PROGETTO ROMA DOCet 2023, un viaggio sensoriale intenso
PROGETTO ROMA DOCet 2023, Primo Tour: da Frascati ai Monti Prenestini
Di Cristina Santini
Programmati nel progetto “Roma DOCet 2023”, di cui vi abbiamo già parlato in precedenza: https://www.papillae.it/progetto-roma-docet-attivita-lavoro-consorzio/, tra maggio e giugno sono stati organizzati dei Tour itineranti attraverso alcune delle Aziende vitivinicole nei territori di Roma, Castelli Romani e Agro Pontino, che rientrano in una delle Denominazione più giovani d’Italia, la Roma Doc. Pianificazione ideata dal Consorzio di Tutela Vini Roma Doc, nella persona del suo Presidente Tullio Galassini, supportato dall’Ufficio Stampa Mg Logos che ne ha curato nei dettagli tutta la permanenza della stampa nazionale ed estera.
Racconteremo, in diversi articoli, quattro dei sei tour ai quali abbiamo partecipato e sui quali focalizzeremo l’attenzione sulla storia di ogni azienda che risale ai tempi antichi, valorizzando tutto il contesto, la bellezza e tutte le interazioni fondamentali della natura che fanno di questo territorio vulcanico lo straordinario complesso che dona vini minerali e sapidi.
Da qui l’impegno da parte del Consorzio di promuovere e comunicare, attraverso le aziende associate, il valore, il potenziale, la fibra stratificata intessuta nel corso dei secoli dalle continue eruzioni vulcaniche.
Parleremo di realtà vitivinicole che si trovano, in questo caso, all’interno del panorama dei Castelli Romani costituito da paesini collinari fondati dai Latini, molto più antichi di Roma stessa, senza i quali la Città Eterna non sarebbe esistita proprio perché Romolo e Remo nacquero ad Albalonga che oggi prende il nome di Monte Artemisio ovvero i Pratoni del Vivaro.
La prima tappa dell’itinerario “da Frascati ai Monti Prenestini” parte dalla Cantina Fontana Candida, simbolo per i vini di Frascati ma anche per tutta l’enologia regionale, che nasce nel 1958 a Monte Porzio Catone ed è parte del Gruppo Italiano Vini, il primo Gruppo di Cantine sparse in tutta Italia. Due grossi vigneti vanno a costituire la proprietà, quello intorno alla tenuta di otto ettari risalente al 2006 e il vigneto Santa Teresa di tredici ettari ubicato nel Comune di Roma, a due km di distanza, le cui uve vanno ad originare l’omonimo vino.
Il suolo scuro, fortemente vulcanico, considerato il più fertile al mondo, è composto da sabbia caratterizzata da pozzolane, dette anche terrinelle, ovvero ceneri vulcaniche che generano suoli ricchi di potassio. E’ evidente come la natura vulcanica si percepisca nettamente nei vini generando una spiccata acidità e una sapidità preponderante tipica di questi suoli, da arrivare a classificarsi vini salini, salmastri.
Rappresentano il 45% della Denominazione Frascati in quanto si vendemmia su 350 ettari dei 900 totali della Denominazione stessa che interessa per il 40% il Comune di Roma, Monte Porzio Catone, Montecompatri e Grottaferrata. Questo è possibile grazie a dei conferitori storici, dalle piccole realtà alle grandi cooperative, che conferiscono le proprie uve.
Per garantire lo standard qualitativo, tutti i fornitori sono soggetti a dei protocolli di difesa integrati all’interno dei quali l’azienda stabilisce in quale periodo dell’anno o in quale determinata fase fenologica vanno somministrati i trattamenti. Appena giunte in cantine, le uve vengono selezionate in base al contenuto zuccherino dividendole per le tre categorie: base, selezione e top.
