Clubhouse e le giornate autunnali che vorrei 2022
CLUBHOUSE e le giornate autunnali che vorrei 2022
Di Carol Agostini
Ho scelto questo titolo per raccontarvi l’evoluzione delle mie giornate autunnali e quelle che oggi desidero partendo dal passato in ottica di costruire un futuro.
Fin da piccola era un giorno di mix tra cucina araba ed indiana, mescolata con quella veneta e argentina, in un connubio di culture e tradizioni differenti, figlia di etnie diverse, nata in veneto.
I miei nonni che sono persone tra di loro agli antipodi, in condivisione assoluta in momenti di grande scambio culinario, hanno sempre passato giorni su giorni a decidere il menù pasquale ( del resto come quello natalizio ) e non solo, anche i menù delle giornate autunnali.
Questi erano composti da ricette come il pollo tandoori cotto nel classico tandoor ( forno tipico dei paesi arabi), la grigliata argentina con le tiritas de asado, ovvero costine di manzo che anziché longitudinalmente, come ad esempio si fa con la rosticciana, vengono tagliate perpendicolari all’osso, così da formare delle strisce di carne da scottare veloci su una brace bella calda, a piatti tipici veneti a base di baccalà vicentino, polenta ecc ecc, il tutto per noi bimbi contornato da cocacola ( che a casa dei miei non deve mai mancare come la cervesa) e vini veneti da uve cabernet e merlot per la stra maggioranza.
Ore e ore di cucina, di lavoro ai fornelli e grandi tavolate di amici e parenti in questa cascina in mezzo la campagna veneta a Marostica ( la città degli scacchi viventi, una cittadina scaligera, il centro circondato da mura che unisco i due castelli, quello superiore e quello inferiore, opere che risalgono al 1370 circa ), una meraviglia!
Da quando invece c’è stato il passaggio del testimone ai fornelli, cioè a me, ho deciso di rivoluzionare la situazione partendo da concetti chiave:
La scelta dei vini, l’ umami, dalla cucina medioevale alla cucina futurista arrivando al mio mito Salvador Dalì.
La scelta dei vini perché parto dal vino che è una passione che sfrutto per abbinare i piatti, visto che sono io stessa ad eseguirli.
Perché l’umami?
E’ il quinto gusto, ossia un sapore primario che si unisce agli altri quattro (dolce, salato, amaro, acido) che abbiamo imparato a riconoscere fin da bambini, questo sapore è stato riconosciuto, scoperto ed identificato in laboratorio agli inizi del 1900 in Giappone, appunto come fonte di sapore, negli anni ’80 circa è stato ufficialmente riconosciuto come quinto gusto sulla base della concreta dimostrazione che esistono sulla lingua specifici recettori di questo sapore che ne portano le informazioni al cervello.
“Umami” in giapponese significa saporito e questo quinto gusto è stato collegato al glutammato monosodico (acido glutammico), anche detto esaltatore di sapidità.
Vi faccio un esempio Il parmigiano reggiano è l’ingrediente più umami della cucina mediterranea, vi porto una curiosità collegata a questo ingrediente:
Massimo Bottura descrive uno dei suoi piatti più famoso che è composto da cinque diverse stagionature di parmigiano, in cinque consistenze diverse, come “cinque gradi di umami“ e vi do anche un’altra dritta sappiamo che il parmigiano è popolarissimo in Asia.
Altri piatti collegati al senso “umami” sono: quasi tutte le zuppe e gli stufati cucinati a lungo: una completa maturazione (al limite della marcitura), una lunga cottura o la fermentazione sono “portatori sani” di amminoacidi che attivano i ricettori dell’umami; una crema di funghi cotta a fuoco lento per ore ed ore, insaporita con del parmigiano, è quintessenzialmente umami.
La cucina medioevale
La cucina medioevale invece perché mi affascina in quanto è basata sulla totale condivisione del piatto ed è rimasta la stessa dell’epoca romana, con delle innovazioni culinarie apportate appunto dagli arabi come lo zucchero di canna, le mandorle, il riso, i gelsi, le melanzane. Inoltre tutti sappiamo che molti degli alimenti che utilizziamo nelle nostre ricette oggi derivano dalla scoperta dell’America.
I ricettari medievali risalgono tutti al periodo rinascimentale e hanno numerose differenze rispetto a quelli che usiamo oggi.
Nella cucina medievale i ricettari elencavano solo i cibi da utilizzare, senza le quantità e le temperature, mentre i tempi di cottura erano scanditi da preghiere premetto ora non sto a pregare tutto il tempo mentre cucino il pollo……ma è per me è affascinante come la cucina medievale veniva costruita dividendo il corpo in 4 umori, corrispondenti a 4 liquidi che sono contenuti nel nostro corpo.
In base allo stato di salute veniva costruito un piano alimentare adeguato.
