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  • Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024

    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024

    L’arte antica di fare ristorazione di tradizione, di territorio e di passione: Vicolo della Neve

    Di Gaetano Cataldo

    Di ristoranti scintillanti, strafighi e iperbolici ne troverete una vagonata in Italia, ma è raro trovarne di così ricchi di storia da poterci scrivere un manuale di gastrosofia sociale e nel novero di quei pochi, potete contarci, ci ritroverete per certo il Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante, in quel di Salerno, nel cuore storico della città campana.

    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell'autore
    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell’autore

    La notizia, dopo la chiusura del 2021 a causa della pandemia virale, è che il Vicolo della Neve ha riacceso i fornelli sabato 25 maggio scorso e la riapertura, come potrete leggere di seguito dalla dichiarazione dei nuovi imprenditori, è tutta un programma:

    “Volevamo dare nuova vita alla storia ma soprattutto volevamo restituire ai salernitani radici e viscere che passano attraverso una cultura gastronomica che ricorda la semplicità delle mani delle nonne e di chi Salerno l’ha vissuta con sguardo attento e infinita saggezza. Il Vicolo è di tutti, è il filo rosso tra la città e chi la ama incondizionatamente. Vogliamo intraprendere un vero e proprio viaggio nel passato”.

    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell'autore
    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell’autore

    È stata una giornata che tutti i salernitani ricorderanno, perché un faro luminoso, tra i più vivi nel panorama gastronomico cittadino, torna ad inondare di luce un quartiere e frantuma le ombre di una malinconia che si avvertiva dalla improvvisa chiusura, privando la città granata di un suo importante riferimento, pure perché esso ha da sempre costituito un luogo per celebrare non soltanto il semplice piacere della tavola, bensì per essere una viva rappresentazione della vita cittadina, indipendentemente dall’estrazione sociale.

    Complimenti a chi, per la vita, se lo ricorderà davvero questo giorno e cioè Fiorenzo Benvenuto, Gerardo Ferrari e Marco Laudato, compagni di cordata coraggiosi in questa nuova avventura imprenditoriale, i quali promettono di alla città di Salerno un pezzo della sua storia, facendolo con orgoglio e commozione, tenendo fede alla tradizione golosa, tramandata da “Sciacquariello” e da “Peppiniello”, irriducibili deus ex machina del Vicolo della Neve ed artefici indiscussi del successo di questo locale.

    Ai tre fieri gestori va anche il merito di aver attinto dalla memoria civica locale, con grande commozione della cittadinanza, i tantissimi aneddoti di cui il Vicolo è protagonista, proprio come in una collana verbale di Antropologia.

    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell'autore
    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell’autore

    Facciamo un salto nel tempo, entro le mura dell’antica Salerno, patria indiscussa della prima università ante litteram, facendo appello alla memoria collettiva salernitana che qui, con il Vicolo della Neve, diventa un cammino in equilibrio tra storia e leggenda: infatti, è inconfutabile che sia il Vicolo della Neve abbia costituito da sempre il baluardo gastronomico della città di San Matteo per tutto il ‘900, ma si narra che esistesse già nel XIV secolo, durante il periodo aragonese, per quanto altre fonti vorrebbero sia stato fondato, più verosimilmente, attorno al ‘700.

    Certo è che, nell’antica Salerno, questo locale prende il nome dal vicolo dove, poco più di un secolo fa, si vendeva anche la neve per gli usi più disparati, neve utile tanto ai pescivendoli che ai vinai, con in mezzo il core business dell’arte della pizza e della cucina popolare.

    Come detto prima però, non soltanto piatti tipici e tonde fumanti appena sfornate: tra i tavoli del Vicolo della Neve sono passate intere generazioni di letterati e politici, di saltimbanchi e sensali, attori e prostitute, artisti e clerici, operai e dottori, ecco perché ha costituito un condensato del genius loci salernitano, ove andavano stratificandosi culture, mestieri e condizioni economiche, tra le più disparate, di un’umanità trasversale che si riversava lietamente, ferocemente e appassionatamente tra i tavoli, affamata com’era di buon cibo e di viverlo come pretesto per socializzare, per forza o per piacere, per come si stava stretti.

    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell'autore
    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell’autore

    Tra le pietanze che andavano per la maggiore c’erano quelli appartenenti alla cucina più squisitamente popolare del Sud e cioè pasta e fagioli, parmigiana di melanzane, peperoni imbottiti, polpette al sugo, calzoni con le scarole e la cotica di maiale, pietanze che ricevevano la carezza termica di un forno a legna, per non parlare della milza e del baccalà con le patate. Ma il vero condimento erano gli ospiti che, famosi o meno, industriali piuttosto che operai, diventavano tutti protagonisti e teatranti di un unico grande spettacolo che la vita tuttavia era e continua ad essere.

    Tra le armi segrete del nuovo Vicolo c’è la signora Maria Caputo, nonna di Gerardo Ferrari, che in fatto di tradizione se ne intende e, nella funzione di consulente gastronomica, certo darà qualche dritta a Marco Laudato, chef del “Vicolo della Neve” che saprà certo attirare l’attenzione con i profumi invitanti del ragù, della genovese e della lardiata.

    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell'autore
    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell’autore

    Tra gli illustri ospiti merita doverosa menzione Clemente Tafuri, famosissimo pittore, che dipinse le pareti della pizzeria, di cui la rappresentazione dell’Inferno costituisce solo una parte dell’intera opera, oggi appartenente alla famiglia Carro, i vecchi proprietari del “Vicolo della Neve”, gestito
    da Matteo Bonavita a partire dagli anni ’70.

    Immancabilmente citiamo Alfonso Gatto, poeta ed habitué della storica locanda, attraverso i versi che le dedicò:

    “Il vicolo aveva nel gancio l’insegna contrabbandiera del c’era una volta il lontano racconto del tempo che fu. Straniero, se passi a Salerno in una notte d’inverno di luna a mezzo febbraio, se vedi il bianco fornaio che batte le mani sul tondo di quella faccia cresciuta, ascolta venire dal fondo degli anni la voce perduta. L’odore di menta t’invita, la tavola bianca, la stanza confusa dall’abbondanza. In quell’odore di forno per qualche sera la vita si scalda con le sue mani e quegli accordi lontani del tempo che fu”.

    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell'autore
    Vicolo della Neve, antica pizzeria e ristorante di Salerno 2024, foto dell’autore

    Hanno presenziato a questo lieto evento il governatore Vincenzo De Luca, quindi Vincenzo Napoli, primo cittadino di Salerno, Alfonso Amendola, professore di Sociologia dei Processi Culturali presso l’Università degli studi di Salerno, Massimo Cerulo, professore di Sociologia all’Università Federico II di Napoli, Marco Russo, presidente dell’associazione “Tempi Moderni”, Yari Gugliucci, regista e attore, Corrado De Rosa, psichiatra e scrittore, e tantissimi esponenti del mondo della cultura e del giornalismo locale e regionale con, inoltre, i “Neri per Caso”.

    La celebrazione della mattinata ha poi lasciato spazio ai preparativi per la serata: attorno alle 19:00, si è aperto nuovamente il sipario per l’inaugurazione del Vicolo della Neve e la folla che si contava è stata il vero metronomo per questa location dove la “salernitanità” si identifica.

    Gaetano Cataldo F&B Manager, docente di Sake, giornalista pubblicista, assaggiatore di salumi e sommelier professionista.
    Gaetano Cataldo F&B Manager, docente di Sake, giornalista pubblicista, assaggiatore di salumi e sommelier professionista.

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  • Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia

    Il Paestum Wine Festival 2024: Una Celebrazione dell’Arte Enogastronomica Nel Cuore dell’Antica Magna Grecia

    Di Carol Agostini

    Nel suggestivo scenario di Capaccio Paestum, tra le imponenti vestigia dei templi dell’antica città, si è svolta con grande successo la tredicesima edizione del Paestum Wine Festival 2024. Questo evento, che unisce sapientemente cultura, tradizione e gastronomia, ha rappresentato un vero e proprio trionfo dell’arte enogastronomica nel cuore dell’antica Magna Grecia.

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell'antica Magna Grecia, immagine da comunicato stampa
    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia, immagine da comunicato stampa

    Il festival ha offerto ai visitatori l’opportunità unica di immergersi nella ricchezza del patrimonio vitivinicolo locale e nazionale, celebrando le eccellenze della produzione vinicola italiana. Oltre 800 aziende vinicole hanno partecipato, presentando le proprie etichette e offrendo degustazioni guidate che hanno permesso di apprezzare la varietà e la qualità dei vini proposti.

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell'antica Magna Grecia, immagine da comunicato stampa
    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia, immagine da comunicato stampa

    Ma il Paestum Wine Festival non è stato solo un’occasione per scoprire pregiati vini, è stato anche un viaggio alla scoperta delle radici culturali e storiche di questo territorio. I templi dorici di Hera e di Nettuno, risalenti al VI secolo a.C., hanno fatto da cornice suggestiva all’evento, ricordando ai partecipanti l’importanza storica di Paestum nell’antica Magna Grecia e la sua ricca tradizione enologica che affonda le radici nei secoli.

