Il Re dei Vini torna a Roma: Nebbiolo Nel Cuore, l’evento da non perdere
di Carol Agostini
Roma si prepara ad accogliere l’XI edizione di “Nebbiolo Nel Cuore”, l’evento dedicato a uno dei vitigni più prestigiosi d’Italia. L’appuntamento è fissato per domenica 12 e lunedì 13 gennaio 2025 presso il suggestivo Grand Hotel Palatino, situato in via Cavour 213. Due giornate intense di degustazioni, masterclass e scoperte enologiche che celebrano l’eccellenza del Nebbiolo nei suoi territori d’elezione.
Un appuntamento consolidato per appassionati e professionisti
Dopo anni di successo, “Nebbiolo Nel Cuore” è ormai un punto di riferimento per gli amanti del vino e gli operatori del settore nella Capitale. La manifestazione si distingue non solo per la qualità dei vini presentati, ma anche per l’approccio didattico che la caratterizza. Attraverso banchi di assaggio e masterclass, i partecipanti avranno l’opportunità di scoprire le nuove annate e conoscere cantine emergenti che si affacciano per la prima volta a questo importante palcoscenico.
L’obiettivo dell’evento non è solo quello di celebrare la qualità del Nebbiolo, ma anche di raccontare le storie e le tradizioni che ne fanno uno dei simboli più rappresentativi dell’enologia italiana. Cultura, sorrisi, volti e racconti si intrecciano per offrire un’esperienza unica e autentica.
Novità dell’edizione 2025
Per questa nuova edizione, l’evento si svolgerà in due giorni consecutivi, posticipando la conclusione a lunedì 13 gennaio. Questa giornata sarà interamente dedicata agli operatori del settore, con una serie di iniziative pensate per favorire il networking e l’approfondimento professionale.
Modalità di ingresso:
Per gli operatori del settore, l’ingresso è gratuito previa registrazione, acquistando il calice da degustazione al costo simbolico di 5€.
Per il pubblico generale, l’ingresso è previsto esclusivamente domenica 12 gennaio, con accrediti limitati a causa dell’elevata richiesta di partecipazione.
Programma dettagliato dell’evento
Domenica 12 gennaio 2025
Ore 12:00: Apertura dei Banchi di Assaggio
Ore 11:30: Masterclass “I Coup De Coeur in degustazione”, dedicata ai vini che hanno ottenuto la massima menzione nella guida “Il Nebbiolo”.
Ore 14:30: Verticale parallela dei Barbaresco della Cantina Renato Fenocchio di Neive.
Ore 17:00: Masterclass “Il Timorasso: la rivoluzione bianca dei Colli Tortonesi”.
Ore 20:00: Chiusura dei Banchi di Assaggio.
Lunedì 13 gennaio 2025
Ore 11:00: Apertura dei Banchi di Assaggio.
Ore 14:00: Premiazione dei vini selezionati nella guida “Il Nebbiolo”.
Ore 18:00: Chiusura dei Banchi di Assaggio.
Masterclass: un viaggio nella cultura enologica
Le masterclass, cuore pulsante dell’evento, si svolgeranno nella sala conferenze del Grand Hotel Palatino e saranno curate da esperti del settore. Con approfondimenti sulle diverse espressioni del Nebbiolo e delle sue declinazioni territoriali, ogni sessione offrirà ai partecipanti un’esperienza formativa e sensoriale indimenticabile.
Perché partecipare?
“Nebbiolo Nel Cuore” è un’occasione imperdibile per scoprire le peculiarità di uno dei vitigni più nobili d’Italia e per entrare in contatto con produttori, appassionati e professionisti. Inoltre, rappresenta un momento di celebrazione del legame tra vino e territorio, promuovendo la conoscenza e l’apprezzamento di una cultura enologica ricca e variegata.
Per ulteriori informazioni e prenotazioni delle masterclass, è possibile contattare gli organizzatori via e-mail.
Non perdete questa straordinaria occasione per celebrare il Nebbiolo, il suo fascino senza tempo e i territori che ne custodiscono il segreto. Vi aspettiamo a Roma per brindare insieme al Re dei Vini!
Finanziato dalla Regione Lazio ai sensi della DGR n. 68/22, questo innovativo progetto nasce da un’idea di Confesercenti in collaborazione con Umberto Trombelli, il miglior Sommelier del Lazio, e realizza una filiera produttiva intercomunale mirando a valorizzare le eccellenze agroalimentari locali e a promuovere il territorio.
L’iniziativa coinvolge sei Comuni dei Castelli Romani: Albano, Ariccia, Lanuvio, Genzano di Roma, Nemi, Velletri; ventuno le aziende che hanno aderito, di cui 16 sono produttori di vino e olio, un forno e un panificatore, un’Azienda agro-ecologica di coltivazione e trasformazione di erbe officinali e prodotti botanici edibili, un’Azienda che produce capsule e tappi per l’industria vinicola e olearia, tre agriturismi che offrono vitto o vitto e alloggio.
Numerose sono state le presenze istituzionali e gli interventi, a partire dalla Presidente della Rete, Nina Farrell (Azienda Agr. Bio Carafa-Jacobini), dal Vice Presidente Paolo Iacoangeli (Azienda Agr. Iacoangeli Mauro), dalla Manager operativa Saula Giusto, dalle Aziende della rete e dal partner progettuale CAT, Centro Assistenza Tecnica di Confesercenti di Roma e del Comprensorio dei Castelli Romani, rappresentato da Guido Ciarla.
Il Vicesindaco di Lanuvio Valeria Viglietti, l’Assessore all’Agricoltura del Comune di Velletri Cristian Simonetti, la Consigliera della Città Metropolitana di Roma Marta Elisa Bevilacqua e numerosi esponenti politici ed amministrativi del Comune di Genzano di Roma, capofila del progetto, tra cui il Sindaco Carlo Zoccolotti, hanno partecipato alla conferenza con i propri interventi.
Nina Farrell ci ha fornito una panoramica delle azioni intraprese finora e dei piani per il futuro.
Sicuramente favorire la sinergia tra le imprese locali per raggiungere un bene comune è l’elemento principale fondamentale, in quanto promuove anche il turismo enogastronomico, valorizza i prodotti locali e rafforza le relazioni tra produttori e consumatori.
“Abbiamo già avviato diverse iniziative che hanno riscosso un ottimo successo, tra cui tre serate di degustazione e una serie di assaggi organizzati in occasione della Festa del Pane di Genzano – un grande esempio di sinergia tra i comuni e le nostre aziende, in questo splendido territorio. Inoltre, abbiamo tenuto masterclass guidate dal noto Umberto Trombelli, presentando i nostri prodotti di eccellenza. Solo questa settimana, abbiamo partecipato a una delle manifestazioni enologiche più importanti del Centro-Sud, “Beviamoci Sud”, con una masterclass condotta da Luciano Pignataro e un ricco banco d’assaggio che ha unito vini, pane e prodotti artigianali.”
Il calendario degli eventi di inizio anno 2025 sembra fitto. A febbraio, la V.I.P. ospiterà un evento di degustazione di due giorni al WeGil di Roma, con la domenica aperta al pubblico e il lunedì riservato alla stampa e ai funzionari, con masterclass che copriranno più del solo vino. Poi a marzo, si terrà l’evento di tre giorni Roma Wine Expo, con vari incontri e discussioni.
Media e Comunicazione:
La rete ha già stabilito una forte presenza online, con account sui social media attivi e un sito Web completo che copre tutti gli aspetti organizzativi. Sono stati creati materiali promozionali e badge di affiliazione alla rete per le aziende associate con il logo della Regione Lazio.
Inoltre, è prevista una guida esperienziale dove la prima parte introdurrà tutti i membri della rete, mentre la seconda parte presenterà le varie esperienze disponibili nella regione dei Castelli Romani includendo i pacchetti turistici. Ciò rappresenta una sinergia tra produttori, aziende, ristoratori e l’industria del turismo.
Saranno avviate delle presentazioni ufficiali in ogni comune, con masterclass, conferenze e postazioni di degustazione. Ciò fornirà visibilità a tutte le aziende partecipanti e rafforzerà le relazioni con le autorità locali.
Oltre a ciò, sono previsti corsi introduttivi sul vino, guidati da Riserva Academy, Ars e Assovini, e la partecipazione alle manifestazioni fuori regione, come Vinitaly e l’Italian Wine Expo di Milano. L’obiettivo è quello di essere presenti ad eventi e occasioni che possano far conoscere e promuovere le aziende e i comuni associati, contribuendo ad accrescerne la visibilità e a valorizzarne l’offerta.
Ergo dopo due anni di attività, il progetto finalmente prende forma. Di seguito riportiamo l’intervento di Guido Ciarla:
“Noi di Confesercenti abbiamo creduto in questa rete unica, che è atipica, perché come sapete le reti si formano tipicamente all’interno dei singoli comuni. Abbiamo immaginato una rete intercomunale perché volevamo mettere in mostra le realtà e le eccellenze dei territori. I comuni che ne fanno parte hanno chiaramente il vino come eccellenza primaria, e questo si è esteso anche all’industria del pane.
Attualmente, ci sono 21 aziende partecipanti, ma ce ne sono già altre che vogliono aderire, poiché si tratta di una nuova rete. Eravamo decisi a stabilirlo qui a Genzano e ringrazio il sindaco Carlo Zoccolotti che per primo ha sostenuto questa iniziativa, facendo di Genzano il comune capofila. Ringrazio anche tutti gli altri comuni che hanno creduto e sostenuto questo progetto.
Oggi è una realtà, con molte attività già intraprese e altre in arrivo. Al di là della fase iniziale di stesura del progetto, che è stato finanziato dalla Regione Lazio e ha ricevuto il loro investimento, la rete deve ora essere pronta ad andare oltre il programma esistente sviluppando un nuovo progetto per ottenere ulteriori finanziamenti.”
Il Vice Presidente Iacoangeli ha preso la parola: “Viviamo in un territorio dove non è mai stato facile fare rete e collaborare con aziende dello stesso settore. Questa rete mira a ribaltare l’eredità che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti, qualcosa che i nostri predecessori non sono riusciti a capire, ovvero che se lavoriamo insieme, abbiamo maggiori possibilità di distinguerci e crescere. Se un intero territorio cresce, cresciamo tutti insieme. La rete non consiste nell’elevare un’azienda, due aziende o tre aziende, ma nel valorizzare tutte le imprese e l’intero territorio.
Abbiamo creato appositamente questi pacchetti turistici non solo per le degustazioni, ma per mostrare il nostro territorio, le sue meraviglie architettoniche e offrire un’esperienza immersiva. La guida servirà proprio a questo scopo: creare esperienze per turisti, romani e visitatori internazionali. Viviamo in un territorio davvero unico, con un ecosistema architettonico e ambientale unico nel suo genere, e un’offerta enogastronomica di alta qualità”.
Il sindaco Zoccolotti del Comune di Genzano di Roma afferma che le reti d’impresa, un modello italiano esportato nel mondo, rappresentano una sfida importante per la Regione Lazio, che negli ultimi anni ha cercato di stimolarle. Crede particolarmente in questo progetto, poiché ci sono tante belle aziende e nuove generazioni imprenditoriali che si stanno affacciando, soprattutto nel settore vitivinicolo, con grandi sfide da affrontare per rappresentare il territorio dei Castelli Romani.
Aderendo a questo progetto – continua il Sindaco – ” non vogliamo solo sfruttare il finanziamento regionale, che è stato lo spunto per mettere insieme le aziende e ragionare insieme come rete, creando sinergie e confronti. L’obiettivo è che possa essere d’esempio per altre esperienze imprenditoriali di gruppo che in passato non sono andate bene. Anche i Comuni stanno adottando questa modalità di fare rete.
Inoltre, questo Comune è stato riconosciuto come Città del Vino 2025, il che garantirà una particolare attenzione a questo territorio l’anno prossimo, con Marino come capofila. Questa ulteriore iniziativa rappresenta un’opportunità anche per la rete di aziende.”
A maggior ragione, in occasione del Vinitaly, il 7 aprile 2025, si terrà la presentazione delle Città del Vino dei Castelli Romani. Queste città avranno uno spazio espositivo all’interno dello stand della Regione Lazio.
“L’iniziativa Città del Vino 2025 è la sintesi di una rete fiorente, spiega Simonetti, Assessore all’Agricoltura di Velletri, che funziona quando tutti i membri condividono l’obiettivo comune di crescita e valorizzazione dei nostri prodotti e specialità. Il prossimo anno porterà la sfida del Giubileo e sono sicuro che molti visitatori che verranno a Roma faranno tappa anche nella regione dei Castelli Romani. Questo sarà un potente motore per noi per creare sinergie, come la Rete VIP, per portare persone nei nostri territori.”
In chiusura, l’invito a partecipare ad un momento conviviale di degustazione dei vini e dei prodotti a buffet dell’azienda Fermenti 2020, tutti parte del network.