Tutte le varietà sono allevate a guyot, tranne quella accanto alla bottaia la cui gestione è costituita da cordone speronato e di conseguenza la produzione è nettamente più bassa. Esiste ancora una forma di allevamento ad alberello, molto antica e particolare, chiamata Conocchia, ove le viti sono sostenute da quattro canne intrecciate sulle quali si distendono i tralci che vanno ad incrociarsi alla canna opposta.
E’ un vigneto con tante varietà divenuto didattico poichè, nonostante la produzione in passato fosse limitata per pianta e la qualità per grappolo maggiore, le operazioni si svolgevano interamente a mano e quindi scomode e poco economiche da indurre ad abbandonare questo sistema.
Dopo la grande crisi che portò trent’anni fa ad una diminuzione degli ettari vitati, da 2000 ai 900 attuali, la Cantina oggi contribuisce alla valorizzazione della Roma Doc e del Frascati Doc e Superiore Docg, lavorando in collaborazione con il Crea – Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Economia Agraria – e l’Arsial – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio – all’omologazione di un clone di Malvasia del Lazio e ai cloni di Malvasia resistenti alle malattie della vite attraverso l’ibridazione con cloni di vite americana.
L’inerbimento è assente poichè nel periodo estivo, andando incontro a carenze idriche, porterebbe ad una competizione con l’apparato radicale della pianta; mentre invece viene praticato il sovescio che consiste nel piantare tra i filari specie leguminose, come lupino e favino, che nel momento della fioritura vengono tagliate e interrate nel suolo per l’apporto di azoto e di sostanze organiche.
Al centro del vigneto, costituito prevalentemente da Malvasia Puntinata e Malvasia di Candia, è presente una stazione metereologica grazie alla quale si riesce a monitorare l’andamento stagionale ed eventuali perturbazioni.
La produzione si aggira intorno ai quattro milioni di bottiglie, di cui 50000 dedicate all’etichetta Roma Doc con due referenze: il bianco composto da Malvasia Puntinata o del Lazio e Bombino bianco, le cui uve vengono fatte macerare a freddo per un’intera notte prima della pressatura soffice, il mosto fiore dopo la fermentazione sosta sui lieviti a bassa temperatura per lungo tempo estraendo profumi varietali e sapori intensi; il rosso ottenuto dal blend di uve ben mature di Montepulciano e Cabernet Sauvignon è vinificato in acciaio con macerazione sulle bucce di circa 12 giorni.
Il 70% del mercato di Fontana Candida è costituito dall’export nei Paesi del Nord Europa, nei paesi asiatici e qualcosa negli Stati Uniti. La Roma Doc viene esportata totalmente in Giappone.
La visita prosegue dai vigneti alla barricaia dove affinano i Rossi nelle barriques di rovere francese di vari passaggi e dai quali si ottengono i diversi blend; mentre il Frascati Superiore Docg Luna Mater, vino di punta dell’Azienda, nato in occasione dei 50 anni della Cantina, attraversa due fasi contemporanee: la prima vinificazione in bianco delle tre varietà, Malvasia del Lazio, Candia, Bombino (a volte anche il Greco) dove una piccola percentuale della Malvasia Puntinata subisce una leggera asciugatura nei fruttai per 20 giorni, poi viene diraspata a mano e unita al primo mosto vinificato normalmente.
L’intera massa subisce una seconda fermentazione all’interno delle botti di acacia con macerazione sulle uve appassite per un periodo di sei mesi e un affinamento almeno di due anni in bottiglia all’interno della grotta.
La grotta di tufo e lapilli scavata a mano risale ad un centinaio di anni fa, testimonianza visiva delle eruzioni del vulcano laziale e delle varie colate laviche che hanno formato strati di colore differente e uno strato potassico riflesso. La grotta conserva l’archivio storico del Luna Mater che va dal 2007 fino ad oggi.
Per questa prima azienda degustiamo:
Roma Doc Bianco 2022 da Malvasia del Lazio e Bombino;
Frascati Superiore Docg Vigneto Santa Teresa 2022;
Frascati Superiore Docg Riserva Luna Mater annate 2019 e 2008 da Malvasia Puntinata, Malvasia di Candia e Greco;
Roma Doc Rosso 2021 da Montepulciano e Cabernet Sauvignon.