    Tempio di Nettuno a Paestum, foto da internet
    Tempio di Nettuno a Paestum, foto da internet

     

    La gastronomia locale ha avuto un ruolo di primo piano durante il festival, offrendo ai visitatori l’opportunità di assaporare i piatti tipici della cucina cilentana e campana, rigorosamente accompagnati dai vini della zona. Dalle mozzarelle di bufala DOP ai salumi, dai formaggi ai piatti a base di pesce fresco del Mediterraneo, ogni pietanza ha raccontato la storia e le tradizioni culinarie di questo territorio ricco di sapori autentici.

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell'antica Magna Grecia, foto di Carol Agostini
    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia, foto di Carol Agostini

    Ma il Paestum Wine Festival non è stato solo un’esperienza gastronomica, è stato anche un momento di condivisione e di festa, durante il quale i visitatori hanno potuto partecipare a spettacoli teatrali, concerti di musica tradizionale e mostre d’arte, arricchendo ulteriormente il loro viaggio nel mondo dell’enogastronomia e della cultura.

    L’edizione 2024 del Paestum Wine Festival ha dimostrato ancora una volta di essere un evento imprescindibile per gli amanti del buon vino e della cultura, unendo in modo armonioso tradizione e innovazione, storia e gastronomia. Con la promessa di nuove scoperte e di nuove esperienze, i partecipanti già non vedono l’ora di tornare l’anno prossimo per vivere ancora una volta l’incanto di questo straordinario festival.

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell'antica Magna Grecia, foto di Carol Agostini, con Rosa Falluto Cantina Solopaca
    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia, foto di Carol Agostini, con Rosa Falluto Cantina Solopaca

    Da comunicato stampa

    SUCCESSO SENSAZIONALE AL PAESTUM WINE FEST 2024: 24.000 PRESENZE, 7.200 OPERATORI DI SETTORE E 800 AZIENDE

    La tredicesima edizione del Paestum Wine Fest 2024 si è conclusa con un entusiasmo travolgente, con numeri record e partecipazione eccezionale che già proiettano lo sguardo verso il futuro. Con 24.000 visitatori, 7.200 operatori Ho.Re.Ca, 300 espositori e 800 aziende coinvolte, il successo dell’evento è stato celebrato grazie alla collaborazione di figure chiave come Angelo Zarra, Ceo del Paestum Wine Fest, Alessandro Rossi, direttore, e Ottavio Gabriel Sorrentino e Francesco Balbi, co-fondatori.

    Il clima di fervore tra gli organizzatori anticipa già l’edizione 2025, con l’annuncio imminente delle prossime date, mentre il direttore Rossi esprime fiducia nel futuro, proiettando il festival verso un’ambizione ancora maggiore di internazionalizzazione e focus sul business.
    La cerimonia di premiazione ha visto l’assegnazione di numerosi riconoscimenti ai protagonisti dell’evento, tra cui Paolo Lauciani, Charlie Arturaola, Luciano Ferraro, Alessandra Moneti e Elsa Mazzolini, seguiti da altri illustri personaggi del mondo del vino.

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell'antica Magna Grecia, foto di Marco Marcialis
    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia, foto di Marco Marcialis

    La partecipazione di esperti del settore, tra cui Luciano Pignataro, Riccardo Cotarella e Federico Gordini, ha confermato il prestigio del Paestum Wine Fest come punto di riferimento nel panorama enogastronomico.
    Il fondatore Angelo Zarra ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito al successo dell’evento, sottolineando l’importanza del lavoro di squadra e il supporto delle aziende e dei partecipanti.

    Tra le novità di quest’anno, l’annuncio della collaborazione con Poste Italiane per la realizzazione dell’annullo filatelico dedicato all’evento, e la creazione del primo Wine Club “Paestum Wine Fest”.

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell'antica Magna Grecia, foto di Marco Marcialis
    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia, foto di Marco Marcialis

    Un gruppo selezionato di sommelier è stato coinvolto nel programma “Paestum Wine Fest Limited Edition”, mentre la giornata si è conclusa con la consegna dell’esclusivo cavatappi personalizzato e della bottiglia magnum Gillo Dorfles dell’azienda San Salvatore 19.88 ai membri del Wine Club.
    Matteo Zappile, Official Brand Ambassador del Paestum Wine Fest, ha espresso soddisfazione per l’edizione di quest’anno, proiettando il focus verso una maggiore valorizzazione del territorio e dei sommelier.

    L’evento ha visto la partecipazione di nomi di spicco del mondo dell’enologia, della comunicazione e dell’imprenditoria, consolidando il successo del Paestum Wine Fest 2024 e aprendo le porte a una nuova edizione ancora più entusiasmante.

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell'antica Magna Grecia, foto di Marco Marcialis con Carol Agostini, Cristina Santini e Andrea Moscariello
    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia, foto di Marco Marcialis con Carol Agostini, Cristina Santini e Andrea Moscariello

    Curiosità

    La Mozzarella di Bufala di Paestum e la Zizzona di Battipaglia: Due Eccellenze Casearie Campane

    La Campania è rinomata in tutto il mondo per le sue prelibatezze gastronomiche, tra cui spiccano la Mozzarella di Bufala di Paestum e la Zizzona di Battipaglia, due eccellenze casearie che rappresentano il meglio della tradizione lattiero-casearia della regione.

    La Mozzarella di Bufala di Paestum è un formaggio DOP (Denominazione di Origine Protetta) prodotto principalmente nei comuni della pianura del Sele, tra cui appunto Paestum. Ottenuta esclusivamente dal latte di bufala allevata in quest’area, questa mozzarella si contraddistingue per la sua consistenza cremosa e il suo sapore delicato, che la rendono un vero e proprio tesoro della gastronomia campana. Il latte fresco viene cagliato e lavorato artigianalmente secondo antiche tradizioni, dando vita a un formaggio dal gusto unico e inconfondibile.

    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell'antica Magna Grecia, foto di Marco Marcialis, Carol Agostini con Charlie Arturaola
    Paestum Wine Festival 2024, ritorno nell’antica Magna Grecia, foto di Marco Marcialis, Carol Agostini con Charlie Arturaola

    Diversa è la Zizzona di Battipaglia, un’altra eccellenza casearia della provincia di Salerno. Si tratta di una mozzarella di bufala di dimensioni eccezionali, che può arrivare anche a pesare diversi chilogrammi. La particolarità di questo formaggio sta nella sua lavorazione: la Zizzona viene prodotta utilizzando solo il latte proveniente da bufale di razza mediterranea, che conferisce al prodotto finale un sapore intenso e deciso, accompagnato da una consistenza morbida e filante.

    Nonostante entrambe le mozzarelle siano ottenute da latte di bufala, presentano alcune differenze significative. Innanzitutto, la Mozzarella di Bufala di Paestum è più piccola e ha una consistenza più cremosa, mentre la Zizzona di Battipaglia è caratterizzata dalle sue dimensioni imponenti e dal sapore più deciso. Inoltre, la zona di produzione delle due mozzarelle è diversa: Paestum per la prima e Battipaglia per la seconda.

    Entrambe le mozzarelle rappresentano un’eccellenza enogastronomica della Campania e sono amate sia a livello locale che internazionale. Sono ingredienti fondamentali in molte ricette della cucina campana e vengono spesso apprezzate da sole, magari accompagnate da un filo d’olio extravergine d’oliva e pomodorini freschi. La Mozzarella di Bufala di Paestum e la Zizzona di Battipaglia sono due autentiche gemme della tradizione culinaria campana, da gustare e apprezzare in tutta la loro bontà e genuinità.

    Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer
    Carol Agostini fondatore del Magazine Papillae, titolare Agenzia FoodandWineAngels, commissario internazionale, selezionatore, Food&Wine Writer

    Sito evento: https://www.paestumwinefest.it/

  • Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani

    Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    Di Cristina Santini

    L’Irpinia, terra campana, è un territorio dalle valenze ambientali e paesaggistiche notevoli, caratterizzato da una bellezza naturale che affascina chiunque vi ponga lo sguardo.

    Deve il suo nome agli Irpini, in latino Hirpis, una tribù di stirpe sannitica e di lingua osca, Hirpus in osco ossia lupo, che abitava in epoca preromana vaste zone dell’Appennino campano.

    La leggenda narra che un lupo avrebbe guidato gli Irpini fino alle terre in cui essi si sarebbero poi insediati.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    La Regione, che ospita la più alta concentrazione di vigneti, è circondata da valli ed alture, attraverso le quali si inerpicano numerosi fiumi e torrenti. L’orografia del territorio, con altitudini comprese tra i 300 e i 1800 metri sul livello del mare, contribuisce a creare microclimi unici che variano a seconda delle zone e consentono di produrre differenti tipologie di vini.

    In particolare, il versante Tirrenico, che è quello più adatto alla viticoltura, è montuoso e discontinuo, ricco di vegetazione e di acque, con terreni di origine argilloso-calcarei e vulcanici che hanno beneficiato dell’attività effusiva delle tre zone vulcaniche circostanti: il Vulture, il Vesuvio e i monti del casertano. Nel corso dei secoli, l’accumulo di diversi strati di cenere e lapilli ha dato vita a depositi tufacei e arricchimenti in minerali.

