazione abbiamo tre delle loro quattro etichette: un bianco, Avell 2019, e i due rossi Krèa 2019 e Menér 2019. Non abbiamo avuto l’occasione di poter degustare il loro rosato Fiorir de Soreie a base di Cabernet, il cui nome fa pensare al tramonto che si riverbera sulle Dolomiti: dovremo aspettare l’anno prossimo!
    Ogni etichetta ha un suo significato e rimanda a caratteristiche territoriali e storiche: scoprirle, come vedrete, è molto affascinante.

    Matté calice di Avell, Matté Calice Mener, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.
    Matté calice di Avell, Matté Calice Mener, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.

    Avell

    Avell rende omaggio al loro paese in quanto, secondo una delle teorie di toponimia, sembrerebbe che il nome Volano derivi dal latino avellana nux tale da indicare il noceto, “l’avellaneto”. A ragion di cronaca, tale ipotesi è però meno fondata rispetto al far collegare il nome a Avonland (presso l’acqua) facendo quindi riferimento ai numerosi corsi idrici che percorrono il territorio volanese.

    Fatto è che il nosiola, come si dice in Vallagarina, unico protagonista di questo vino, regala un corredo olfattivo ampio che spazia dai sentori freschi di pera, carambola, limone, mughetto e gelsomino a note speziate di pepe bianco e vegetali di salvia, menta e lemongrass per poi chiudere con una nota di nocciola che si manifesta sempre di più man mano che la temperatura aumenta nel bicchiere. L’impatto in bocca è deciso e vibrante con un finale lungo. Grande armonia tra le tre fasi della degustazione che porta a apprezzare appieno il nosiola nella sua tipologia.

    Matté Krea calice, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.
    Matté Krea calice, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.

    Krea

    Il primo vino rosso in degustazione è Krea 2019, Vallagarina Rosso IGP. In questo caso si fa riferimento proprio al territorio di Ziresi, zona vocata tra Isera e Volano alla coltivazione di marzemino e ricca di argilla, che in Trentino viene identificata con il nome di “crea”. Si deve avere tempo per lasciarsi trasportare dai profumi che questo manto carminio vivace sprigiona: l’iniziale nota vegetale si arricchisce di balsamicità, prugna, ciliegia ribes rosso e viola con echi di cuoio e cioccolato fondente.

    Il sorso è pieno e sorretto da freschezza e sapidità tale da richiamare una sella di coniglio con salsa di mirtilli magari accompagnata dai versi del Don Giovanni di Mozart “Versa il vino. Eccellente marzemino!” ( atto II Scena XIII)

    Matté Calice Mener, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.
    Matté Calice Mener, A Volano i fratelli Matté volano: una nuova storia familiare 2022.

    Menèr

    E concludiamo il nostro percorso con Mèner 2019, Vigneti delle Dolomiti IGP. Qualcuno si potrebbe aspettare l’etimologia legata ad un termine trentino, ma in realtà è la desinenza del vitigno carmenere: sull’etichetta leggiamo Cabernet ma come ben sappiamo in passato il Carmenere è stato spesso confuso in Italia con il Cabernet Franc, tanto da essere chiamato Cabernet Franc Italiano. Nel bicchiere abbiamo quindi un concerto di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Carmenere coltivati nella zona di Praolini in piena esposizione così da permettere una maturazione ottimale delle uve.

    Il preludio vegetale regala i classici sentori di peperone arrostito e una nota mentolata. La sinfonia si compone da note fruttate, floreali e dolci note speziate. In bocca il tannino è ancora scalpitante ed è necessario ancora dell’affinamento in bottiglia affinché tutti gli strumenti trovino la loro perfetta armonia.

    Uno sguardo al futuro

    Se Bruno e Michele ad oggi stanno dimostrando di saper mettere in pratica gli insegnamenti acquisiti in famiglia e le innovazioni che derivano nel loro percorso formativo con ottimi risultati, di certo sono decisi a proporci altri esperimenti.

    La vibrante acidità del Nosiola spinge naturalmente verso una sua spumantizzazione e i due fratelli hanno ben colto questa potenzialità. La realizzazione di Trento Doc, ma anche di un uvaggio di Chardonnay, Sauvignon e Pinot Bianco o la vinificazione di Pinot Nero in purezza sono alcuni dei progetti che dovrebbero vedere il giorno nel prossimo futuro e che noi aspetteremo pazientemente.

    Riflessione conclusiva

    Sono sicura che se Mario, il loro bisnonno, tornasse a calpestare la terra tra i vigneti sarebbe molto fiero di questi due ragazzi e di quello che stanno costruendo con grande passione.

    Di Elsa leandri

    Elsa Leandri autrice articolo: Il nostro Wine&Siena 2022 tra Timorasso e Il Borro,è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.
    Elsa Leandri autrice articolo, è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.

    Sito Cantina: https://www.aziendagricolamatte.it/#it

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)

    La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)

    La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)

    Di Piergiorgio Ercoli

    In un sabato mattina invernale, dal clima tiepido e con un cielo terso, la strada corre leggera sulle dolci colline marchigiane dell’ascolano, a confine con il vicino Abruzzo (altezza media di 250/300 metri slm). Abbiamo da poco lasciato la costa Adriatica ed in un quarto d’ora arriviamo a Castorano (AP), nel pieno areale della DOCG Offida, terra rossista per vocazione, ma dall’anima multipla, proprio come il nome “plurale” della Regione, le Marche.

    Carol Agostini e Piergiorgio Ercoli da Cameli Irena in visita e degustazione, articolo La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale
    Carol Agostini e Piergiorgio Ercoli da Cameli Irena in visita e degustazione, articolo La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale

    Ad attenderci è Irene, che ci accoglie nella sua Cantina in C.da Gaico, a Castorano, appunto, titolare dell’ Azienda Agricola Cameli Irene.

    Spalleggiata dal marito Claudio Allevi e dal cognato Giovanni Allevi (che nel 1998 hanno preso la decisione di rilevare le vigne trentennali di famiglia fino ad allora destinate al conferimento dei propri frutti presso altri produttori), Irene fonda la “loro” Azienda Agricola, con l’intenzione di valorizzare l’antica sapienza contadina della sua Famiglia nel “fare il vino” nella moderna conduzione del vigneto e nella produzione del pregiato nettare, nella maniera più naturale possibile.
    Primi imbottigliamenti nel 2002.

    Piergiorgio Ercoli con Giovanni Allevi di Cameli Irene
    Piergiorgio Ercoli con Giovanni Allevi di Cameli Irene

    Un’Azienda familiare insomma, spinta dalla passione per la vite e dall’amore per la terra.

    La componente umana, dal carattere caparbio ed appassionato, è fortemente incisiva, allora come oggi:
    – allora, per le esperienze sul campo, consolidate nel tempo dall’avvicendamento di qualche generazione e trasmesse ai giorni nostri, a garanzia di una produzione genuina;

    – oggi, per la capacità della Famiglia di Irene nell’intrecciare tradizione ed innovazione in quel che quotidianamente praticano, una una conduzione altamente sostenibile a livello ambientale ed una produzione costantemente alla ricerca della migliore qualità.

    Entriamo all’interno della Cantina, che come spesso accade nelle Marche, per le piccole realtà come questa, è una “depandance” della casa patronale dove “i nostri” abitano.
    Struttura raccolta, dove ai locali destinati alle pratiche strette di cantina ed alle fermentazioni (pressa, tini in acciaio termocontrollati, imbottigliatrice) si accosta il locale barricaia che in questo periodo invernale gode di una calma equilibrata per il riposo ed affinamento del vino.

    La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)
    La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)

    Ci colpisce il logo aziendale, lo stemma del Comune di Castorano con in evidenza le lettere R ed F, a ricordare i “soprannomi” di Giovanni-RED e Caludio-FOX.

    Il corpo vitato, di circa 2 ettari e mezzo, si estende principalmente tutto intorno all’abitazione, con una ulteriore piccola porzione in Località Borgo Miriam, nella vicina Offida (AP).

    Esposizione ottimale delle vigne a sud, a ridosso del Fiume Tronto, allevate principalmente a guyot su terreni argillo-sabbiosi, sciolti, ricchi di acqua, che godono di un microclima garantito dalle dolci brezze dal vicino Mar Adriatico che mitigano le correnti più fredde dei pure limitrofi Monti Appennini. Conduzione biologica in vigna, orientata alla massima sostenibilità; pratiche di cantina minimamente invasive, con utilizzo di lieviti indigeni e bassissime dosi di solforosa.