L’ELENCO DELLE AZIENDE ADERENTI:
AZIENDA AGRICOLA PESOLI GIULIO (VINO/ OLIO/GELATINE DI VINO – ARICCIA)
CANTINA COSTANTINI (VINO/ OLIO/CONFETTURE – GENZANO DI ROMA)
AZIENDA AGRICOLA CARAFA JACOBINI (VINO BIO/OLIO BIO – GENZANO DI ROMA)
CANTINAMENA – AZ. AGRICOLA MINGOTTI (VINO BIO/OLIO BIO – LANUVIO)
LA LUNA DEL CASALE (VINO BIO/OLIO BIO – LANUVIO)
OMINA ROMANA – SOCIETA’ AGRICOLA FORESTALE LA TORRE (VINO/OLIO – VELLETRI)
CANTINA TENUTA IACOANGELI (VINO/OLIO – GENZANO DI ROMA)
AZIENDA AGRICOLA LE ERBE DELLA LUNA (ERBE OFFICINALI E PRODOTTI BOTANICI EDIBILI – NEMI)
METALSUGHERO (PRODUZIONE TAPPI E CAPSULE PER BOTTIGLIE – GENZANO)
“PERCORSI DI GUSTO” a Roma: i vini di Roberto Sarotto protagonisti al Ristorante Allegrìo
di Cristina Santini
Il 26 novembre abbiamo avuto il privilegio di partecipare alla prima di due esclusive cene di degustazione che fanno parte del tour “Percorsi di gusto. Un Viaggio tra Roma e Torino“, un emozionante viaggio culinario immersivo alla scoperta dei sapori e degli abbinamenti di queste due città iconiche.
Questa esperienza enogastronomica è il prodotto di una collaborazione tra il Gambero Rosso e la stimata cantina Roberto Sarotto presente con alcune delle etichette rappresentative, sapientemente abbinate a voci di menu attentamente realizzate e concepite dai talentuosi chef del ristorante di Roma.
Situato nel cuore di Via Veneto, Allegrìo è un magnifico ristorante realizzato nel periodo più drammatico vissuto da tutti, che porta con sé un’ondata rinfrescante di stile moderno ed elegante, richiamando il passato glamour di quella strada simbolo della Dolce Vita, conosciuta in tutto il mondo.
Le vivaci sale da pranzo tematiche trasudano un senso di raffinatezza e tranquillità, progettate con un tocco eclettico dalla proprietaria Sabrina Corbo, non senza il contributo di artisti ed artigiani di fama internazionale.
L’offerta gastronomica si concentra sulla rivisitazione della classica pizza napoletana, infondendola con una serie di sapori audaci e stuzzicanti che fondono perfettamente le amate tradizioni della cucina romana e italiana. Ogni fetta è un’opera d’arte, l’impasto funge da tela per combinazioni creative di condimenti che danzano sul palato, senza trascurare le specialità regionali della cucina tradizionale italiana.
Dal momento in cui varchi la soglia, sei avvolto in un’atmosfera emozionante, dove ogni elemento di design e ogni piatto servito contribuiscono ad un percorso davvero memorabile.
Il nostro tavolo era in una delle quattro room, la Intrepid Room, ispirata alle esplorazioni dei più famosi e coraggiosi personaggi italiani della nostra storia, come Cristoforo Colombo, Marco Polo, Amerigo Vespucci. Offre un’eleganza senza tempo per un cammino di esplorazione senza limiti attraverso l’arte e l’esperienza della rinomata cucina italiana.
La prima portata ha dato il tono al banchetto che ci attendeva, risvegliando i nostri sensi con l’interazione delle consistenze e l’armoniosa miscela di ingredienti. Man mano che il pasto procedeva, siamo stati deliziati da una magistrale esibizione di arte culinaria, ogni pietanza raccontava una storia del ricco patrimonio gastronomico della nostra regione. I vini, selezionati dal portfolio di Roberto Sarotto, sono stati l’accompagnamento perfetto, le loro caratteristiche distintive completavano e accentuavano l’espressività dei sapori in una danza senza soluzione di continuità.
Roberto Sarotto, il produttore, e la figlia Elena erano presenti e ci hanno raccontato la storia dell’azienda vinicola di famiglia, che conta oggi 95 ettari di vigneti ripartiti tra le zone più pregiate del Piemonte.
Giunta ormai alla sesta generazione, la produzione vitivinicola ha avuto origine sulle colline delle Langhe. Per oltre 200 anni, gli antenati della famiglia hanno coltivato queste colline nella zona di Alba, concentrandosi principalmente sulla produzione di Dolcetto e una piccola quantità di uva Moscato.
“Chiaramente l’azienda è cambiata – ci racconta il produttore – sono diventato enologo nel lontano 1984 e da questo momento ho sognato di dare un’espansione all’azienda.
Però la vedevo molto piccola, limitata ad una certa zona, e ad un certo punto ho cominciato a pensare di allargare la base di produzione, e da quella piccola azienda famigliare che da più di 200 anni produceva vino, abbiamo cominciato a produrre, dai nostri vigneti, prima nell’area del Barolo, poi nell’area del Barbaresco, successivamente nell’area del Monferrato fino ad arrivare a Gavi.”
Secondo la filosofia di Roberto, un vino deve offrire la massima soddisfazione e un beneficio al bevitore. Il principio guida è quello dell’equilibrio e dell’armonia, dove tutti gli elementi sono in perfetto accordo.
Attraverso uno studio rigoroso, la sperimentazione e i test, è emersa una linea di pensiero chiara e un’identità collettiva, guidata da un team di giovani collaboratori che eccellono nel dialogo aperto, nella sintesi e nel lavorare verso una visione condivisa.
La cantina, eccezionalmente ben attrezzata, è tecnologicamente avanzata e attenta all’ambiente nonostante le sue dimensioni. Situata al centro del vigneto, ha un impatto minimo sulle piante e utilizza sistemi di energia solare e un sistema di purificazione dell’acqua per l’irrigazione.
Senza ulteriori indugi, passiamo al menù che propone piatti realizzati con ingredienti locali e di stagione, abbinati in maniera egregia ai vini che metteremo in evidenza.
L’uovo nero – La paura
Uovo biologico fritto con panatura al carbone vegetale su crema di Parmigiano Reggiano 24 mesi nera.
Lo Spumante Metodo Classico Alta Langa Docg Pas Dosé 2018, è prodotto da uve Chardonnay coltivate su terreni calcarei di marna e affina per oltre 50 mesi nelle antiche cantine della tenuta. Vanta un intenso aroma di lievito, crosta di pane e croissant. Regala al sorso una cremosità impeccabile e inaspettata, una freschezza che lascia un’impressione duratura che lo rende perfetto per questo piatto prelibato. È un’esperienza di beva davvero avvolgente. Non ostacolato da zucchero residuo, il suo carattere autentico risplende, rendendolo un compagno ideale.
Piazza zucca, funghi e tartufo
Crema di zucca, funghi trifolati, crema di Parmigiano Reggiano sul cornicione; all’uscita: tartufo e olio Evo
Il Langhe Doc Arneis Runcneuv 2023, coltivato attorno alla cantina, è un vero classico: fresco, con un aroma seducente di fiori e frutti delicati, di acacia e agrumi. Alla beva è vigoroso, ben strutturato e piacevolmente acido, lasciando una leggera traccia di nocciola. La sua eleganza floreale e fruttata, insieme alla sua freschezza saporita e morbida, rendono questo vino davvero delizioso.
Il Gavi Docg Aurora 2023, è un vino, dedicato alla moglie di Roberto, accattivante che si distingue per la sua intensa luminosità, la mineralità salina e le delicate note agrumate, tutti attributi derivati dal terroir unico. Prodotto da uve Cortese provenienti dai vigneti della Tenuta Manenti, incanta il naso con vivaci sentori di ananas, albicocca e pesca. Al palato, è rinfrescante, piacevole, con pronunciati sapori di mela verde che si fondono armoniosamente con le delicate sfumature di frutta tropicale. Fin dal primo sorso, è raffinato, autentico, cattura i sensi, rivela la sua bellezza e tessitura gustativa.
Pizza “La Matta” – La Rabbia
Ragù Napoletano, Parmigiano Reggiano 24 mesi grattugiato, basilico e germogli
Il Barbera d’Alba Doc Elena La Luna 2022 (premio Tre Bicchieri 2025), stavolta dedicato alla figlia,è prodotto da uve meticolosamente selezionate, che danno vita ad un profilo profondo, intenso e aromatico.
Questo vino offre un’armoniosa miscela di ciliegie scure, perfettamente intrecciate con note di mora matura, prugna rossa e vaniglia. La bocca è esaltata da tannini vellutati e da un impeccabile equilibrio tra acidità e dolcezza, culminando in un finale lungo, accentuato da sentori di liquirizia e anice.
Contemplativo, inebriante e stimolante.
Il Brasato
Brasato di manzo al vino rosso su purè di patate al burro di alpeggio.
Il Barbaresco Riserva Currà 2017, prodotto da uve Nebbiolo coltivate nella limitata area di produzione nota come “Currà”, passa il suo tempo in grandi botti di rovere per circa un anno. Questa particolare annata è stata colpita da una significativa grandinata in quella parte del vigneto, con conseguente produzione utilizzabile per la riserva molto ridotta.
Nonostante le condizioni difficili, le uve Nebbiolo hanno prodotto un vino fresco, elegante e composto. Nel calice si respirano sentori di rosa e violetta mentre al sorso i suoi tannini sono carezzevoli, offrendo un delizioso carattere speziato, con note di prugna, cioccolato, tabacco e pepe nero. Armonioso e piacevole.
La Fortuna
Torta Pastiera di grano e ricotta al profumo di arancio, limone e vaniglia, canditi all’arancio.
Il Moscato d’Asti Solatìo 2023, è uno dei vini rappresentativi della cantina, in quanto prodotto all’interno della denominazione Moscato d’Asti, prevalentemente nel vigneto Neviglie di Sorì Ciabot.
È dolce e aromatico che evita la pesantezza stucchevole grazie alla sua freschezza rinfrescante. Le invitanti note di frutta matura e miele si fondono in un bouquet eterogeneo e mellifluo, in cui prevalgono le sensazioni balsamiche di salvia.
Vini spumanti secchi italiani 2025 : Le “Cinque Sfere” e le tendenze del settore nella nuova guida SPARKLE
di Cristina Santini
Quest’anno, l’atmosfera di festa pervade tutti noi con l’apertura della ventitreesima edizione di Sparkle 2025, evento curato da Francesco d’Agostino, direttore responsabile della Rivista Cucina & Vini, che celebra il 25° anniversario della pubblicazione.
“Nel 1999, un gruppo di amici sommelier ha lanciato l’idea di creare una rivista nazionale, spinti dalla passione e da uno spirito giocoso. Venticinque anni fa, mia moglie Alessandra Marzolini e io abbiamo fondato questa pubblicazione. Nel tempo, il gruppo è cresciuto, concentrandosi principalmente sul vino, e il numero di sommelier è aumentato sotto la sua guida. A un certo punto, la nostra passione è diventata così forte che abbiamo deciso di rilevare la rivista e farla nostra.”
“Sparkle” è l’occasione perfetta per esplorare il mondo degli spumanti e discutere del presente e del futuro di un fenomeno che conta oltre un miliardo di bottiglie all’anno. I dati dipingono un quadro positivo: i numeri parlano da soli e le cifre delle esportazioni per questa categoria di vini continuano a crescere in modo incoraggiante. La produzione sta crescendo, superando le vendite, indicando una prospettiva ottimistica tra i produttori. Nonostante sia l’unico vino in crescita negli ultimi dieci anni, il consumo rimane stabile nei mercati tradizionali ma è in calo in patria (ne consumiamo meno ogni anno). Tuttavia, ci sono alcuni aspetti critici nel riepilogo di quest’anno.
Francesco D’Agostino ha continuato, notando due tendenze distinte. Nei distretti spumantistici del nord, la produzione continua a vedere una crescita media sostanziale, in particolare nell’intera regione subalpina e nelle zone principali. D’altro canto, è curioso che la produzione di vini Spumante VS e VSQ stia crescendo anche in tutta Italia, sebbene l’aumento sia più pronunciato nelle aree in cui possono essere utilizzate più denominazioni, il che è un dato interessante.
Utilizzare prodotti di dubbia qualità senza alcun legame a una denominazione per raccontare il proprio spumante comporta un rischio elevato. Sebbene in questo caso il brand aziendale possa prevalere, ciò non è sufficiente. Oggi è necessario creare gruppi coesi, con membri identificati da nome e cognome, che condividano un legame con il territorio.
Ci sono preoccupazioni critiche riguardo il prossimo Decreto sui vini dealcolati. Questo mercato in espansione potrebbe portare a un grande business per i vini italiani senza denominazione di origine (come DOCG, DOC e IGT), che rappresentano una grossa fetta del settore. Sebbene sia giusto soddisfare la domanda dei consumatori, è necessario codificare attentamente questi prodotti e, allo stesso tempo, difendere le altre categorie di vini di qualità.