    L’area vitata è suddivisa in due zone: una che costeggia il fiume Calore, dove l’Aglianico regna sovrano; l’altra, sulle colline attraversate dal fiume Sabato, è più favorevole ai vitigni a bacca bianca. Sui suoli di arenarie, in pendenza media, prospera l’antico vitigno Greco, mentre il Fiano è allevato su terreni leggeri e profondi di origine vulcanica.

    In questo luogo, dove le idee hanno preso forma e qualcosa di straordinario è nato, Francesco De Stefano, un giovane imprenditore irpino, ha dato vita nel 2017 al progetto dell’azienda vitivinicola Vini De Stefano. Guidato dalla passione per la propria terra e l’enologia e seguendo le orme del nonno, ha creato un’azienda dinamica e innovativa con l’obiettivo di produrre vini di alta qualità con una forte attenzione alla tradizione e all’autenticità del territorio.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    Venti ettari di terreno coltivati su questa generosa e fertile terra, producono circa 70.000 bottiglie all’anno. Attualmente, la distribuzione è principalmente a livello nazionale, ma con un occhio rivolto al mercato internazionale, in particolare in paesi come Giappone, Germania e Svizzera.

    L’Irpinia è stata riscoperta grazie all’enologo Antonio Mastroberardino che ha dimostrato come la combinazione di metodi tradizionali e tecnologia moderna possa creare vini di alta qualità e nel tempo ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) per tre vini di fama internazionale: Taurasi, Greco di Tufo e Fiano d’Avellino.

    Esploriamo allora con attenzione la selezione completa dei vini bianchi e rossi di Francesco De Stefano con le nostre considerazioni di rito:

    FREJA, Falanghina Igt 2022, il cui nome si rifà ad una dea dall’aspetto elegante e raffinato e dall’indole coraggiosa e determinata, veneratissima dai popoli nordici.

    Ha un impatto olfattivo elegante con sentori di frutta bianca esotica, pesca gialla, note agrumate e con una leggera nota alcolica. Si percepiscono anche sentori di miele e un leggero tocco floreale. La beva è piacevole, con un’acidità spiccata che risalta all’inizio e si conclude con un dolce finale. Tuttavia, sembra che l’equilibrio sia ancora sbilanciato verso l’acidità, probabilmente per la sua giovane età, ma allo stesso tempo è un vino che rimane a lungo in bocca, lasciando sensazioni e sapori che persistono dopo averlo degustato.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    ADAMAS, in latino diamante, attribuito al Greco di Tufo Docg 2022 che, proprio come il minerale di origine naturale più duro che si conosca, è in grado di resistere nel tempo. Il suo processo di vinificazione e affinamento è identico agli altri bianchi.

    Profumo intenso e gradevole della mela golden, fiori di camomilla e del rosmarino appena colto. il sapore fresco e seducente che si posa sul palato, come un bacio leggero è giunto a noi senza perdere il suo fascino.

    Ma c’è di più. La freschezza spiccata che si fa strada, come una brezza mattutina e la nota minerale aggiungono ulteriore complessità insieme alle intriganti trame di pietra focaia. È come se avessimo assaporato un pezzo di eternità, racchiuso in una fragranza.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    APIA’, Fiano di Avellino Docg 2022 che porta il nome dell’uva di una vigna antica che originariamente era chiamata “uva apiana” e della città di Apia del Peloponneso. Furono proprio gli abitanti di questa città i fautori della nascita di questo vitigno a bacca bianca. La sua vinificazione avviene con una pigiatura a grappoli interi, una malolattica svolta parzialmente e un affinamento di un anno in silos di acciaio.

    E’ un vino intrigante e complesso. Origano, fiori di campo, pesca gialla e un carattere minerale e vulcanico si fondono in un bouquet aromatico. La lunghezza e la balsamicità sono accompagnate da una piacevole acidità e freschezza bilanciate. La salivazione importante invita ad un altro sorso che insieme all’elemento erbaceo aggiunge un tocco di natura. Si caratterizza per la sua sbalorditiva beva e godibilità che può migliorare nel tempo.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    SALUBER è il nome scelto per l’Irpinia Campi Taurasini Doc 2019, per omaggiare la salubrità di questa terra.

    La sua vinificazione consiste nella macerazione per 12 gg circa, starter di lieviti autoctoni e malolattica svolta completamente in legno. Affinamento in barrique di rovere francese per tre anni e 4 mesi in bottiglia.

    Questo Aglianico in purezza, situato nei dintorni dei fiumi irpini, regala un aroma intrigante e coinvolgente di fico, prugna e rosa, una sfumatura di vaniglia che si fa strada amalgamandosi alla nota speziata di liquirizia conferendo profondità al vino.

    La struttura sembra promettente, l’acidità vivace, mentre i tannini potrebbero aver bisogno di un po’ più di tempo per ingentilirsi. Si fa notare con una presenza decisa e una lunga persistenza in bocca. In definitiva, abbiamo tra le mani un vino degno di nota che ha ancora spazio per evolversi e rivelare ulteriori sfaccettature.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    CORTICI’, Irpinia Aglianico Igt 2021, un rosso energico e vigoroso le cui uve provengono dai vigneti allevati su una collinetta nota come “Coticimolo” tra i Comuni di Contrada e Montoro. Passa il suo tempo affinandosi in barrique per dieci mesi e sei mesi bottiglia.

    Il bouquet intenso e profumato come la rosa violetta e la fragranza dei frutti rossi maturi, concentrati come more, prugne, e ribes promette un’esperienza sensoriale avvolgente. Al sorso, l’eleganza si manifesta con ciliegia, tannini setosi e un’acidità perfettamente bilanciata. Questo vino è fresco, godurioso, persistente e armonioso. Una bella bevuta per gli amanti del vino, da gustare con piacere.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice, Tesori enologici d’Irpinia: le creazioni della Cantina Vini De Stefano

    TAURASI, Aglianico Docg 2019 nasce da uve attentamente selezionate nei vigneti allevati sui pendii del Calore, del Sabato e dell’Ofanto. Affina in tonneaux e barrique di Allier nuove di media tostatura per quattro anni e ulteriore riposo in bottiglia.

    Il naso, attraente e intenso, danza tra le sensazioni di marmellata di more, ribes nero e un tocco di put pourri.

    Il sorso super avvolgente, come un abbraccio caloroso, richiama la beva come una melodia che si ripete nella mente. Il calore si fonde con i tannini e l’acidità creando un equilibrio armonioso. Un mix di caffè tostato, cioccolato fondente e speziatura leggermente piccante gioca con un legno ben integrato, molto gradevole che lascia un segno indelebile. Ha grande potere di invecchiamento, come un libro che si apre lentamente nel tempo.

    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice
    Vini De Stefano 2024, nei calici assaggi sensoriali campani, foto autrice

    LEGGI ANCHE: https://www.papillae.it/ciociaria-da-bere-2023-di-cristina-santini/

    Cristina Santini Sommelier, winewriter, esperta vitivinicola
    Cristina Santini Sommelier, winewriter, esperta vitivinicola

    Sito cantina: https://www.vinidestefano.eu/

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  • Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone

    Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone

    FONZONE presenta MATTODA’

    Redazione

    IL NUOVO AGLIANICO DEI CAMPI TAURASINI CHE RACCONTA L’IRPINIA SECONDO L’ENOLOGO LUCA D’ATTOMA Marzo 2023 – Un Aglianico in purezza che nasce nella sottozona Campi Taurasini, in Irpinia.

    Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone
    Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, Silvia Silvia Fonzone e l’enologo consulente Luca D’Attoma presentano Mattoda’ , foto da comunicato stampa

    Il primo realizzato con questo vitigno dall’enologo toscano Luca D’Attoma che, con l’azienda vitivinicola Fonzone Caccese di Paternopoli (AV), ha avviato un percorso incentrato sulla viticoltura sostenibile per creare vini sartoriali che raccontano questo territorio straordinario della Campania.

    Una sfida che l’enologo ha raccolto e che la famiglia Fonzone ha sostenuto con entusiasmo, al punto da battezzare il nuovo vino Mattoda’, un nome che rende omaggio a D’Attoma rievocandone il cognome, e che, al tempo stesso, sottolinea la volontà di creare un rosso fuori dagli schemi, innovativo, capace di interpretare in maniera originale un vitigno unico nel suo genere.

    Le bottiglie, articolo: Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, foto da comunicato stampa
    Le bottiglie, articolo: Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, foto da comunicato stampa

    Rosso rubino brillante, Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 rivela al naso note di mirtillo selvatico accompagnato dal profumo della sua foglia, mentolato. Al palato, l’ingresso è dolce e piacevole con sentori di pepe verde, note di eucalipto, bacca di vaniglia intera, molto balsamico.

    Un vino fresco, avvolgente, con una spiccata personalità che rispecchia fortemente quella dell’enologo e dei Fonzone, una grande famiglia che ha scelto di produrre vino per passione, con cura e precisione, assecondando i ritmi della natura e preservando la biodiversità di un territorio straordinario come l’Irpinia.