    Carol Agostini da Cameli Irene in degustazione
    Carol Agostini da Cameli Irene in degustazione

    Sapiente uso del legno, nuovo e di successivi passaggi, per l’affinamento sia dei vini bianchi che dei rossi.
    Le varietà allevate sono i classici pecorino e passerina (uve bianche), montepulciano e sangiovese (uve rosse).

    Nella barricaia inizia l’attenta degustazione dei prodotti: bianchi in purezza passerina e pecorino (quest’ultimo presentato anche nella versione affinata in legno e in un metodo classico molto interessante), il tipico blend rosso piceno (base e superiore) e i monovarietali sangiovese e montepulciano. Tutti denotano un equilibrio stilistico identitario proprio, riconoscibile, per una beva complessa, ricca di sfumature che racchiudono tutti gli elementi di un terroir ricco di carattere. Senza mai perdere l’eleganza e la piacevolezza della beva.

    Alle varietà autoctone, proprio per la caratteristica “plurale” del territorio marchigiano e soprattutto per la capacità multiforme della produzione enologica che sdogana la natura “bianchista” della Regione non più legata essenzialmente al “verdicchio” (indiscusso principe dei vitigni a bacca bianca anche a livello nazionale), si affiancano vitigni internazionali a bacca rossa, quali petit verdot e grenache.

    Gamma produttiva dell'azienda, La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)
    Gamma produttiva dell’azienda, La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)

    Quest’ultimo vitigno è rappresentato in maniera esclusiva in questo areale da un clone denominato “bordò”: storia o leggenda vuole che i pastori sardi, usi alla transumanza tra Abruzzo e Marche, impiantarono lungo i “bordi” dei loro tragitti delle barbatelle di “cannonau” portate dalla natia Sardegna. A noi piace romanticamente pensare che volessero sentire vicina la propria terra, lontana al di la del Mar Tirreno.

    “Bordò delle Marche”
    “Bordò delle Marche”

     

    Trascinati da Marco Casolanetti (Oasi degli Angeli), quindi, Irene, Giovanni e Claudio aderiscono al progetto “Bordò delle Marche” insieme ad altre 8 Cantine locali, dando un’interpretazione notevole della “garnaccia” in un vino (il “Red”) che si rivela di buona struttura, complesso e dai tannini ben integrati .

     

     

    Dal petit verdot in purezza, ultimo nato in casa è “Otto"La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene Castorano (AP)
    Dal petit verdot in purezza, ultimo nato in casa è “Otto”La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene Castorano (AP)

    Dal petit verdot in purezza, ultimo nato in casa è “Otto”: dal nome del loro amatissimo labrador (mancato proprio nel momento della scelta del nome da dare alla bottiglia), si scopre un vino dal ricco frutto, polposo, intenso, dove un attento uso del legno, mai invasivo, dona morbidezza e picevolezza di beva unici.

     

    Parlare di vino, di passione per il lavoro nei campi, di tradizioni famigliari e del territorio è la naturale conseguenza di una tavola imbandita per il pranzo che ci viene offerto, a base di ottimi prodotti locali e “qualche buon vino”.

     

    La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)
    La tradizione, la Famiglia, le Marche dall’anima plurale Cameli Irene, Castorano (AP)

    Irene dolce e caparbia , Claudio “la Volpe” istrionico e concreto, Giovanni “il Rosso” (per la capigliatura) diplomatico e dai modi eleganti sono l’anima di questa Cantina Tradizionale di una Famiglia Marchigiana che guarda al futuro.

    Cheers!!!

    Di Piergiorgio Ercoli

    Piergiorgio Ercoli autore articolo Iloghe 2019 Isola dei Nuraghi IGT Cantine Spanu
    Piergiorgio Ercoli autore articolo Iloghe 2019 Isola dei Nuraghi IGT Cantine Spanu

    Sito Cantina: https://www.vinorossomarche.it/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • Il Cannonau vitigno autoctono Sardo 2022

    Il Cannonau vitigno autoctono Sardo 2022

    Il Cannonau vitigno autoctono Sardo 2022

    Di Elsa Leandri

    Il vitigno Cannonau sardo 2022
    Il vitigno Cannonau sardo 2022

    Quando si parla di Cannonau la nostra mente viaggia subito in quell’isola bagnata dal mare smeraldo, dalle riserve naturali, dalle spiagge spettacolari che solo la Sardegna ci sa offrire. Zona vocata a tale vitigno è l’Ogliastra ed è proprio qui che l’omonima cantina sociale, Cantina Ogliastra, se ne fa portavoce.

    Linea produttiva di Cantina Ogliastra arrivata in assaggio in Agenzia FoodandWineAngels
    Linea produttiva di Cantina Ogliastra arrivata in assaggio in Agenzia FoodandWineAngels

    Il Cannonau

    Colore del Cannonau in degustazione

    Questo vitigno conosciuto in Spagna come Garnacha e in Francia, nella quale si è sviluppato alla fine del Settecento, come Grenache, trova in terra di nuraghi il nome di Cannonau. La sua diffusione su quest’isola è stata imputata a Pietro d’Aragona quando nel XIII secolo conquistò Alghero, fino ad allora possedimento della famiglia genovese dei Doria.

     

    Bottiglia degustata di Cannonau in purezza
    Bottiglia degustata di Cannonau in purezza

    I ritrovamenti nel 2002 di vinaccioli, datati del 1200 a.C, a Borore, nel sito archeologico di Dues Nuragehs, hanno fatto cadere tale ipotesi e vedono più credibile la sua introduzione da parte dei Fenici.

    Il cannonau principalmente viene utilizzato nella produzione della Doc Cannonau di Sardegna e la sua zona d’elezione, seppur possa essere prodotto su tutta l’isola, è in provincia di Nuoro, in cui infatti si può contare il 70% dei vigneti impiantati a cannonau in Sardegna.

    Al cannonau possono concorrere in tale denominazione massimo 15% (10% se si parla di Cannonau di Sardegna Classico) di vitigni autorizzati e raccomandati in regione sarda a bacca nera, purché non aromatici. Nella Doc Cannonau di Sardegna sono, inoltre, contemplate tre sottodenominazioni: Capo Ferrato, Jerzu e Nepente d’Oliena.

    Una cantina sociale feudataria dei vitigni autoctoni sardi: Cantina Ogliastra

    Cannonau sardo cantina Ogliastra in degustazione
    Cannonau sardo cantina Ogliastra in degustazione

    Cantina Ogliastra è una cantina sociale che è stata fondata nel 1959. È situata a Tortoli in provincia di Nuoro e prende il nome dall’omonima regione che si estende dal Mediterraneo al Gennargentu, terreno vocato alla coltivazione del Cannonau.

    Mission aziendale

    La mission di questa azienda è la valorizzazione dei vitigni autoctoni (principalmente vermentino e cannonau) ed è per questo che i soci facenti parte di questa cantina, che coprono diversi territori dell’Ogliastra andando dal mare verso l’entroterra, sono tutti uniti dall’amore e dalla passione per la loro terra.

    La cantina propone varie versioni di cannonau, vinificato in bianco, in rosato, in rosso o spumantizzato e di vermentino e questo è possibile grazie ai circa 200 soci conferitori che permettono di abbracciare circa 200 ettari di terreno e 21 dei 23 comuni che compongono l’Ogliastra. Una rappresentazione del loro lavoro ci è offerta da Violante, un Cannonau di Sardegna Doc del 2016.

    In degustazione: Violante- Cannonau di Sardegna Doc 2016

    Rosso carminio vivace. Confettura di ciliegia, fragola e lampone insieme a fiori essiccati di iris lasciano spazio a delle note vegetali balsamiche e di mirto. La chiusura rievoca sentori di cuoio. In bocca è notevole il suo impatto che, oltre che ad essere pieno, si rivela con freschezza e con tannini suadenti ed eleganti. Finale lungo con richiami alla balsamicità.

    Ricetta in abbinamento eseguita da Carol Agostini

    Lasagne classiche in abbinamento al Cannonau Sardo di Ogliastra eseguite da Carol AgostiniLasagne classiche in abbinamento al Cannonau Sardo di Ogliastra eseguite da Carol AgostiniRicetta classica di Lasagne al forno in abbinamento al Cannonau sardo della cantina Ogliastra, un accompagnamento goloso e sfizioso, dato da consistenza e tendenza dolce che viene sorretta e compensata dalla tannicità e freschezza del vino.


    Trovate la ricetta classica nel sito di giallo zafferano: https://blog.giallozafferano.it/loti64/lasagne-al-forno-ricetta/


    Vi consiglio di fare personalmente la besciamella per dare la giusta tendenza dolce al piatto già caratterizzato da questa percezione gustativa, aggiungendo una spolverata di noce moscata, e dell’erba cipollina a crudo tagliata molto soffile oppure a piccolissimi pezzetti, rende la ricetta più speziata

    Di Elsa leandri

    Elsa Leandri autrice articolo, è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.
    Elsa Leandri autrice articolo, è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.

