Modena, la rinomata città emiliana famosa per i prelibati aceti balsamici e la maestria motoristica della Ferrari, ha dato vita a una manifestazione che combina il lusso delle bollicine francesi con la passione per la gastronomia: la Modena Champagne Experience.
Un Elogio alle Bollicine di Eccellenza
L’evento, che si tiene annualmente tra le mura della splendida Villa Griffoni, è un’ode alle bollicine francesi, con una particolare enfasi sui pregiati champagne. Questa manifestazione è il luogo in cui produttori, sommelier, intenditori e appassionati si riuniscono per celebrare il vino spumante di qualità superiore e i suoi abbinamenti culinari.
Non solo bollicine francesi all’evento ma anche la presenza di qualche banco di eccellenza gastronomica italiana come ad esempio l’Antica Offelleria di Verona della Pasticceria artigianale Scarpato con la presenza del titolare Marco Ferrarese che ho rivisto con molto piacere https://www.scarpato.it/
Antica Offelleria Verona, la casa dell’originale Offella: un capolavoro della pasticceria tradizionale veronese, antenato del Pandoro, che diventa il protagonista indiscusso delle festività dell’anno e di tutti i momenti più speciali. Nell’Antica Offelleria Verona, la regina dei dolci lievitati trova la sua casa, la sua originale fragranza, la sua inconfondibile bontà.
L’Eccellenza del Champagne
Il fulcro di questo evento è, naturalmente, le bollicine francesi, vini effervescenti provenienti dalla regione francese che è unanimemente riconosciuto come l’emblema del lusso enologico. I partecipanti hanno l’opportunità di degustare una vasta gamma di champagne provenienti dalle case di produzione più prestigiose. Dai cuvée più famosi ai millésimés, si ha l’opportunità di immergersi in una varietà di aromi, sapori e profumi. In questo contesto, esperti e sommelier guidano degustazioni mirate, svelando segreti e curiosità dietro a ciascuna etichetta.
Il Matrimonio tra Champagne e Cibo
Questo evento non è soltanto una celebrazione del vino, ma anche un omaggio all’arte culinaria. Ecco perché ogni edizione si concentra sull’abbinamento perfetto tra champagne e cibo. Gli chef locali, famosi per la loro creatività e passione, preparano piatti straordinari in grado di esaltare le caratteristiche di ogni vino spumante. Dai sapori intensi del parmigiano reggiano alle prelibatezze dell’aceto balsamico tradizionale, l’offerta gastronomica è un viaggio di sapori emiliani.
Esperienza e Conoscenza
E’ anche un’occasione per approfondire la conoscenza delle bollicine. Oltre alle degustazioni, esperti del settore tengono seminari, conferenze e masterclass su argomenti come la storia delle bollicine francesi, le tecniche di produzione e le ultime tendenze del settore.
Un’Atmosfera di Pura Eleganza
L’atmosfera che pervade è intrisa di lusso ed eleganza. La cornice offerta dalla Villa Griffoni, con i suoi giardini curati e gli interni affrescati, è il luogo ideale per celebrare questo nettare divino. Ogni dettaglio, dalle cristallerie scintillanti alle mise degli ospiti, contribuisce a creare un’atmosfera unica.
Un Appuntamento da Non Perdere
E’ un appuntamento da non perdere per chi ama le bollicine e vuole immergersi nell’essenza dello champagne. Questo evento mette in evidenza come la tradizione del buon cibo e del buon vino sia profondamente radicata nella cultura emiliana, offrendo un’esperienza unica per gli amanti del lusso enogastronomico. La prossima edizione è attesa con trepidazione, pronta a deliziare i sensi e a celebrare la magnificenza delle bollicine francesi in terra italiana.
Presenti a questa manifestazione da anni come stampa e redazione quest’anno, nei due anni iniziali di evento come co-relatore Carol Agostini a delle masterclass: lambrusco a confronto con lo champagne condotte dal grande esperto di settore Giorgio Melandri.