    Logo cantina Fonzone, articolo: Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, immagine da comunicato stampa
    Logo cantina Fonzone, articolo: Mattoda’ Irpinia DOC Campi Taurasini 2019 aglianico Fonzone, immagine da comunicato stampa

    Mattoda’ è un vino che si accompagna bene con carni rosse, piatti speziati, tartufo e formaggi stagionati.
    Il vigneto di Aglianico della Tenuta Fonzone, a Paternopoli, si estende lungo i due versanti di una collina ben ventilata, posta ad un’altitudine che varia dai 360 ai 430 m s.l.m. e circoscritta dai torrenti Fredane ed Ifalco.

    Le ottime esposizioni, i terreni argillosi e le bassissime rese consentono di ottenere uve di grande qualità che vengono raccolte in piena maturazione e vinificate nel rispetto rigoroso delle caratteristiche varietali.

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  • 3B Untold, Il contest sulle 3B del Vino Italiano, Salerno

    3B Untold, Il contest sulle 3B del Vino Italiano, Salerno

    3B Untold, Il contest sulle 3B del Vino Italiano

    Redazione

    Sabato 25 Marzo 2023 presso il Saint Joseph Resort a Salerno si svolgerà l’ottava edizione di Untold incentrata su quelle che all’estero chiamano le 3B del vino Italiano: Barolo, Barbaresco e Brunello di Montalcino.

    3B Untold, Il contest sulle 3B del Vino Italiano, Salerno, foto da comunicato stampa
    3B Untold, Il contest sulle 3B del Vino Italiano, Salerno, foto da comunicato stampa

    Questa edizione rappresenta l’apice della rubrica Untold che ha visto il nostro team negli ultimi 24 mesi. assaggiare oltre 350 vini esclusivamente delle seguenti denominazioni:

    Aglianico del Vulture
    Barbaresco
    Barolo
    Brunello di Montalcino
    Chianti Classico
    Fiano di Avellino
    Gattinara
    Ghemme
    Verdicchio dei Castelli di Jesi
    Verdicchio di Matelica
    Vino Nobile di Montepulciano

    Il 25 Marzo quattro commissioni, ciascuna composta da 6 esperti di settore, andranno ad eleggere i migliori Barolo, Barbaresco e Brunello di Montalcino che si aggiudicheranno i Tre Cavatappi.

    Alcuni momenti degustativi, articolo: 3B Untold, Il contest sulle 3B del Vino Italiano, Salerno, foto da comunicato stampa
    Alcuni momenti degustativi, articolo: 3B Untold, Il contest sulle 3B del Vino Italiano, Salerno, foto da comunicato stampa

    Le commissioni valutatrici

    Due commissioni composte da enologi, giornalisti di settore e sommelier di varie associazioni assaggeranno alla cieca 52 referenze di Barolo e Barbaresco per eleggere i migliori vini di Barolo e Barbaresco Untold. Di seguito la lista dei giurati valutatori di Barolo e Barbaresco Untold:

    ♦Adele Munaretto
    ♦Andrea Annunziata
    ♦Carol Agostini
    ♦Fabio Pascucci Pepi
    ♦Gelsomino Perrotta
    ♦Giuseppe Festa

    ♦Luca Matarazzo
    ♦Luigi D’Acunto
    ♦Monica Mogavero
    ♦Roberto Garofalo
    ♦Vincent Renzo
    ♦Vittorio Guerrazzi

    Ulteriori due commissioni composte da enologi, giornalisti di settore e sommelier di varie associazioni assaggeranno alla cieca 44 referenze di Brunello di Montalcino per eleggere i migliori vini di Brunello di Montalcino Untold. Di seguito la lista dei giurati valutatori di Brunello di Montalcino Untold:

    ♦Annalisa Mancaniello
    ♦Antonio Zambrano
    ♦Aurelio Fasano
    ♦Cosimo Orlacchio
    ♦Cristina Santini
    ♦Danilo Amapani

    ♦Ermanno Guerra
    ♦Gaetano Cataldo
    ♦Giulia Ferrero
    ♦Giuseppe Schiavone
    ♦Mirco Gazzera
    ♦Simone Feoli

    Le referenze in assaggio di Barolo e Barbaresco Untold

    Nel corso dell’evento ciascuno dei 12 giurati assaggerà e valuterà alla cieca tutte le 52 referenze partecipanti organizzate in batterie da 6 vini e di seguito elencate in ordine di azienda:

    Aurelio Settimo – Barolo “Rocche dell’Annunziata”, 2018
    Aurelio Settimo – Barolo Riserva “Rocche dell’Annunziata”, 2016

    Batasiolo – Barolo “Boscareto”, 2016
    Borgogno – Barolo “Cannubi”, 2018
    Brezza – Barolo “Sarmassa”, 2018
    Brezza – Barolo Riserva “Sarmassa – Vigna Bricco”, 2017
    Burlotto Gian Carlo – Barolo “Massara”, 2018
    Burlotto Gian Carlo – Barolo “Monvigliero”, 2017

    Cantine Povero – Barbaresco “Batù”, 2019
    Cantine Povero – Barolo, 2018
    Cantine Sant’Agata – Barolo “La Fenice”, 2018
    Casa E. Di Mirafiore – Barolo “Lazzarito”, 2019
    Cascina Bongiovanni – Barolo “Pernanno”, 2018
    Cascina Bongiovanni – Barolo Riserva, 2015
    Chiara Boschis – Barolo “Via Nuova”, 2018
    Collina San Ponzio – Barolo, 2019
    Curto Marco – Barolo “Arborina”, 2019

    De Simone – Barolo, 2019
    Dosio – Barolo “Fossati”, 2018
    Dosio – Barolo “Serradenari”, 2018

    Enrico Serafino – Barbaresco “Bricco di Neive”, 2019
    Enrico Serafino – Barolo “Carpegna”, 2018
    Enrico Serafino – Barolo Riserva “Briccolina”, 2016
    Fontanafredda – Barolo “del Comune di Serralunga d’Alba”, 2019

    Guido Rivella – Barbaresco “Montestefano”, 2019

    Josetta Saffirio – Barolo “Ravera”, 2019
    Josetta Saffirio – Barolo Riserva “Millenovecento48”, 2016

    Livia Fontana – Barolo “Villero”, 2018
    Luca Marenco – Barolo “La Volta”, 2018
    Luca Marenco – Barolo, 2018
    Luigi Baudana – Barolo “Baudana”, 2019
    Luigi Baudana – Barolo “Cerretta”, 2019

    Manzone Giovanni – Barolo “Bricat”, 2018
    Marchesi Di Barolo – Barbaresco “Serragrilli”, 2019
    Marchesi Di Barolo – Barolo, 2018
    Marrone – Barolo “Bussia”, 2019
    Montalbera – Barbaresco “Lintuito”, 2019
    Montalbera – Barolo “Levoluzione”, 2017

    Pasquale Pelissero – Barbaresco “Cascina Crosa”, 2020
    Pasquale Pelissero – Barbaresco “San Giuliano”, 2020
    Passone Massimiliano – Barolo “Sotto Castello di Novello”, 2016

    Ramello Gianni e Matteo – Barolo Riserva “Rocchettevino”, 2017
    Rapalino – Barbaresco, 2019
    Rocche Costamagna – Barolo “Rocche dell’Annunziata”, 2017
    Rocche Costamagna – Barolo Riserva “Rocche dell’Annunziata”, 2016

    Schiavenza – Barolo “Cerretta”, 2019
    Schiavenza – Barolo, 2019
    Socre’ – Barbaresco Riserva “Roncaglie”, 2018
    Socre’ – Barbaresco, 2019
    Sordo – Barolo “Monprivato”, 2018
    Sordo – Barolo “Perno”, 2018

    Villadoria – Barolo “Sorì Paradiso”, 2019

    Le referenze in assaggio di Brunello di Montalcino Untold

    Nel corso dell’evento ciascuno dei 12 giurati assaggerà e valuterà alla cieca tutte le 44 referenze partecipanti organizzate in batterie da 5 vini e di seguito elencate in ordine di azienda:

    Argiano – Brunello di Montalcino, 2018

    Bellaria – Brunello di Montalcino “Assunto”, 2018
    Bellaria – Brunello di Montalcino, 2018

    Cantina di Montalcino – Brunello di Montalcino, 2018
    Carpineto – Brunello di Montalcino Riserva, 2017
    Carpineto – Brunello di Montalcino, 2018
    Casa Raia – Brunello di Montalcino, 2018
    Chiusa Grossa – Brunello di Montalcino, 2018
    Col d’Orcia – Brunello di Montalcino Riserva “Nastagio”, 2016
    Col d’Orcia – Brunello di Montalcino, 2018
    Col di Lamo – Brunello di Montalcino, 2018

    Ferrero – Brunello di Montalcino, 2018
    Franco Pacenti – Brunello di Montalcino, 2018
    Frescobaldi – Brunello di Montalcino “CastelGiocondo”, 2018

    Geografico – Brunello di Montalcino, 2018

    La Colombina – Brunello di Montalcino, 2018
    La Fiorita – Brunello di Montalcino “Fiore di NO”, 2018
    La Gerla – Brunello di Montalcino, 2018
    La Palazzetta – Brunello di Montalcino, 2018
    La Poderina – Brunello di Montalcino Riserva “Poggio Abate”, 2017
    La Poderina – Brunello di Montalcino, 2018
    Lambardi – Brunello di Montalcino, 2018
    Le Gode – Brunello di Montalcino “Vigna Montosoli”, 2018

