Dal 25 al 27 gennaio 2025 a Siena torna la decima edizione di Wine&Siena – Capolavori del gusto.
di Adriano Guerri
Il Complesso Museale Santa Maria Della Scala e Palazzo Squarcialupi di Siena aprono i battenti a Wine&Siena, questo importante appuntamento dà il via agli eventi organizzati da The WineHunter.
Come consuetudine andrà in scena all’interno degli ampi e suggestivi saloni del Santa Maria Della Scala e Palazzo Squarcialupi, prospiciente al maestoso Duomo di Siena. Uno dei primi grandi eventi enoici in Italia. L’appassionante evento enogastronomico viene organizzato dal Presidente del Merano WineFestival, Helmuth Köcher, evento al quale Helmuth ha fortemente creduto e voluto, assieme a Stefano Bernardini, Presidente di Confcommercio Siena, Andrea Vanni, scomparso qualche anno fa e Gianpaolo Betti, tre senesi purosangue.
Alla decima edizione parteciperanno oltre 100 espositori attentamente selezionati dalle commissioni d’assaggio di The WineHunter, provenienti da ogni regione dello stivale e non solo, ma ai banchi d’assaggio ci saranno anche alcune eccellenze gastronomiche locali. Numerose le etichette in degustazione delle più prestigiose cantine e di ogni tipologia,bollicine, vini bianchi, vini rosa, vini rossi e vini dolci, capaci di soddisfare ogni palato, anche quelli più esigenti.
In programma varie masterclass, guidate da esperti sommelier che si svolgeranno nell’ incantevole salone delle Feste del Grand Hotel Continental Starhotels Collezione, a poca distanza dal Santa Maria della Scala. Ci saranno anche alcuni Talks, incentrati sui cambiamenti climatici e non solo. Tre giorni all’ insegna di momenti emozionanti, in un contesto unico.
L’ultimo giorno, lunedì è dedicato interamente agli operatori professionali e alla stampa. Siena è una città d’ arte che vanta un ingente patrimonio e un’ambita meta turistica, nota per le sue tante magnificenze, chiese, imponenti palazzi, torri e piazze, una su tutte, Piazza del Campo, pertanto, trascorrere un week-end a Siena, può diventare un’esperienza immersiva tra arte, vino e gastronomia.Nel 1995 il centro storico di Siena è iscritto al Patrimonio dell’umanità UNESCO.
Attorno al capoluogo si trovano prestigiose e apprezzate denominazioni Docg e Doc della Toscana che godono di fama planetaria. Un territorio articolato da rilievi collinari affascinanti e tra i più belli al mondo con vigneti curati come giardini, oliveti, castelli e piccoli nonché suggestivi borghi. Wine&Siena inizia il 24 gennaio con la Small Plates Dinner, a Palazzo Squarcialupi fissata per le ore 20:00 e realizzata da Ristoranti d’eccellenza locali.
Per conoscere il programma, vi consiglio di visitare il sito dedicato: www.wineandsiena.com
A Firenze dal 8 al 9 dicembre 2024 ha avuto luogo la terza edizione di “Saranno famosi nel Vino“.
di Adriano Guerri
Come consuetudine all’interno degli ampi spazi della Stazione Leopolda. Vi erano circa 100 espositori, di cui 26 produttori di Gin. Il programma era ricco di masterclass e cooking show. Personalmente ho partecipato alla masterclass dedicata ai vini di Bolgheri, guidata dal giornalista enogastronomico Leonardo Romanelli con servizio effettuato dai Sommelier FISAR (Federazione Italiana Sommelier Alberghi Ristoranti). Alcune informazioni sulla Doc Bolgheri anticipano le note sensoriali degli 8 vini degustati.
Bolgheri si trova nelle immediate vicinanze del litorale etrusco nel comune di Castagneto Carducci e in provincia di Livorno. Oltre ad essere nota per i suoi vini è nota anche per il suggestivo viale di cipressi disposti in duplice filar. Ai quali il poeta Giosuè Carducci aveva dedicato vari versi.
Bolgheri è caratterizzata da aspetti pedoclimatici propizi per la coltivazione della vite, infatti, viene allevata sin dal tempo degli Etruschi, tuttavia, la svolta arriva con il Marchese Mario Incisa della Rocchetta, piemontese e grande estimatore dei vini di Bordeaux, quando si trasferì nella Tenuta San Guido, dopo aver sposato la Contessa Clarice della Gherardesca. L’intuizione fu di mettere a dimora barbatelle di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc che hanno dato vita ad uno dei vini più iconici italiani, Sassicaia.
Il grande successo del vino Sassicaia nel mondo, commercializzato grazie ad Antinori con la prima annata 1968, ha aperto le strade anche ad altri produttori per utilizzare vitigni internazionali. I vitigni maggiormente allevati oggi sono, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Petit Verdot, Syrah, Sangiovese, Sauvignon, Viognier e Vermentino.
Nella Doc Bolgheri sono contemplate varie tipologie, tuttavia le più note sono il Bolgheri Rosso Superiore e il Bolgheri Sassicaia, unica etichetta in Italia ad avere la Doc.
Un Areale molto suggestivo, immerso nella natura, tra vigneti, oliveti e cipressi, un oasi ideale per trascorrere una vacanza all’insegna della pace e tranquillità. Oltre alla Sassicaia della Tenuta San Guido, al Masseto, al Guado al Tasso, all’ Ornellaia, ci sono molti vini eccellenti di altri produttori sia noti sia meno noti, davvero molto bravi. Negli assaggi ho riscontrato l’elevata qualità nel calice di questo vocato territorio.
Ecco i vini
Bolgheri Rosso Superiore 2021 Castello di Bolgheri – Cabernet Sauvignon 75%, Cabernet Franc 20% s Merlot 5% – Rosso rubino intenso, emana sentori di ciliegia, prugna, rabarbaro, polvere di caffè e cacao e spezie, al palato è rotondo, pieno, fine e persistente con richiami mentolati.
Volante Bolgheri Rosso 2021 Tenuta Campo al Signore – Merlot 100% – Rosso rubino profondo, sviluppa note di mora, ribes nero, prugna e spezie dolci, al gusto è vibrante, pieno ed appagante.