Il direttore afferma che è una questione estremamente critica il fatto che alcune nazioni, come la Francia, vendano vini spumanti dealcolati a prezzi esorbitanti e che le persone li acquistino effettivamente. Questa situazione richiede che i distretti dello spumante facciano sforzi ancora maggiori per enfatizzare la loro identità unica. Il rischio è che i consumatori non si rendano conto che il prodotto che viene loro venduto ha un profilo basso ma ha un prezzo elevato semplicemente perché porta un marchio forte. Inoltre, anche il mercato italiano è pronto a essere inondato da questi prodotti, il che dovrebbe spingere i nostri produttori a impegnarsi in una profonda riflessione.
È necessaria anche una comunicazione più chiara ed energica, poiché manca una vera cultura del Prosecco, ad esempio. Tutto viene banalizzato e ridotto semplicemente alla parola “Prosecco”, che invece andrebbe identificata con la lettera maiuscola per sottolinearne l’importanza come denominazione di un territorio specifico. È fondamentale far comprendere bene questo aspetto.
Il 30 novembre è stata presentata al The Westin Excelsior Hotel di Roma la 23a edizione della guidaSPARKLE 2025 ai migliori vini spumanti secchi nazionali. Diamo un’occhiata più da vicino ad alcuni dati chiave sulla produzione dei vini italiani presenti in questa guida. Gli ultimi dati ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari) sulla stagione di produzione vinicola 2023/2024 confermano una produzione stabile e una situazione eccellente sia per i vini Metodo Classico che per quelli Metodo Martinotti, comprese le annate degli ultimi due o tre anni.
Una statistica curiosa è che il 25,02% della produzione totale è costituito da vini senza nome (Vino Semplice e Vino Spumante di Qualità), con una percentuale ancora più alta nelle regioni del Centro-Sud. Tuttavia, questa tendenza potrebbe giustificare una revisione per considerare l’utilizzo di Indicazioni Geografiche o altre denominazioni.
In termini di produzione (numero di bottiglie), i dati più notevoli sono i cali per Asti DOCG (-13,96%), Conegliano Valdobbiadene DOCG (-4,84%) e Alta Langa (-3,97%). Sorprendentemente, il Prosecco DOC, il vino più prodotto in Piemonte, ha superato negli ultimi anni l’Asti, rinomato a livello mondiale, registrando un aumento del 2,31%. Nel frattempo, Asolo DOCG continua a crescere costantemente (23,34%), così come Franciacorta DOCG (17,40%), mentre Trento DOC sta vedendo un progresso più graduale del 2,94%.
I dati ufficiali ISTAT che confrontano le esportazioni 2020/2024 sono incoraggianti. Il valore delle esportazioni è cresciuto in modo significativo in questo periodo, da 1.473 milioni di euro nel 2020 a 2.378 milioni di euro ad agosto 2024. Analogamente, il numero di bottiglie esportate è aumentato da 544 milioni nel 2020 a 741 milioni nel 2024.
Tuttavia, mentre la crescita del volume delle bottiglie ha superato la crescita del valore delle bottiglie, indicando una leggera diminuzione del valore medio per bottiglia. In altre parole, i volumi di produzione ed esportazione sono in aumento, ma il prezzo medio per bottiglia è diminuito leggermente. Nel complesso, i dati indicano una sana crescita delle performance delle esportazioni dell’Italia nel periodo 2020-2024.
La Guida di quest’anno presenta alcuni numeri interessanti: • 937 i vini selezionati, con 68 etichette in più della passata edizione; • ancora una volta la regina indiscussa è la Lombardia (339 vini), seguita da Veneto (260), Trentino (131), Piemonte (86); • le Denominazioni che governano questa dinamica sono aumentate rispetto allo scorso anno e sono la Franciacorta con 273 vini, Conegliano Valdobbiadene con 237, Trento con 129 e l’Alta Langa con 68; • I premi assegnati quest’anno includono 87 ambitissime sfere d’eccellenza, un traguardo importante e un obiettivo da mantenere nel tempo. La Lombardia è ancora una volta in testa con 33 allori, seguita dal Trentino con 19, dal Veneto con 16, dal Piemonte con 7, dall’Alto Adige e dall’Abruzzo con 3 ciascuno, dalla Puglia con 2 e dal Friuli Venezia Giulia, dalla Toscana, dal Lazio e dalla Sicilia con 1 sfera ciascuno.
Continua ad essere decretato, per la ventunesima volta, il “vino dell’emozione”, ovvero quel vino che seduce, il più emozionante ma non il super 5 sfere, che segue criteri di giudizio soggettivi e non fisiologici del gusto. Premiato a Sparkle 2025 il Franciacorta Riserva Nobile Alessandro Bianchi Rna 15 anni Extra Brut 2007 di Villa Franciacorta.
La Guida è inoltre arricchita dalla bacheca “Cinque Sfere”, che elenca le migliori aziende vinicole premiate che esemplificano la produzione costante e l’eccellenza delle migliori case spumanti italiane. Inoltre, c’è una sezione “acquisto attento” che presenta i vini con il miglior rapporto tra valutazione della guida e prezzo e una classifica che mostra le aziende che hanno ottenuto il maggior numero di riconoscimenti nel corso della storia di Sparkle.
La sezione “il tempo del vino” della degustazione “Vintage”, dedicata alle vecchie annate, offre un modo meraviglioso per comprendere l’evoluzione di un vino. Immergendosi completamente nel piacere, nella curiosità e nella scoperta di un mondo sconfinato, si può assaporare il vino senza impantanarsi in troppi tecnicismi. Grazie agli anni di esperienza maturata, Sparkle si è affermato come una guida ricca e affidabile nel variegato mondo degli spumanti italiani. Il suo volume è una lettura imprescindibile e un riferimento essenziale per orientarsi in questo effervescente settore.
Ecco l’elenco completo delle “5 Sfere” di Sparkle 2025 suddivise per Regione:
PIEMONTE • Alta Langa Bianc ’d Bianc Brut 2018 Giulio Cocchi • Alta Langa TotoCorde Brut 2018 Giulio Cocchi • Alta Langa Riserva Zero 140 Pas Dosé 2010 Enrico Serafino • Alta Langa Riserva Zero Pas Dosé 2018 Enrico Serafino • Alta Langa Riserva Cuvée 60 Mesi Brut 2013 Gancia • Soldati La Scolca D’Antan Brut 2012 La Scolca • Soldati La Scolca D’Antan Rosé Brut 2012 La Scolca
LOMBARDIA • Franciacorta Satèn Edizione 2020 Barone Pizzini • Franciacorta Pas Operé Extra Brut 2018 Bellavista • Franciacorta Riserva Palazzo Lana Extrême Extra Brut 2013 Guido Berlucchi • Franciacorta Rosé Extra Brut 2020 Bosio • Franciacorta Riserva Cuvée Annamaria Clementi Dosage Zéro 2015 Ca’ del Bosco • Franciacorta Riserva Cuvée Annamaria Clementi Rosé Extra Brut 2015 Ca’ del Bosco • Franciacorta Riserva Vintage Collection Dosage Zéro Noir 2015 Ca’ del Bosco • Franciacorta Nero Zero 2019 Colline della Stella • Franciacorta Blau Blanc de Noir Extra Brut 2016 Corte Aura • Franciacorta Riserva Raramè Dosaggio Zero 2012 Corte Aura • Franciacorta Rosé Brut Corte Fusia • Franciacorta Le Millésime Brut 2015 Derbusco Cives • Franciacorta Riserva 33 Non Dosato 2016 Ferghettina • Franciacorta Riserva Extra Brut 2016 Ferghettina • Franciacorta Satèn 2020 Freccianera Fratelli Berlucchi • Franciacorta Riserva Capitolo II Dosaggio Zero 2016 Le Vedute • Franciacorta Superno Dosaggio Zero 2016 Marzaghe • Franciacorta Satèn 2020 Mirabella • Franciacorta Satèn 2020 Mosnel • Franciacorta Riserva Villa Crespia Millè Brut 2014 Muratori • Franciacorta Satèn 2020 Tenuta Ambrosini • Franciacorta Ricciolina Satèn Terre d’Aenòr • Franciacorta Rosé Extra Brut 2020 Terre d’Aenòr • Franciacorta Comarì del Salem Extra Brut 2017 Uberti • Franciacorta Dequinque Cuvée 15 Vendemmie Extra Brut Uberti • Franciacorta Magnificentia Satèn 2020 Uberti • Franciacorta Cuvette Brut 2019 Villa Franciacorta • Franciacorta Diamant Pas Dosé 2019 Villa Franciacorta • Franciacorta Riserva Nobile Alessandro Bianchi Rna 15 anni Extra Brut 2007 Villa Franciacorta • Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero Riva Rinetti Pas Dosé 2019 Calatroni • Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero Dasdòt Pas Dosé 2019 Fradé • Lugana Brut Nature 2013 Perla del Garda • Mattia Vezzola Grande Annata Brut 2018 Costaripa
TRENTINO • Trento Riserva Collezione Luciano Lunelli Rosé Brut 2009 Abate Nero • Trento Riserva Graal Brut 2017 Altemasi • Trento Brut Balter • Trento Riserva Pas Dosé 2017 Balter • Trento Riserva 907 Extra Brut 2018 Cantina di Isera • Trento Riserva Brezza Riva Pas Dosé 2019 Cantina di Riva • Trento R Rosé Brut Cantina Rotaliana • Trento Riserva R Brut 2016 Cantina Rotaliana • Trento Riserva Oro Rosso Dosaggio Zero 2018 Cembra Cantina di Montagna • Trento 1673 Rosé Brut 2017 Cesarini Sforza • Trento Riserva Lunelli Extra Brut 2016 Ferrari Trento • Trento Riserva Masnen-Vignal Blanc de Blancs Extra Brut 2019 Klinger • Trento Riserva del Fondatore 976 Brut 2013 Letrari • Trento Riserva Dosaggio Zero 2019 Maso Martis • Trento Brut Nature 2018 Moser • Trento Riserva Tracce Extra Brut 2011 Moser • Trento Riserva Flavio Brut 2016 Rotari • Trento Maso Nero Dosaggio Zero 2019 Zeni • Trento Riserva Maso Nero Blanc de Noir Extra Brut 2017 Zeni
ALTO ADIGE • Alto Adige Riserva Extra Brut 2018 Arunda • Alto Adige Riserva 600 Blanc de Blancs Extra Brut 2018 Cantina Kurtatsch • Alto Adige Riserva 1919 Extra Brut 2018 Kettmeir
VENETO • Asolo Prosecco Superiore Extra Dry 2023 Commendator Pozzobon Rosalio • Valdobbiadene Rive di Colbertaldo Vigneto Giardino Asciutto 2023 Adami • Valdobbiadene Rive di Santo Stefano Dirupo Nazzareno Pola Etichetta del Fondatore Extra Dry 2023 Andreola • Valdobbiadene Rive di Soligo Mas de Fer Extra Dry 2023 Andreola • Valdobbiadene Superiore di Cartizze Dry 2023 Andreola • Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Rive di Soligo Extra Brut 2023 BiancaVigna • Valdobbiadene Prosecco Superiore BandaRossa Vigna di Collagù Extra Dry 2023 Bortolomiol • Valdobbiadene Prosecco Superiore Ius Naturae Brut 2023 Bortolomiol • Valdobbiadene Coste di Mezzodì Dry 2023 Col Vetoraz • Valdobbiadene Rive di Vidor Tittoni Dry 2023 La Tordera • Valdobbiadene Prosecco Superiore Cruner Dry Le Colture • Conegliano Valdobbiadene 20.10 Extra Dry 2023 Le Manzane • Valdobbiadene Prosecco Superiore Extra Dry Rebuli • Valdobbiadene Prosecco Superiore Rive di Farrò Particella 232 Extra Brut 2023 Sorelle Bronca • Lessini Durello Riserva Amedeo Évolution Pas Dosé 2012 Ca’ Rugate • Lessini Durello Riserva Amedeo Pas Dosé 2018 Ca’ Rugate
FRIULI VENEZIA GIULIA • Dom Jurosa Blanc de Blancs Extra Brut 2018 Lis Neris TOSCANA • Bolle di Borro Rosé Brut 2018 Il Borro LAZIO • Alarosa Rosé Brut Vigne del Patrimonio
ABRUZZO • Nicola Di Sipio Brut Di Sipio • Brut Marramiero • Rosé Brut Marramiero
PUGLIA • Daunia Bombino Bianco RN Brut 2019 d’Araprì • Gianfranco Fino Rosato Dosaggio Zero 2019 Gianfranco Fino
SICILIA • Etna Gaudensius Blanc de Noir Brut Firriato
“Non me la bevo” 2024: presentazione del libro e degustazione dei vini di Cascina Melognis al Mercato Centrale di Roma
di Cristina Santini
Pochi giorni fa, Matteo, Marco e Riccardo di Vinario4 hanno organizzato una serata di presentazione del libro “Non me la bevo” e degustazione di vini piemontesi. L’evento, moderato dal comunicatore del vino Jacopo Manni, ha visto la partecipazione di Michele Antonio Fino, professore UNISG, divulgatore giuridico e autore del libro presentato, nonché di Giampaolo Gravina, docente di Estetica del Vino presso il Master in Cultura del Vino dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e il Master in Filosofia del Cibo e del Vino dell’Università Vita & Salute di Milano, oltre che autore di diversi libri.