    Máté – Brunello di Montalcino, 2018
    Mocali – Brunello di Montalcino “Le Raunate”, 2018
    Mocali – Brunello di Montalcino, 2018

    Patrizia Cencioni – Brunello di Montalcino “Ofelio”, 2018
    Patrizia Cencioni – Brunello di Montalcino, 2018
    Pian di Macina – Brunello di Montalcino, 2018
    Poggiarellino – Brunello di Montalcino, 2018
    Poggio dell’Aquila – Brunello di Montalcino Riserva, 2017
    Poggio dell’Aquila – Brunello di Montalcino, 2018
    Poggio Lucina – Brunello di Montalcino, 2018
    Poggio Nardone – Brunello di Montalcino, 2018

    San Polo – Brunello di Montalcino “Podernovi”, 2017
    SassodiSole – Brunello di Montalcino, 2018
    Scopone – Brunello di Montalcino, 2018
    Sesti – Brunello di Montalcino, 2018

    Tenuta di Sesta – Brunello di Montalcino, 2018
    Tenute Silvio Nardi – Brunello di Montalcino “Vigneto Manachiara”, 2018
    Tenute Silvio Nardi – Brunello di Montalcino, 2018
    Terre Nere – Brunello di Montalcino, 2018
    Tiezzi – Brunello di Montalcino “Vigna Soccorso”, 2018
    Tornesi – Brunello di Montalcino, 2018

    I criteri di valutazione di Untold

    Per questa edizione di Untold abbiamo deciso di evolvere i criteri di valutazione in centesimi adottati nel corso delle precedenti edizioni per passare ad una metrica più sintetica e maggiormente espressiva della metodologia di confronto adottata.

    La valutazione sarà, infatti, espressa da ciascun giurato attraverso un punteggio in scala da 1 a 5 su ciascuno dei seguenti cinque attributi:

    →Attrattività
    →Espressività
    →Iconicità
    →Piacevolezza oppure Prospettiva
    →Coerenza

    Sviluppando la media dei punteggi attribuiti dai 12 degustatori andremo ad assegnare i Cavatappi di Decanto ai vini che totalizzeranno una media di:

    15 – 17 punti: UN CAVATAPPI
    18 – 20 punti: DUE CAVATAPPI
    21 – 25 punti: TRE CAVATAPPI

    I premi assegnati nel corso di Untold

    Al termine del contest andremo a premiare i vini che totalizzeranno il punteggio più alto nelle seguenti categorie:

    Miglior vino
    Vino più tipico
    Vino con il miglior rapporto qualità-prezzo
    Vino con la migliore etichetta (assegnato dai nostri follower sui social network)

    Andremo, inoltre, ad assegnare il riconoscimento di Migliore Cantina all’azienda che avrà realizzato il punteggio più alto sommando quelli ottenuti da due referenze.

    Infine, si assegnerà il riconoscimento di Migliore Cantina Emergente all’azienda fondata negli ultimi 20 anni che avrà realizzato il punteggio più alto sommando quelli ottenuti da due referenze.

    Da sito e comunicato stampa

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  • A Francesco Franzese piace coi tacchi a spillo…2022

    A Francesco Franzese piace coi tacchi a spillo…2022

    A Francesco Franzese piace coi tacchi a spillo…2022

    Di Gaetano Cataldo

     

    Nell’universo della gastronomia stellata i fatti di cronaca non mancano mai, la vita degli chef viene spesso passata sotto la lente di ingrandimento ed al pubblico non dispiace affatto scoprire vizi e virtù dei maghi dei fornelli più in vista, leccandosi le orecchie ascoltando i loro segreti più intimi e pizzicarli con le dita nella marmellata… che poi chi più di loro solo i pasticcieri in fondo, no?

    Buttata giù così magari uno potrebbe arrivare a pensare che ci sia un sottile piacere dietro l’ingrato compito di divulgare certe notizie, specialmente quando si tratta di mettere a nudo uno tra i principali interpreti della cucina stellata in Campania, manco fosse un gambero da sgusciare per benino. Di ciò non è dato sapere, lasciamolo pure all’immaginazione smaliziata del lettore, però qualcuno ‘sta cosa ve la doveva pur dire…

    A Francesco Franzese piace coi tacchi a spillo...2022
    A Francesco Franzese piace coi tacchi a spillo…2022 : “La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella” da sito Rear Restaurant di Nola

    A Francesco Franzese piace coi tacchi a spillo!

    Lo so, la notizia in sé non dovrebbe fare poi così tanto scalpore: insomma c’è comunque gente che se ne va in giro sbarazzina a praticare la sitofilia, quella forma di feticismo legata al cibo in cui viene raggiunta l’eccitazione sessuale mangiando dal corpo di un’altra persona eccetera, però in fin dei conti occorre essere pratici e di ampie vedute, lasciando che ciascuno usi per la propria contentezza il condimento che più gli aggrada e ribadire solennemente “l’importante è che ti ritiri contento a casa” o limitarsi semplicemente ad abbozzare un “de gustibus”… ma questa è un’altra storia e non so se c’ho voglia di raccontarvela.

    In fondo perché giudicare il gusto altrui quando posso raccontarvi questa chicca riguardante niente poco di meno che l’executive chef del Rear Restaurant al Ro World di Nola?Comunque il fatto è sempre quello, non distraiamoci: a Francesco Franzese piace proprio coi tacchi a spillo!

    Eppure sembrava fosse ieri quando assurse alla primissima stella Michelin stando alla direzione delle cucine di Casa del Nonno 13 a Mercato San Severino, riuscendo a confermarla in seguito.

    Chi è Francesco Franzese?

    Ma prima che tutto ciò accadesse ha dovuto farne di sacrifici: originario di Saviano e classe dell’89, Francesco ha lavorato sodo prima di farsi strada in questo settore altamente competitivo, militando tra i fornelli di location al top, tanto per prestigio quanto per il forte carico di impegno e tensione richiesto per poter dare sempre il massimo di sé, affiancando i protagonisti della cucina italiana e non solo…

    E’ stato al fianco dello chef Vito Mollica a Firenze, sia al Four Season che al Palagio, successivamente con lo chef Giorgio Locatelli a Londra, poi in Campania, precisamente a Capri, dapprima al Ristorante l’Olivo con lo chef Andrea Migliaccio e successivamente al ristorante il Riccio, affiancando lo chef Salvatore Elefante per l’ennesima esperienza stellata.

    Chef Francesco Franzese Executive chef al Rear Restaurant di Nola
    Chef Francesco Franzese Executive chef al Rear Restaurant di Nola

    Francesco avrebbe anche potuto pure accontentarsi di questa intensa formazione, ma sapete come sono fatti i cuochi che ci mettono il cuore:

    deciso ad accrescere le proprie conoscenze culinarie e convinto che nella vita come in cucina ci sia sempre da imparare, decide di avventurarsi a Parigi, precisamente presso l’Atelier de Joël Robuchon, due stelle Michelin, per poi approdare in Sardegna al ristorante Il Fico D’india del Resort Le Dune della Delphina ed infine ritornare in Campania al Roji Japan fusion Restaurant di Nola dove nel 2018 non tarderà ad arrivare un primo riconoscimento: nominato chef dell’anno per la guida Mangia&Bevi del Mattino.

    D’altronde il sentiero era già tracciato dall’amore per la cucina avvertito sin da piccolo, osservando con gioia e curiosità la mamma e la nonna cucinare per la famiglia, una famiglia che contempla contadini e pescatori, l’odore del pane fatto in casa, il sapore degli ortaggi e la freschezza delle materie prime ittiche della pescheria del padre.
    Praticamente nessuno se lo sarebbe mai aspettato eppure, malgrado tutto ciò, a Francesco piace coi tacchi a spillo!

    Ma che avete capito!?
    A Francesco piace la lardiata con i tacchi a spillo!
    Certo che nell’immaginario di feticisti come voi sarà già venuto in mente la figura di chef Franzese china sul piatto ad adeguare la calzata a ciascun mezzanello con delle mini scarpette uso Pittarosso, preparate con chissà quale improponibile cibo… bravissimi! Siete fuori strada però!!

    Oh, e allora di che cosa stiamo parlando? Di stravaganza ed allontanamento dalla tradizione?

    Non direi proprio. E chi conosce bene Francesco per lo chef compiuto qual è e dai forti legami territoriali non si sognerebbe neanche di pensarlo. Francesco Franzese guarda risoluto alla tradizione e sa che essa non deve essere una scusa per dormire sugli allori, che non deve rappresentare un salvacondotto per fare cucina scontata e non deve costituire un freno per il miglioramento, l’innovazione e l’evoluzione del piatto.

    Certamente i mezzanelli lardiati sono di diritto una delle eccellenze della cucina campana, e questo almeno dal XVIII secolo, ma costituiscono una ricetta squisitamente contadina, figlia della sussistenza, della capacità di valorizzare anche il più povero degli ingredienti e del bisogno di mettere in tavola cibo saporito e di consistenza, al fine di riempire la pancia, di mettere di buon umore, esattamente in linea coi tempi e con i mezzi di allora, apportando le giuste calorie a persone che vivevano di duro lavoro, del duro lavoro proprio di quell’epoca per niente sedentaria.