Sito di riferimento: www.tenutacampoalsignore.com
Sant’Uberto Bolgheri Rosso Superiore 2020 Villanoviana – Merlot 50%, Cabernet Franc 35% e Petit Verdot 15% – Rosso rubino vivace, emergono sentori di ciliegia, prugna, pepe nero, noce moscata e tabacco, attacco tannico setoso, vellutato e persistente.
Bolgheri Rosso Superiore 2021 Donne Fittipaldi – Cabernet Sauvignon 40%, Cabernet Franc 30% e Merlot 30% – Bel rubino intenso, esprime sentori di iris, amarena, prugna, sottobosco e tabacco, al palato è pieno, appagante e decisamente lungo.
Sondraia Bolgheri Rosso Superiore 2020 Tenuta Poggio al Tesoro – Cabernet Sauvignon 65%, Merlot 25% e Cabernet Franc 10% – Dal rubino intenso, rivela sentori di mora, mirtillo, marasca, erbe aromatiche e spezie dolci, il sorso è vibrante, avvolgente e coerente.
Sito di riferimento: www.poggioaltesoro.it
Bolgheri Rosso Superiore 2020 Mulini di Segalari – Cabernet Sauvignon 78%, Syrah 19% e Cabernet Franc 3% – Tonalità rosso rubino, sviluppa note di rabarbaro, ciliegia, ribes, pepe nero e nuances balsamiche, al palato è verticale, dinamico, tannini poderosi ma setosi.
Sito di riferimento: www.mulinidisegalari.it
Gerbido Bolgheri Rosso 2022 Cantine Bonacchi – Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Syrah – Calice rubino profondo, libera sentori di frutti di bosco, violacciocca, spezie orientali e eucalipto, al gusto è piacevole, setoso ed armonioso.
Sito di riferimento: www.bonacchi.it
Il mercato del vino sfuso in Italia: garanzia, dinamiche, protagonisti e sfide
di Carol Agostini
Il mercato del vino sfuso italiano rappresenta una componente essenziale dell’industria vinicola nazionale e internazionale. Conosciuto per il commercio di vino in cisterna o a litri, questo segmento consente la distribuzione di grandi quantità di vino destinato al confezionamento, al blending o all’uso industriale. Dietro a questa pratica si nasconde una filiera complessa e ben regolamentata, che coinvolge produttori, mediatori, grandi cantine e attori della logistica.
Le dimensioni del mercato: statistiche e dati di produzione
Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) e del Ministero dell’Agricoltura italiano, l’Italia è il principale produttore mondiale di vino, con oltre 50 milioni di ettolitri prodotti nel 2022. Di questi, una parte significativa è destinata al mercato del vino sfuso. Si stima che circa il 30% del vino italiano venga commercializzato in cisterna, con destinazioni che includono l’esportazione verso paesi come Germania, Francia, e Stati Uniti.
Tra i vitigni maggiormente rappresentati nel mercato del vino sfuso troviamo:
Trebbiano: noto per la sua alta resa, viene utilizzato principalmente per vini da taglio e produzione industriale.
Sangiovese: diffuso soprattutto in Toscana e nelle regioni centrali, è usato sia per blend che per vini di qualità.
Montepulciano: apprezzato per la versatilità, rappresenta una scelta comune nel centro-sud Italia.
Glera: la base del Prosecco, spesso venduta sfusa per imbottigliamento in loco o produzione di spumanti.
Primitivo e Nero d’Avola: rappresentano i vitigni rossi più esportati nel formato sfuso, grazie alla loro struttura e intensità aromatica.
Pinot Grigio: il vitigno più venduto al mondo
I volumi annuali di vino sfuso commercializzato superano i 10 milioni di ettolitri, con transazioni che spaziano dai piccoli lotti per aziende artigianali a grandi accordi commerciali tra multinazionali.
Protagonisti del settore: le cantine sociali e i mediatori
Le cantine sociali italiane, che rappresentano oltre il 50% della produzione vinicola nazionale, svolgono un ruolo cruciale nel mercato del vino sfuso. Queste cooperative, che riuniscono migliaia di piccoli produttori, offrono grandi volumi di vino a prezzi competitivi, garantendo un approvvigionamento stabile e di qualità per i compratori.
Accanto alle cantine sociali, i mediatori svolgono una funzione indispensabile. Questi professionisti facilitano le transazioni tra produttori e acquirenti, utilizzando piattaforme digitali o reti consolidate di contatti. In un mercato in cui la fiducia e la trasparenza sono fondamentali, i mediatori assicurano che il vino rispetti le specifiche contrattuali, sia per caratteristiche organolettiche che per conformità alle norme.
Tra gli acquirenti si distinguono:
Aziende imbottigliatrici che utilizzano il vino sfuso per produrre etichette proprie. Industrie alimentari e cosmetiche che impiegano il vino come ingrediente. Importatori e distributori internazionali che acquistano grandi volumi per mercati esteri.
Normative e regolamentazioni
Il commercio del vino sfuso è regolamentato da normative stringenti sia a livello nazionale che europeo. Tra le principali disposizioni troviamo:
La legge 238/2016 (Testo Unico del Vino): stabilisce le norme per la produzione, la classificazione e la tracciabilità del vino, garantendo trasparenza e qualità lungo tutta la filiera. Regolamento UE 1308/2013: disciplina l’organizzazione comune dei mercati agricoli, incluso il vino, specificando i requisiti per l’etichettatura, la denominazione e il trasporto. Codice Doganale dell’Unione Europea: regola le esportazioni di vino sfuso, imponendo controlli su dazi e documentazione. Accordi internazionali sui dazi doganali: Paesi come gli Stati Uniti e la Cina, principali importatori di vino sfuso italiano, applicano tariffe diverse, influenzando i costi e le dinamiche commerciali.
Un aspetto fondamentale è la tracciabilità: ogni cisterna deve essere accompagnata da un documento di trasporto (MVV – Modello di Vendita Vino), che riporta origine, caratteristiche tecniche e denominazione del prodotto.
Vino sfuso e qualità: un connubio possibile?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il vino sfuso non è sinonimo di bassa qualità. Molti produttori utilizzano questo formato per vendere eccedenze o per soddisfare ordini specifici di blend richiesti dal mercato estero. Ad esempio, il mercato tedesco spesso acquista vini italiani sfusi per imbottigliarli localmente, mantenendo un’etichettatura conforme alle normative UE.