Tra le bollicine preferite di questa edizione sono state quelle importate e selezionate da Marco Marini e socio di M.B. Bollicine di Francia, vedi sito:https://www.bollicinedifrancia.com/
Il 9 marzo, h 19.30 una cena-degustazione in collaborazione con Top Champagne per abbinare all’alta cucina cinese di chef Zhang Guoqing le 7 annate prodotte negli Anni 90 dalla prestigiosa Maison de Champagne.
Menu degustazione con abbinamento agli champagne su prenotazione nella sola serata del 9 marzo 2023- costo 500 euro.
Il ristorante Bon Wei da sempre attento alla qualità della carta dei vini e agli abbinamenti con le specialità di cucina cinese, il prossimo 9 marzo propone ai suoi ospiti la possibilità di partecipare a un’esperienza esclusiva: una verticale di champagne Dom Pérignon composta dalle 7 annate prodotte negli anni Novanta (1990, 1992, 1993, 1995, 1996, 1998, 1999), abbinate a 7 piatti dell’alta cucina di chef Zhang Guoqing.
La speciale cena-degustazione nasce dalla collaborazione di Zhang Le, patron insieme al padre del ristorante Bon Wei, con Andrea Silvello, fondatore di TopChampagne, con l’idea di condividere con gli ospiti la possibilità di vivere l’abbinamento di queste 7 annate di Dom Pérignon alle note esotiche di altrettanti piatti dello chef Zhang Guoquing.
Dom Pérignon, storica Maison de Champagne, simbolo di lusso e piacere a livello internazionale, vanta uno champagne dal progetto enologico molto chiaro e preciso:
solo vini in assemblaggio 50% Pinot Noir e 50% Chardonnay, solo millesimati (quindi solo uve della stessa annata) in tre diverse “Plénitude”, ovvero 3 diversi periodi (crescenti) di permanenza sui lieviti dopo la seconda fermentazione in bottiglia: il classico “Vintage” (6/8 anni), il “P2 o Deuxième Plénitude” (12/15 anni) e il “P3 o Troisième Plénitude” (più di 25 anni).
Negli anni ’90 sono state prodotte 7 diverse annate: 1990, 1992, 1993, 1995, 1996, 1998, 1999. Queste, in versione “Vintage” (ovvero nella prima “Plénitude”), saranno le protagoniste della speciale degustazione” in verticale” da Bon Wei.
“Gli anni ’90 sicuramente oggi rappresentano il massimo splendore delle grandi bottiglie delle Maison de Champagne – spiega Andrea Silvello di Top Champagne – la migliore espressione che il vino possa portare nel calice dopo aver trascorso 6/8 anni sui lieviti e ormai più di 15/20 anni in bottiglia. Possiamo aspettarci un colore dorato intenso, un naso ricco di sentori di frutta secca, agrumi canditi, frutta matura.
Ovviamente, soprattutto dopo così tanti anni, solo l’assaggio della singola bottiglia potrà raccontare la sua storia e ogni annata sarà diversa per definizione. Sulla carta la 1990, 1995, 1996 dovrebbero essere sul podio ma il bello dello Champagne è che ogni volta riesce a stupire”.
Gli abbinamenti:
Gli abbinamenti sono stati studiati con una serie di raffinate ricette di pesce del Guandong-Canton, regione nota per la morbidezza e delicatezza dei suoi sapori: nell’ordine vengono proposti con il 1990 Shao Mai di branzino con cipollotti fritti e salsa allo zenzero; con il 1992 Polpette di Gamberi e Capesante su salsa di peperoni rossi e cetriolo; con il 1993 capesante al forno con trito di verdure e sfumature al whisky, con il 1995 Involtini di pasta all’uovo con gamberi e bambù, con il 1996 Noodle saltati con verdure e frutti di mare, con il 1998 Branzino in crosta con salsa agrodolce e pinoli tostati, con il 1999 Gamberi croccati all’olio di soia.