     


    Link ricetta classica: https://blog.giallozafferano.it/loti64/lasagne-al-forno-ricetta/

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  • Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018

    Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018

    Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018

    Di Elsa leandri

    Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018
    Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018

    Dietro il nome dell’azienda Mario Rivetti ci si potrebbe aspettare una conduzione prettamente maschile. A condurla, invece, un po’ come capitava negli anni del dopoguerra in Champagne, sono le donne della famiglia. Alla scoperta di questa realtà immersa nelle Langhe e del suo Dolcetto D’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018.

    In Barricaia di Mario Rivetti, Langhe, Piemonte
    In Barricaia di Mario Rivetti, Langhe, Piemonte

    L’azienda Mario Rivetti

    Siamo nelle Langhe, a Alba. L’azienda nasce alla fine degli anni 1960 quando Mario Rivetti inizia a vinificare e a imbottigliare il proprio vino, passando quindi da conferitore a produttore.

    Negli anni 2000 le figlie Anna Maria e Loredana, sono state improvvisamente coinvolte, in seguito alla dipartita del padre, nella gestione dell’azienda di famiglia. Trovarsi da un momento all’altro a prendere le redini dell’azienda non deve essere stato facile, ma tenendo a mente che il vino di qualità nasce da come si cura la vigna, era loro ben chiaro quali fossero gli step da seguire.

    Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018
    Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018 la barricaia

    Vigna e terreno Azienda Mario Rivetti

    Attenzione alla vigna e al terreno in primis si traducono quindi in attenzione all’ambiente e in impegno nella lotta integrata. I circa 10 ettari di vigneti che sono sopra Alba si trovano a un’altitudine di circa 300m s.l.m. con esposizione principalmente a Sud e con terreni argillosi-sabbiosi, con la presenza di Marne di Sant’Agata.

    Bricco Capre, la cui morfologia (conformazione assimilabile a un pascolo più che a una collina) e il cui nome evocano erroneamente pascoli verdi in cui brucano le caprette, è sinonimo d’eccellenza per la cantina: in questa zona, che presenta un terreno argilloso e calcareo, furono impiantati circa 40 anni fa nebbiolo, dolcetto e barbera dando vita a Nebbiolo d’Alba, Langhe Nebbiolo, Barbera d’Alba Superiore e Dolcetto d’Alba Superiore.

    Calice di Dolcetto D'Alba di Mario Rivetti
    Calice di Dolcetto D’Alba di Mario Rivetti

    In degustazione Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018

     

    Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018
    Mario Rivetti e il suo Dolcetto d’Alba Superiore “Bricco Capre” 2018

     

    Mario Rivetti Bottiglia di Dolcetto D'Alba
    Mario Rivetti Bottiglia di Dolcetto D’Alba

    Rubino elegantemente vivace con riflessi amaranto. Un susseguirsi di piccola frutta matura rossa e nera (lampone, mora, mirtillo, ciliegia) e di rosa e iris viene completato da una nota speziata di chiodi di garofano e da effluvi balsamici.

    L’eccellente impatto olfattivo trova corrispondenza in bocca, in cui la tannicità (non fatevi trarre in inganno dal suo nome così “dolce”) viene ben bilanciata dalla nota alcolica e da una discreta acidità. Chiusura mediamente lunga con richiami di frutta nera.

    Di Elsa Leandri

     

    Elsa Leandri autrice articolo: Il nostro Wine&Siena 2022 tra Timorasso e Il Borro,è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.
    Elsa Leandri autrice articolo, è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.

    Sito cantina: https://www.mariorivetti.it/

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  • San Zeno 2015 Barbera d’Asti Superiore DOCG – Azienda Agricola Bosco Galli

    San Zeno 2015 Barbera d’Asti Superiore DOCG – Azienda Agricola Bosco Galli

    San Zeno 2015 Barbera d’Asti Superiore DOCG – Azienda Agricola Bosco Galli

    Di Piergiorgio Ercoli

    Alcuni vini della Cantina Bosco Galli, degustatore articolo Piergiorgio Ercoli
    Alcuni vini della Cantina Bosco Galli, degustatore articolo Piergiorgio Ercoli

    L’Azienda – Quando la produzione è un patto di rispetto tra l’uomo, la terra e la vite

    Ad Agliano Terme (AT), nell’areale dell’Alto Monferrato, a sud dal Tanaro, Stefano “Steo” Bologna gestisce l’Azienda Agricola Vitivinicola “Bosco Galli”, che può vantare origini bicentenarie.

    Linup Azienda Agricola Bosco Galli
    Linup Azienda Agricola Bosco Galli

    Il nome dell’Azienda, Bosco Galli, che sorge su un terreno che fu villaggio gallico in epoca romana, testimonia le origini stesse della viticoltura in Piemonte: in questi territori le infiltrazioni “galliche” (largamente documentate da ritrovamenti archeologici), posero le basi dal 400 a.C. per una primordiale coltivazione della vite di “matrice celtica” la cui caratteristica principale, oltre all’allevamento delle piante ad “arbusto maritato a tutori vivi” (pioppi/aceri), era l’utilizzo delle botti di legno come contenitore per la conservazione ed il trasporto del vino.

    I Vigneti di Bosco Galli

    I vigneti di Bosco Galli

    I vigneti dell’ Az. Bosco Galli, distribuiti tra i Comuni di Agliano Terme, Costigliole e Montegrosso d’Asti, godono di ottime esposizioni ed i terreni sono profondi, argillosi, con buona presenza di residui ferrosi e magnesio. Il clima è tipicamente continentale, con inverni freddi ed estati calde tanto da far rilevare periodi siccitosi importanti. Caratteristiche, queste, incisive per la coltivazione del vitigno “principe” del Monferrato: LA Barbera.

    La conduzione delle vigne (interamente di proprietà) ed il lavoro di cantina, che “Steo” e la sua Famiglia adottano, sono fortemente orientati verso la massima sostenibilità, una sorta di “patto” di rispetto tra uomo, terra e vite: minimo utilizzo di chimica in vigna, nessun diserbo interfilare e tecniche di potatura orientate alla bassa resa dei frutti, per favorire salubrità e qualità delle uve.

    SAN ZENO Barbera d'Asti superiore in purezza
    SAN ZENO Barbera d’Asti superiore in purezza

    Le uve di Bosco Galli

    Uve che rappresentano i vitigni autoctoni ed identitari del territorio, Barbera- Grignolino-Moscato-Cortese-Dolcetto-Bonarda, e che vengono lavorate con tecniche tradizionali di vinificazione con particolare attenzione all’uso del legno per gli affinamenti (per dimensioni e tempi di permanenza), il tutto a garanzia della qualità dei vini prodotti.

    Abbiamo degustato il San Zeno 2015, Barbera d’Asti Superiore DOCG, vino di punta della Cantina.
    Stappiamo la bottiglia e versato il vino nel calice, lo lasciamo qualche minuto a respirare: intanto parliamo un po’ di Barbera.

    Cenni storici sulla Barbera.

    Nel 1839 gli ampelografi Giorgio Gallesio e Domenico Milano codificano come “vitis vinifera monferatensis” quello che sicuramente è il vitigno più popolare del Piemonte, LA Barbera, sancendone in un certo senso il luogo d’origine: è l’Alto Monferrato, specificatamente la zona a sud del Tanaro, nel comprensorio di Asti.

    Già dal XV secolo, però, quest’uva era conosciuta (con altri nomi), tanto da essere nominata, ad esempio, nel “Trattato dell’Agricoltura” del botanico Piero dè Crescenzi ed in un estimo catastale del Comune di Chieri (1514).

    Il battesimo “al femminile” si fa risalire, nel 1789, a tal Conte Nuvolone: definitivamente riconosciuta “generosA” dal Carducci la questione se chiamarla “il” o “la” Barbera, sembrava risolta.

    La Barbera

    Grappolo di Barbera
    Grappolo di Barbera

    La Barbera, vitigno vigoroso a maturazione medio-tardiva, dalla grande adattabilità diventa ben presto, dalla seconda metà del 1800, il vitigno che varca i confini del Monferrato alla conquista della Penisola. Per molto tempo, fino agli anni ‘80 del secolo scorso, i vini prodotti con questo vitigno però risultarono rustici, leggeri e beverini, spesso in veste frizzante: i vini da Barbera, oltre che tra i più popolari, soffrono quindi una considerazione, da parte degli enofili, di vini “popolani”, dove la produzione privilegiava la quantità a discapito della qualità.