Tra i vini di qualità venduti in cisterna spiccano:
Chianti e Chianti Classico: spesso acquistati da imbottigliatori europei per il confezionamento in loco. Prosecco DOC: una parte significativa viene esportata sfusa per essere lavorata in mercati strategici come gli USA. Vini bianchi aromatici: tra cui Pinot Grigio e Sauvignon Blanc, molto richiesti in Nord Europa e Nord America.
Sfide e opportunità del settore
Il mercato del vino sfuso affronta sfide legate alla concorrenza internazionale e alla sostenibilità. Paesi emergenti come l’Australia e il Sudafrica offrono vini sfusi a prezzi competitivi, spingendo l’Italia a puntare su qualità e certificazioni. Inoltre, il cambiamento climatico incide sulle rese e sulla qualità del prodotto, rendendo essenziale investire in tecnologie di precisione e innovazione agricola.
Dal lato delle opportunità, la crescente domanda di vino in Asia e America Latina apre nuovi orizzonti per l’esportazione. La digitalizzazione del settore, con piattaforme online dedicate al commercio di vino sfuso, facilita le transazioni e amplia la rete di contatti tra produttori e compratori.
Il mercato del vino sfuso italiano è un pilastro dell’industria vinicola nazionale, in grado di coniugare tradizione, innovazione e competitività. Grazie alla sua capacità di rispondere alle esigenze di un mercato globale sempre più esigente, rappresenta una risorsa preziosa per valorizzare le eccellenze italiane e promuovere un consumo consapevole e sostenibile.
Merano Wine Festival 2024, un incontro con viticoltori storici del Nord Italia: Hans Terzer e Silvio Jermann
di Danilo Amapani
In occasione del Merano WineFestival 2024 si è tenuto un incontro tra due colossi dell’enologia italiana: Hans Terzer e Silvio Jermann. Merano WineFestival 2024, un incontro con viticoltori storici del Nord Italia: Hans Terzer e Silvio Jermann
Merano WineFestival 2024, un incontro con viticoltori storici del Nord Italia: Hans Terzer e Silvio Jermann
Hans Terzer, winemaker della cantina di St. Michael-Eppan, si avvicina sin da piccolo all’enologia e da quando prende le redini della cantina di San Michele Appiano ha saputo elevare al massimo i vini prodotti dedicandosi ad un lavoro spasmodico per portare alto il nome dell’Alto Adige.
Nel corso della sua lungimirante carriera, Hans Terzer è stato il primo della zona altoatesina a vinificare bianchi in barrique e a scoprire le potenzialità di uno dei vitigni che hanno fatto e stanno facendo la storia di questa zona, il Pinot Nero.
Silvio Jermann è il più rappresentativo vignaiolo friulano. A capo dell’azienda di famiglia Jermann, dopo un’esperienza in Canada, comincia la sua produzione di vini per valorizzare a pieno il suo territorio. Inoltre Silvio Jermann è stato premiato da Gambero Rosso nel 2016 come miglior produttore nel mondo di vini bianchi italiani, oggi continua nel suo lavoro di valorizzazione del territorio.
È stato proprio questo il fulcro dell’incontro, in occasione del Merano Wine Festival, con questi due produttori: la valorizzazione di un territorio che continua a stupire di anno in anno.
Da Gorizia a Bolzano, la caratteristica che accomuna entrambi è l’attenzione alla qualità e alla tipicità dell’area, con un focus sull’utilizzo di vitigni autoctoni a bacca bianca. Questo ha permesso a entrambe le cantine di evolversi e di diventare un caposaldo della viticoltura italiana.
Un altro tema rilevante è stato la successione delle cantine. In giovane età, insieme ad altri colleghi, hanno sempre alimentato la voglia di imparare, di sporcarsi le mani sia in vigna che in cantina. Questo purtroppo non sempre accade fra i giovani che si approcciano a questo mondo, poiché, per citare le parole di Hans Terzer, “presi dalle tecnologie e smartphone di oggi, non colgono le occasioni di imparare dagli esperti”.
In occasione di questa colloquio, abbiamo avuto il piacere di assaggiare due grandi vini i quali hanno fatto la storia delle due cantine.
Merano Wine Festival 2024, un incontro con viticoltori storici del Nord Italia: Hans Terzer e Silvio Jermann
L’Appius di St. Michael-Eppan, un’idea di Hans che ha saputo mettere in atto aspettato il momento giusto. Questo momento è avvenuto nel 2010, anno in cui è stata prodotta la prima bottiglia, composta prevalentemente da Chardonnay e da percentuali che cambiano in base alle annate di Pinot Grigio, Pinot Bianco e Sauvignon Blanc. Fermentazione e affinamento in barrique, assemblaggi dei vari vitigni dopo un anno e un affinamento in tini di acciaio per tre anni per poi essere messo in commercio.
Abbiamo assaggiato quattro annate:
2010. Giallo dorato, con profumi intensi euna grandissima complessità che virano fino a note tostate. Una persistente avvolgenza contornata da una decisa mineralità. 2016.Giallo paglierino carico e olfatto intenso deciso da grandi sentori erbacei e floreali. Grande equilibrio al gusto, con presenza di un finale vanigliato. 2018. Giallo paglierino con riflessi verdolini e presenza olfattiva di frutta esotica, pesca, mela renetta. Grande freschezza al palato e bevibilità. 2021.Annata in anteprima assoluta. Si presenta con un colore giallo verdolino; profumi di ananas e pesca accompagnati da sentori floreali e accenni di chiodi di garofano. Al palato una grande freschezza e vivacità che invogliano la beva.
Silvio Jermann ci ha voluto omaggiare con tre bottiglie esclusive: 2007.In onore del padre venuto a mancare. Ribolla Gialla, intensità e complessità immensa. Grande freschezza nonostante i 28 anni d’età. 2010. Vino in occasione dei 65 anni di matrimonio dei genitori. Vitigno autoctono, Tocai Friulano. Giallo dorato intenso, profumo di scorza d’arancia e leggera mandorla amara, quest’ultimo viene ritrovata anche al gusto. 2018. Vino in occasione del centenario dell’azienda. Pinot Bianco 100%. Giallo Paglierino, profumi di mela golden, agrumi e zenzero con gusto deciso, succoso e grande persistenza.