Michele Antonio Fino, viticoltore originario di Revello, nella regione Piemonte, ha recentemente pubblicato il libro intitolato “Non me la bevo – Godersi il vino consapevolmente senza marketing né mode”. Questo titolo stimolante riflette il suo ammirevole tentativo di contrastare le narrazioni distorte e i falsi miti che a volte hanno macchiato la comprensione del vino da parte del pubblico.
Il vino si trova in un’epoca complessa, con un glorioso passato ma incertezza sul futuro. In questo contesto, è difficile discernere cosa sia giusto o bello.
“Produco vino senza aver fatto studi enologici – ci racconta Fino – Sono passato da obiettore di coscienza a gestore delle vigne di famiglia, dopo 10 anni di sbagli e 14 anni di altre esperienze. Così è iniziata la storia di Cascina Melognis, 24 anni prima di assaggiare gli attuali vini di stasera.
Continuo a battermi contro narrazioni che influenzano troppo i giovani. Ho una crescente insofferenza verso storie spicce, mitologie tradizionaliste e narrazioni generose che inventano dettagli di charme quando mancano. Tanto che male c’è! Invece il male inquina la comprensione e la consapevolezza delle persone, ed è un grande peccato, dato che il vino non ha bisogno di scorciatoie per piacere.”
Tanti i discorsi che potremmo affrontare in questo spazio, tante le cose da dire. Per far capire meglio al lettore il significato di questo libro, riprendiamo il paratesto ovvero tutto quello che gira intorno al contenuto vero e proprio del libro e di cui affronteremo alcuni spunti.
“No, non è vero che il vino si è sempre fatto nello stesso modo dalla notte dei tempi. No, non è vero che il vino contadino è sempre meglio di quello industriale. Sì, fino a Pasteur, la riuscita del vino era affidata a buone pratiche, ma spesso senza che se ne conoscesse il senso. E ancora no, non è per nulla scontato che il vino naturale sia più naturale del vino trattato.
Si prenda nota che i vigneti europei hanno al massimo duecento anni, non millenni, perché purtroppo, a causa del diffondersi di alcuni parassiti, vennero quasi tutti distrutti a fine Ottocento. Poi, il vino si comincia a degustare a partire dalla corretta lettura dell’etichetta. E infine sì, un buon bicchiere di vino fa bene all’umore e alle relazioni; non si può semplicemente dire che faccia bene alla salute”.
Il primo capitolo di questo libro pone un interrogativo d’attualità: il vino che beviamo oggi è davvero lo stesso di un tempo, o è stato stravolto? È vero che il vino odierno non fa più bene perché il suo processo di produzione è cambiato, mentre il vino di una volta era benefico in quanto realizzato in maniera diversa?
“Il vino di oggi – continua l’autore – è stravolto perché 160 anni fa abbiamo scoperto come si produce. Per fare il vino come prima di Pasteur, oggi dovremmo essere persone che hanno seguito solo pratiche tradizionali, non sanno leggere e non hanno mai parlato con nessuno che abbia fatto vino con conoscenze enologiche. La tradizione è morta come ha scritto di recente Piercarlo Grimaldi. Cosa vuol dire? Vuol dire che oggi più niente passa per pura tradizione, cioè gestualità e oralità.
C’è sempre il medium della scrittura per cui non è più tradizione, è necessariamente anche educazione. Quindi oggi il vino non si può fare come 160 anni fa, si può decidere che pur sapendo tutta una serie di cose, non si fanno tutta una serie di cose. Quello stato di natura non è più recuperabile, dove è arrivata la cultura, la tradizione ha ceduto il passo.In tutto il mondo l’enologia è arrivata sulle ali della cultura e ha informato tutti i modi di fare il vino.”
Questa bevanda è una parte essenziale della cultura culinaria del nostro Paese, con una lunga e leggendaria storia che incarna significativi valori identitari. Alcuni hanno tentato di sfruttare queste narrazioni per commercializzare il prodotto in modo più attraente, anche con toni nazionalisti che lo legano a un’ipotetica identità mediterranea, in particolare italiana.
Il problema è che c’è un netto cambiamento prima e dopo il 1860, quando Pasteur, microbiologo francese al quale si deve l’epocale differente prospettiva dell’enologia moderna, comprese e dimostrò che la produzione del vino era una questione di microbiologia. Fino a quel momento, vi era un forte dibattito anche tra gli esperti a livello scientifico: alcuni sostenevano che il vino fosse una questione puramente fisica o chimica, e non microbiologica (ovvero i lieviti che trasformano gli zuccheri naturalmente presenti nell’uva in alcol).
Prima di quella data, le pratiche di produzione prevedevano tecniche ripetitive che avevano funzionato in passato. Tuttavia, dopo la pubblicazione degli studi di Pasteur, tutti hanno acquisito una comprensione scientifica della vinificazione. Ciò li ha portati a iniziare a produrre vini secchi applicando le stesse procedure standardizzate.
Per cui i vini sono diventati uniformemente limpidi, profumati e serbevoli. A un certo punto, non era più considerato “cool” produrre i vini intensi e torbidi che abbiamo assaggiato a questo evento, i due rifermentati in bottiglia di cui parleremo tra poco. Quando c’è predominio sul mercato, una nicchia diventa un porto sicuro.
Altra questione è che parlare di vino sui social media può essere impegnativo. Il semplice riferimento al “vino” non è più sufficiente, poiché il panorama ora comprende termini come biodinamico, biologico e naturale come potete trovare nel capitolo dedicato: biodinamica, biologico, vino naturale, dire soltanto vino non basta più. Il vino è diventato più di una semplice bevanda: è un prodotto attraverso il quale molte persone cercano di proiettare un’immagine di sé, piuttosto che semplicemente esplorare una regione o scoprire etichette che apprezzano veramente.
Le persone spesso bevono determinati vini per trasmettere un’immagine, un senso di appartenenza o una convinzione. Sebbene ciò sia comprensibile, ha anche trasformato il vino in un bene di consumo che richiede di difendersi dalle opinioni divergenti.
L’industria vinicola ha subito cambiamenti radicali dal 1992. L’idea che “non bevo vino biologico perché puzza” è superata. Il vino biologico, un tempo un prodotto di nicchia, è diventato sempre più mainstream, perdendo parte della sua esclusività. Ciò ha dato origine a nuove tendenze più estreme, poiché l’etichetta biologica non rappresenta più accuratamente i bevitori a cui era destinata.
In risposta, il movimento del “vino naturale” ha preso piede, frammentando ulteriormente il mercato in sottocategorie come vini artigianali, alchemici e antiscientifici. Da una prospettiva di mercato, questa frammentazione in nicchie e sotto-nicchie ha perfettamente senso: consente la fedeltà dei clienti e vendite garantite, indipendentemente dal contenuto effettivo della bottiglia.
I capitoli che affrontano il rapporto tra vino e salute, così come leggere le etichette sulle bottiglie, un argomento estremamente importante, sono interessanti da molteplici prospettive. L’autore continua il suo lavoro di demistificazione e diffusione di informazioni su questi argomenti. Così facendo, fornisce ai lettori ulteriori, preziosi strumenti per la comprensione e l’analisi futura.
I lettori rimarranno appassionati di vino, ma con maggiore consapevolezza. Tuttavia, continuiamo a dirci che “il vino fa buon sangue”.
Purtroppo tale consumo comporta senza ombra di dubbio rischi per la salute. Tuttavia, se siamo consapevoli di questi rischi e li accettiamo, è accettabile. La chiave è bere consapevolmente e responsabilmente. Ancora più importante, nessuno dovrebbe cercare di convincerci del contrario semplicemente evitando di discutere del problema.
“Stiamo tutti assumendo una sostanza psicotropa, che da dipendenza, che ha effetti sul nostro sistema complessivo documentati indubitabili, e che circola nel nostro sistema sanguigno per più o meno tempo a seconda di quanto ne beviamo. Per cui il rischio connesso all’alcol è dose correlato, quindi quanto più beviamo tanto più rischiamo. La scoperta degli ultimi anni è che non esiste la dose al di sotto della quale si possa dire qua è a rischio zero. E questo nonostante noi digeriamo l’alcol.”
Allora come si concilia il consumo di una bevanda alcolica come il vino con il concetto di salute? Ovviamente non con il concetto di salute come assenza di malattia, non si può fare è sleale. Il vino non fa bene; semplicemente facciamo scelte che comportano aumento di rischi, ma che ci definiscono, fanno parte della nostra identità, perché se non possiamo farle siamo infelici. Bere vino è una scelta libera (quindi non essere dipendenti e poter scegliere) e consapevole (decidere di consumare necessariamente in moderazione sapendo le caratteristiche che ha questo consumo e le conseguenze che comporta). Tutto il resto è marketing!
Di fatto, il produttore inserisce avvertenze su ogni etichetta, anche se non obbligatorie, per essere trasparente. Non c’è motivo di temere la chiarezza, poiché i recenti crolli di mercato non sono stati causati dalle indicazioni in etichetta dei rischi connessi al consumo di alcol adottate dall’Irlanda, come alcuni sostengono. Piuttosto, si tratta di un esperimento sociale non propriamente controllato, come afferma Michele Fino.
Affrontiamo l’altro concetto, quello del “vino contadino” che ovviamente si è evoluto negli anni. Un tempo era visto, alla Soldati, come il prodotto artigianale di produzione limitata, senza l’uso di macchinari per la vinificazione o persino di etichette (il che gli conferiva ulteriore credibilità agli occhi di quegli esploratori alla ricerca di un qualcosa di veramente speciale).
In seguito, nel senso di Veronelli, è arrivato a significare “genuino“, in netto contrasto con la manipolazione e la standardizzazione del vino industriale. Sfortunatamente, questa definizione è stato fraintesa e confusa, arrivando a essere associata al vino prodotto senza mezzi tecnici o competenza, una perversione da cui persino i pionieri del movimento del vino naturale hanno recentemente cercato di prendere le distanze.
Passiamo alla presentazione della cantina e alla degustazione dei tre vini in vetrina: Cascina Melognis, sotto l’egida dell’Azienda Agricola Vanina Maria Carta, moglie di Michele Fino, che insieme hanno rilanciato la viticoltura in questa parte del nostro Paese.
Fondata alla fine del 2008, l’Azienda è situata all’ingresso della Valle Po, incastonata tra le colline di terra rossa di Saluzzo e il confine di Revello. In tempi antichi, queste terre erano rinomate per la loro acclamata produzione vinicola. Tuttavia, nel corso dell’ultimo secolo, fattori come l’epidemia di fillossera, l’aumento della coltivazione intensiva di frutta e la vicinanza alla regione delle Langhe, hanno gradualmente ridotto i terreni disponibili per i vigneti.
Le note di degustazione anticipano i colori luminosi e gli aromi intensi e distintivi. In Piemonte, la percezione dei vini spumanti si è evoluta negli ultimi anni, grazie a tendenze emergenti come i vini rifermentati in bottiglia . Questi offrono un profilo aromatico e un approccio gustativo differente che si sposa bene con i salumi e attraggono le generazioni più giovani che potrebbero non condividere l’entusiasmo per gli stili tradizionali.
Ha un bel colore rosso trasparente, con un naso preciso, simile alla fragolina di bosco, con note di salvia, pepe e chiodi di garofano. C’è una speziatura rinfrescante, insieme a sentori di eucalipto, rosa e arancia rossa. Al palato, dovrebbe essere preso a sorsi pieni senza esitazione: eloquente, liscio e senza alcuna particolare astringenza.
Il sorso salino ti invita a salivare e immaginare qualcosa da abbinare. Mostra una consistenza sferica e vellutata, con una dolcezza iniziale, ma è anche vibrante e sorprendente nella sua vivacità. Il finale è senza sforzo, aggraziato, con un tannino leggero che pulisce il palato.
Il pelaverga è un vitigno a bacca grande, dal colore incerto che matura molto tardi, tanto quanto il nebbiolo. Ha una bassa acidità e una buccia molto sottile, il che lo rende piacevole da mangiare.
Subisce una fermentazione spontanea, con un periodo di macerazione di 10 giorni e due rimontaggi giornalieri. È invecchiato in acciaio e imbottigliato sei mesi fa.
Cà Melò rosèPet Nat2023
E’ un frizzante davvero accattivante che rifermenta interamente in bottiglia durante i mesi primaverili: l’enologo aggiunge un tocco di mosto d’uva fresco, quindi sigilla la bottiglia con un tappo a corona e lascia che il vino faccia il resto. Questa delicata fermentazione a bassa temperatura si traduce in un calice vivace ed effervescente, ma straordinariamente morbido e accessibile al gusto.
La base è composta principalmente dall’uva locale Neretta cuneese, una varietà altamente produttiva che conferisce un colore delicato, color salmone, non soggetta a riduzione.
Una piccola percentuale di uve Barbera e Chatus coltivate nello stesso vigneto aggiunge un ulteriore strato di intensità aromatica e struttura. Sviluppa un perlage fine e delizioso e un complesso bouquet di frutta secca, pompelmo rosa e pane appena sfornato.