    Sorte che dalla seconda metà degli anni ‘80 cambia. Alcuni produttori, infatti, attenti alle doti delLa Barbera, innescano una illuminata rivoluzione, che parte proprio dalle Colline Astigiane più vocate alla produzione, sublimandone la capacità di regalare vini strutturati e complessi, sicuramente di qualità.

    Nel 2008 arriva infine il massimo riconoscimento legislativo: la DOCG, che permette di individuare le sottozone di Tinella, Colli Astiani e Nizza, veri e propri simboli di terroir, tra i più giovani del Piemonte.

     

    San Zeno 2015 in abbinamento ricetta di Carol Agostini
    San Zeno 2015 in abbinamento ricetta di Carol Agostini

    La degustazione del San Zeno 2015 – Barbera d’Asti Superiore DOCG.

    Dicevamo dell’importanza delle tecniche tradizionali che “Steo” pratica nella produzione dei suoi vini. Il “San Zeno”, da uve Barbera in purezza accuratamente selezionate alla raccolta, rappresenta proprio la “classicità”, il marchio “tradizionalista” piemontese: le uve, infatti, pigio-diraspate tramite pigiatrice a rulli, vengono lasciate in macerazione nel mosto per qualche settimana e dopo la fermentazione in acciaio, il vino viene affinato in “botte grande” fino a 18 mesi, a seconda delle annate.

    L’impronta dell’affinamento in legno grande definisce questo vino in maniera identitaria verso l’eleganza; peraltro la Cantina produce dalle stesse uve il “Caratel”, fratello di sangue del San Zeno, che viene affinato in “legno piccolo”, in tonneaux (caratello), con caratteristiche di beva più decisa e con evidenti toni speziati accesi.

    Degustazione di San Zeno 2015 – Barbera d’Asti Superiore DOCG - Azienda Agricola Bosco Galli
    Degustazione di San Zeno 2015 – Barbera d’Asti Superiore DOCG – Azienda Agricola Bosco Galli

    Ci accorgiamo piacevolmente che in questi minuti il “San Zeno” ci ha già conquistato con i suoi sentori, intensi, sprigionatisi dal calice. Calice che ce lo presenta di un rosso rubino intenso, brillante, con riflessi granati sull’unghia. Di buona consistenza e sufficientemente trasparente, caratteristico della bassa carica antocianica, tipica del vitigno. Il bouquet complesso è dominato da sentori fruttati di amarene, ribes nero, mirtilli che evolvono verso suadenti note di spezie , quindi cannella e chiodi di garofano. Sensazioni eteree sopraggiungono, che vanno ad armonizzarsi con una mineralità leggera.

    Il sorso è asciutto, caldo, di struttura. Colpisce l’importante freschezza, che proprio più dei tannini è la vera caratteristica di questa Barbera “Superiore” (ricordiamo che detta menzione caratterizza vini aventi qualità più elevate, rispetto ai vini della stessa denominazione che non si fregiano della menzione Superiore, dovute ad una regolamentazione più restrittiva riferita a resa per ettaro ( – 10%) e titolo alcolometrico (+0.5°) ).

    Proprio la caratteristica freschezza dona equilibrio al “San Zeno”, anche in contrapposizione ad un evidente tasso alcolico e ad una buona morbidezza. La beva continua golosa sul ritorno di frutto, vivo. Sicuramente un vino maturo ma con capacità di evoluzione ulteriore. Chiude lungo, persistente, sapido.

    Consigliatissimo, anche per l’ottimo rapporto qualità/prezzo!!!

    Cheers!!!

    Di Piergiorgio Ercoli

    Piergiorgio Ercoli autore articolo Iloghe 2019 Isola dei Nuraghi IGT Cantine Spanu
    Piergiorgio Ercoli autore articolo, degustatore redazione e winewriter

     


    Sito Cantina: https://www.boscogalli.it/

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  • Casauria: eccellenza enologica da scoprire Terzini 2022

    Casauria: eccellenza enologica da scoprire Terzini 2022

    Casauria: eccellenza enologica da scoprire Terzini 2022

    Di Rosaria Benedetti

    Famiglia Terzini articolo: Casauria: eccellenza enologica da scoprire luglio 2022 di Rosaria Benedetti
    Famiglia Terzini articolo: Casauria: eccellenza enologica da scoprire luglio 2022 di Rosaria Benedetti

    In un angolo d’Abruzzo, la famiglia Terzini concentra nelle sue bottiglie una duplice vocazione, quella famigliare antica e quella della terra di Casauria, mantenendo intatto il valore varietale dei vitigni e conferendo loro, nel contempo, la giusta dose di personalità e carattere.

    Tocco da Casauria Abruzzo Famiglia Terzini
    Tocco da Casauria Abruzzo dove si trova la Famiglia Terzini

    Sarà una nuova denominazione, Casauria Docg, a conferire un valore aggiunto e un ulteriore sigillo di qualità, già comunque meritato sul campo, ai vini di Terzini. Questa Azienda famigliare dell’entroterra abruzzese, adagiata all’ombra della Maiella, ha sede a Tocco da Casauria, e ha conosciuto uno sviluppo tanto rapido quanto solido e fruttuoso. Dal suo debutto quasi in sordina con soli 6 ettari di vigneto nel 2009, l’Azienda Terzini, lavora oggi circa 28 ettari, e prosegue senza soluzione di continuità il suo qualitativo progetto di produzione orientato principalmente alle varietà locali.

    Territorio e ambiente pedoclimatico

    Queste sono alcune delle vigne Terzini Abruzzo
    Queste sono alcune delle vigne Terzini Abruzzo

    I vigneti adagiati a ca 350 mt sul livello del mare, ai confini del parco del Monte Morrone e all’ombra della Maiella, godono di una posizione pedoclimatica invidiabile dove l’unico vero pericolo è costituito dalla presenza dei cinghiali, devastatori seriali e divoratori di germogli. Lontane da nuclei industriali e da qualsiasi fonte di inquinamento, le viti, allevate prevalentemente a pergola abruzzese, in gergo “a capanna”, crescono in un terroir dalla biodiversità garantita.

    Ruscelli e torrenti che scendono dalle montagne circostanti favoriscono la presenza di zone dai riporti ghiaiosi che interrompono la prevalente presenza di argille. Una elevata escursione termica favorisce la formazione dei terpeni responsabili poi della aromaticità nei vini, mentre il soffio costante dei venti incanalati nella Gola di Popoli e testimoniati dalla presenza di un

    Parco eolico nelle vicinanze della proprietà, mantiene i grappoli asciutti e garantisce la salubrità delle uve. Già sottozona della Doc Montepulciano d’Abruzzo dal 2006, Casauria vanta dunque un quadro dalle peculiarità territoriali, microclimatiche ed enologiche di eccellenza, con una vocazione produttiva di elevata qualità grazie anche a rese per ettaro molto basse.

    L’Azienda Agricola Terzini

    L’Azienda è condotta da Domenico Terzini, figlio del fondatore Aldo, la cui famiglia coltivava da decenni i vigneti di Tocco di Casauria per conferirne le uve a una piccola cantina della zona.

    A Domenico competono le scelte agronomiche e il lavoro in vigna, a lui il compito di dare seguito operativo ai progetti di qualità che si concludono in cantina. Da qualche anno l’enologo che segue la vinificazione è Franco Bernabei. Il settore vendite è invece curato dal fratello Roberto Terzini che si occupa della commercializzazione e della promozione dei vini.

    Tre linee di prodotto

    Casauria: eccellenza enologica da scoprire luglio 2022, Gamma Terzini
    Casauria: eccellenza enologica da scoprire luglio 2022, Gamma Terzini

    Nella linea TERZINI si imbottigliano in purezza quattro vini DOC mentre per l’IGP Colline Pescaresi la linea è DUMĺ a ricordare nonno Domenico. Completano le serie i due spumanti Charmat, Terzini Pecorino e Terzini Rosé con maturazione di 4/6 mesi sulle fecce in autoclave e il “Vigna Vetum”, un montepulciano 100% prodotto solo in alcune annate dalle uve del vero e proprio cru dell’azienda, la vigna più vecchia. Sarà questo vino a rappresentare Terzini nella ormai prossima Docg CASURIA.

    Risultati della degustazione

    Degustazione Terzini di Rosaria Benedetti
    Degustazione Terzini di Rosaria Benedetti

    In degustazione affiorano per tutti i vini due denominatori comuni: la finezza olfattiva e la pulizia di bocca. I due autoctoni per eccellenza, montepulciano e pecorino sono disegnati attentamente e il calice riflette con precisione i loro tratti varietali. Oltre agli abbinamenti con la cucina territoriale meritano incursioni gastronomiche più vaste sia di tradizione marinara che più squisitamente di terra.