“Con questa cena-degustazione la nostra alta cucina cinese – spiega Zhang Le di Bon Wei – ha voluto inchinarsi alla maestosità dello champagne Dom Pérignon, facendo quasi un passo indietro rispetto alle certe pietanze speziate, piccanti o profumate, prediligendo ricette capaci di accompagnare e avvolgere con sapori vellutati queste intese bollicine. Un divertissement del palato che inviterà a sognare”.
Il percorso di ricerca sul vino di Bon Wei
Il ristorante Bon Wei sin dall’apertura si è fatto riconoscere per la qualità della carta dei vini e per l’attenzione negli abbinamenti con le sue specialità di cucina.
Se la prima carta è stata costruita con la consulenza di un sommelier italiano che ha preferito privilegiare etichette note, con un taglio più commerciale, l’arrivo di Zhang Le (figlio dello chef) nel febbraio 2013, sommelier Fisar e appassionato di vini, ha visto l’ingresso in carta di etichette più ricercate, capaci di reggere i sapori della cucina asiatica (dal dolce all’aspro al piccante), ragionando su abbinamenti non soltanto al singolo piatto ma all’intero pasto.
Uno Chardonnay o un Sauvignon con i loro aromi sposano perfettamente i dim sum fritti di pesce, mentre un bianco minerale come l’Etna o un Pinot Grigio barricato accompagnano anche il gambero piccante alla Kung Pao.
“Se la bollicina, che sia Champagne o Franciacorta, risponde ad ogni quesito, ci sono vitigni che risultano ben versatili con i sapori della Cina – spiega Zhang Le– il Pinot nero, che è uno dei miei preferiti e oggi va molto di moda, è polivalente, riesce ad accompagnare un pesce saporito così come una carne speziata”.
In effetti Pinot Nero vince sull’Anatra Laccata, mentre per i lamian (noodles tirati a mano) o il riso è il condimento che detta l’abbinamento. Con le zuppe invece difficilmente si accompagna un vino. L’Amarone e lo Sforzato invece possono reggere bene anche lo Shui-Zhu, stufato di manzo del Sichuan, molto piccante e aromatico.
A fine pasto, la cultura cinese – che non è “dolce” – lascia lo spazio alle grappe, al Baijiu e al whisky.
La ricerca da Bon Wei (che, va ricordato, in cucina è filologica e rispettosa della tradizione) è continua, e la carta dei vini sempre in evoluzione così come lo sono i piatti: con la creazione della carta di specialità regionali della Badacaixi (le 8 regioni gastronomiche di Cina) la ricerca delle etichette si è sempre più allontanata da scelte scontate, per privilegiare la nicchia, il territorio e il piccolo produttore da scoprire.
Parallelamente è presente una piccola selezione di vini italiani e stranieri (da Chateau Pétrus al Domaine de la Romanée-Conti, dal Masseto al Grange Penfolds), fatta con quei grandi nomi che non mancherebbero mai in un ristorante di lusso in Cina.
Oggi Bon Wei ha una carta di circa 300 etichette (70% italiane e 30 % estere, dalla Francia a Israele, dall’Australia al Sud Africa al Cile) che include anche un raro vino cinese, con prezzi dai 25 ai 12.000 euro.
Per favorire gli abbinamenti specifici, al calice sono poi sempre disponibili 1 Prosecco, 2 Franciacorta, 2 Champagne, 3 bianchi e 3 rossi.
Domaine Ternynck 2022…Figli d’arte nel vino…Si o no?
Di Olfa Haniche
Ho avuto il piacere di incontrare Laurent Ternynck e sua moglie Marie – Noëlle a Parigi durante il Wine Paris.
Un mio carissimo amico che conosce bene il mio approccio diffidente verso i vini Naturali / Biodinamici (soprattutto per certe appellations), mi consigliò di andare ad assaggiare i loro vini dicendomi semplicemente che ne valeva la pena.