Wine in Antiquity: Between Pleasure, Nutrition and Culture
By Carol Agostini
Wine has accompanied man throughout his history since ancient times, evolving from a simple foodstuff to a cultural and ritual symbol. Different civilisations, both Italian and foreign, have interpreted wine in various ways, recognising its nutritional qualities, the pleasure it offered and, in some cases, its potential as a vice. This article will explore the importance of wine in ancient societies, highlighting its many uses and meanings and analysing how these are reflected in our modern relationship with this age-old beverage.
The origin of wine dates back over 7,000 years, with the earliest evidence of winemaking coming to us from the Caucasus region between present-day Georgia, Armenia and Iran. The earliest fermentation techniques used grapes as raw material to obtain a drink that was not only pleasing to the taste, but also capable of retaining nutrients for long periods. For this reason, wine soon acquired special importance in ancient farming communities, as it was a durable food, rich in calories and useful during long winters or lean periods.
In many ancient cultures, wine was associated with divinity and the sacred. For the ancient Egyptians, for example, wine was a symbol of abundance and fertility, reserved mainly for the noble classes and used in religious ceremonies. The tombs of the pharaohs often contained amphorae of wine, a sign of its importance for the afterlife.
The ancient Greeks were probably the first to give wine a more complex social and intellectual dimension. Wine was considered a gift from the gods, in particular Dionysus, the god of wine, joy and ecstasy. But Greek wine was not just a hedonistic pleasure; it was an integral part of intellectual and philosophical life.
The symposium, a social practice that took place during Greek banquets, was a gathering where the consumption of wine was accompanied by philosophical discussions, poems and music. The symposium was not just about drinking, but was a time of cultural sharing, reflection and learning. However, the Greeks paid much attention to moderation. Wine was often diluted with water to avoid drunkenness, which was considered undignified.
In Greece, wine was also an important economic commodity. Vines were cultivated in different areas of the peninsula and islands, and wine was exported to many parts of the Mediterranean. The quality of wine varied widely, and the wealthier classes could afford more valuable wines, often stored in sealed amphorae and destined for long journeys.
Rome: Wine as a Symbol of Power and Social Cohesion
In ancient Rome, wine was considered a central element of daily life and festivities. It was drunk by all social classes, from patricians to plebeians, although the qualities consumed varied considerably. During sumptuous Roman banquets, wine flowed abundantly and symbolised the wealth and refinement of the ruling class.
Moreover, wine played a fundamental role in religion and public ceremonies. The festivals dedicated to Bacchus, the Roman equivalent of Dionysus, were celebrations characterised by excesses of all kinds, including the large quantities of wine consumed. These festivals, known as Bacchanalia, became so wild that, at one point, they were banned by the Roman state for fear that they might destabilise the social order.
However, despite the excesses, the Romans also recognised the value of wine as food. It was often considered safer to drink than water, which could be contaminated, and therefore became part of the daily diet. Wine was mixed with spices, honey and water to improve its flavour and prolong its shelf life, a custom that persists in some Italian regions to this day.
Another interesting aspect of Roman wine culture was the focus on its production. The Romans improved many of the techniques of viticulture and winemaking, and many of today’s Italian wine regions, such as Tuscany and Latium, saw their origins in this period.
The Middle Ages and the Sacred Function of Wine
During the Middle Ages, wine maintained its importance not only as a foodstuff, but above all for its religious role. The Catholic Church, which became the dominant institution in Europe, used wine during the celebration of the Eucharist, in which it represented the blood of Christ. This link with the sacred ensured that wine production and consumption remained high, even during a period of economic and food crisis.
Christian monasteries became centres of wine production, refining cultivation and winemaking techniques that would be used in later centuries. In France, for example, Cistercian monks developed some of the finest vineyards, contributing to the birth of what we know today as high quality viticulture.
During this period, however, wine was still a precious commodity and often reserved for the wealthy classes. The working classes, especially in rural areas, mainly consumed beer or other fermented cereal-based drinks, which were cheaper and more readily available.
Wine and Globalisation: From the Discovery of America to the New World
The discovery of the Americas in the 15th century led to an exchange of products that would change the landscape of wine. European vines were planted in the New World, especially in the Spanish and Portuguese colonies, leading to the emergence of new wine regions in South America and California. This period marked the beginning of a new era for wine, which began to be produced and consumed on a global scale.
In the Italian context, the Renaissance saw a growing emphasis on wine refinement and quality, with nobles competing for the best products. Italian courts, such as that of the Medici in Florence, not only promoted wine production, but saw wine as a symbol of power and culture.
Il Fascino di un Press Tour: Esperienze, Curiosità ed Emozioni, Chef Laura Marciani
di Carol Agostini
Immagina di essere invitato a partecipare a un press tour, un viaggio pensato per giornalisti e blogger, volto a scoprire e raccontare le meraviglie di un territorio. Il sole splende alto nel cielo mentre il gruppo di partecipanti si riunisce, pronto per un’avventura che promette di essere ricca di emozioni, sapori e storie.
L’Arrivo e la Prima Impressione
Il viaggio inizia con l’arrivo in una pittoresca cittadina, nascosta tra colline verdeggianti e vigneti dorati. L’aria è fresca e profuma di erba appena tagliata e fiori selvatici. La prima tappa è spesso un luogo di accoglienza, come una storica villa o un moderno agriturismo, dove i partecipanti possono lasciare i bagagli e rilassarsi prima di iniziare l’itinerario.
Il cuore del press tour è la scoperta del territorio. Le giornate sono scandite da visite guidate a luoghi di interesse storico e culturale. Ogni angolo racconta una storia: dalle antiche rovine romane ai castelli medievali, dalle chiese barocche ai piccoli borghi che sembrano essersi fermati nel tempo. Ogni tappa offre l’opportunità di conoscere la storia locale, arricchendo il viaggio con aneddoti e curiosità che solo una guida esperta può raccontare.