    Il Dumì Pecorino ha una veste luminosa e quasi trasparente, si apre con aromi di fiori bianchi delicati e di mela renetta ananas; in bocca è fresco, ha una sapidità ben delineata e buona persistenza con una chiusura in evoluzione verso note leggermente amaricanti. Il suo valore aggiunto è l’ottimo rapporto qualità/prezzo.

    Varietale e preciso anche il Pecorino Doc che si svela complesso sia al naso che in bocca. Sentori di susina bianca e mela red delicious con ricordi quasi mielati affiorano su una trama sostanzialmente vegetale che ritroviamo in un finale di bocca dal timbro decisamente minerale.

    Tra le due declinazioni del montepulciano le riviste di settore hanno già meritatamente premiato il Cerasuolo Doc come uno dei migliori rosati d’Italia grazie al suo carattere eclettico espresso in piacevolezza di beva e solidità gustativa.

    Il rosso Montepulciano Doc non è però da meno per struttura e complessità: un vino che convoglia i tratti varietali del vitigno in un calice espressivo e ricco. Il manto è rubino fitto, impenetrabile con un vivace guizzo porpora, l’olfatto si apre con un deciso frutto rosso maturo ed evolve in confettura di prugne, spezia dolce e vaniglia; in bocca il tocco tostato armonizza presto con la bella percezione di frutta rossa sotto spirito, e radice di liquirizia. La trama tannica è ben integrata e il vino chiude armonico con una piacevole lunga persistenza.

    Vigneti a pergola abruzzese famiglia Terzini
    Vigneti a pergola abruzzese famiglia Terzini

    In questo angolo abruzzese, la famiglia Terzini ha dunque concentrato nelle sue bottiglie una duplice vocazione, quella famigliare antica e quella della terra di Casauria. La cifra dei vini di Terzini sta nel pregio di mantenere intatto il valore varietale dei vitigni conferendo loro al contempo la giusta dose di personalità e carattere.

    CASAURIA DOCG

    Per completezza di informazione, di seguito alcune note sulla futura denominazione “CASAURIA Docg”. Nel 2019 si è costituita l’Associazione “Casauria” che raccoglie oltre 100 produttori della filiera vitivinicola del territorio casauriense, presieduta da Concezio Marulli, con lo scopo di ottenere dal Ministero il riconoscimento della Denominazione Controllata e Garantita “Casauria”.

    Obiettivo:

    migliorare un prodotto qualitativamente elevato e dare un nome che individui un territorio su cui lavorare in termini di promozione enoturistica. La richiesta trova fondanti motivazioni nell’eccellenza delle peculiarità territoriali, microclimatiche ed enologiche della zona che già dal 2006 ha rivendicato con successo la menzione di “sottozona” nella Doc Montepulciano d’Abruzzo. L’iter di riconoscimento è ormai in fase conclusiva.

     

    Rosaria Benedetti autrice dell'articolo GIOIA DEL COLLE: GENESI E FUTURO DEL PRIMITIVO 2020 2019, degustatore, sommelier, relatore ed esperta vitivinicola
    Rosaria Benedetti autrice dell’articolo, degustatore, sommelier, relatore ed esperta vitivinicola

    Sito Cantina: https://cantinaterzini.it/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.

    Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.

    Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.

    Di Zombiwine

     

    Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022, Zombiwine.
    Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022, Zombiwine

    Lo so questo titolo sembra un po bislacco, ma fidatevi non è stato scelto per stupirvi a tutti i costi; dietro c’è un profondo ragionamento che vorrei fare con voi.

    Definire, catalogare, inquadrare un concetto all’interno di un vasto insieme che ci permette di comprendere in mondo intorno a noi: questo è quello che rende l’umanità se stessa, la capacità di estrarre concetti complessi e combinarli all’interno di uno schema.

    Ma qualche volta questo schema perde la sua connotazione originaria poiché al suo interno avviene una mutazione , uno scisma un moto di ribellione ad un ordine precostituito.

    Prendiamo la parola bere: indica latto di ingerire un liquido, è un verbo fondamentale per la sopravvivenza. Fin qui tutto bene.

    Prendiamo la parola bere: indica latto di ingerire un liquido, è un verbo fondamentale per la sopravvivenza. Fin qui tutto bene.
    Prendiamo la parola bere: indica latto di ingerire un liquido, è un verbo fondamentale per la sopravvivenza. Fin qui tutto bene…Zombiwine in meditazione

    Bere pero che cosa?

    Nonostante noi abbiamo bisogno di acqua storicamente l’acqua non è stata sempre potabile e  l’uomo ci ha messo molto a capire come renderla sicura.
    Quindi bere indica consumare un liquido diverso dal H2o. Due erano i macro-mondi che venivano consumati con una certa sicurezza.

    Sostanze dissetanti, sostanze sicure, sostanze magari inebrianti e quindi bere divenne anche sinonimo di consumare alcolici o comunque bevande culturalmente importanti.
    In Europa si consumavano bevande fermentate, non per forza alcoliche, ma semplificando all’estremo il concetto diciamo vino e birra, infusi per l’oriente con il consumo del thè.

    In entrambi i casi, l’uomo usava un processo empirico che tendeva a dare una bevanda più salubre delle acque dei pozzi, grazie all’alcol e alla bollitura delle acque.

    Antropologia culturale in un bicchiere di vino.
    Antropologia culturale in un bicchiere di vino.

    Antropologia culturale in un bicchiere di vino.

    Ora voi vi starete chiedendo dove io voglia andare a parare: la prima persona in duemila miliardi milioni di anni a spiegare effettivamente il processo di fermentazione (anche se sarebbe più corretto parlare al plurale quindi fermentazioni ) fu il francese Louis Pasteur che oltre ad aver scoperto la pastorizzazione, ha studiato , compreso e spiegato la fermentazione
    alcolica e le varie malattie del vino.

    Finalmente siamo al punto in cui volevo portarvi, da questo momento in poi l’umanità ha fatto un salto evolutivo immane, pensate come in cinquanta cento anni, l’uomo ha cambiato la sua vita come non era stato in grado di fare in mille; eppure noi qui oggi ci stiamo domandando perché e se a senso fare vino abbandonando le competenze chimiche e tecnologie conquistate.

    Bere cosa? Zombiwine e i suoi assaggi di vino
    Bere cosa? Zombiwine e i suoi assaggi di vino

    Il vino è un prodotto antropico e geografico

    Il vino è un prodotto antropico e geografico: attraverso un frutto racconta chi lo fa e dove lo fa. E’ normale che per accedere al benessere economico i contadini abbiano fatto tutto in loro potere per produrre vini stabili, bevibili, corretti, cercando di poter contrastare i danni dell’annata quando ce n’era bisogno, e di poter aumentare la quantità prima e la qualità dopo.

    Dopo tutto il vino (e la birra) per svariate migliaia di anni sono state i migliori amici dell’uomo e a volte con un tozzo di pane, il loro unico sostentamento.
    Lo so è un pippone storico.

    Ma come nasce un vino naturale? Ma allora che cos’è il vino naturale ? è uno scisma in un sistema, è una deviazione necessaria, è un salto evolutivo e sicuramente non è un involuzione.

    Per vino Naturale si intende un prodotto in cui i protocolli di coltivazione e vinificazione abbandonano i prodotti di sintesi chimica...
    Per vino Naturale si intende un prodotto in cui i protocolli di coltivazione e vinificazione abbandonano i prodotti di sintesi chimica…

    Vino Naturale

    Per vino Naturale si intende un prodotto in cui i protocolli di coltivazione e vinificazione abbandonano i prodotti di sintesi chimica sia in vigna che in cantina , le stabilizzazione tecnologica , lieviti di laboratorio, filtraggio e chiarifica.

    E’ un vino che si fa da solo quindi? Assolutamente no anzi è proprio il vino
    che non si può fare da solo!

    Se io decido di non usare trattamenti di sintesi in vigna non vuol dire che mi metto nelle mani del signore e prego che con la sua infinità bontà tenga lontano la grandine e poi quando questa arriva puntualmente lo bestemmio.

    Questo è l’atteggiamento antiscientifico di formazione religiosa.

    Il vignaiolo naturale invece i prodotti chimici che no usa li conosce bene, sa cosa fanno e come si usano proprio per non doverli usare trova una soluzione al problema!.
    In cantina un produttore naturale cercherà di fare un vino sincero e di interpretare la sua idea, avrà molti più criticità che potrebbero far nascere dei difetti, ma quello bravo sa evitare il problema a monte.

    Per fare un esempio il vino naturale non è assolutamente l’omeopatia ma semmai la fitoterapia e questo permette la creazioni di vini che avendo molti meno interventi enologici sono più rappresentativi (nel bene e nel male) del territorio di appartenenza.