Nella seconda tappa siamo ospiti dell’Azienda di Famiglia Poggio Le Volpi che ha radici molto antiche che risalgono al secolo scorso. Tutto nasce nel 1920 quando Manlio Mergè inizia a produrre e commerciare vino sfuso ed olio, trasmettendo la sua passione dapprima al figlio Armando e poi al nipote Felice.
E’ chiaro che all’inizio non si concepivano ancora vini imbottigliati e lo sfuso veniva portato, come da tradizione, a Roma con il famoso carretto. Importante nella storia del tessuto laziale, è la figura del carrettiere, il più abbiente con il cavallo, il meno con il somaro, che trainava il carretto con le botticelle e, dopo aver pagato il dazio che attraversava Via Casilina e Via Prenestina, consegnava il vino nelle osterie di Roma.
Ben presto Armando e Felice nel 1996 danno vita al sogno di Manlio e creano l’Azienda Agricola Poggio Le Volpi a Monte Porzio Catone, una zona collinare situata nell’areale dell’antico Tusculum, il vulcano più grande dei Castelli Romani che per storia e cultura è da sempre considerato un territorio estremamente vocato alla produzione vitivinicola. Mentre il figlio dà vita all’insediamento produttivo trasformandolo da azienda locale in azienda nazionale, il nipote passa alla conduzione di Poggio Le Volpi portandola ad un livello qualitativo superiore. Valori come tradizione, identità ma anche tanta esperienza condivisi dall’azienda che da tre generazioni continua a valorizzare i vitigni autoctoni sfruttando al meglio le potenzialità del suolo vulcanico, così ricco di minerali, rocce laviche, tufi e sabbie.
I 35 ettari di proprietà sono localizzati intorno alla tenuta e nella zona di Calatrava Roma con rese molto basse e impianti a spalliera dedicati alla Malvasia del Lazio, Malvasia di Candia, Trebbiano e Montepulciano. L’azienda ha oltre 200 ettari di proprietà e in affitto anche nella provincia di Brindisi, in Puglia.
La filosofia è valorizzare la ricchezza ampelografica del proprio territorio. Come la carbonara o la cacio e pepe è un piatto tipico di Roma – afferma Rossella Macchia, responsabile Comunicazione e Marketing di Poggio Le Volpi – anche il vino deve appartenere al suo territorio e avere le caratteristiche di quel terreno. Nel calice, il vino deve saper raccontare il suo territorio.
Parliamo di un grande polo composto da Poggio Le Volpi di Monteporzio Catone e Masca del Tacco della Puglia che sono aziende agricole e la Femar che rappresenta invece una realtà commerciale di famiglia e produce da oltre vent’anni, nello stabilimento accanto, vini con uve conferite provenienti principalmente dai comuni dell’Abruzzo, della Puglia e della Sicilia, perseguendo una partecipazione forte e competitiva sul mercato con un’ampia gamma di prodotti. Il gruppo unificato produce circa 16 milioni di bottiglie l’anno distribuite in tutto il mondo.
In cantina i vini riposano in barrique a volte di terzo passaggio o nelle botti di rovere francese e americana di media tostatura, poi ci sono delle vecchie vasche in cemento che sono state ripristinate per la fermentazione e lo stoccaggio. Ogni settimana si fa la degustazione in laboratorio per capire se il vino è pronto per il travaso e l’imbottigliamento.
Rossella Macchia, oltre che occuparsi dell’Azienda, è anche Vice Presidente del Consorzio Roma Doc e asserisce:
E’ come fare una rete di imprese, un gruppo che ha come volontà quella di fare non solo vini buoni, ma comunque di comunicare, condividere con il mondo esterno che è una Regione molto importante. Il Consorzio oltre che un organo di vigilanza ha come missione quella di tutelare e valorizzare, ma anche comunicare alle aziende che ne fanno parte che è importante essere orgogliosi di avere un fine unico per la produzione del vino.