Uno dei momenti più attesi è la degustazione di vini e prodotti tipici. Il gruppo si ritrova in un’accogliente cantina, dove il proprietario, con passione e competenza, illustra le caratteristiche dei vini locali. Si assaggiano bianchi fruttati, rossi corposi e spumanti raffinati, accompagnati da formaggi, salumi e pane casereccio. Ogni sorso è un’esplosione di sapori, un viaggio sensoriale che permette di apprezzare la complessità e la ricchezza della produzione enologica locale.
Le serate spesso culminano in esperienze culinarie indimenticabili. Le lezioni di cucina con chef locali permettono ai partecipanti di mettere le mani in pasta e imparare i segreti delle ricette tradizionali. Si preparano piatti come la pasta fatta in casa, i ragù a lunga cottura e i dolci tipici, seguendo le indicazioni di maestri che conoscono ogni trucco del mestiere.
Le cene gourmet sono l’apice della giornata. Ristoranti di rinomati chef aprono le loro porte per offrire menu degustazione che esaltano i prodotti del territorio. Ogni piatto è un’opera d’arte, un connubio perfetto tra tradizione e innovazione, capace di stupire e deliziare anche i palati più esigenti. La cura dei dettagli, la presentazione impeccabile e la qualità degli ingredienti rendono ogni cena un’esperienza memorabile.
Partecipare a un press tour non significa solo visitare luoghi e assaggiare cibi prelibati, ma anche entrare in contatto con le persone che rendono speciale quel territorio. Gli incontri con produttori, artigiani, cuochi e abitanti locali arricchiscono l’esperienza di umanità e autenticità. Ascoltare le loro storie, condividere passioni e scoprire tradizioni secolari crea un legame unico e indissolubile con il luogo visitato.
Il Ritorno e la Condivisione
Al termine del press tour, i partecipanti tornano a casa con un bagaglio carico di emozioni, esperienze e nuove conoscenze. Le foto scattate, i taccuini pieni di appunti e le ricette raccolte saranno la base per articoli, reportage e post sui blog, permettendo di condividere con il proprio pubblico la bellezza e l’unicità del viaggio appena vissuto.
Un press tour è più di un semplice viaggio; è un’opportunità per esplorare, imparare e raccontare. Ogni esperienza vissuta, ogni sapore assaggiato e ogni storia ascoltata diventano parte di un racconto più grande, che trasforma il viaggiatore in un ambasciatore del territorio scoperto.
Vi racconto attraverso le foto di questo articolo la stima che provo per questa Mamma Chef, zia di ognuno di noi, di tutti coloro che si avvicinano alla sua cucina, vi voglio portare alla lussuria gustativa più profonda in un percorso di immagini che trasmettono gola e emozioni.
Un Viaggio nella Val D’Orcia: Alla Scoperta della Cantina Marco Capitoni
Di Carol Agostini
La Val D’Orcia, una delle perle della Toscana, è stata inserita nella prestigiosa World Heritage List nel 2004, grazie al suo paesaggio incantevole che si estende intorno all’entroterra di Siena. Qui, arte e natura si fondono in un connubio magico, testimoniato dai borghi rinascimentali disseminati nella regione. È un luogo che invita alla scoperta e alla contemplazione, dove ogni angolo cela una storia da raccontare.
Nonostante il clima invernale possa far pensare che non sia il momento ideale per una passeggiata tra i vigneti, molti sono coloro che credono che non esista momento migliore per avventurarsi nella bellezza della Val D’Orcia. E così, durante la programmazione delle giornate dedicate al “Benvenuto Brunello” a Montalcino, molti hanno deciso di concedersi una visita alla Cantina Marco Capitoni, situata proprio nel cuore di questa regione incantevole.
BENVENUTO BRUNELLO
LECCIO D’ORO
Il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino assegna ogni anno un premio denominato LECCIO D’ORO. Il premio si divide in due sezioni: Sezione Ristoranti (Italia e Estero), Sezione Enoteche (Italia e Estero).
I premi vengono assegnati ai locali che hanno la Carta dei Vini, ovvero il listino, con una gamma ampia e rappresentativa di vino BRUNELLO DI MONTALCINO e degli altri vini di Montalcino, in relazione sia alle diverse annate che al numero di etichette di aziende produttrici
I PRODUTTORI
Una varietà incredibile di cantine in una piccola porzione di territorio, questa è Montalcino. Storie da raccontare, esperienze da condividere e interpretazioni uniche del Brunello di Montalcino e della denominazione.
L’accoglienza presso l’Azienda Capitoni è calorosa e genuina, proprio come il sorriso di Marco Capitoni e la moglie Antonella, il cui entusiasmo sembra illuminare la giornata più cupa. Circondati dai vigneti che brillano ancora dei colori dell’autunno, ci si sente immediatamente avvolti da un senso di tranquillità e benessere, tipico della campagna toscana, anche in una giornata uggiosa, tra rari spiragli di sole e pioggia, creando dei meravigliosi arcobaleni.
Decidiamo di seguire il consiglio di Marco e ci concediamo una degustazione dei suoi vini nel casolare. Qui, nella frescura della cantina, ci immergiamo in un viaggio sensoriale alla scoperta dei vini di Marco Capitoni.
Tra i vini proposti, spiccano il Troccolone Orcia Sangiovese DOC, il Capitoni Orcia Riserva DOC e il Frasi Orcia DOC Sangiovese Riserva. Ogni nome racchiude una storia unica, come quella del Troccolone, che prende il nome da un personaggio del mondo agricolo della Val D’Orcia e rappresenta un omaggio alla tradizione e alla storia di questa terra.
La nostra visita prosegue con un pranzo d’eccezione e con una passeggiata tra i vigneti, dove possiamo toccare con mano la terra sabbiosa e limosa, ricca di fossili e conchiglie, che conferisce ai vini di Marco quel carattere unico e inconfondibile.
Ma la vera magia di questa esperienza risiede nella generosità e nella passione di Marco, un vignaiolo che ascolta la sua terra, cura le sue viti e trasmette il suo sapere con un rispetto profondo per la tradizione e la storia della Val D’Orcia.
Perché la Val D’Orcia è molto più di un semplice paesaggio: è un luogo dove il tempo sembra fermarsi e dove ogni sorso di vino racconta una storia millenaria.
Una lunga storia e una reputazione illustre: il Brunello di Montalcino della Tenuta Poggio Degli Ulivi
Di Cristina Santini
Partiamo da molto lontano, dagli albori dove ogni periodo ha contribuito a foggiare il presente e a gettare le basi per il futuro. Così è il racconto della Tenuta Poggio degli Ulivi.