    Protagonista indiscusso è dell’ottimo lardo di maiale ed a seguire pochi ingredienti, quelli di allora, e variabili a seconda del poco o niente che si aveva e delle scuole di pensiero…
    Aglio o Cipolla? Basilico o Prezzemolo? Gambi di Sedano? Pepe o Peperoncino? Pecorino o Parmigiano Reggiano? Non importa, sappiamo che il piatto nasce per fare di necessità virtù, l’importante è che il lardo sia “allacciato”, cioè minutamente tagliato al coltello sino ad ottenere una crema, e che vi sia del pomodoro per cortesia.

    A Francesco Franzese piace coi tacchi a spillo...2022 articolo di Gaetano cataldo, Chef Executive chef al Rear Restaurant di Nola
    A Francesco Franzese piace coi tacchi a spillo…2022 articolo di Gaetano cataldo, Chef Executive chef al Rear Restaurant di Nola

    Francesco Franzese non ha dubbi sulla scelta degli ingredienti per ricreare la lardiata secondo la sua personale interpretazione: partendo da un soffritto di olio evo all’aglio col lardo di pancia di maiale nero casertano, lardo di Colonnata e lardo di wagyu della prefettura di Kobe, lavorati a bassa temperatura, si aggiunge l’acqua di pomodoro ramato per poter risottare i mezzanelli rigati. A mantecare arriva il battuto di pomodoro di San Marzano e l’olio evo da esso ricavato, assieme alla crema di datterino, tutte e tre in versione confit, ed infine polvere di pomodoro alla brace.

    A completamento del piatto di nuovo il pomodoro in polvere alla brace, la cotica soffiata, le fette sottilissime di lardo di Colonnata a crudo, che amplificano la delizia fondendo, e gocce di olio extravergine al basilico.

    La versione franzesiana della lardiata nasce per esaltare ed amplificare i punti cardine su cui si fonda il sapore della ricetta originaria, disinnescando ogni attacco da parte dei dietologi e convertendo pure loro al Principio di Müller, spogliata così com’è da una eccessiva grassezza e resa leggera, briosa e biodisponibile. Piatto estroverso, certamente frutto della passionalità di Francesco ma anche di un ragionamento sull’estrazione degli ingredienti molto meditato e su uno studio altrettanto accorto del “maridaje” degli stessi.

    Cotture millimetrate, estrazione massima del licopene e dell’umami dal pomodoro, inclusa la tendenza dolce in quello confit e la componente aromatica di quello cotto alla brace; la sinfonia dei lardi impiegati estende ulteriormente la persistenza a questo sontuoso primo piatto, dove non manca il gioco delle consistenze per diversità di struttura. Insomma una lardiata che non perde la sua identità, anzi ne assume una ancora più marcata.

    E adesso potete anche pensare alla lardiata come ad una Cenerentola birichina che il galante chef nobilita con la sua arte, facendole esprimere tutta la sua leggiadra eleganza con un pizzico di rock.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Ristorante: https://www.rearrestaurant.com/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/ https://carol-agostini.tumblr.com/

  • Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Di Gaetano Cataldo

     

    Chimica, barrique nuove, enologo di grido ed espianto di viti storiche… più o meno questa l’equazione propinata attraverso l’evangelizzazione delle guide fino a ieri l’altro.

    Poi arriva lui fresco fresco, e come pochi a quei tempi, ha avuto la “presunzione” di appiccicare l’etichetta alla bottiglia che si faceva a casa per autoconsumo senza ricorrere alla consulenza tecnico-scientifica, con apprezzamenti immediati da parte del pubblico di consumatori e della critica, rendendo accattivante e provocatoria la bottiglia semplicemente facendo questo: citare in retro etichetta tutto quello che non si è mai sognato di mettere nel vino, cosa che oggigiorno è diventata più una cosa figa ed una faccenda di marketing che sana e genuina concretezza.Ah, nel frattempo ha restituito lo spirito contadino al vino irpino così come quasi non ce lo ricordavamo più e nobilitarlo come pochi.

     

    Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di '900.
    Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900, foto dal sito https://luigitecce.com/cantina-vini-vigneti/

    Luigi Tecce

    Lui è Luigi Tecce, classe del ’71. Non crede in Dio ma ad una prima occhiata pare sappia campare molto meglio di chi lo fa e vive i suoi tempi col distacco tipico di chi ha subito il fascino ed il successivo disincanto dai grandi ideali, facendolo da pragmatico e anche con una sottile vena da nostalgico sognatore, ma non ditelo a nessuno sennò finisce che perde la sua aria di strafottente.

    Dopo il diploma in ragioneria si iscrive subito alla facoltà di economia e commercio e, conquistato l’esonero militare, giusto per farvi capire che il tipino in questione già sapeva quel che voleva, abbandona subito l’università ottenendo il suo scopo.

    Nel mentre, come molti di noi in quegli anni d’altronde, vive quel momento storico in cui, dopo tangentopoli, sembrava fosse giunto il tempo per una grande ventata di innovazione e, col ’94, le prime elezioni fondate sull’onestà, assistendo invece alla frammentazione del Partito Comunista in tutt’altro e alla deflagrazione degli ideali della gioventù.

    Il 20 Marzo del ’97, con la morte del papà ha ereditato una fattoria tradizionale, ultimo embrione di una anarchia produttiva; di punto in bianco la responsabilità e la fatica di portare avanti le vacche da latte, i vitelli, gli ulivi, tutta sulle sue spalle e la determinazione amorevole di riqualificare la vigna ereditata e conferire all’inizio il vino alle aziende come ha sempre fatto la sua famiglia, preservandone una quantità per il suo consumo personale, negli anni in cui la critica enogastronomica era univoca semplicemente perché non era critica e non si faceva massa critica.

    Ogni anno però conferiva sempre meno, tenendo sempre più per sé, fino a decidere di diventare produttore nel 2003, anno ufficiale della prima annata.

    Luigi Tecce in vigna
    Luigi Tecce in vigna

    Occhio vispo, sorriso sornione e volto scarno, tipico di quei consumati pescatori che fanno di una piccola barca la loro repubblica indipendente, anche se si tiene ben lontano dal mare, Luigi ha l’aria di uno che la sa proprio lunga, più o meno, specie con quella parlantina svelta poi, mediante la quale probabilmente nasconde un animo molto sensibile e costantemente in bilico tra lo slancio narrativo e misurato di un vignaiolo e quell’esigenza di riserbo sulla sua singolare persona, forse sospettosa per qualche disavventura con dei suoi simili, e su di un’epoca spazio temporale remota di cui pretende di essere custode.

    Detesta il rumore e contempla il silenzio; dice di non avere un buon orecchio per la musica, ma andate a dirlo al suo amico Vinicio Capossela che lo aiuta a comporre i vestiti per le sue bottiglie e con il quale c’è questo traghettarsi vicendevole in un mondo onirico fatto di odissee moderne ed antiche credenze, un grande amore in forma chiusa per l’umanità e l’immagine del Mito che si cela nell’uomo comune, dervisci rotanti e chimere.

    Luigi ama di Capossela la trasversalità ed il suo essere spugna, eternamente curioso ed aperto alla vita, , ascolta con piacere la musica classica, il jazz, la musica folk di un certo livello e Fabrizio De André, anche per un retaggio ideologico di una vecchia sinistra ormai andata.

    La cantina di Luigi Tecce un vignaiolo colto e spontaneo
    La cantina di Luigi Tecce un vignaiolo colto e spontaneo

    Nel bene o nel male il vino è anche frutto degli umori, dei pensieri e delle emozioni di chi il vino lo fa e tutto ciò è paradigmatico nel suo Maman, dedicato a sua madre ed alla madre di Capossela: questa triangolazione di umanità immateriale dovette fondersi tutta quando Luigi ne imbottigliava l’unica edizione proprio mentre la mamma lasciava questa sonda terrena e la luce del suo bianco venne ricoperta da un velo di dolore e tristezza che molti scambiarono per difetto invece di un irrecuperabile pezzo di anima disciolto, tanto che decise venisse ritirato dal mercato.

    E questo a dimostrazione di quanto il vino vivo subisca, nel bene o nel male, gli effetti delle emozioni e dei sentimenti dell’uomo che lo fa.

    Agli esordi forse qualcuno dovette muovere qualche critica sul prezzo delle bottiglie probabilmente ma poi, quando arrivò a realizzare la fatica che serve a fare il vignaiolo e che i suoi vini non sono fatti per accontentare tutti, dovette ricredersi, inclusi i detrattori che urlarono allo scandalo nel 2011 per quelle innocue piantine di marijuana messe a dimora nel vigneto e che lo videro, naturalmente, scagionato da tutte le accuse. Luigi lavora bene tanto in vigna che in cantina, lo fa così bene che le bottiglie non gli vengono mai uguali e questo a dimostrazione che conosce il valore interpretativo di ogni singola vendemmia e come tirarlo fuori.

    Ecco forse perché non legge mai quello che scrivono su di lui e sui suoi vini. E speriamo che non cominci proprio adesso…

    I vini di Luigi Tecce, articolo: Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di '900.
    I vini di Luigi Tecce, articolo: Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Intervista

    Qual è il tuo primissimo ricordo sul vino?