Questo è stato uno dei motivi della nascita di questo consorzio. Non è semplice perchè quando la famiglia è grande, è più difficile mettersi tutti d’accordo ma il consorzio è molto giovane, abbiamo grandi prospettive e grandi obiettivi proprio perché si valuta dove siamo, dove possiamo arrivare, studiare il come e cercare di fare sempre più squadra coinvolgendo le aziende, dando entusiasmo a partecipare e aumentando il senso di appartenenza. Roma, la città, ha il suo vino perché storicamente si produceva ed è giusto che si conosca il Roma Doc e il Consorzio che rappresenta il contenitore di tutte queste realtà.”
Dopo aver visitato la splendida sala degli eventi dove riposano le barrique colme del Roma Doc Riserva, le opere d’arte che richiamano le tradizioni e dove vengono celebrati i matrimoni con rito civile, ci accomodiamo nel ristorante di proprietà, l’Epos Bistrot, altro fiore all’occhiello ideato da Felice Mergè e gestito da Rossella, che offre una particolare selezione di piatti della tradizione locale di gran gusto e specialità di carni pregiate alla brace provenienti da tutto il mondo. Il tutto abbinato ai vini di propria produzione e alle migliori etichette del panorama internazionale.
Durante i pasti abbiamo sorseggiato il Roma Doc bianco 2022 da Malvasia Puntinata, il Roma Doc rosato 2022 da Montepulciano, Cesanese e Syrah prodotto con la tecnica del salasso, Olio extra vergine di oliva monocultivar Moraiolo.
Terza tappa: Cantina Principe Pallavicini
La storia di questa nobile famiglia parte da molto lontano, da Nicolò Pallavicini originario di Genova che nel 1670 trasferisce un ramo della Famiglia a Roma vicino al Papa e acquista dalla Famiglia Ludovisi i casali seicenteschi con annesse grotte di epoca romana.
Viene organizzato il matrimonio tra i Pallavicini e i Rospigliosi, e la nipote Maria Camilla viene data in dote al nipote di Clemente IX, per aspirazione a Cardinale del figlio maggiore, già prete, di Nicolò Pallavicini.
Arriviamo ai giorni nostri. Nel gennaio 2022 la Cantina Pallavicini ha visto l’ingresso di nuovi soci accanto alla famiglia, dall’amministratore delegato Giulio Senni, a tre grandi esperti di vino che hanno creato una squadra forte unita da un obiettivo comune, quello di portare i vini di Roma al loro giusto posto nell’enologia italiana ed internazionale.
La tenuta “Le Marmorelle”, con i suoi 70 ettari di vigneto di cui 10 di Malvasia Puntinata dei 90 totali, si trova nel mezzo di tre comuni dei Castelli Romani: Osteria della Colonna, il polo nevralgico con l’imbottigliamento, le sale degustazione, gli uffici e lo shop all’interno di una vecchia stazione delle poste nel comune di Colonna; i vigneti ubicati in altri due comuni, Montecompatri e Roma che ha i maggiori ettari vitati (70). La proprietà punta molto sui vitigni autoctoni, come la Malvasia Puntinata e il Cesanese, giunti ad oggi al 70% dell’intera superficie vitata per portare avanti un discorso di autenticità territoriale e credendo fermamente nel progetto della Roma Doc. Ma non mancano varietà internazionali sia a bacca bianca sia a bacca rossa che vanno a costituire i blend.
Dietro le colline di Montecompatri c’è il cratere del vulcano laziale che oggi ospita i due laghi, Nemi e Albano. Da un lato ci sono due piccoli coni vulcanici dominati dalla torre medievale del 1067 appartenuta alla Famiglia Colonna, dove sono coltivate su terrazzamenti le varietà internazionali, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot. Questi vigneti, di trent’anni, hanno trovato la dimora perfetta per crescere, ad un’altitudine di 350 metri su un terreno drenante, ben esposto che non soffre la siccità.