Grata per questo prezioso consiglio mi avvio al padiglione della Borgogna piena di curiosità ed aspettative, anche se non avendo appuntamento temevo già di ricevere poca considerazione… Ma così non è stato, Laurent mi riceve con un incoraggiante sorriso e mi fa accomodare per iniziare la degustazione senza troppe chiacchiere, un uomo pratico, competente e con tutto il suo focus sui vini (di solito ti fanno il terzo grado sul chi sei, cosa vuoi e in do vai ).
Cominciamo con uno Petit Chablis 2020 di un bel giallo oro brillante, mentre ne godo i profumi fruttati e minerali Laurent ribadisce che tutti i suoi vini sono Biologici e Biodinamici, a questa affermazione il mio naso insiste a cercare puzze e difetti ma non ne trova.
Degustazione
Il Petit Chablis di Laurent è pulito, si apre ancora regalando sentori di albicocca polposa ed un piacevole finale agrumato. Al palato spicca la freschezza che fa salivare invitando ad un nuovo sorso che mi fa gustare una buona sapidità. Un vino fine senza eccessiva struttura, il che lo rende ancor più apprezzato per una quotidianità ed abbinamenti non troppo impegnativi.
Si passa al Premier Cru Côte de Jouan, nel calice un luminoso giallo oro con una bella intensità che mi fa presagire una notevole complessità che in effetti non tarda a manifestarsi all’olfatto: Profumi di roccia bagnata, sambuco, nocciola ed un lieve accenno di vaniglia mi confermano il suo importante affinamento in botti di varie dimensioni (da 132l a 400l).
Al palato è rotondo, equilibrato con una bella armonia tra le sue durezze e morbidezze. Un vino elegante che chiude con note di caramello ed una notevole lunghezza.
Laurent mi chiede se voglio continuare con i bianchi o se passiamo ai rossi dei quali vorrebbe con entusiasmo farmi conoscere un paio fatti in anfora nel villaggio di Irancy, ma in realtà assaggiati i primi due vini volevo saperne di più, no solo sui loro vini, ma su di loro come vignerons. Gli chiedo quindi la loro storia aspettandomi le solite “il mio bisnonno ha iniziato nel 1800 e rotti… di padre in figlio ect ect…”, ed invece no!
Con uno sguardo carico di emozione guarda la moglie, impegnata in un’altra degustazione al tavolo accanto, e mi dice che più di 20 anni fa all’età di 25 anni, finiti gli studi di contabilità si lanciò nel mondo del vino per pura passione piantando le sue prime vigne, 3 anni dopo produce il suo primo vino che commercializza già l’anno successivo. 5 anni dopo anche Marie-Noëlle lascia la sua boutique a Parigi per raggiungerlo in Borgogna.
Oltre a sposare lui sposa anche le vigne ed insieme crescono quello che è adesso Domaine Ternynck. Niente nonni quindi e genitori che ti lasciano una storia secolare da mandare avanti.
Intervista a Laurent e Marie Noëlle
Qui la storia se la sono fatta con le proprie mani. Sempre più intrigata da questi personaggi, gli chiedo se secondo lui è più facile diventare vigneron avendo alle spalle generazioni di famiglia produttori di vino, ovvero, se pensa che sia più difficile in questo settore scrivere su una pagina totalmente bianca come hanno fatto loro?
Mi risponde convinto che per loro è stato un bene il fatto di non avere famiglie e storie precedenti sulle quali appoggiarsi, ma anche paragonarsi e ahimè, misurarsi…
Da soli forse ci è stato più facile crescere sempre di più, abbiamo cominciato da zero e adesso ci stiamo specializzando nei vini naturali con sempre più voglia di fare qualità eccellente rispettando il nostro terroir e la natura.