Gli umori erano 4, come gli elementi:
• il fuoco → la bile, gialla del fegato, calda e secca;
• l’aria → come il sangue del cuore, calda e umida;
• l’acqua → come la flemma del cervello, fredda e umida;
• la terra → come la bile nera della milza fredda e secca.
A questi quattro umori corrispondevano quattro stati d’animo: collerico, sanguigno, flemmatico e melanconico.
Già era presente e radicato il collegamento tra pietanze, componenti del corpo ( organi ) e la componente emotiva ( lo stato d’animo con le sue reazioni ).
Si mangiava seduti, non più coricati come in epoca romana, le posate si usavano solo per tagliare il cibo che quindi veniva servito in portate già porzionate davanti agli invitati, che si servivano da soli riempiendo dei piatti commestibili fatti di pane.
Si mangiava con le mani e si usavano dei bicchieri in comune, da qui nasce l’abitudine di pulirsi la bocca prima di bere.
Esempi: zuppe e polente, pollo, maiale, vitello, pesce, inoltre i barbari portarono il sidro, il vino fatto con le mele, e ci fu un revival della birra.
la Cucina futurista
La cucina futurista perché fu un tipo di cucina bizzarro che mi affascina per la sua creatività ed egocentrismo particolare e fuori dagli schemi.
Questo intrigo culinario/culturale nasce con la conoscenza di Filippo Tommaso Marinetti, poeta e scrittore di cui ho letto tanto, fondatore del movimento Futurista che negli anni ’30 pubblicò il Manifesto della Cucina Futurista, con lo scopo dell’adorazione di piatti e ricette che consentissero all’uomo di essere scattante, veloce e al passo coi tempi.
Il movimento sosteneva l’abolizione delle posate (forchetta e coltello), del peso e del volume degli alimenti e della discussione politica a tavola.
Una rivoluzione totale insomma che va dalle materie prime, alla loro elaborazione, al modo di presentarle finendo all’approccio con i cibi.
Le ricette sono bizzarre, eclettiche da cui prendo spunto per comporre piatti diversi.
Ed ecco il mio secondo amante preferito dopo Giacomo Casanova ( per il cioccolato ) Salvador Dalì, troverete la ristampa del libro Les diners de Gala ( un manuale di cucina dedicato al sodalizio anche culinario con la moglie che appunto si chiamava Gala).
Vi cito l’introduzione: “Se sei un discepolo delle tabelle caloriche che trasformano la gioia del cibo in una punizione, chiudi subito questo libro: è troppo pieno di vita, troppo aggressivo e davvero troppo impertinente per te”.
Un poliedrico genio come piace a me con il suo ricettario surrealista ispirato alle cene offerte dall’artista e consorte, di osservanza francese ma con uno spiccato gusto per l’esotico.
Dalí proclamava: «La mandibola è il migliore strumento di conoscenza filosofica», come non essere d’accordo…la lussuria e la stravaganza di un mondo artistico ed esotico/afrodisiaco sono per me stimolo, emozione in un’era di polemica, invidia e banalità.
Le giornate autunnali che sto preparando per vivere di sensi nell’attesa del menù di Natale, partono dalla scelta dei vini:
Champagne brut nature di Olivier Herbert con vari antipasti a base di pesce, frutta esotica e polenta, tra cui una rivisitazione del baccalà alla vicentina con mandorle e noccioline.
Vitigni 30% da Pinot Nero che dona struttura e aromi, 30% da Pinot Meunier che dona sentori fruttati e rotondità e per il restante 40% da Chardonnay che dona al prodotto freschezza e finezza.
Vino rosato da uve nocera e nerello calabrese dell’ az. agr. Zagarella abbinato a pescato alla brace, che diventerà piccole porzioni da accompagnare il risotto mantecato all’umami ovvero al parmigiano con una salsa di peperoni.
Quore Brut Riserva TrentoDoc Letrari millesimato da Chardonnay raccolte esclusivamente a mano, con permanenza sui lieviti di almeno 40 mesi per esaltarne la morbida eleganza abbinato al mio pollo con aspargi verdi ed ananas cotto nel tandoor di casa.
Il Botticello Toscana IGT rosso biologico Cantina San Quirico San Gimignano selezione di uve 70% Sangiovese e 30% Merlot e Syrah in abbinamento alla grigliata mista con tiritas de asado, pancetta, bistecche di coppa.
Per finire alla torta colomba farcita di cioccolato con pan di Spagna e crema pasticcera ci abbino Pensiero passito vendemmia tardiva Cantina Il Poggio da uve di malvasia di candia aromatica e trecuori passito bianco di Carlo Nerozzi Le vigne di San Pietro Moscato Giallo Passito che arriva dalle terre di Verona, per ricordarci come l’area del veronese sia, tra tutte, quella in cui è più forte, più sentita e più antica la tradizione dell’appassimento, tecnica impiegata per l’ Amarone e non solo.
Queste in parte saranno le mie giornate autunnali con un mix tra passato origini e legami.
Di Carol Agostini
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