La semi-aromatica Malvasia Puntinata utilizzata per il Roma Doc è disposta su tre appezzamenti separati, di età compresa tra i sessanta e i settant’anni, allevati come il resto dei vigneti con impianti, a filare e non a pergola, introdotti già all’epoca. I primi anche a praticare nella zona l’inerbimento alternato per estrarre i nutrienti utili alla radice apicale per crescere in profondità attraverso i vari depositi vulcanici di ben tre periodi diversi e proteggere le piante dalla siccità.
Osserviamo il vigneto coltivato esclusivamente a Cesanese, il cru aziendale, di novant’anni dal quale è stata fatta una selezione massale dopo la fillossera e reimpiantato su piede americano con un’età media, oggi, di 15 anni. Il Vigneto Vigne della Corte di Greco chiamato così dalla Famiglia precedente, i Ludovisi, il cui vino di Cabernet giungeva alla Corte del Papa Gregorio XV nel 1586 (all’epoca chiamato Cabernette).
I vigneti beneficiano del vento ponentino che con la sua brezza marina nel primo pomeriggio soffia e asciuga regalando uve sane e ottime escursioni termiche. La proprietà dispone anche di 1200 piante miste di ulivo sparse su circa 10 ettari e produrre poche bottiglie di olio extra vergine.
La vendemmia svolta nelle prime ore del mattino, parte da metà agosto e finisce a fine ottobre, un tempo così lungo dovuto alle venti varietà coltivate.
Nel sottosuolo si articolano antiche grotte di tufo e pozzolana, i cui materiali un tempo venivano impiegati per edificare le fondamenta delle ville romane, e una doppia cisterna dell’acquedotto Claudio che un tempo portava l’acqua prima alle ville e poi a Roma. Di undici acquedotti, sette si trovano ai Castelli Romani. Salendo delle scale arriviamo in una sala dove ci sono delle grandi botti di acacia e rovere di slovenia.
Giunti nella sala degustazione, troviamo un bellissimo tavolo imbandito di cibo e iniziamo con l’assaggio delle migliori etichette:
Frascati Superiore Docg 2022 “Poggio Verde” composta dal 70% Malvasia Puntinata, Greco, Grechetto e Bombino;
Roma Doc Malvasia Puntinata in purezza le cui uve vengono raffreddate con il ghiaccio secco già nel vigneto e subisco criomacerazione di qualche ora in cantina per estrarre il maggior numero di profumi contenuti all’interno delle bucce;
Roma Doc Rosso 2019 da 50% Montepulciano e 30% Syrah e 20% Cesanese che affina dodici mesi in tonneau;
Passito “Stillato” Malvasia Puntinata 2017 di cui una parte viene raccolta in anticipo per mantenere l’acidità in modo che il vino non risulti stucchevole.
Una produzione di circa 400.000 bottiglie per anno, contando dodici vini diversi.
La quarta tappa del nostro tour termina nell’Azienda Vinicola Federici. Un’altra bellissima storia di tradizioni familiari che risale agli anni del dopoguerra quando nonno Antonio Federici produceva vino sfuso fino poi al 2001, anno del cambiamento sostanziale, durante il quale l’azienda passa alla coltivazione diretta dei propri vigneti. La Cantina, giunta alla terza generazione, si trova a Zagarolo, antico borgo di origine medievale situato a circa 30 km da Roma.
La vinificazione avviene con il 60% delle uve di proprietà, il restante è acquisito da fornitori storici con cui si sono create collaborazioni di lungo periodo, rispettando gli standard qualitativi comuni.
Vista la quantità di varietà presenti, la vendemmia impegna molto l’Azienda, non solo nello stabilimento di produzione di Zagarolo con i 40 ettari coltivati maggiormente a bacca bianca, ma anche nella proprietà di 16 ettari di Cesanese situata al Piglio.