Mentre riflettevo sul fatto che mi spiegavo perfettamente l’entusiasmo e la passione di questa coppia che li ha spinti a non accontentarsi di appartenere ad una regione chiamata Borgogna adagiandosi nel produrre vini Chablis e via, tanto meno si sono fatti intimorire dal fatto di non avere bisnonni vignerons proprietari terreni da secoli…
D’altronde se non si è “Brave” come lo sono loro, la scelta di vita che hanno fatto neanche ti passa per il cervello, Laurent si scusa dicendomi che è arrivato il suo cliente con appuntamento e che mi aspettava più tardi per continuare con i rossi.
Lascio lo stand con dispiacere ma anche con un paio di consapevolezze: non ci sarò tornata quel pomeriggio perché a mia volta avevo un paio di appuntamenti prima di andare in aeroporto, e soprattutto, che quei vini e questa coppia mi avevano lasciato una bella traccia, un misto di ammirazione e certezza che avrei trovato il modo di assaggiare i famosi vini rossi di Irancy!
Giugno scorso dovevo organizzare una degustazione di Chablis con il tema affinamento acciao vs legno…Non c’ho pensato due volte: “Allo! Laurent, ti ricordi di me? Sono Olfa la sommelière italiana… ci siamo incontrati al Wine Paris, ho bisogno dei tuoi Chablis e magari se puoi fare un salto qui a Firenze!” … ” Ma certo Olfa che mi ricordo di te!!!….”
E niente, la degustazione è stata assolutamente fantastica, non solo perché guidata maestosamente dal collega Davide d’Alterio dell’Enoteca Pinchiorri Firenze, ma anche perché al mio invito a Laurent di prendere un aereo e venire a Firenze a farsi conoscere da noi non ha esitato neanche un secondo.
La passione è sempre il faro illuminante del meraviglioso percorso di queste rarissime persone che seguono il cuore in tutto quello che fanno.Ascoltare Laurent raccontare la sua relativamente recente ma intensa storia spiegando i suoi obiettivi al nostro pubblico è stata una vera soddisfazione.
Ho cercato di ricambiare la gentilezza e considerazione da parte di Laurent andando di persona a Luglio a trovarli, spinta anche dalla mia di passione e della curiosità di quei vini rossi mancati a Parigi. Arrivo nel domaine e lo trovo che mi aspetta con stivali fangosi ed il solito sorriso incoraggiante.
Non perde tempo neanche sta volta, mi fa visitare personalmente la sua bellissima tenuta,mi spiega le sue tecniche di affinamento, le sue anfore e parla di nuovi progetti eco sostenibili per le loro vigne: Sta infatti introducendo la selvicoltura nei vigneti per apportare ombra alle viti, ma anche per creare una rete di micorrize che aiuta le piante a comunicare tra loro ed assimilare gli elementi minerali della piante. Quest’uomo non si ferma mai!
Ci raggiunge Marie – Noëlle e andiamo nella cave sotterranea ad assaggiare finalmente l’Irancy:
Vino prodotto nel villaggio di Irancy nel Auxerrois, un altopiano vicino al fiume Yonne che scorre ai piedi dei vigneti esposti a sud, con spesso forti pendenze. Blend di Pinot nero e César, si dice vitigno portato dai romani ( Ave Cesare!).
Nel calice color porpora con riflessi granati, sprigiona intensi profumi fruttati di cassis, mora e ciliegia matura ma dona un finale speziato grazie a questo singolare vitigno che da struttura e spalla tannica al Pinot nero. In bocca una bella armonia tra acidità e tannino integrato da una parte, morbidezza vellutata ed elegante dall’altra. Finale fruttato con una buona persistenza, una gran bella scoperta!
Si passa a Irancy Mazelot: Vino prodotto da un’unica parcella (Cru) di vecchie vigne dove predomina la singolare geologia del terroir risalente al Kimmeridgiano, 100% Pinot Nero, di color porpora intenso e luminoso, al naso sprigiona intensi e molto piacevoli profumi fruttarti ma anche il floreale di violette ed un bel finale di chiodi di garofano, una travolgente complessità.
Al palato è pulito con tannini setosi ed una bella struttura.