In entrata, la sua qualità dolce e zuccherina è perfettamente bilanciata da un’acidità rinfrescante e da una struttura tannica sottile e integrata. L’effervescenza danza continuamente sulla lingua e influenza il profilo aromatico complessivo in modo progressivo, lento e meditativo.
Cà Melò bianco Pet Nat 2023
Mette in mostra le caratteristiche uniche della Malvasia moscata, altra varietà autoctona che, attraverso un processo di rifermentazione, sfoggia una deliziosa effervescenza che aggiunge un elemento giocoso e vivace all’esperienza di degustazione. Il suo potenziale aromatico interagisce magistralmente con i lieviti e con il tempo in bottiglia, creando un profilo davvero sfaccettato.
Il vino offre un bouquet inebriante di fiori d’arancio, pesca matura e basilico fresco, un’accattivante fusione di note floreali, fruttate ed erbacee che stuzzica immediatamente i sensi.
Al palato, è altrettanto seducente, con una sensazione sostanziosa per gentile concessione di lievito vivace e una struttura rustica e tannica che conferisce una dimensione terrosa e saporita. Il carattere persistente del basilico si mescola con una salinità distintiva, evocando l’essenza di una birra in stile saison. In tutto, un’effervescenza delicata e persistente aggiunge un carattere arioso ed etereo all’esperienza complessiva di bevuta, conferendo un innegabile senso di eleganza.
BEVIAMOCI SUD – VI EDIZIONE 7, 8, 9 Dicembre 2024 – Grand Hotel Palatino, Roma
redazione – Carol Agostini
Riserva Grande è lieta di annunciare il ritorno di Beviamoci Sud, l’evento dedicato ai grandi vini del Sud Italia, giunto alla sua sesta edizione. Dal 7 al 9 dicembre 2024, presso il Grand Hotel Palatino, nel cuore di Roma (via Cavour 213/M, Rione Monti), vi aspetta una manifestazione imperdibile che celebra l’eccellenza della viticoltura del Meridione.
Un’esperienza unica tra banchi di assaggio e masterclass
Con oltre 100 espositori, tra consorzi, grandi e piccole cantine, e più di 300 vini in degustazione, Beviamoci Sud offre un’occasione straordinaria per scoprire il potenziale di una delle aree vitivinicole più affascinanti del mondo.
L’evento si distingue per il suo approccio didattico, con 4 masterclass esclusive che approfondiscono storia, cultura e tradizioni delle terre del Sud Italia.
LE MASTERCLASS DA NON PERDERE
Verticale storica del Fiano di Avellino – Celebriamo il ventennale della cantina Rocca del Principe di Lapio con una verticale imperdibile guidata dal maestro Ercole Zarrella.
I Sapori dei Castelli Romani – Una masterclass che unisce cibo e vino, presentando ben 17 produttori dei Castelli Romani.
La Sardegna enoica – Un viaggio nei terroir sardi con il Movimento Turismo del Vino Sardegna, alla scoperta dei migliori vini di ogni zona dell’isola.
Il Nero di Troia – Per la prima volta a Roma, l’Associazione Terre d’Alta Puglia racconta le sfumature di questo vitigno straordinario.
Novità 2024: i vini in vendita direttamente in loco!
Quest’anno, sarà possibile acquistare i vini degustati direttamente all’evento, a prezzi scontati.
PROGRAMMA DELL’EVENTO
Sabato 7 Dicembre 2024
14:00: Apertura banchi di assaggio
14:00: Masterclass – Verticale storica Fiano di Avellino
18:00: Masterclass – I Sapori dei Castelli Romani
20:00: Chiusura banchi di assaggio
Domenica 8 Dicembre 2024
14:00: Apertura banchi di assaggio
14:30: Masterclass – La Sardegna enoica
18:00: Masterclass – Terre d’Alta Puglia e il Nero di Troia
20:00: Chiusura banchi di assaggio
Lunedì 9 Dicembre 2024
11:00: Apertura banchi di assaggio
14:00: Premiazione Concorso “Eccellenze di Beviamoci Sud”
16:00: Premiazione Concorso “Ambasciatori di Beviamoci Sud”
17:00: Chiusura banchi di assaggio
MODALITÀ DI INGRESSO
Ingresso all’evento: €25 (acquisto presso il desk accoglienza).
Biglietto ridotto (€20) per gli amici di Riserva Grande e per i sommelier (previa comunicazione o convenzione).
Masterclass acquistabili, salvo disponibilità, presso il desk dell’evento.
ULTERIORI EVENTI IN PROGRAMMA
13 Dicembre 2024: Verticale di Barolo “Aurelio Settimo” (Barolando).
17 Dicembre 2024: Cena di Natale Riserva Grande.
Per maggiori dettagli sui vini in degustazione e costi delle masterclass, visitate il sito ufficiale: www.riservagrande.com.
Non mancate a questa tre giorni di cultura, tradizione e passione per il vino del Sud Italia.
Vi aspettiamo per vivere insieme un’esperienza indimenticabile!
Riserva Grande Academy
Marco, Andrea, Luciano e tutto lo staff di Beviamoci Sud
Berebene 2025: 34° edizione della Guida del vino dal miglior rapporto qualità prezzo secondo Gambero Rosso
Di Cristina Santini
Si è conclusa ieri, 18 novembre, a Palazzo Brancaccio a Roma con la chiusura della degustazione al banco d’assaggio, la presentazione della nuova edizione della guida “Berebene 2025” – I Migliori Vini d’Italia sotto i 20 euro, curata da William Pregentelli e dal team del Gambero Rosso sotto la direzione di Lorenzo Ruggeri.
Il Bere Bene quest’anno ha raggiunto un nuovo record, con 937 etichette premiate che soddisfano sia il gusto che il budget. In particolare, 92 di questi hanno un prezzo inferiore ai 10 euro, e la selezione comprende 6 premi nazionali e 21 premi regionali, in rappresentanza di ciascuna delle regioni vinicole italiane.
Lorenzo Ruggeri, Direttore del Gambero Rosso, racconta:
“Questa mattina ho esaminato attentamente i dati Istat sull’export vinicolo. Sorprendentemente, nel 2024 la bilancia commerciale risulta in attivo, addirittura del 4%, con il valore delle esportazioni che cresce più dei volumi. Gli Stati Uniti, mercato storico di riferimento, stanno attualmente performando bene, con un prezzo di riferimento relativamente basso di 3,46 euro al litro. Ciò indica che abbiamo ancora del lavoro da fare, poiché rimaniamo un paese concentrato sulla quantità. Mentre è vero che le generazioni più giovani bevono meno alcol, le abitudini di consumo della mia generazione e di quella di William erano molto diverse 18 anni fa. All’epoca non si acquistavano vini di fascia alta, né si spendeva tanto per il vino quanto si spende oggi.
Il consumo di vino tende a coincidere con alcune fasi della vita, ad esempio quando le persone hanno un reddito più elevato, mettono su famiglia o raggiungono un punto di maggiore stabilità finanziaria. Questo perché il vino è spesso associato a determinati valori e momenti significativi nella vita. Questa guida all’accessibilità del vino deve continuamente sperimentare e comunicare le sue informazioni in modo altamente efficace. Nonostante le sfide, l’industria vinicola richiede ancora uno sforzo concertato da parte di giornalisti e produttori per comprendere appieno il panorama attuale e fornire approfondimenti significativi.”
William Pregentelli, curatore della guida, spiega che i modelli di consumo del vino stanno cambiando. Osserva che il consumo giornaliero sta diminuendo, probabilmente a causa dello stile di vita moderno più veloce rispetto a 20, 30 o 40 anni fa. Inoltre, il vino sta diventando più un’esperienza sociale e celebrativa da gustare fuori casa piuttosto che all’interno. Di conseguenza, l’apertura di una bottiglia a casa è in calo, mentre il consumo nei ristoranti e nei bar è in aumento. Dovremmo infatti riflettere su queste tendenze di consumo in evoluzione.
L’edizione di quest’anno ha mantenuto la struttura dello scorso anno, che ha subito un’importante revisione e presenta un’ampia carta dei vini con 937 recensioni e valutazioni fino ai centesimi, novità dell’anno precedente. Si tratta della più grande edizione del “Bere Bene” fino ad oggi.
La denominazione più premiata è la Barbera d’Asti, con 16 vini, in testa ai riconoscimenti del Piemonte come la regione con la migliore selezione per il consumo di qualità, vantando 112 vini. Seguono il Veneto con 92 vini e la Toscana con 84.
Si tratta di vini etichettati impropriamente come “base”, eppure dimostrano come la serietà di un’azienda si misuri dalla qualità di queste etichette. Non è necessario cercare i vini più costosi per gustare un buon vino: queste opzioni più convenienti possono comunque catturare l’identità di una regione vinicola, i tratti distintivi di un vitigno e la filosofia di produzione di un enologo o di un’azienda vinicola.
La guida non solo evidenzia la qualità e l’economicità, ma presenta anche vini di grande carattere e tipicità. I vini degustati ai banchi d’assaggio offrono freschezza, ottima bevibilità e memorabili note di frutta o terziarie. Seppur giovanili di età, sono di notevole fascino, rispettando i vitigni e i terroir da cui provengono. In sostanza, si tratta etichette da bere tutti i giorni. Questo è l’obiettivo della guida.
Novità a breve
Il sito del Gambero Rosso è stato completamente rivisto e ottimizzato per una fruizione mobile. La grafica e alcuni elementi chiave sono stati aggiornati per migliorare la lettura. Inoltre, oltre un mese fa è stata lanciata la piattaforma OTT di Gambero Rosso TV, che offre una vasta libreria di contenuti, tra cui reportage dall’Italia e dal mondo, talent show, ricette e viaggi. È inoltre possibile visualizzare il canale lineare di Gambero Rosso TV sul digitale terrestre al canale 257. In questo modo, gli utenti possono accedere ai contenuti ovunque si trovino. Saranno pubblicati tre nuovi contenuti a settimana, e da gennaio verranno introdotti ulteriori contenuti completamente nuovi.
L’ultima proposta è un corso on-demand di 150 ore dal titolo “Il vino del futuro”, sviluppato in collaborazione con il Professor Scienza. Il programma in quattro moduli copre una gamma completa di argomenti critici, dall’agronomia alla comunicazione e includono lo storytelling, il linguaggio, l’uso efficace dei social media e la massimizzazione dell’identità digitale del marchio attraverso i canali essenziali di oggi.
Concludiamo con i dati essenziali:
937 vini premiati di cui 64 spumanti e frizzanti, 412 vini bianchi, 69 vini rosati, 377 vini rossi, 15 vini dolci.
6 Premi Nazionali:
Miglior Bollicina: La Matta Dosaggio Zero ’23, Casebianche
Miglior Bianco: Falerio Pecorino Maree ’23, Madonnabruna
Miglior Rosato: FCO Pinot Grigio Ramato ’23, Sirch
Miglior Rosso: Chianti Cl. ’21, Borgo Salcetino
Miglior Dolce: Canelli Tenuta del Fant ’23, Il Falchetto
Miglior Vino sotto i 10 euro: Barbera d’Asti Sup. Savej ’21, Terre Astesane
21 Campioni Regionali:
Valle d’Aosta: VdA Petite Arvine ’23, Les Crêtes
Piemonte: Barbera d’Asti Sup. I Tre Vescovi ’22, Vinchio Vaglio
Liguria: Riviera Ligure di Ponente Vermentino ’23, Durin
Lombardia: RGC Groppello ’23, Cantrina
Trentino: Trentino Riesling ’23, Maso Poli
Alto Adige: A. A. Pinot Bianco ’23, Kettmeir
Veneto: Bardolino Montebaldo Delara ’22, Guerrieri Rizzardi
Friuli Venezia Giulia: FCO Pinot Bianco ’23, Roberto Scubla
Emilia Romagna: Romagna Albana Albena ’23, Assirelli
Toscana: Chianti Colli Fiorentini Sorrettole ’22, La Querce Marche: Bianchello del Metauro Sup. Rocho ’22, Roberto Lucarelli Umbria: Spoleto Trebbiano Spoletino ’23, Le Cimate Lazio: Lepino ’20, Donato Giangirolami Abruzzo: Cerasuolo d’Abruzzo Baldovino ’23, Tenuta I Fauri Molise: Molise Tintilia ’21, Tenute Martarosa Campania: Rosato ’23, Cenatiempo Basilicata: Aglianico del Vulture Synthesi ’20, Paternoster Puglia: Terra d’Otranto Negroamaro Notte Rossa ’22, Terre Di Sava Calabria: Cirò Rosso Cl. Sup. Colli del Mancuso Ris. ’21, Ippolito 1845 Sicilia: Sicilia Giato ’23, Centopassi Sardegna: Vermentino di Sardegna Chlamys ’23, Tenute Fois – Accademia Olearia
Gambero Rosso e il Consorzio Vini Toscana uniti in un evento di territorio
Di Cristina Santini
Nel mese di ottobre, il Gambero Rosso e il Consorzio Vino Toscana hanno ospitato un evento per celebrare i vini IGT Toscana, i Supertuscan, una categoria di cui si parla molto da oltre 30 anni, ma che aveva già segnato il rinnovamento del vino italiano nei primi anni ’70.