    Ma come nasce un vino naturale?Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.
    Ma come nasce un vino naturale?Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.

    Ma come nasce un vino naturale?
    Il grande pro di questo approccio, oltre evitare di contaminare i terreni con sostanze che comunque sono tossiche, crea vini unici di anno in anno ma veicolati dalla sapienza odierna. Trasformano i vignaioli in custodi e in cambio restituiscono piccoli tesori.

    Il contro? Sono più difficili da fare, e spesso prezzo e risultati oggettivi non vanno a piedipasso, inoltre sono più soggetti ad errori umani e possono sviluppare più velocemente qualsiasi problema fermenrattivo .
    A saldo di quanto detto, sono i miei vini preferiti quelli naturali, poiché accetto bene qualche difetto se però il territorio di partenza è dipinto bene.Oggi stiamo vedendo sempre più migliorare questa corrente di pensiero.

    Antropologia culturale in un bicchiere di vino.

    E il cliente finale cosa beve? Beve quello che vuole ed è pure giusto così.
    Per sensibilizzarlo su questi vini, bisogna farlo bere; tanto e bene.

    Il gusto piano piano si forma e attraverso quello la cultura del buon bere ma non
    bisogna forzarlo, non è un soldato che deve essere spronato.
    Deve fare le sue esperienze e i suoi confronti senza la forzatura di stare in una setta.
    Faccio un unico esempio: il vino di Nonno che spesso diventava aceto.

    Vino che era leggenda al circolato delle carte: faceva schifo a tutti ma tutti se lo
    bevevano. Quel vino era il retaggio di mio nonno ed anche se non conteneva
    nulla non era naturale.

    Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.
    Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.

    Sembra un controsenso? Non lo è. Quel vino era pieno di saggezza e memoria popolare ma non aveva per niente sapienza.
    Non cera studio, non cera ricerca, e non cera neppure conoscenza delle trasformazioni che rendono un vino buono. Era sparutissimo di volatile che parva aceto, ed era normale che fosse così non poteva essere altrimenti.
    Quando invece c’è scienza e sapienza il discorso cambia totalmente.

    Conclusioni finali

    Questa introduzione ai vini naturali non vuole spiegare nulla ne essere
    didattica, sono mie elucubrazioni e spero che vi aiutano a sviluppare più
    seriamente le vostre idee; vi prometto che già dal prossimo articolo torniamo
    a parlare di vino con le bottiglie in mano.

    Di Zombiwine

    Il sopravvissuto che ama il vino, grande esperto di vini naturali, il racconta storie vere e reali senza peli sulla lingua
    Il sopravvissuto che ama il vino, grande esperto di vini naturali, il racconta storie vere e reali senza peli sulla lingua

    Sito Autore: https://www.zombiwine.com/

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  • La Deontologia nel produrre vino 2022

    La Deontologia nel produrre vino 2022

    La Deontologia nel produrre vino 2022.

    Di Elsa Leandri

    Avreste mai immaginato di parlare di deontologia nel vino? sarebbe irreale pensare che il senso del dovere sia lontano dal mondo enologico.

    Anche in questa pratica ci vuole un “codice deontologico”, che ogni produttore dovrebbe applicare. Per fortuna esistono già molte realtà che se ne sono dotate, addirittura Donatella Quaroni, proprietaria della Tenuta Borgolano in Oltrepò Pavese, ci crede così tanto che ha dedicato ben due etichette a questo termine: Dhéon Brut e Dhéon Extra Dry.

    Cos’è la deontologia?

    Se apriamo l’enciclopedia Treccani e andiamo sotto la voce Deontologia troviamo la seguente definizione “[comp. del gr. (τό) δέον -οντος «il dovere» e -logia]. – Termine filosofico coniato, nella forma ingl. deontology, da J. Bentham (1748-1832) per designare la sua dottrina utilitaristica dei doveri, passato poi a indicare lo studio (empirico) di determinati doveri in rapporto a particolari situazioni sociali.”

    J. Bentham è stato quindi il primo a coniare questo termine per mettere l’accento su ciò che è giusto e conveniente fare in ogni occasione. Tale pensiero è stato ripreso dal suo contemporaneo I. Kant secondo il quale è necessario seguire una serie di principi stabiliti da un sistema etico che dipenda da una logica inconfutabile volta a stabilire la differenza tra bene e male, non curandosi delle conseguenze delle azioni ma unicamente che l’azione in se stessa sia morale.

    A. Schopenhauer, altro filosofo che si occupò del concetto di deontologia, dissente dalla visione kantiana in quanto afferma che il dovere ha senso solo se in relazione a una promessa di premio o alla minaccia di un castigo.

    Se questa è la visione filosofica, passiamo ora a definire che cosa si intende per codice deontologico nella realtà di una professione, qualsiasi essa sia. In questo caso facciamo riferimento all’insieme delle regole comportamentali che devono essere seguite dai professionisti in modo da non ledere la salute o la dignità degli altri. Si pensi per esempio al codice deontologico dei medici, farmacisti, chimici o avvocati. Anche il mondo vitivinicolo è legato a norme e doveri che devono (dovrebbero) essere necessariamente rispettati.

    La Deontologia nel produrre vino 2022 Tenuta Borgolano
    La Deontologia nel produrre vino 2022 Tenuta Borgolano

    Deontologia nel vino

    In passato non sono mancate situazioni in cui questi principi siano venuti meno, basti pensare per esempio al caso del 1986 che determinò la morte di ben 23 persone nonché a situazioni ancora attuali di contraffazione di vino, come nel 2020 la produzione di bottiglie di Sassicaia, Brunello di Montalcino e Bolgheri falsificate e vendute in Cina o al recente episodio che ha visto protagonista la creazione di un fittizio Château bordolese, Château Shunyilifei, che dichiarava in etichetta di aver addirittura ceduto, in seguito a una contesa giudiziaria del 1758, 15 ettari al celeberrimo Château Lafite Rothschild.

    Per fortuna molti viticoltori si demarcano da queste situazioni e affermano con forza il loro rispetto per le regole. Donatella Quaroni, proprietaria della Tenuta Borgolano, ne è un esempio tanto che ha dedicato due delle sue bottiglie proprio alla “deontologia”.

    Donatella Quaroni e Tenuta Borgolano

    Alcuni vini di Tenuta Borgolano di Donatella Quaroni
    Alcuni vini di Tenuta Borgolano di Donatella Quaroni

    Donatella è figlia del territorio dell’Oltrepò Pavese. Lei, fiera del soprannome che le è stato dato da Paolo Brera, Donna Bonarda, si definisce come una persona cocciuta, rigorosa e precisa, condizioni necessarie per poter fare un lavoro attento in cantina e per poter ottenere delle soddisfazioni.

    Bollicine di Pinot Nero Metodo Martinotti Tenuta Borgolano
    Bollicine di Pinot Nero Metodo Martinotti Tenuta Borgolano

    Nel 1992 prende le redini dell’azienda di famiglia, nata nel 1903, a Montescano in Provincia di Pavia e la nomina Tenuta Borgolano, il cui nome deriva dal nome del posto, Burlan in dialetto.

    I nonni di Donatella hanno iniziato questa avventura, coltivando la vite e vendendola, ma è stato suo padre che ha iniziato a proporre il loro vino in città importanti quali Milano e Pavia, diventando così da conferitori a imbottigliatori e commerciali.

    Metodo Martinotti Brut e ExtraDry prodotti da Tenuta Borgolano di Donatella Quaroni
    Metodo Martinotti Brut e ExtraDry prodotti da Tenuta Borgolano di Donatella Quaroni

    Non è stato facile seguire le orme del padre.

    Donna in un mondo di uomini. La sua tenacia è stata tale da portare l’azienda dai 2,5 ettari ai 30 ettari attuali, con un potenziale di produzione di 100.000 bottiglie.

    Il nome d’ogni sua etichetta, in cui protagoniste indiscusse sono le iniziali del suo nome e di quello di Sara, sua figlia, vogliono in un certo senso essere una rivalsa e un’affermazione del loro essere donne del vino, nonostante tutto e nonostante tutti, perché alla fine sono proprio il rigore e la perseveranza che pagano.

    La degustazione

    Ultimamente c’è voglia di riaffermare il territorio dell’Oltrepò Pavese a livello nazionale e internazionale e nel Pinot Nero è stato individuato la chiave per dare nuovamente credibilità a questo territorio, come si evince dal gruppo “Oltrepò – Terra di Pinot Nero”, composto da 23 viticoltori, che si sono riuniti a Milano nel gennaio 2022 per condividere con Armando Castagno, grande esperto di Borgogna e di Pinot Nero, questa visione.