    Mio nonno Luigi, classe 1902, amava tantissimo il vino bianco dolce, insomma quello lambiccato fatto col cappuccio di canapa. Da piccolo andai in cantina con una tazzina da caffè, la riempii con quel nettare e mi ubriacai per la prima volta. Avevo 4 anni.
    Una frase che ti caratterizza…

    Il non fare secondo propria coscienza non è né prudente né legittimo.
    Persone che ti hanno ispirato?

    Proprio mio nonno Luigi. Avevo 11 anni quando se ne è andato ma mi è rimasta la sua impronta. I vecchi non sono necessariamente interessanti per via dell’età e quelli che hanno vissuto dopo di lui, andando avanti negli anni, sono appartenuti ad una storia recente, una storia dalla quale sono stati sopraffatti.

    Nonno Luigi invece sì che era un vecchio interessante: apparteneva ad una generazione di uomini millenari per il loro legame ad una grande storia passata, un tempo molto più lungo e profondo di quello che abbiamo vissuto dopo le prime decadi del ‘900.

    La Barricaia di Luigi Tecce, articolo: Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di '900.
    La Barricaia di Luigi Tecce, articolo: Luigi tecce: Anarchia Produttiva ed Uomini di ‘900.

    Cosa ti piace leggere?

    Sono un amante della letteratura, della storia antica e della saggistica, anche se da quando pratico il mestiere del vino leggo un po’ meno. Flaubert, Herman Hesse, tutto Hemingway, Pavese e Svevo. Anche poesia: “I Fiori del Male” di Rimbaud, Neruda, Pedro Salinas e, di grande arricchimento per me, Charles Bukowsky. Il libro più importante per me resta sicuramente “Cristo si è Fermato ad Eboli”, poi “Il Rosso e il Nero” di Stendhal. Di John Fante adoro “La Confraternita dell’Uva”, costituisce per me il trionfo dell’uomo quotidiano contrapposto all’osannato uomo mito. Prima di ogni vendemmia leggo “Sparta e Atene. Il racconto di una guerra” di Sergio Valzania ma non chiedermi il perché.

    E del cinema che mi dici?

    Che per me è la seconda arte dopo la letteratura. Sono affascinato da questo componimento di letteratura visiva fatto di recitazione, sceneggiatura e regia. I film di e con Buster Keaton, i registi come Fellini, Ettore Scola, Vittorio De Sica, Sergio Leone, Stanley Kubrick, Akira Kurosawa e Pedro Almodovar non ti stanchi mai di vederli.
    Dammi tre titoli…
    Eh, tre titoli… complicato dartene solo tre. Facciamo “La corazzata Potëmkin”, “Quarto Potere” ed “Otto e Mezzo”.

    Ed una frase tratta dal cinema che avresti voluto pronunciare?

    Una carica di significato e per niente banale, quella di Alberto Sordi quando dice “Maccarone… m’hai provocato e io te distruggo, maccarone! Io me te magno!”.

    A proposito di mangiare, cosa ti piace abbinare ai tuoi vini?

    Intanto sappi che non condivido granché le rigide griglie degli abbinamenti, sono più per l’abbinamento anarchico all’inglese: “bevi quello che ti piace con quello che ti piace mangiare”. Amo decisamente gli abbinamenti storico culturali, questo perché sono loro a raccontarti dei luoghi e della tradizione di mettersi a tavola.

    Alle volte ci vuole un vino buono senza grande personalità e senza troppe distrazioni per vivere al meglio la convivialità ed il buon mangiare. Se proprio devo darti degli abbinamenti penserei ad un cosciotto di agnello cotto al fieno col Poliphemo, col Purosangue un brasato di vacca podolica e col Satirycon una grande lasagna alla napoletana.

    E col Maman?
    Il pane con la frittata oppure una zuppa di baccalà con qualche patata.
    Quando è che ci fai un altro bianco?

    Per il momento accontentati di un rosato: è il frutto di uve aglianico vendemmiate nel 2018 e vinificate in bianco 2018. La Cyclope, un rosé che ambisce al lunghissimo affinamento.

    Linea di demarcazione tra il Poliphemo ed il Purosangue?

    TAURASI POLIPHEMO Il Poliphemo é il simbolo del viaggio di Luigi Tecce, l’Ulisse della verde Irpinia che ha riscoperto i valori della campagna e dei vigenti di famiglia dando vita a un nettare di Bacco che stuzzica il palato in modo potente e progressivo.
    TAURASI POLIPHEMO
    Il Poliphemo é il simbolo del viaggio di Luigi Tecce, l’Ulisse della verde Irpinia che ha riscoperto i valori della campagna e dei vigenti di famiglia dando vita a un nettare di Bacco che stuzzica il palato in modo potente e progressivo.

    Semplicemente il Poliphemo è più anarchico e figlio di viti vecchie ed irrazionali, mentre il Purosangue è aristocratico e proviene da una vigna più moderna.
    Raccontami di qualche tua contraddizione….

    Mi viene in mente una frase di Oscar Wilde… “La buona società è una cosa necessaria: farne parte è solo una gran noia, ma esserne fuori è una tragedia”.

    IRPINIA CAMPI TAURASINI SATYRICON Il Satyricon passa 12 mesi in legno, sempre vecchio, salvo necessità di aggiungerne di nuovi per il ricambio naturale dovuto all’usura.
    IRPINIA CAMPI TAURASINI SATYRICON
    Il Satyricon passa 12 mesi in legno, sempre vecchio, salvo necessità di aggiungerne di nuovi per il ricambio naturale dovuto all’usura.

    Penso anche di avere la fortuna di provare la libertà indescrivibile che provano i vecchi di 90 anni nel dire ciò che vogliono dall’alto del loro vissuto ma facendolo con la sfrontatezza di un adolescente, senza essere fuori gioco, senza essere per forza oggetto di riverenza e senza essere fuori dal tempo.

     

     

     

     

     

    Un tuo hobby?

    A parte il mio mestiere, dei libri a me cari e del cinema di cui si è parlato prima nessuno. Avevo un grande legame con Ferruccio il mio cane, purtroppo è venuto a mancare lo scorso settembre. Ci ho rimuginato su parecchio ma oggi con me c’è un altro fedele amico: il piccolo Gino, mi segue sempre e sa già molto di me.

    Cosa suggerisci di bere ai lettori di Papillae.it?

    Suggerisco di bere qualsiasi tipologia di vino purché sia un vino fatto bene. Per imparare a bere però ed assumere una buona consapevolezza occorre metterci impegno, tempo ed energia fisica… con una certa autonomia di pensiero.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Cantina: https://luigitecce.com/cantina-vini-vigneti/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/ https://carol-agostini.tumblr.com/

  • Delite, vini di territorio a Montemarano 2022

    Delite, vini di territorio a Montemarano 2022

    Delite, vini di territorio a Montemarano 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Nel piccolo borgo di Montemarano vivono meno di 3000 abitanti e la cittadina sorge alle pendici del Massiccio del Tuoro, a sinistra del fiume Calore e molto vicino al torrente Chionzano.

    Si tramanda che la città sia stata fondata dal generale sannita Mario Egnazio il quale, stando allo storico Appiano d’Alessandria, sconfisse l’esercito romano nei pressi del monte Toro, facendoli tornare a casa carichi di meraviglie. Sulla sommità del colle dove oggi sorge la cattedrale di Santa Maria Assunta, dove una volta si ergeva il tempio di Giove ed oggi si conservano le reliquie di San Giovanni.

    Sede vescovile dal 1059 e successivamente contea nel 1082, con a capo Riccardo Caracciolo detto il Rosso, Montemarano vide un lungo periodo di declino a causa della peste tra il 1600 ed il 1700.

    Restano però le testimonianze di un glorioso passato: tra gli episodi della vita di San Francesco, raccontati nel ciclo di affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi, ce n’è uno dedicato alla morta di Montemarano, raffigurante il miracolo che vide una donna del paese resuscitata per mano del santo, fatto tramandato nel “Trattato dei Miracoli” ed “La Leggenda Maggiore di San Bonaventura di Bagnoreggio” di Tommaso Celano.

    I Montemaranesi

    Persone fiere i montemaranesi… scacciarono bizantini e longobardi per quanto male armati, sono molto legati alla loro terra da sempre e, nonostante i rovesci di fortuna, da secoli continuano a festeggiare il miracolo dell’esistenza col rito gioioso della tarantella montemaranese: tradizione millenaria estatica di grande coinvolgimento e panacea contro gli spiriti maligni.

    Visitare Montemarano

    Visitare Montemarano, specialmente durante la Sagra del Vino, il Carnevale Montemaranese e la Festa del Bosco, è un must per il visitatore che voglia avere una chiave di lettura profonda del contesto storico culturale irpino, ma anche semplicemente per fare una passeggiata nel romanticissimo nell’area medievale posta al centro della città.

    È qui che prende forma il sogno di Emanuele Coscia, titolare della cantina Delite, formatosi attraverso gli studi di viticultura ed enologia presso l’Istituto Enologico “Francesco De Sanctis di Avellino, un sogno che gli fa battere forte il cuore mentre si occupa amorevolmente della vigna e che lo fa battere a chi beve i suoi vini.