Durante la degustazione tenutosi presso l’Academy di Roma, Marco Sabellico del Gambero Rosso ha presentato e discusso 23 etichette di vino. Al suo fianco Stefano Campatelli, Direttore di uno dei più grandi consorzi vitivinicoli italiani, ha condiviso la visione del consorzio per il futuro e le sue importanti potenzialità di crescita.
“Il Consorzio Vino Toscano IGT ha una lunga storia, ma è un’impresa relativamente giovane”, afferma il Direttore. “Se la denominazione IGT Toscana è nata oltre 30 anni fa, poco è stato fatto per promuoverla e non c’era praticamente nessun consorzio attivo a rappresentare i produttori. Tuttavia, negli ultimi tre anni, abbiamo lavorato duramente per riunire tutti i produttori e capitalizzare davvero questa indicazione geografica, poiché crediamo fermamente che il nome Toscana meriti di essere celebrato al meglio”.
La denominazione Indicazione Geografica offre una flessibilità significativamente maggiore rispetto alla classificazione di Denominazione di Origine Controllata (DOC). I produttori possono lavorare con uno qualsiasi dei 97 vitigni autorizzati nella regione, ad eccezione dei vini spumanti. Ciò nondimeno, è stata presentata al Ministero una modifica al disciplinare di produzione e si spera che entro l’annata 2025 saranno consentiti sia il metodo Martinotti che quello Classico.
Il Consorzio Vino Toscano ha ricevuto il riconoscimento ufficiale dal Ministero delle Politiche Agricole, della Sovranità Alimentare e delle Foreste con Decreto n. 423141 del 21 agosto 2023. Questo importante traguardo segna il completamento con successo del progetto di rinnovamento avviato nel 2019, in concomitanza con l’inizio della presidenza di Cesare Cecchi.
Se tutto ciò che è stato raggiunto finora è un punto di partenza, di pari importanza è la realizzazione di iniziative promozionali per aumentare ulteriormente la conoscenza e l’apprezzamento dei vini Toscana IGT sia a livello nazionale che globale. Si tratta di un nuovo ruolo per il Consorzio, che andrà ad integrare le già consistenti responsabilità di gestione, tutela e promozione dei vini Toscana IGT.
Facciamo chiarezza. Per essere riconosciuto dal MASAF, un Consorzio deve rappresentare almeno il 35% dei produttori e il 51% della produzione della Denominazione o Indicazione Geografica Protetta che intende tutelare. Il Consorzio Vino Toscana supera significativamente questi requisiti, rappresentando oltre il 39,5% dei produttori e più del 58% della produzione.
La Toscana IGT comprende l’intera Regione, con oltre 1.500 aziende imbottigliatrici, un numero molto significativo. Una realtà, con oltre 13.000 ettari vitati e una produzione media annua di quasi 100 milioni di bottiglie ripartita in vini rossi 77%, vini bianchi 18%, vini rosati 5%. Per cui è quasi diventato obbligatorio considerare seriamente le strategie di crescita. Il rendimento degli Igt supera i 495 milioni di euro, con una ripartizione del 31% sul mercato italiano e il 69% verso l’export. Sensibile l’evoluzione delle vendite estere negli ultimi 10 anni, con un +126%. I principali mercati esteri sono l’Europa (46%), gli Stati Uniti (33%) e l’Asia (6%). Il restante 15% è distribuito su tutte le altre aree geografiche.
Nel 1992 è stato istituito il sistema dei vini IGT, che ha finalmente previsto una denominazione formale. Tuttavia, molti di questi vini iconici sono stati creati prima di questa data. Ad esempio, il Sassicaia di Incisa della Rocchetta, così come la lunga serie di vini “Supertuscan” di produttori come Antinori, si erano già distinti utilizzando vitigni internazionali come Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Chardonnay, Sauvignon Blanc e Syrah. Questi erano gli unici vitigni dell’epoca in grado di attrarre costantemente il mercato internazionale e di godere di un prestigio diffuso. Di conseguenza, le cantine di tutta Italia hanno iniziato a piantare queste stesse varietà nello stesso periodo, anche prima che entrasse in vigore la classificazione formale IGT.
Comunque, qualcuno non si rassegnava a vedere il declino del vero Sangiovese di Montalcino – quello con la buccia spessa e i grappoli piccoli. La ricostruzione viticola e la nascita dei vari cloni di Sangiovese è una storia recente; negli anni ’70, nessuno sapeva cosa significasse. Solo negli anni successivi si è cominciato a lavorare seriamente sul Sangiovese, ma ci sono voluti più di dieci anni per produrre vini di rilievo.
Degustazione 23 Etichette Igt Toscana
Questa masterclass è una delle prime del suo genere nelle attività di promozione regionale e i vini presentati questa serata rappresentano la diversità e il potenziale di questa denominazione: diversi vitigni, stili diversi e abbondanti possibilità.
Data la qualità costantemente elevata dell’intera gamma, condividerò solo le mie impressioni più significative. Poiché non mi piace assegnare punteggi e non esiste una classifica personale, le note di degustazione saranno presentate in ordine numerico di servizio. Complessivamente, i vini mostrano una gamma di sapori espressivi, alcuni dei quali sono più tenui e meno impattanti di altri. In alcuni casi, il frutto è messo in ombra dall’uso del legno, mentre in altri i vini sono vere gemme vitivinicole, dei capolavori.
1. Quattro chiacchiere a oltrepoggio, Chardonnay 2022, Colognole in Pontassieve. Azienda della famiglia dei Conti Spalletti Trivelli, proprietaria da oltre 150 anni della moltitudine di case coloniche al suo interno che oggi prende il nome di Country Wine Estate Colognole. Il vigneto si trova a 330 metri di altitudine a La Rufina, una zona situata nei pressi di Firenze.
Fermentazione malolattica svolta, maturazione per un quarto in acciaio e il resto in barrique. Dopo un lungo periodo di invecchiamento in bottiglia, il vino mostra un bouquet di frutta a polpa bianca, acidità tonificante, tannini setosi, freschezza, mineralità e note di nocciole e pepe bianco. Al palato, offre un’esperienza di beva lunga, ampia ed espansiva.
2. Acciaiolo 2020 Cabernet Sauvignon, Castello di Albola in Radda in Chianti, appartenuta alle più nobili famiglie della Toscana, oggi di proprietà della Famiglia Zonin.
3. Farnito 2019 Cabernet Sauvignon, Carpineto.
Acclamata a livello internazionale, la Cantina è stata fondata da due enologi concentrati sulla produzione di vini per l’esportazione. Giunta alla seconda generazione di viticoltori, attualmente possiede 220 ettari di vigneti nelle zone più prestigiose della Toscana, tra cui Montalcino, Montepulciano e Chianti e produce 3,5 milioni di bottiglie all’anno.
Il vino presenta un’intensa ricerca di austerità, con un importante carattere tannico che contribuisce a una struttura piena, ricca e verticale. Il colore è nitido e molto pulito, con sfumature viola decise e note erbacee tipiche del vitigno, oltre a sentori di sottobosco. La complessità aromatica è data dall’utilizzo di botti di diverse dimensioni, tra cui grandi botti, tonneau e piccole botti di secondo passaggio.
5. Arcanum 2019, Cabernet Franc, Tenuta di Arceno.
Situata nella parte meridionale del Chianti Classico, a Castelnuovo Berardenga, la tenuta, di proprietà di un’influente famiglia americana, oggi produce vini eccellenti. Questo grazie al coinvolgimento di giovani enologi italiani che lavorano a fianco della consulente francese Pierre Seillan, su terreni argillosi.
Il vino mostra note di liquirizia, erba tagliata e prugna, mantenendo una tensione piacevolmente acida e una grande eleganza. Sebbene manchi del carattere vegetale tipico dell’uva, l’uso sapiente del legno, dell’invecchiamento e della macerazione da parte dell’enologo ha prodotto un vino di impressionante profondità, morbidezza e raffinatezza. La qualità sapida è ben integrata, mai prepotente, e la freschezza è splendidamente bilanciata in tutto.
7. Guardiavigna 2019 Cabernet Franc biologico e biodinamico, Podere Forte, nella regione della Val d’Orcia, a Castiglione d’Orcia.
500 ettari allevati su un terreno scistoso vitale con una presenza di argilla, di proprietà dell’imprenditore milanese Pasquale Forte dove uomini, piante e animali coesistono armoniosamente, rendendo il tutto autosufficiente e sostenibile. I vini maturano in legni nuovi, soprattutto in tonneaux al posto delle barrique.
Questo vino offre un intenso aroma di ciliegia e frutti rossi, con un carattere fresco e raffinato e un colore non troppo forte. L’espressione complessiva è di eleganza e finezza, con un risultato eccellente. I tannini sono fini e setosi, con note di cacao. Succoso e carnoso al palato, dona una sensazione morbida e avvolgente, raffinata.
8. Auritea 2018 Cabernet Franc in biologico, Tenuta Podernovo appartenente alla Famiglia Lunelli, nel comune di Terricciola, all’interno della pregiata ed emergente zona vinicola delle colline pisane, a pochi km dalla costa toscana.
10. Oreno 2022 45% Merlot, 40% Cab. Sauvignon, 10% Cab. Franc, 5% Petit Verdot, Tenuta Sette Ponti in Castiglion Fibocchi, Arezzo. Una storia antica: dalla Casa Reale Savoia-Aosta alla Famiglia Moretti Cuseri.
11. Prima Pietra 2021 50% Merlot, 35% Cab. Sauvignon, 15% Cab. Franc, Tenuta Prima Pietra.
Situato a nord di Bolgheri a Riparbella, questo resort di prim’ordine si estende su ben 200 ettari, di cui 11 dedicati ai vigneti e il resto ricoperto di foresta. Ciò che distingue Prima Pietra è il suo vigneto elevato, situato a un’altitudine di 450 metri, il più alto lungo la costa toscana.
Cecilia Leoneschi, rinomata enologa, ha creato questo vino ben bilanciato e raffinato. Esalta il frutto del Merlot, la speziatura del Cabernet Franc e sfumature di cioccolato, erba appena tagliata e bacche rosse. Il vino è prodotto con un uso giudizioso di rovere di qualità, parte del quale è nuovo. Nel complesso, questo è un vino delizioso e armonioso da gustare.
12. Ghiaie della Furba 2020, 40% Cab. Sauvignon, 25% Merlot, 35% Syrah, Tenuta di Capezzana in Carmignano della Famiglia Contini Bonacossi.
13. Monteti 2019, 55% Petit Verdot, 25% Cab. Sauvignon, 20% Cab. Franc, Tenuta Monteti della Famiglia Baratta.
Questa storica dimora, adagiata sulle colline della Maremma meridionale nei pressi di Capalbio, custodisce 30 ettari circondati da vasti boschi e accarezzati dalle dolci brezze che lambiscono l’intera valle.
Naso accattivante in un mix di fresche note mediterranee, sentori di erbe selvatiche, muschio e un sottile carattere salino che riflette la sua posizione vicina al mare. Un delicato carattere speziato e la maturazione in un mix di botti di rovere francese nuove e usate conferiscono complessità. I tannini sono maturi e vellutati, sostenendo un finale lungo e generoso che smentisce il suo contenuto alcolico del 14,5%. Un vino straordinariamente profondo e ricco.
14. Banditaccia 2023, Ciliegiolo, Le Rogaie in Magliano in Toscana.
15. Il Poderone 2021, Ciliegiolo di anfora, Terre dell’Etruria.
Questa è una cooperativa di 3.660 aziende agricole associate, rappresentando la più importante realtà imprenditoriale del settore agricolo in Toscana. Per quanto riguarda il settore vitivinicolo, conta 70 soci con circa 100 ettari vitati che conferiscono tutta la loro uva all’unica cantina della cooperativa, situata a Magliano (GR) e nota come Poderone.
L’esperienza è estremamente gradevole e intensa, con un bouquet che si avvicina a sottili note affumicate e a una speziatura emergente, piuttosto che al caratteristico aroma di ciliegia. Entra nel palato in modo fluido e aggraziato, con un carattere fresco e un piacevole contrasto saporito prolunga il sorso sottolineando la bevibilità disarmantemente facile del vino. Energia gustativa da vendere.
16. Il Legato 2020, Mammolo, Azienda Agricola Cincinelli posizionata nel territorio del Chianti, sulle colline che sovrastano la città di Capolona, piccolo paese a poca distanza da Arezzo.
Questa varietà storica e tradizionale di uva, un tempo utilizzata come componente complementare nei blend di Montepulciano, è ora vinificata da sola, producendo un vino di notevole freschezza. Ha un livello moderato di antociani, che forniscono colore, ed è fermentato in vasche di acciaio prima di invecchiare per un anno in grandi botti di rovere francese.
Presenta note di frutto, spezie ed erbe aromatiche, con un piacevole bilanciamento di dolcezza e acidità data dal balsamico. Al palato è ampio, elegante e delicato, con sentori di more, mirtilli neri e uvetta. Un’interessante interpretazione del vitigno.