    Donatella, pur non rientrando attivamente in questo movimento, ha comunque scelto di proporci un focus su questo vitigno chiave che declina sia nella versione novello che spumante metodo Martinotti.

    Sarai vino di Tenuta Borgolano
    Calice di Sarài, vino rosso di Tenuta Borgolano di Donatella Quaroni

    Sarài 2021 Vino Novello IGT Provincia di Pavia- 100% Pinot Nero
    Le uve provenienti da viti giovani, impiantate nel 2018, si trovano nel comune di Montescano proprio in posizione attigua alla cantina, laddove vi era un vigneto di uve miste che è stato eradicato a causa di frane che minacciavano la struttura.

    I lavori di drenaggio e di re-impianto di nuove viti con cloni di Pinot Nero ambivalenti per la vinificazione in bianco e in rosso danno luce per la prima volta nel novembre del 2021 a questo vino, dedicato alla figlia Sara, in cui il 40% delle uve hanno subito macerazione carbonica.

    Foto calice vino rosso Sarài, esame visivo
    Foto calice vino rosso Sarài, esame visivo

    Rosso carminio vivace con riflessi purpurei. L’impatto olfattivo è molto elegante e offre note di rosa fresca, fragoline di bosco e arancia sanguinella con echi di nepitella e menta.

    In bocca la decisa freschezza regala un sorso appagante ideale per accompagnare un tagliere di salumi e schita , tipica “frittella” dell’Oltrepò Pavese.

    Dhéon Brut di Tenuta Borgolano Metodo Martinotti
    Dhéon Brut di Tenuta Borgolano Metodo Martinotti

    Dhéon Brut -Metodo Martinotti- 100% Pinot Nero

    Le uve della vendemmia del 2020 provengono dal comune di Santa Maria della Versa, in cui si ha un terreno argilloso calcareo con affioramenti di roccia madre. La permanenza sulle fecce in autoclave è di 3 mesi.

    Paglierino vivace con riflessi dorati in cui i treni di bolle, che si susseguono, regalando un ottimo impatto visivo,

    Calice Dhéon Brut Bollicina italiana dell'Oltrepò Pavese
    Calice Dhéon Brut Bollicina italiana dell’Oltrepò Pavese

    permettono al mughetto e al gelsomino di emergere.

    La frutta fragrante spazia dalla più comune pesca fino ad arrivare ad agrumi come lime e a frutta esotica come il mango.

    Freschezza e sapidità sorreggono il dosaggio zuccherino e la bocca viene avvolta da un richiamo di zenzero. Ideale come aperitivo ma anche per accompagnare un pesce San Pietro all’i-

    Dhéon ExtraDry di Tenuta Borgolano Donatella Quaroni, Metodo Martinotti
    Dhéon ExtraDry di Tenuta Borgolano Donatella Quaroni, Metodo Martinotti

    solana.

    Dhéon Extra Dry- Metodo Martinotti- 100% Pinot Nero

    Protagonista di questo spumante è il Pinot Nero della vendemmia 2015 proveniente sempre dal comune di Santa Maria La Versa.

    In questo caso siamo di fronte a un metodo Charmat lungo con 9 mesi di permanenza sulle fecce in autoclave.

    Calice di Dhéon ExtraDry, numerose bollicine dorate
    Calice di Dhéon ExtraDry, numerose bollicine dorate

    Le bollicine numerose e fini riempiono il calice dorato, da cui fuoriescono delicati sentori di pera e mela, kumquat, fiori di campo, noce moscata e cannella.

    Bell’impatto in bocca con una decisa sapidità e con un finale di mandorla tostata da provare con canapè di salmone affumicato.

     

     

    La Donna Bonarda si starà forse tramutando in Donna Pinot Nero, regalandoci in un futuro anche un metodo classico?

    Di Elsa Leandri

    Elsa Leandri autrice articolo: Il nostro Wine&Siena 2022 tra Timorasso e Il Borro,è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.
    Elsa Leandri autrice articolo,è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.

    Sito Cantina: https://www.tenutaborgolano.com/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

  • Le numerose vite del Monastero d’Astino 2022

    Le numerose vite del Monastero d’Astino 2022

    Le numerose vite del Monastero d’Astino 2022

    Di Elsa Leandri

     

    Siamo nella valle di Astino, nel parco regionale dei Colli di Bergamo. Chi conosce la zona saprà sicuramente che qui sorge il monastero di Astino che fu fondato nel 1107. Oggi questo luogo accoglie un progetto agro-naturalistico e addirittura una cantina vitivinicola: Cascina del Ronco.

    Il Monastero d’Astino

    Il Monastero d’Astino fu fondato nel 1107 grazie alle donazioni di reputati notabili bergamaschi per favorire l’insediamento dei Vallombrosani a Bergamo. La comunità dei monaci benedettini vallombrosani vede la sua origine all’inizio degli anni mille a opera di san Giovanni Gualberto e la sua forza era quella di essere contraria alla simonia (acquisizione o vendita di un bene spirituale), alla corruzione e alla mondanità della Chiesa. La diffusione dei loro centri monastici si concentrò principalmente nell’Italia centro-settentrionale e nella fattispecie anche vicino a Bergamo, città in cui il vescovo Arnolfo si era macchiato anch’esso di simonia e quindi fu scomunicato.

    1403 e 1600 due date importanti

    Lo sviluppo e l’ampliamento del monastero proseguì durante i secoli, ma all’inizio del Trecento entrò in una fase di declino, tanto da diventare “commenda” nel 1403: questo portò ad alti e bassi, favorendo comunque l’allargamento della stessa struttura monastica.

    Gli anni difficili non sono terminati: nel 1600 si diffonde la peste che non risparmia i monaci (se ne contano solo 11 nel monastero nel 1659) e dopo un secolo si ha il distaccamento del monastero dalla Congregazione di Vallombrosa; nel 1797, per prescrizione di Napoleone, infine, viene soppresso e i suoi beni vengono assegnati all’Ospedale Civile di Bergamo.

    Finisce in questo modo la storia ecclesiastica, ma queste mura saranno teatro di nuovi avvenimenti: nel 1832 diventa infatti un ospedale psichiatrico, accogliendo inizialmente 195 malati. La gestione era innovativa in quanto sposava il modello della “cura morale” applicata dall’alienista francese Philippe Pinel, il che implicava di rendere “più umana e meno repressiva la cura dei folli”: separazione tra uomini e donne, via alle catene di ferro (sostituite con quelle di cuoio) e via alle camicie di forza. (rif. Quaderni di archivio bergamasco 12/13 2018-2019, Fenili, C., 120-123).

    Con l’apertura dell’Ospedale Neuropsichiatrico Provinciale di Bergamo nel 1892 i pazienti vengono trasferiti e il vecchio monastero venne utilizzato per scopi agricoli. Dal 2007, grazie alla fondazione MIA, sono stati realizzati un completo recupero e un restauro con l’apertura dell’ex-complesso monastico nel 2015.

    I terreni agricoli dell’ex monastero sono rientrati in un progetto agro-naturalistico che vede una parte delle terre coltivate a vigneto. La gestione di tali vigneti è affidata alla Cooperativa Sociale Oikos.

    La Cooperativa Sociale Oikos

    Nata nel 2000, Oikos, cooperativa sociale di tipo B, si occupa dell’inserimento lavorativo di disabili adulti o affetti da patologie psichiatriche. Questo percorso avviene tramite il lavoro che è legato principalmente al lavoro della terra, in modo da offrire la possibilità di reinterpretare la realtà in cui vivono.

    La gestione del vigneto dell’ex monastero di Astino rientra in questo progetto e offre dei prodotti vitivinicoli biologici che vengono commercializzati con il nome della cantina “Cascina del Ronco”.

    Le numerose vite del Monastero d’Astino 2022
    Le numerose vite del Monastero d’Astino 2022 Elsa Leandri

    Oltre a numerose IGT come Merlot della Bergamasca o Riesling della Bergamasca, la Cascina produce anche due denominazioni: Valcalepio del Ronco Doc e Cuore Valcalepio Rosso Doc che andremo a degustare.

    Degustazione

    Del Ronco Valcalepio Rosso DOC 2017 di Elsa Leandri
    Del Ronco Valcalepio Rosso DOC 2017, articolo: Le numerose vite del Monastero d’Astino di Elsa Leandri

    Del Ronco Valcalepio Rosso Doc 2017

    (60% Cabernet Sauvignon, 40% Merlot)
    Il calice viene adornato da un carminio vivace e impenetrabile.

    Il ventaglio olfattivo si apre con della frutta a bacca rossa e nera: lampone, ciliegia, more e mirtillo si susseguono per lasciare spazio a rosa e a violetta e un richiamo ad una nota vegetale, quasi balsamica.