La storia della Tenuta di Sesta, nata dall’unione delle famiglie Ciacci di Montalcino e Tarugi di Montepulciano, rappresenta un affascinante intreccio di secoli di tradizioni, divisioni ereditarie e fusioni che hanno plasmato un ricco patrimonio culturale, storico e agricolo.
La nascita della Tenuta Poggio degli Ulivi è il risultato di questo lungo percorso di evoluzione e di intrecci familiari che hanno plasmato la sua identità unica.
Affonda le sue radici nel Regno longobardo e nei territori della diocesi, fino ad arrivare al potente Abate di Sant’Antimo che, per concessione di Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, acquisì il possesso del territorio di Sesta. Con l’espansione della Repubblica di Siena e la decadenza dell’Abbazia di Sant’Antimo nel 1492, ad opera del Pontefice Pio II, la tenuta si evolse e si integrò nella nuova Diocesi di Montalcino, tracciando così un percorso storico ricco di cambiamenti e trasformazioni.
Nel periodo dell’espansionismo senese, la proprietà divenne possesso dell’antica e nobile Famiglia dei Tolomei, divenuti ricchissimi mercanti, con legami alla dinastia tolemaica dell’antico Egitto. A metà Ottocento, i 1700 ettari appartenuti ai beni ecclesiastici passarono nelle mani dei fratelli Felice e Giovanni Ciacci che si dedicarono con impegno alla coltivazione di cereali, oliveti, vigneti e all’allevamento del bestiame, contribuendo allo sviluppo della tenuta con il loro lavoro e la loro passione per l’agricoltura e la terra.
Alla scomparsa di Giovanni Ciacci, nel 1965, prende le redini Elisa Ciacci Bellocci, nota come Lisetta, una figura di spicco nel campo dell’agricoltura, un settore tradizionalmente dominato dagli uomini. Il suo ruolo nell’assumere la guida della fattoria e promuovere l’emancipazione femminile in questo ambito segna un punto di svolta importante nella lotta per la parità di genere in tali settori lavorativi.
Sono gli anni della ripresa dal sistema mezzadrile ed il Brunello di Montalcino, divenuto una Doc nel 1966, comincia a divenire qualcosa di importante fino ad ottenere la Docg nel 1980 raggiungendo anche una regolamentazione più nitida e seria.
Negli anni ‘90 Lisetta cede il testimone alla figlia, la professoressa Nicla Bellocci Secchi Tarugi, attuale titolare dell’Azienda, affiancata nella gestione dalla terza generazione, le figlie Lucia ed Elena e dai rispettivi mariti, Mario Valgimigli e Paolo Ancilli.
In passato, l’olio aveva un grande valore, più del vino. Quando la grande fattoria di Sesta fu divisa, questa parte dell’azienda fu chiamata “Poggio degli Ulivi” per le oltre duemila piante ultracentenarie dominanti le colline circostanti.
Oggi giorno, si continua a produrre olio, per ora solo per un consumo familiare con l’intento in un prossimo futuro di una crescita aziendale che porterà alla realizzazione in grande scala di un prodotto di alta qualità.
Ai nostri giorni, l’Azienda di famiglia, a conduzione femminile, dispone di 90 ettari di terreno, di cui 6 allevati esclusivamente a Sangiovese grosso e sono seguiti dagli enologi Paolo e Jacopo Vagaggini. Le vigne hanno un’età media di 40 anni, alcune 60.
Posizionata al centro di un’area sede di insediamenti arcaici risalenti al periodo etrusco e romano, sul versante esposto a sud, di fronte al Monte Amiata, antico vulcano spento alto 1738 metri, la Tenuta è su terreni antichi e particolarmente vocati che degradano fino al fiume Orcia. Sono di diversa composizione e altitudine, formati dalla disgregazione di rocce, soprattutto galestro e alberese, argilla frammista al tufo, ricchi di scheletro e ciottoli di fiume nella parte finale.
I vigneti, situati in un magnifico enclave, sono riparati dai venti freddi del nord dal Poggio d’Arna e dalle perturbazioni provenienti dalla Siberia dal Monte Amiata, risentendo favorevolmente anche dell’influenza del mar Tirreno che dista solo 30 km in linea d’aria.
In vigna, dopo aver appurato la maturità delle uve a seguito degli assaggi da metà settembre, segue la raccolta rigorosamente manuale con un’accurata selezione solo dei migliori grappoli, una vendemmia particellare a fasce di vigoria, come da tradizione famigliare. Portate in cantina, le uve passano 48 h di macerazione a freddo. La vinificazione ha luogo in botti troncoconiche di rovere francese da 25 hl, è una fermentazione alcolica tumultuosa che dura circa una settimana, alla temperatura di 28 gradi senza aggiunta di lieviti selezionati ma solo di un piede pre fermentativo con frequenti rimontaggi e follature.
A fine fermentazione, si effettua una lunga macerazione sulle bucce che varia dai 20 ai 45 giorni a seconda dell’annata, mentre l’affinamento avviene in botti da 25 hl di slavonia con permanenza sulle fecce fini per 36 mesi di invecchiamento minimo, con controllo degustativo, a cadenza mensile, e travaso al minimo accenno di riduzione.
Ogni singola vigna, Levante, Spianate e Campo dei Ceci, viene vinificata separatamente e al termine del periodo di invecchiamento le masse vengono assemblate riposando ulteriormente almeno dodici mesi in bottiglia.
La prima vendemmia del 1975 segna un punto di partenza, e da allora molte cose sono migliorate. Le tecniche di coltivazione, la vinificazione e la selezione delle uve sono diventate più sofisticate, garantendo vini di alta qualità.
Noi abbiamo assaggiato in una verticale di più annate, un Brunello vecchio stile, tradizionale, con un’immagine che onora l’antico popolo etrusco come elemento storico-culturale.
Un vino studiato per gli amanti del Sangiovese, dalla bella spalla acida, dal tannino graffiante che rappresenta una nicchia dato il limitato numero di bottiglie che si attesta intorno alle 3500 all’anno e che lo rende ancora più esclusivo.