19. Modus 2020 55% Merlot, 20% Sangiovese, 25% Cab. Sauvignon, Ruffino 1877 prodotto nella Tenuta di Poggio Casciano, cuore pulsante dell’Azienda. Della Famiglia Folonari in partnership con Icon Estates, nota realtà californiana di proprietà dell’azienda statunitense Constellation Brands.
23. Solengo 2019, Cabernet Sauvignon, Petit Verdot, Merlot e Sangiovese, Tenuta di Argiano, all’epoca della Famiglia Marone Cinzano, oggi nelle mani dell’imprenditore Bernardino Sani.
Il grande Supertuscan, l’eredità di G. Tachis per Montalcino, è un vino di potenza e longevità. Il legno è perfettamente integrato con il frutto, dando vita a un carattere fresco e vibrante. Note di confettura di amarene e foglie di peperone si mescolano a sentori di tabacco. Al palato, i tannini saporiti regalano una struttura potente ma elegante. Il naso è sorprendentemente ricco, raffinato e armonioso: non un singolo elemento è fuori posto. I tannini setosi creano un equilibrio meraviglioso e un’esperienza straordinariamente bevibile.
Abbinamenti con i meravigliosi piatti colorati dello Chef Marco Brioschi:
Uovo morbido, Cavolo nero e Alici
Funghi, Topinambur e Castagne
Trippa, Fegatini, Cannellini e Olive
Ravioli di Cinghiale, salsa verde e fonduta di Pecorino
2024 Quando l’arte incontra il gusto: il Ristorante Bujar e la Kantina Balaj di Valona in un match di abbinamenti cibo vino
di Cristina Santini
Immerso sotto le imponenti palme del lungomare di Valona in Albania, dopo una passeggiata tra la vivace gamma di bar e ristoranti, si trova il Ristorante Bujar, guidato dal fantasioso e innovativo Chef Bujari, il cui appassionato impegno nel mostrare l’espressività e le tradizioni della cucina albanese gli ha fatto guadagnare la reputazione di uno dei talenti culinari più pionieristici della regione.
La scorsa estate, in questo incantevole ristorante, Ais Club Albania, Seb Winery Albania e la Kantina Balaj di Mifol hanno collaborato con il talentuoso Chef per organizzare un evento di abbinamento cibo-vino.
Un appuntamento per esplorare le sfumature aromatiche e i profili gustativi distintivi dei vini albanesi, sapientemente accostati a piatti preparati con cura e creatività dal grande Chef Bujari.
Ogni portata è stata un trionfo di sapori, colori e consistenze, che hanno esaltato e valorizzato le qualità dei vini in degustazione.
Questo raffinato happening ci ha offerto l’occasione di apprezzare pienamente la maestria e la passione che si celano dietro la produzione dei vini naturali, nonché la genialità del padrone di casa nel creare abbinamenti in grado di esaltare al meglio le loro caratteristiche. Un momento indimenticabile, in cui l’arte enologica e culinaria si sono fuse in un connubio perfetto, regalando a noi, fortunati presenti, un viaggio sensoriale speciale attraverso i tesori della tradizione e dell’innovazione gastronomica albanese.
Dopo avervi riportato nella prima parte la degustazione dei vini della Kantina Balaj, in questo spazio racconteremo una storia di successo e reputazione, dietro le quali si cela un’evoluzione personale ricca di sfide, passione e determinazione.
Il suo primo contatto con il mondo della ristorazione è stato come cameriere presso il ristorante Kuzum Baba, situato nel cuore della città. Questo incarico iniziale ha fornito a Bujari una preziosa introduzione al dinamico ambiente del servizio di sala e gli ha permesso di osservare da vicino l’operato degli chef e la gestione di un ristorante. Successivamente, ha intrapreso un viaggio di formazione professionale di ben 15 anni in Italia, un periodo cruciale che gli ha consentito di affinare le sue competenze culinarie.
Lavorare al fianco degli chef italiani, veri maestri della tradizione gastronomica, è stata un’esperienza davvero illuminante per lui. Ha potuto assimilare i segreti e le tecniche delle preparazioni più raffinate, sviluppando un palato estremamente sofisticato grazie anche alla fortuna di crescere in una famiglia dove la nonna e la madre hanno sempre cucinato con dedizione i piatti tipici della sua terra d’origine.
Tornato in vacanza nel suo Paese, è rimasto talmente affascinato dall’atmosfera accogliente e dalle opportunità che gli si presentavano, da decidere di rimanervi per aprire il suo stesso ristorante. La sua lunga esperienza e la passione innata per la buona cucina gli hanno permesso di creare un locale di grande successo, diventando un punto di riferimento per gli amanti della buona cucina.
Il suo apprendistato è stato un continuo flusso di persone, idee, cibi e ingredienti, che ha portato a una completa rivisitazione della cucina locale, con un’attenzione particolare agli ingredienti di stagione e alle diverse tecniche di cottura. I piatti autentici richiamano in chiave moderna la tradizione albanese: il risultato è un sapore schiettamente mediterraneo.
Le pietanze sono uno spettacolo vibrante di colori e sapori, che evoca l’atmosfera del mare e della terra, in un ambiente accogliente. L’eccellenza culinaria che incontra l’ispirazione artistica, creando un’esperienza gastronomica memorabile, circondati da una bellissima collezione d’arte presente nel ristorante. Arte commestibile con sapori straordinari, qualità e innovazione continua: i piatti raccontano una storia attraverso l’influenza dei loro ingredienti, armonizzando il gusto proprio come l’arredamento del ristorante si armonizza con l’arte all’interno. Questa connessione senza soluzione di continuità tra cucina e arte offre un rendez-vous davvero coinvolgente.
Con precisione e passione, lo Chef Bujari realizza capolavori culinari che portano in tavola tanta freschezza, abbinando ricette vivaci e saporite a piatti deliziosi e piacevoli alla vista come al palato. Le sue creazioni invitano ad assaporare ogni momento, dove un bel piatto, un buon bicchiere di vino e una vista mozzafiato sul mare e al tramonto convergono per fare di Bujar una meta da assaporare nella tranquillità del suo ambiente.
Quando poi si dispone di una vasta ricchezza di prodotti, è importante sfruttarla appieno come anche la carta dei vini rappresenta un elemento chiave, poiché offre l’opportunità di esplorare le eccellenze enologiche del territorio circostante.
In questo contesto si è scelto di valorizzare i produttori locali, come la Kantina Balaj, che negli anni ha dimostrato di raggiungere quella maestria nella creazione di vini di alta qualità, testimonianza di come, con impegno, sperimentazione, duro lavoro, visione, perfezionamento e amore per ciò che si fa, si possano raggiungere vette qualitative e costruire una solida reputazione destinata a durare nel tempo.
Produttori che spesso utilizzano uve autoctone e tecniche di vinificazione tramandate di generazione in generazione, dando vita a etichette uniche e dalle spiccate caratteristiche organolettiche.
Avere l’occasione di scoprire tali realtà ci ha permesso di compiere un vero e proprio percorso sensoriale, assaporando i profumi e i sapori tipici della regione. Questo approccio non solo valorizza il patrimonio enologico locale, ma offre anche l’opportunità di vivere momenti autentici, in cui ogni sorso di vino diventa l’occasione per approfondire la conoscenza di un territorio e delle sue tradizioni.
2024 ALBANIA: LA KANTINA BALAJ E IL PROGETTO SEB WINERY (1 PARTE)
di Cristina Santini
Sebbene non sia ampiamente conosciuta a livello internazionale come altre nazioni vinicole, l’Albania vanta in realtà una delle più antiche tradizioni di produzione del vino al mondo, risalente addirittura all’età del bronzo, circa 3.000 anni fa.
Situata nell’antica regione degli Illiri, il territorio ha ospitato un fiorente settore vitivinicolo già molto prima dell’espansione dell’Impero Romano, il quale contribuì ulteriormente alla sua crescita e sviluppo. Tuttavia, durante i lunghi secoli di dominio ottomano, questo importante comparto produttivo subì un drastico declino, dovendo attendere la dichiarazione di indipendenza del 1912 per poter conoscere una vera e propria rinascita, con un incremento della superficie vitata che arrivò a toccare i 15.000 ettari. Nonostante ciò, nel corso della sua storia millenaria, il Paese ha dovuto affrontare numerose alterne vicende che hanno portato il settore enologico a sperimentare più volte momenti di recessione e crisi, prima di riuscire a risollevarsi e riaffermarsi come una delle nazioni vinicole più antiche dell’intero Vecchio Continente.
Nel 1933, la devastante epidemia di fillossera ha gravemente danneggiato i vigneti di gran parte del mondo, compresa l’Albania. L’industria è stata messa in ginocchio, con interi appezzamenti di vigneti spazzati via. Poi, all’indomani della seconda guerra mondiale, seguì un lungo periodo di ripresa e crescita, mentre il paese lavorava per ricostruire le sue capacità di produzione vinicola.
E’ stato solo con la parziale privatizzazione delle proprietà terriere in seguito alla caduta del regime di Enver Hoxha che l’industria vinicola ha potuto riguadagnare la sua posizione e iniziare a riaffermare il suo ruolo. Oggi l’Albania vanta oltre 26.000 ettari di vigneti e il settore è tornato a essere in ascesa.
Questa rinascita è dovuta in gran parte a un afflusso di investimenti esteri e al sostegno dei programmi di finanziamento dell’Unione Europea.
Tuttavia, forse il fattore più importante è l’immenso orgoglio e la determinazione del popolo albanese nel valorizzare le caratteristiche del proprio terroir attraverso la produzione di vini di grande qualità. Il futuro della viticoltura appare luminoso, poiché questo settore resiliente continua a risorgere dalle sfide del passato.
Oggi la sfida più importante è quella di convincere i ristoranti e gli alberghi albanesi a proporre i vini locali.
Circa una trentina sono le cantine che producono vino, molte delle quali gestite da imprenditori albanesi che hanno avuto l’opportunità di studiare e fare stage in diverse parti d’Italia. Forti di questa preziosa esperienza maturata all’estero, questi giovani viticoltori stanno ora mettendo in pratica le loro competenze per dar vita a vini autenticamente albanesi, che riflettono la ricchezza e la diversità dei terroir locali.
Una di queste realtà di successo è la Kantina Balaj di Mifol, nel Distretto di Valona, che abbiamo avuto il piacere di visitare durante il nostro soggiorno estivo in questa meravigliosa terra dalle mille sfaccettature. Qui abbiamo apprezzato da vicino l’impegno e la passione di un vignaiolo determinato a valorizzare il patrimonio enologico del suo Paese e a farlo conoscere e apprezzare non solo sul suo territorio ma anche fuori dai confini nazionali.
Artan Balaj ci racconta che dopo 17 anni in Italia è tornato in Albania per avviare quello che è sempre stato il suo sogno: fare vino nella sua Patria. “Quando ero in Italia avevo già la convinzione di avere una grande terra, tutte le premesse che avevo in mente sono divenute realtà con grandi risultati direi. Il nostro lavoro, facendo biologico e naturale, ha portato a grandi sfide ma anche a grandi soddisfazioni. Ci dà tanta speranza per continuare su questa strada, penso che con la natura che ci circonda e il territorio che abbiamo ci aspettano grandi cose in futuro.”
Ad un certo punto della storia, nel 2021 nasce il progetto SEB winery – Vlore, insieme a Vincenzo Vitale di Ais Club Albania e Daniela, guidato dal sogno di produrre vini che ricordino il passato.
Vincenzo ci racconta il progetto: “Stiamo cercando di fare una linea di vini per il mercato internazionale, quindi un pò per tutta l’Europa, compresi i Paesi asiatici e gli Stati Uniti. Siamo pronti, abbiamo fatto delle degustazioni per vedere se il vino può piacere. Abbiamo portato avanti questo lavoro non perché i vini della Cantina Balaj non siano buoni.
I vini di questa cantina hanno una territorialità, una produzione locale che rispetta il gusto degli albanesi legato soprattutto ad un’alcolicità importante, a vini complessi, strutturati, tannici, per cui Artan ha costruito la Cantina per vendere in Albania questa tipologia di vini. Quando poi ha cominciato a capire che ci poteva essere un mercato all’estero e ho cominciato ad insistere, sono subentrato facendo un piccolo investimento cercando di portare avanti il progetto Seb al di fuori dell’Albania con varietà esclusivamente autoctone, ma soprattutto con vini più facili da bere, più gastronomici, con un tannino non troppo invadente, con una grande freschezza perché il vino in qualche modo deve rinfrescare la bocca, con un corpo medio. Insomma vini che vanno bene a livello gastronomico con diversi piatti.”
Difatti, la sera successiva alla nostra visita, abbiamo partecipato all’evento-cena organizzato dalla Cantina Balaj e Seb Winery con il Ristorante Bujar di Valona, di cui vi parlerò nella seconda puntata, dove abbiamo avuto la certezza di quanto appena descritto: vini freschi, di bassa alcolicità, versatili e rossi di 12,5/13 gradi abbinati piacevolmente al pesce. Quindi l’idea è quella di arrivare alla maggior versatilità con prodotti di bassa alcolicità dai risultati soddisfacenti come abbiamo potuto appurare.
Ma facciamo un passo indietro.