Quindi finita la vendemmia a Zagarolo che termina i primi di ottobre con il Montepulciano che va a comporre il Roma Doc e Doc Riserva, si spostano ad Anagni per la lavorazione della Passerina del Frusinate e del Cesanese del Piglio Docg, altra azienda che dalla vendemmia 2024 sarà certificata biologica.
Altro progetto in via di sviluppo è quello di terminare entro due anni l’impianto complessivo di 16 ettari condotti in regime biologico e posti nella zona del Divino Amore, nel Comune di Roma, dedicati maggiormente al Roma Doc Rosso. Nove ettari dei sedici entreranno già in produzione l’anno prossimo, quindi Cesanese e Montepulciano che ricadono nella zona classica dove verrà costruita un’altra cantina.
Tutte le lavorazioni nei vigneti sono manuali, compresa la vendemmia, rispettando rese che variano dai 90 ai 110 q/h, molto meno sul cesanese.
In cantina si lavora con una pressa inertizzata utilizzata esclusivamente per i vini bianchi che in questo modo regalano il contributo dei tioli – presenti già nell’uva e trasformati grazie al lievito – all’aroma del vino surclassando quei sentori primari tipici; palese anche il vulcano che in fondo tesse questa pietra pomice, pietra focaia, sua caratteristica peculiare. Siamo a pochi passi dall’antico lago Regillo e a Zagarolo il terreno è molto particolare, si tratta di tufo rosso di origine vulcanica che dona tanta sapidità e la tipica nota minerale ai vini di questo areale.
Visitiamo la sala dei serbatoi in acciaio, dove avviene la maggior parte del lavoro, adibiti a termo vinificazioni e termo stoccaggio, con ampia scelta per il controllo delle temperature in fermentazione e per l’applicazione dei protocolli di vinificazione differenti specialmente per le varietà a bacca bianca, come la Malvasia Puntinata che va a comporre il Roma Doc Bianco.
L’Enologo Francesco Di Certo ci confida che questo lavoro viene effettuato a causa del caldo torrido che si è registrato nelle ultime vendemmie, ovvero si impone una raccolta a scalare: una piccola partita d’uva leggermente anticipata per andare a mantenere la freschezza; una intermedia per avere struttura e una quasi surmatura per garantire un prodotto finale di alta qualità. Sotto di noi, a sei metri, ad una temperatura costante per tutto l’anno, c’è la sala dove riposeranno i vini rossi maggiormente in tonneau ma anche in qualche barrique.
Improntati molto sull’estero, i numeri crescono anche nell’Horeca di anno in anno. L’anno scorso sono state prodotte circa 850.000 bottiglie distribuite maggiormente, oltre che nella Capitale, in Giappone, Stati Uniti, Germania, Repubblica Ceca, Cina, Messico e Norvegia con piccoli numeri in questi ultimi paesi.
Con l’etichetta Roma Doc si realizzano circa 400.000 bottiglie all’anno e rappresenta il 40% del fatturato estero dell’Azienda.
Ecco i vini presentati:
Azienda Vinicola Federici Roma Doc Bianco 2022 da Malvasia Puntinata e 5% Sauvignon Blanc;
Damiano Federici Roma Doc bianco Classico 2021 fa un affinamento più lungo minimo di sei mesi, composto da Malvasia Puntinata (60% dell’uva raccolta il 17 settembre, la restante parte più matura il 4 ottobre, vinificazione separata e blend successivo) e 5% Sauvignon Blanc a completare l’ampio bouquet;
Azienda Vinicola Federici Roma Doc Rosso 2021 (60% Montepulciano e 40% Cesanese in acciaio);
Damiano Federici Roma Doc Classico 2021 (rese basse per Montepulciano, Cesanese e 10% Cabernet Franc e lungo affinamento sulle fecce nobili in acciaio).
Sito Consorzio: http://www.vinidocroma.it/
Siti partners articolo: https://www.foodandwineangels.com/ https://carol-agostini.tumblr.com/