E’ in progetto l’aumento della produzione, che comunque non può superare 30000, per coprire altri mercati che oggi sono rivolti verso Svizzera, Francia, Est Europa e Italia.
2019: il suo colore rubino con riflessi granati ai bordi indica una maturità e una complessità interessanti. Il naso esplosivo con profumi di tabacco, humus, sottobosco, cioccolato e spunti balsamici prepara ad un’esperienza sensoriale avvincente che non delude. La freschezza e l’acidità al sorso sono segni di un vino ben bilanciato, la profondità e il ritorno persistente di frutta matura, di ciliegia sotto spirito, indicano una qualità superiore. Un vino pronto per essere gustato anche dopo pochi anni di riposo, lungo, avvolgente, emozionante, di grande bevibilità e longevità allo stesso tempo. (2018 e 2014 non sono state prodotte perché annate pessime).
2017: In questo calice vince il “naso identitario” con sentori predominanti di cuoio e una riduzione delle note di tabacco tipici di vini maturi che iniziano a mostrare un bouquet più complesso e sfumature evolute. L’ampia presenza di tannini, che asciugano il palato, palesa che il vino potrebbe ancora beneficiare di qualche anno in cantina per arrotondare ulteriormente la sua struttura e permettere all’acidità di integrarsi meglio con le altre componenti.
La persistenza e la complessità aroma gustativa, con frutta rossa come ciliegia e lampone e cenni ematici, mostrano il suo grande carattere e lunga vita. Certamente, un vino che lascia un’impressione marcata e promette ulteriori evoluzioni con l’invecchiamento.
2016: un vino ricco e avvolgente, con aromi intensi e profondi. Il legno si fonde armoniosamente con gli altri elementi, donando una nota di raffinatezza e di balsamicità. Sorso di struttura, elegante, avvolto da una sensazione di pienezza, di frutta più scura in confettura e un tannino morbido e vellutato.
Il vino sembra essere un grande cavallo di battaglia, un vero e proprio protagonista, con una persistenza lunga e piacevole, e un tocco affumicato che aggiunge complessità.
2016 Riserva: un passo in più per questo calice che mostra un colore rubino brillante con riflessi granati e una piacevole esperienza olfattiva data dall’intenso profumo erbaceo, fruttato maturo e dolce. La freschezza e l’acidità bilanciate nel sorso rendono questo vino straordinario. Il tannino marcato, ma ben integrato, insieme ai toni di cioccolata, liquirizia e frutto scuro come la prugna, lo rendono un vino polposo e carnoso. Chiusura su eleganti note di cuoio. Una standing ovation per questa riserva.
Le riserve vengono fatte solo nelle annate eccellenti (le prossime saranno la 2019 e la 2020).
2015: Olfatto chiuso nella sua intimità, la corteccia e il cioccolato scuro portano una sensazione terrosa e ricca, mentre il balsamico ed erbaceo aggiungono un tocco di freschezza. I fiori leggermente appassiti richiamano l’immagine di un pot pourri, con i loro profumi misti. Tuttavia, al palato, sembra che questa annata sia meno identitaria e più fredda, con un aumento anche del grado alcolico nel calice. Il carruba contribuisce a questa complessità, ma in modo più timido rispetto alle altre note. Inoltre, non raggiunge quella freschezza che ci si aspetta.
2013: Un vino molto evoluto, con note di carruba, terroso, spezie marcate, china, nocciole e grafite. La sua freschezza è ancora evidente, con una spalla acida alta. Al palato, risulta ampio e persistente, e sembra avere ancora molto tempo davanti a sé. I fiori appassiti e le note di marmellata di frutta scura completano il quadro di questo calice intrigante. D’altronde è un frutto che riesce a nascondere bene il passar del tempo.
Nelle date del 24 e 25 marzo 2024 si è svolta, presso l’UNA hotel di Lido di Camaiore,la sedicesima edizione di Terra di Toscana, un evento tanto atteso per il suo livello qualitativo d’eccezione assicurato dalla minuziosa selezione di 140 vignaioli di tutta la regione.
Solitamente questa manifestazione segnava la chiusura degli incontri dedicati alle anteprime ma quest’anno invece l’epilogo sarà a maggio con l’Anteprima Vernaccia di San Gimignano, vitigno di cui Adriano Guerri ci ha offerto un’anticipazione riportandoci le sue impressioni sugli assaggi effettuati in questa occasione.
La nostra attenzione invece si è rivolta, probabilmente influenzati anche dal primo sole primaverile sulla pelle, dalla temperatura mite e dalla brezza marina, sui vini bianchi e macerati: la voglia d’estate si fa già sentire!
La selezione è stata basata unicamente sulle sensazioni percepite in fase degustativa ponendo uno sguardo attento e curioso sulle vecchie annate che permettono di vedere l’evoluzione, ormai per fortuna sdoganata, anche dei vini bianchi rivelandoci delle interessanti sorprese.
Riportiamo quindi di seguito alcune note sui vini che ci hanno completamente dirottato in un mondo fatto di emozioni, eleganza e attrattiva. La novità di questo articolo è che per cercare di comunicare in modo chiaro a voi lettori il percepito durante l’assaggio, ogni vino è stato caratterizzato da un aggettivo o da un sostantivo così da offrire una lettura diretta e rapida.
Invece delle classiche top ten noi riportiamo la nostra top sette: vogliamo rendere omaggio a quel numero ricco di mistero e connesso a fenomeni astrali o a proprietà aritmetiche, e che, effettivamente, ricorre molte volte nella vita di tutti i giorni, basti solo pensare a quanti sono i giorni della settimana!
“Senza nome 2021”- 100% Viogner- Podere Sant’Agnese
Bizzarro
Il nome non è quello ufficiale dal momento che Paolo ce lo ha fatto degustare in anteprima.
È un vino che vi segnaliamo e da tenere sottocchio.
Paglierino vivace. Tipici sentori di albicocca, pesca gialla, mirabelle ravvivati da effluvi di zenzero, timo e di ginestra. L’ingresso in bocca è pieno e dotato di una stuzzicante sapidità. Si dissolve lentamente su flavor di cedro.
Dorato luminoso. Ampio corredo olfattivo: ananas essiccato, miele di acacia, rosmarino, dragoncello, macchia mediterranea, vaniglia e pepe bianco. Sorprende il palato avvolgendolo con una delicata speziatura e una viva freschezza. Finale molto lungo con richiami di tisana di tiglio.