La Cantina di produzione si trova all’interno di un tunnel, un tempo abbandonato e ristrutturato negli anni da Artan, scavato dagli italiani nel 1928 e utilizzato per far passare il treno che trasportava la ghiaia dal fiume. La temperatura costante di 12°C tutto l’anno al suo interno è una sfida significativa, soprattutto per i vini naturali, data la posizione remota della galleria rispetto alla residenza e la mancanza di controllo delle temperature. Ci troviamo in un’azienda che produce 20000 bottiglie l’anno in dieci etichette dai disegni veramente accattivanti.
I sette ettari di vigneti, dislocati in vari punti sulle colline di fronte alla baia di Valona, a due passi dal mare Adriatico e dalle splendide saline naturali, affondano le radici in terreni di origine alluvionale, sabbiosi e ciottolosi.
Alcune di queste piante sono ancora allevate ad alberello con delle rese bassissime, tra i 20 e i 40 quintali per ettaro.
Durante la nostra visita, abbiamo avuto a disposizione una vasta gamma di campioni provenienti da diversi affinamenti che ci hanno lasciato molto colpiti dall’eccezionale lavoro svolto qui. In prima linea c’e lo Shesh i bardhe, un vitigno autoctono a bacca bianca che è il più coltivato nell’Albania centrale, originario del villaggio di Shesh vicino a Ndroqi, nella periferia della capitale Tirana.
Quest’uva così versatile mostra una notevole acidità e potenziale di invecchiamento, favorevole all’impiego di una vasta gamma di tecniche per esaltarne la piena espressione, dalle lunghe macerazioni sulle bucce alla maturazione in una varietà di recipienti tra cui acciaio, cemento, anfora e rovere.
Abbiamo avuto la fortuna di degustare l’intero spettro delle interpretazioni di questo vitigno, che ci hanno offerto una prospettiva unica, che si trattasse della mineralità tesa della versione non invecchiata, della sontuosa consistenza impartita dal tempo passato in anfora o della complessa stratificazione di sapori ottenuta attraverso l’uso giudizioso del rovere francese.
Oltre al fiore all’occhiello Shesh i bardhe, abbiamo anche assaggiato una serie di altri vitigni autoctoni e internazionali che hanno ulteriormente messo in mostra la diversità del patrimonio viticolo albanese. È stato entusiasmante approfondire questo interessante programma enologico e assistere in prima persona alla passione e all’abilità che si celano in ogni bottiglia.
Di seguito, raccontiamo un breve riepilogo di tutti i calici degustati. Per quanto fosse necessario menzionarne solo alcuni, abbiamo ritenuto doveroso descrivervi ognuno di essi, poiché abbiamo voluto evidenziare la loro eccellente qualità e il notevole impegno profuso in questi anni.
Lagune 2023 è l’autentica espressione del territorio miscelando tre vitigni: Shesh i Bardhë, Debinë bianca di Përmet e Pulës di Berat, le cui uve sono allevate intorno alla cantina di Mifol.
Questo vino è realizzato senza l’aggiunta di solforosa e con un processo di fermentazione spontaneo, rinunciando alla filtrazione e optando per un periodo di maturazione per ora di tre mesi in vasche di cemento appositamente progettate. Questi recipienti presentano un interno a forma di uovo che crea un delicato vortice circolare, imitando il processo naturale del batonnage. Le pareti lisce dei serbatoi riducono al minimo l’attrito, consentendo al vino di invecchiare con grazia e sviluppare un profilo complesso e stratificato.
Sia all’olfatto che al palato, presenta un’abbondanza di frutta candita e spezie coltivate in montagna, con una gradazione alcolica di 12% e un’acidità vibrante e purificante che persiste a lungo dopo ogni sorso. La natura tonica e persistente del vino evoca l’aroma fresco e maturo dell’albicocca, invitando ad assaporare ogni sfumatura e ad apprezzare la meticolosa attenzione ai dettagli.
Shesh i Bardhe 2023 rappresenta un allontanamento significativo dall’offerta dell’anno precedente. Mentre l’edizione 2022 prevedeva un periodo di macerazione prolungato di 40 giorni e una gradazione alcolica più elevata (ne parleremo nel prossimo articolo in abbinamento al cibo), la versione 2023 adotta un approccio nettamente diverso.
Il tempo di macerazione è molto più breve, di soli 20 giorni, con conseguente riduzione del livello alcolico del 12%, una differenza immediatamente evidente e di grande impatto. Il profilo è più fresco e vibrante, con sapori di frutta che assumono un carattere più leggero, dalle note di erbe di montagna e fiori di camomilla che aggiungono una delicata complessità aromatica, completando l’ampia e ricca struttura e la vivace acidità del vino.
Questa interazione di freschezza, fruttato e presenza materica crea un’esperienza di consumo assolutamente piacevole, rendendo lo Shesh i Bardhe 2023 un’opzione altamente versatile, adatta sia per sorseggiare un aperitivo che per accompagnare piatti di carne più sostanziosi.
Shesh i Bardhe “Orange” 2022 è un orange wine davvero straordinario che viene sottoposto a un meticoloso processo di macerazione di 30 giorni sulle bucce, conferendogli una profondità di sapore e aroma per poi affinare 12 mesi in anfora. Al naso è profondamente espressivo, ricco di un bouquet di seducenti note terziarie che evocano un senso di raffinatezza.
La sua impressionante freschezza ed il suo equilibrio sono la testimonianza della mano esperta. Possiede una seducente qualità balsamica che danza sul palato, fornendo un seducente gioco di sapori. Nonostante la sua gradazione alcolica di 14,5%, l’alcol si integra perfettamente, senza mai sovrastare le delicate sfumature del vino. In bocca è ampio e generoso, con una notevole struttura in grado di reggere il confronto con carni rosse o formaggi complessi.
In un ameno colpo di scena, Vincenzo, Artan e Daniela ci portano all’esterno per farci degustare un tesoro sepolto nella terra, un Orange 2022 che riposa in grandi damigiane scolme per una ventina di centimetri. Questa tecnica unica conferisce sottili note di ossidazione che aggiungono un ulteriore strato di complessità al vino, elevandolo a nuove vette di eccellenza. La tonalità dorata risultante, simile al miele, è una rappresentazione visiva della profondità e del suo carattere. Questo è un vino che chiede di essere assaporato e apprezzato per il capolavoro che è.
Dall’anfora alle damigiane interrate, lo Shesh i Bardhë viene anche lasciato riposare da ben 17 anni in barriques molto usate, infondendo complessità e profondità sorprendenti. Un connubio di note intense e avvolgenti di creme caramel, fieno secco e vaniglia tostata che crea un bouquet olfattivo estremamente elegante e intrigante.
Ciò che rende ancora più affascinante questo vino è il processo di lavorazione perpetuo, in cui si preleva un po’ di vino e si integra con del nuovo, creando così una specie di “rabbocco perpetuo” che, da un lato, mescola le annate e, dall’altro, si carica di tutte le sostanze organolettiche cedute dalla botte, favorendo una perfetta integrazione degli aromi e una struttura tannica morbida e setosa. Il risultato finale è un calice da meditazione, in grado di regalare un’esperienza sensoriale profonda e avvolgente, ideale per essere degustato e apprezzato con calma e attenzione. Questa è la magia di un vino pensato per durare in eterno.
Con una composizione di 50% Kallmet, 35% Shesh i Zi e 15% Vlosh, Sason 2023 offre armoniose e prominenti note di rosa canina, evocando le immagini di un rigoglioso giardino in fiore. Intrecciati sono sentori di erbe balsamiche, che conferiscono una complessità rilassante e terrosa che bilancia il profilo del vino. Mentre bevi un sorso, i sapori di frutta matura prendono vita, avvolgendo il palato in un abbraccio succulento. La bocca ampia ed espansiva invita ad assaporare ogni momento, incoraggiando a gustarlo fresco per il massimo ristoro. È un vino che affascina fin dalla prima mescita con un’esperienza di bevuta immediata e gratificante, accessibile e sofisticata. Ideale sia abbinato a un pasto leggero o sorseggiato da solo.
Il Plaku 2023 è un vino rosso dalla gradazione alcolica di 12,5% che raggiunge un equilibrio armonico, non travolge ma nemmeno delude il palato. L’assemblaggio è una sinfonia di varietà, con oltre il 50% di Shesh i Zi, il 25% di Vlosh e una minoranza di uve Cabernet, tutte vinificate separatamente per preservare le loro caratteristiche uniche. La cuvée risultante viene poi assemblata in recipienti di cemento, dove subisce un processo di maturazione di 12 mesi, seguito da un breve periodo in acciaio inox prima dell’imbottigliamento.
A partire dal 2024, verrà utilizzato esclusivamente il cemento, evitando l’uso di botti di rovere. Come afferma giustamente Artan, l’influenza del legno è ora considerata obsoleta, permettendo alla vera essenza del terroir di risplendere senza ostacoli. Il naso è intenso e profondamente aromatico, ricco di note di ribes nero, bitume e un mellifluo sottofondo minerale. L’acidità è notevolmente fresca e veemente, mentre i tannini sono morbidi ed elastici, creando un’esperienza di beva immediata e allettante. Incarna uno stile intrinsecamente moderno, ma saldamente radicato nelle tradizioni e nel terroir delle sue origini.
Al contrario il Plaku 2022 matura in grandi botti di castagno di terzo passaggio concedendogli un carattere distintivo.
Il vino assume profumi combinati di fichi, frutta secca e bacche rosse, mentre l’aggiunta di carruba conferisce una qualità terrosa, quasi radicale. L’elevata acidità fornisce una spina dorsale rinfrescante, bilanciando i tannini setosi e vellutati.
Questa intricata combinazione di sapori e consistenze crea un’esperienza di consumo davvero ipnotica, con ogni sorso che rivela nuove dimensioni di questa straordinaria annata. In questo caso, siamo un pò contrari all’abbandono del legno.
Il Vlosh 2022 attira subito l’attenzione. Ha un profilo strutturato e corposo e un’impressionante gradazione alcolica che si aggira intorno ai 15,3%. Al naso, aromi palpitanti di fragola fresca e uva sultanina carnosa avvolgono i sensi, suggerendo la profondità e la complessità a venire. La maggior parte delle viti utilizzate per la produzione di questo vino sono ancora allevate con il metodo tradizionale dell’alberello, che conferisce una qualità elegante e artigianale al prodotto finito.
Quando il vino si apre nel bicchiere, rivela un palato sontuoso e dalle spalle larghe, ricco di sapori di frutta matura, quasi gommosi che ricoprono la lingua di una ricchezza vellutata. La struttura e l’intensità complessiva di questo grande vino da agnello mostrano un grande senso di peso e sostanza che persiste a lungo dopo ogni sorso. Una miscela armoniosa di potenza, finezza e puro piacere sensoriale.
Per il Merlot, l’annata 2022 è stata una delle più belle della memoria recente per questo celebre vitigno, con le uve provenienti dal pionieristico vigneto Balian che è stato piantato per la prima volta nel 2010. Purtroppo, le viti originali di questo prezioso appezzamento hanno ceduto alle malattie, rendendo necessario un reimpianto con la resistente uva Vlosh. Eppure questa avversità è servita solo ad aumentare l’eccezionale qualità del vino che ne è derivato.
Al naso è un bouquet inebriante di violette, bacche scure e spezie sottili. Alla beva è a dir poco corposo con una perfetta integrazione di tannini maturi e setosi che forniscono struttura senza astringenza.
C’è una notevole profondità e concentrazione in questo Merlot, che trasmette un profondo senso del luogo, ma rimane elegante ed equilibrato, i sapori di frutta matura si estendono fino a un finale lungo e appagante. E’ un vino che cattura i sensi, una vera testimonianza della resilienza di questo vigneto.
Il Caberlot 2022 è un rosso complesso che stuzzica i sensi. Al primo naso, l’aroma è profondo e provocante, evocando il profumo ricco e confetturato delle prugne secche mescolato alle note di cioccolato fondente. Man mano che il vino si apre, i tannini diventano più pronunciati, creando una sensazione di secchezza al palato che è comunque raffinata ed elegante, piuttosto che aspra o astringente. Questo è un vino, dal grande potenziale di invecchiamento, che implora di essere abbinato a piatti sostanziosi e saporiti, il tipo audace che può resistere alla ricchezza di una bistecca succosa o all’umami saporito di un pezzo di selvaggina ben scottato.
In chiusura vi raccontiamo il Syrah 2022 che è stato meticolosamente invecchiato in acciaio, cedendo purezza e vivacità al suo profilo. Quando portiamo il bicchiere al naso, l’aroma ci avvolge, rivelando note terrose di muschio e sottobosco, a testimonianza del legame del vino con la terra. Al palato, attira l’attenzione la sua gradazione alcolica che supera i 15%, creando una presenza audace e assertiva.
I sapori di grafite e carruba danzano sulla lingua, intrecciandosi con l’essenza distinta del torso di banana matura, aggiungendo strati di complessità e intrigo. È un calice che invita alla contemplazione, coinvolgendo il bevitore ad assaporare ogni sorso e a scoprire la miriade di sensazioni che ha da offrire.