    La nota alcolica viene sorretta da una buona freschezza e il tannino tenace ci assicura un vino che avrà qualcosa da raccontarci anche nei prossimi anni.

     

    Cuore Valcalepio Rosso DOC 2016 Elsa Leandri
    Cuore Valcalepio Rosso DOC 2016 Elsa Leandri

    Cuore Valcalepio Rosso Doc 2016

    Ritroviamo lo stesso uvaggio (60% Cabernet Sauvignon, 40% Merlot), ma in questo caso il vino sosta in tonneau di rovere da 500 L e in barrique per 18 mesi a cui segue una sosta in bottiglia di ulteriori 18 mesi.

    In questo caso il carminio diventa meno impenetrabile e il naso si sposta su una frutta più matura, quasi in confettura, e su fiori essiccati.

    Le note di cuoio, tabacco, cioccolato e ruggine completano il quadro olfattivo. L’impatto in bocca è piacevole e si prolunga con un lungo richiamo di frutta scura.

    Riflessioni conclusive

    È bello pensare che questo ambiente accolga nuovamente i principi dell’”ora et labora” e della “cura morale”: si direbbe che questa nuova vita sia la crasi delle vite precedenti di questo luogo.

    Il percorso è ancora lungo e questo, la fondazione MIA e la cooperativa Oikos, lo sanno bene: non mancano continue iniziative e infatti la produzione vitivinicola si è ampliata alla fine del 2021 con uno spumante rifermentato in bottiglia a base di Incrocio Manzoni 6.0.13 che prende il nome di “Sei Spumante Pas Dosé”.

    Di Elsa Leandri

     

    Elsa Leandri autrice articolo: Il nostro Wine&Siena 2022 tra Timorasso e Il Borro,è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.
    Elsa Leandri autrice articolo,è sommelier, blogger, esperta vitivinicola.

    Sito Cantina: http://www.consorziolacascina.com/

    Sito Cooperativa. https://www.oikoscoop.it/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

     

  • La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza.

    La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza.

    La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza Passione aglianico.

    Di Zombiwine

    Enza Salduti è una donna del vino, non c’è nulla di strano in questo; il vino nelle sue incredibili e mutevoli sfumature è, e sempre sarà, una creatura fortunatamente non binaria.
    Nella sua essenza, indipendentemente se nobile o meno, sarà sempre una creatura mutevole e non per forza chiaramente definita. Premessa questa secondo me fondamentale per parlare del suo Aglianico chiamato Passione annata 2015, vino da 14,5% vol.

    La destrutturazione di un Aglianico, La Cantina di Enza 2015 Passione aglianico 2015.
    La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza Passione Irpinia aglianico 2015 DOC.

    Come tutti gli storytelling che si rispettano, facciamo un passo laterale e andiamo a capire di che cosa stiamo parlando.

    Click…Territorio

    Click, l’astronave aliena punta il suo occhio digitale sul pianeta terra!
    Click Europa!
    Click Italia!
    Click meridione…. Campania…. Irpinia …..
    Click Montemarano.

    Montemarano è un luogo unico che vive una meravigliosa dualità tanto cara alla nostra enologia.
    Barolo e Barbaresco : 24 km di distanza
    Montalcino e Montepulciano 26 km in linea d’aria.
    Montemarano Taurasi 22 km.
    L’irpinia è però terrà punk che preferisce dialogare coi suoi affezionati come facevano i poeti maledetti e che nelle declinazioni Enologiche più emozionati richiama a se ciò che fu piuttosto che ciò che potrebbe essere.

    Enza Saldutti

    Con questa premessa la nostra Enza è una produttrice di una nuova guardia: che ama fare la scarpetta nel sugo! Che ama fare vini maleducati ma saggi!
    Vini che vanno recensiti con chiavi di lettura un po più ampie o si rischia di cadere in un dualismo che, non è funzionale al nostro discorrere, ma solo chiavistello di quell’enologia trita  e ormai fastidiosa.

    Enza parla alle vigne, pratica un enologia potente e non interventista: per molti sarebbe Vino naturale, ma io preferisco chiamarli Vini antichi. La sua grammatica enologica è per il mio palato come il Latino è per la lingua italiana: difficile ma fondamentale.
    dare a voi gli elementi per comprenderli è cosa complessa e quindi ho deciso di cominciare con il vino che più di altri ha dualistici monologhi.

    La Cantina di Enza Passione aglianico 2015.

    La destrutturazione di un Aglianico, La Cantina di Enza 2015 Passione aglianico 2015.
    La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza Passione Irpinia aglianico 2015.

    Bottiglia da 0.75.
    Etichetta non particolarmente evocativa, funzionale al suo essere.
    Retro etichetta, graficamente richiama un pò le retro etichette di podere Veneri vecchio.

    Passione Aglianico 2015 DOC.
    Quindi il vino ha superato i controlli della disciplinare doc Aglianico. Questo non è per forza un merito, ma è un fatto.

    Leggendo il sito di Enza e parlandoci via Wazzup scopro che la sua politica agronomica è assolutamente non interventista: viticultura naturale dura e pura.

    Nel bicchiere è un Aglianico violaceo che nonostante i sei anni non mostra segni di corruzione cromatica.

    Versandolo nel bicchiere è chiaramente riscontrabile una leggera rifermentazione,non so se  questo vino deve essere così o è la bottiglia \ annata\ caso, fatto sta che la schiumetta c’è.

    Non Filtrato  e non chiarificato  ma nonostante ciò il vino ha una bella luminosità e appena un accenno di velatura sugli ultimi bicchieri: personalmente questo non solo non mi da fastidio ma anzi mi invoglia a berlo.

    Degustazione

    Naso: parlare dello spettro olfattivo pretende una premessa: anche se io bevo molti naturali (ormai quasi solo ), e che il mio gusto ha tutta una serie di tolleranze, ho passato una buona mezz’ora a non capire come approcciare questo vino.
    Non ha difetti olfattivi, se non un pò di ridotto all’inizio che va via in pochi minuti.

    Ha una nota vinosa varietale dell’aglianico facilmente percepibile, e poi una fortissima e piacevole nota dolce tostata: dovuto probabilmente alla botte di Castagno.

    Sorso: il sorso ha quello che è il suo tallone d’Achille. Questa bottiglia era leggermente rifermentata e in questi casi non c’è oggettività ma solo soggettività.
    Per la scuola classica la rifermentazione è un difetto, sempre e comunque a meno che non sia voluta o trattata come fanno oltralpe.
    Bene per me questa è una fesseria, la rifermentazione è un difetto solo se sviluppa note di essudato e questa bottiglia non ne ha.

    La carbonica  (che dopo una mezz’oretta sparisce) da un pò di brio e spinge in alto il sorso che era comunque supportato da una bella acidità.
    I tannini qui, nonostante il vitigno, sono molto lievi e nel complesso  la somma di tutte le sue parti crea un vino rusticissimo, ma piacevole.

    Riflessioni…e passione

    Passione Irpinia Aglianico DOC 2015 La Cantina di Enza Saldutti autore articolo Zombiwine
    Autore articolo: La destrutturazione di un Aglianico 2015, La Cantina di Enza, Passione Irpinia aglianico 2015 DOC di Zombiwine

    Durante la mia Adolescenza mi capitò sotto mano un bellissimo libro intitolato: Bertoldo e Cacasenno. Scoprii poi che divenne anche un film con Lello Arena e Ugo Tognazzi: bene questo aglianico è la trasposizione liquida di quel piccolo, rustico e agreste capolavoro della nostra letteratura.

    Vini così no sono semplici, sono schietti.
    Vini così non sono banali ma per essere bevuti e apprezzati richiedono un piccolissimo gesto di comprensione: sono i vini di nonno.
    Se pensiamo ai nostri Avi, sicuramente, quando gli capitava un vino così erano felici di poterlo bere e non venivano a rompere le scatole per quel filo di co2.

    Passione

    In conclusione un bel vino Funky che sicuramente in futuro assaggerò nuovamente.
    Prezzo rilevato on line fra 15 e 18 euro.

    Di Zombiwine

    Foto di Zombiwine con un altro prodotto de La Cantina di Enza, Il sopravvissuto che ama il vino, grande esperto di vini naturali, il racconta storie vere e reali senza peli sulla lingua
    Foto di Zombiwine con un altro prodotto de La Cantina di Enza, Il sopravvissuto che ama il vino, grande esperto di vini naturali, il racconta storie vere e reali senza peli sulla lingua

    Sito Autore: https://www.zombiwine.com/

    Canale Youtube Autore: https://www.youtube.com/c/ZombiWine

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/