Fosso di Corsano 2017- Vermentino- Terenzuola
Veritiero
Paglierino. Le scorze di cedro e di pompelmo e la pesca essiccata sono accarezzate da soffi di erbette aromatiche e da lievi e attraenti cenni di idrocarburi. Il sorso è guidato dal connubio tra freschezza e sapidità su echi di zenzero candito.
Mimesi 2022- Vermentino- Tenuta di Ghizzano
Autentico
Paglierino con riflessi dorati. Si apre con sentori di melone bianco, pesca nettarina, salvia, verbena e con un leggero profumo di erba tagliata. In bocca l’entrata dinamica ravviva la lieve tannicità. Chiusura agrumata.
Vea 2019- 100% Trebbiano- Beconcini
Sorprendente
Dorato molto vivace. Seducente l’impatto olfattivo con note di fieno, mango, fiori di acacia, propoli e curcuma. Ottima simbiosi tra freschezza e sapidità accompagnati da una leggera astringenza. Lascia il cavo orale con ricordi di scorza di cedro candito.
Seimiglia 2021- 100% Trebbiano- Colle di Bordocheo
Viaggiatore
Dorato luminoso. Note balsamiche, erbette officinali e aromatiche, leggeri richiami di zafferano delle Indie e di curry si elevano dal bicchiere. Entrata inizialmente avvolgente ma rinvigorita da una decisa freschezza speziata.
Paglierino con riflessi dorati. Profilo olfattivo che spazia dall’origano e dal dragoncello alla pesca gialla matura e ai cenni di idrocarburi. La freschezza e la sapidità guidano il sorso verso un finale di bocca di pompelmo giallo candito.
In occasione della 56esima edizione di Vinitaly che ha avuto luogo a Verona all’interno dei padiglioni di Veronafiere dal 14 al 17 aprile, dietro al gentile invito di Alessandra dall’ O, ho visitato lo stand dell’azienda Cà Rovere. L’ incontro è avvenuto sia con Alessandra sia con Marcella Biasin. Un’azienda a forte vocazione spumantistica. Prima di passare all’analisi sensoriale dei vini, sottopongo alcuni cenni sull’azienda.
Cà Rovere si trova sui Colli Berici in provincia di Vicenza nel piccolo borgo di Alonte. Di proprietà della famiglia Biasin, vanta 30 ettari vitati su terreni prevalentemente calcarei, ricchi di minerali e fossili marini, le cui vigne sono circondate da secolari e spontanei boschi, soprattutto di rovere, dal quale prende il nome e poste ad un’ altimetria di 150 metri s.l.m.. Le prime viti sono state piantate oltre 40 anni fa, laddove milioni di anni fa c’era il mare. Inizialmente le uve venivano vendute a terzi. Solo all’inizio degli anni novanta iniziarono a produrre spumanti Metodo Classico. L’ esperienza acquisita negli anni e le basse rese per ettaro sono elementi imprescindibili e sinonimi di qualità.
Al timone dell’azienda, ci sono oggi i dinamici fratelli Matteo, Marco e Marcella Biasin, la terza generazione. Ognuno dei quali ha ruoli e competenze diverse, Matteo è agronomo, Marco enologo e Marcella si occupa di marketing. Ben sette sono le etichette di bollicine ottenute con rifermentazione in bottiglia e con vari dosaggi.
Vini molto eleganti, contraddistinti da una spiccata freschezza e una buona sapidità. Durante questa edizione di Vinitaly è stata presentata la tipologia extra brut, sulla quale campeggia una “M”, acronimo del nome dei tre fratelli. Oltre alle bollicine producono anche un vino bianco, un rosso ed un passito fermi. Lieto di aver approfondito la conoscenza di questa splendida realtà che avevo incontrato a Bologna, in occasione di Slow Wine Fair.
I vini degustati a Verona nella Hall 8 Fivi:
Extra Brut Millesimato 2021– Garganega 100% – 24 mesi di affinamento sui lieviti – Giallo paglierino con perlage fine e persistente, con note di fiori d’acacia, rosa bianca, mela e sottili note agrumate, il sorso è rinfrescante, invitante e persistente.
Brut Nature Millesimato 2018 – Chardonnay e Garganega – 48 mesi sui lieviti – Giallo paglierino brillante con perlage sottile e continuo, emana sentori di fiori di biancospino, acacia, pera, pesca e bergamotto, al palato è vibrante, sapido e duraturo.
Brut Millesimato 2019– Chardonnay e Garganega – 36 mesi sui lieviti – Giallo paglierino con sfumature dorate, perlage fine e brioso, sprigiona note di fiori di ginestra, ananas, pompelmo e mandorla, la freschezza stimola l’avvolgente sorso che rimane in bocca a lungo.
Brut Blanc de Blancs Millesimato 2018 – Chardonnay 100% – 48 mesi sui lieviti – Giallo paglierino brillante, bollicine fini, al naso rivela sentori di zagara, cedro, albicocca e pasticceria da forno, gusto cremoso e saporito, dotato di una lunga persistenza aromatica.
Brut Rosé Millesimato 2018– Chardonnay e Garganega, il Pinot Nero viene aggiunto al momento della sboccatura – 48 mesi sui lieviti – Rosa tenue con riflessi ramati, perlage finissimo e continuo, rimanda sentori di uva spina, fragolina di bosco e agrumi uniti a note di nocciola, sorso dinamico, sapido, coerente e incredibilmente persistente.
Cuvée del Fondatore Millesimato 2013 – Chardonnay e Garganega – 9 anni sui lieviti è lungo affinamento in bottiglia – Giallo dorato intenso, perlage finissimo, dipana eleganti sentori di mela, mandorla, eucalipto e crosta di pane, al palato è cremoso, avvolgente, vibrante e dinamico.
Demi-Sec Millesimato 2018– Chardonnay e Garganega – 48 mesi sui lieviti – Il liquer d’expedition e a base di Garganega passito – Giallo paglierino brillante, perlage fine, al naso libera sentori di frutta esotica, bergamotto, miele e crème noisettes, il sorso è avvolgente, cremoso ed armonioso. Chapeau!