    Cantina Delite

    Cantina Delite
    Cantina Delite

     

    Il nome della Cantina Delite nasce dall’acronimo composto dal cognome di suo nonno, Generoso De Lisio, dal nome di sua nonna Italia ed appunto da Emanuele: un nome che diventa arco temporale che lega passato e tradizione con presente ed innovazione, tutto però nel pieno rispetto di ciò che è stato fatto in precedenza e tramandato al giovane vignaiolo.

    Di tutto il “Taurasi-shire”, terroir che esprime poliedriche sfumature organolettiche ed espressività, Montemarano è il comune che conferisce in media caratteristiche più austere al vino destinato alla docg: infatti la viticultura montemaranese è tipicamente pedemontana poiché si pratica ad un’altitudine media di 640 metri sul livello del mare e che, grazie alla vicinanza dei monti Picentini, viene influenzata da un clima continentale con importanti escursioni termiche; queste rallentano la maturazione delle uve, favoriscono lo sviluppo di una grande carica sia tannica che acida, ed imprimono meglio le profumazioni.

    Delite, vini di territorio a Montemarano 2022
    Delite, vini di territorio a Montemarano 2022

    Questo territorio ha origine in epoche geologiche molto remote, epoche in cui tutto era ricoperto dal mare, come testimoniano le sabbie di natura fossile ivi che, assieme al pietrisco calcareo ed ai lapilli, frutto delle eruzioni vulcaniche del Vesuvio, rende la tessitura dei suoli in cui le viti affondano le loro radici, suoli a prevalenza argillosa, molto complessi e disomogenei passo dopo passo.

    Emanuele si prende cura di sei ettari di terreno, ripartiti in tre lotti in prossimità della cantina: questa distribuzione, per suolo ed esposizione costituisce per le uve Aglianico e la stessa cantina una fonte di grande ricchezza e diversificazione in quanto, grazie ad un’agricoltura di precisione e la gestione della chioma ad esempio, si possono ottenere non solo risultati tali da poter meglio interpretare la vendemmia ma persino prevenire i disagi del riscaldamento globale sia rispetto al ciclo vegetativo della pianta che riguardo alla vinificazione.

    I Vini

    Alcune etichette della cantina Delite
    Alcune etichette della cantina Delite

    Il risultato prodotto da tutto questo lavoro, anche grazie all’aiuto dell’enologo ed agronomo Arturo Erbaggio, uomo virtuoso della viticultura campana ed interprete della sostenibilità e dell’enologia coerente, si misura il appena 2500 bottiglie, un condensato di lavoro genuino e tipicità, ripartito in tre referenze:

    Aglianico Irpinia Doc “Generoso
    Aglianico Irpinia Doc “Generoso Cantina Delite

    Aglianico Irpinia Doc “Generoso”, vino molto ancorato all’identità del luogo, rustico ed appagante

    Campi Taurasini Doc “Nonna Seppa
    Campi Taurasini Doc “Nonna Seppa Cantine Delite

    Campi Taurasini Doc “Nonna Seppa”, dedicato alla madre di Generoso e che ne onora la memoria, frutto della selezione migliore delle uve e con una elegante mineralità, molto espressivo dell’andamento vendemmiale

    Taurasi Docg “Pentamerone
    Taurasi Docg “Pentamerone Cantina Delite

    Taurasi Docg “Pentamerone, ispirato all’omonimo libro di Giambattista Basile, dal vivido e complesso bouquet, equilibrato nel corpo e destinato ad una grande longevità.

     

    Conclusione

    Praticamente scoperta da Fabio Oppo, professionista del settore enologico e specialista in marketing del vino, la Cantina Delite convince per piacere anzitutto ai montemaranesi e poi per essersi fatta valere in alcuni contest internazionali ove, grazie al suo carattere affatto internazionalizzato, i suoi vini hanno ottenuto degli importanti risultati. Emanuele Coscia è decisamente una giovane promessa nel panorama vitivinicolo irpino e non si può che augurargli Buon Vento ed Ottime Annate.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito Cantina: https://www.cantinedelite.it/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/

    https://carol-agostini.tumblr.com/

  • Paisà, Trattoria di mare ad Agnone Cilento 2022

    Paisà, Trattoria di mare ad Agnone Cilento 2022

    Paisà, Trattoria di mare ad Agnone Cilento 2022

    Di Gaetano Cataldo

    Ci sono pochi posti dove il mare è disposto ad entrare fin dove l’uomo domina i fuochi delle cucine, portato dal vento attraverso le finestre delle casette, i vicoli e le stradine, per benedire la Dieta Mediterranea che mani laboriose ed esperte celebrano con la stessa risolutezza con la quale i pescatori issano le reti, estraendo rispettosamente dalla materia prima tutta la sua marinara essenza ed il suo sapore più autentico per comporre piatti gustosi.

    Paisà, Trattoria di Mare ad Agnone Cilento
    Paisà, Trattoria di Mare ad Agnone Cilento

    Il posto è il Cilento, precisamente ad Agnone Cilento, e le mani sono quelle di Pasquale Tarallo, cuoco navigato e patron del Paisà, ristorante tipico delle Cucina Cilentana di mare.

    Territorio e storia

    Questa frazione marittima del comune di Montecorice, le cui spiagge sono state insignite anche quest’anno della bandiera blu, sorse come piccolo borgo di pescatori, noto già nel 1187 quando insisteva sul sito la chiesetta di Santa Maria de Hercula e che nel XVII secolo vide un maggiore sviluppo grazie alle case sorte attorno alla torre di San Nicola.

    mentre oggi vive in prevalenza di turismo: il paesaggio di Agnone infatti è davvero molto attrattivo grazie alla sua pineta a picco sul mare ed il promontorio delle Ripe Rosse che si stagliano su un azzurro da mille sfumature, per non parlare delle abitazioni, dei cortili e dei porticati fatti in pietra cilentana e dei terrazzamenti imbrigliati dai muretti a secco con gli olivi, i fichi e le viti, che nell’insieme narrano la memoria storica di una comunità che supera di poco i 2600 abitanti.

    Costa di Agnone Cilento
    Costa di Agnone Cilento

    Un intreccio di cultura e tradizione confezionato pazientemente dal tempo, che qui scorre ancora a misura d’uomo, esattamente come pazientemente gli agnonesi si occupavano della commettitura della “libbana”, una cima a tre legnoli molto resistente, ricavata con erbe essiccate.

    Dall’intreccio secolare del tempo a quello del tradizionale cordame, che da sempre l’artigianato locale ha prodotto per i pescatori cilentani, fino alla metafora sull’intreccio dei sapori che Pasquale impiega per creare i suoi piatti il passo è breve.

    Paisà la trattoria di mare

    Paisà prende il nome dal celebre film del ‘46 di Roberto Rossellini, la seconda pellicola di una trilogia della guerra antifascista e superbo esempio di neorealismo del cinema italiano, ma è anche la forma vocativa di paesano o compaesano usata al Sud Italia, con cui soldati italo-americani solevano rivolgersi ai civili, fino ad assumere anche il significato di soldato alleato.

    Il paesaggio ad Agnone Cilento, una meraviglia per gli occhi
    Il paesaggio ad Agnone Cilento, una meraviglia per gli occhi

    Il ristorante, oggi segnalato da Slow Food, venne fondato nel 1971 da Veturia, la nonna di Pasquale e di suo fratello Luca che ne sono al timone dal 2006, e che già allora doveva essere una sorta di osteria social dove tra un bicchiere di vino, una pietanza di pesce ed un piatto di formaggi, si brindava alla vita ed alla libertà.

    Oggi, a parte qualche piccolo restauro e l’ambiente di sala più arioso, lo spirito del locale è lo stesso di prima con in più l’estro creativo di Pasquale Tarallo che, a seconda della stagione, coniuga i sapori dell’orto al pescato del giorno, comunicando le portate tramite un menu fluido, rigorosamente scritto a penna ed a seconda della reperibilità quotidiana dei prodotti.

    Quello che non manca mai è quell’atmosfera cordiale che anche se non ci si passa da anni è come se da Pasquale ci si è stati il giorno prima, proprio come in quelle locande di altri tempi dove tutti si conosco e la tavola serve a tenere uniti, come se si fosse tutti a casa.

    Paisà, Trattoria di Mare ad Agnone Cilento
    Paisà, Trattoria di Mare ad Agnone Cilento

    Naturalmente oltre alla cordialità non mancheranno mai l’olio extravergine di oliva del Cilento, le verdure e gli ortaggi a km zero, a dimostrazione di una grande valorizzazione della vocazione agricola del comprensorio, il pescato locale con varietà di ogni sorta, con una predilezione per il pesce azzurro.

    Per le varietà ittiche così dette povere, una carta dei vini semplice ed incentrata sulle cantine del territorio e sugli abbinamenti, i formaggi paesani, la pasticceria cilentana in stile “home made” ed i liquori artigianali… tutti ingredienti di una cucina sostenibile, genuina e sincera.

    Di Gaetano Cataldo


    Sito ristorante: https://www.facebook.com/PaisaAgnone/photos/

    Partner: https://www.foodandwineangels.com/