Un gran bel vino…
Ero più che soddisfatta e grata, ma il meglio doveva ancora arrivare in quanto Marie – Noëlle aveva già fissato la nostra cena in uno dei più tradizionali ristoranti; Le Mafoux Chablis, dove non solo mi sono gustata le buonissime “Escargots à la Chablisienne” ma ho avuto l’abbinamento più azzeccato provato fin’ora: Chablis Amphore 2018.
Se mi avessero un giorno detto che un vino in anfora mi avrebbe lasciato senza parole avrei inteso tutto un altro senso della frase…invece le parole mancano perché c’è posto solo per l’emozione.
Non avrei potuto chiudere meglio la giornata, avevo ancora da fare 300km per essere al mio appuntamento nel Beaujolais il giorno dopo… ma non avevo fretta, avevo tutta la notte ancora per guidare ripassando ogni singola emozione che mi hanno trasmesso questi vini.
Conclusione e riflessione emozionale
Prima di salutarvi torniamo insieme al titolo dell’articolo; Figli d’arte nel vino, Si o No? Personalmente la penso come Laurent, il farsi da soli può essere più difficile inizialmente e ci vuole più tempo ma si ha un’energia, una voglia di farcela ed una libertà di azione tali da ritenere questo status una benedizione…
Uno champagne dal color oro intenso, colore del grano animato da esili e luminose bolle, ancora vivaci pur essendo un vintage.
Degustazione
Al naso è ampio e maturo, appena stappato emana aromi di brioche, di lievito e burro fuso, su uno sfondo leggermente “affumicato”. Dopo si evolve con eleganza verso note speziate e di bosco, dai funghi al sentore di tartufo, terriccio, pepe nero e ginepro, leggero aroma di caffè, frutta esotica matura, albicocca, bergamotto e caramello. Aromatico con accenni di timo, pasta di mele cotogne, frangipane e miele, mandorla tostata in chiusura. È un naso complesso e molto elegante.
Al palato è ampio e di corpo, consistente e pieno, rotondo ma vivace allo stesso tempo con una spiccata acidità ancora viva e presente. La consistenza del vino suggerisce la seta rendendolo raffinato con un’esplosione di sapori in continuo movimento, con un tannno morbido, aroma di mango, papaya, albicocca, ananas matura, sempre di degustare del tartufo bianco fresco, dei chicchi di caffè mescolati a delle spezie dolci e leggermente piccanti. In chiusura ritorna la mandorla sentita al naso. Il finale è franco, lungo, cremoso e fresco con note saline e gessose.
Abbinamento
Lo si potrebbe pensare in compagnia di pollame in camicia, risotto allo zafferano, ravioli farciti da selvaggina, da fegato di vitello e formaggi con delle stagionature importanti.
Si abbina bene anche a poularde di Bresse in camicia con salsa di panna e funghi, quenelle di tartufo, animelle, brasato di vitello, châteaubriand con salsa di foie gras.
(Trovate ricetta del risotto allo zafferano a fine articolo)
Mission e terroir
Le vigne si trovano sulla riva destra della Valle della Marna, dove regna il sole, donando calore e luce alla vite, curate nel massimo rispetto del territorio, una delle mission della Maison, fare di tutto per ottenre un raccolto di qualità perchè la seconda mission è quella di rispettare i clienti offrendo loro un vino seguito in tutte le sue fasi produttive.
“Lo Champagne è segnato dal suo terroir ma anche dal suo viticoltore” citazione da sito della Maison Caillez Lemaire.
L’etichetta del prodotto ha subito un rinnovamento, un nuovo look grafico, mantenendo il colore nero che la caratterizza.
La Belle Époque
E’ uno champagne che riporta a “La Belle Époque” a quel periodo storico, culturale e artistico che inizia dalla fine dell’Ottocento e si conclude con lo scoppio della prima guerra mondiale (1970-1914), che significa “bei tempi”, o “l’epoca bella“, termine coniato in Francia che rievocava una vera e propria realtà storica ricordandola con nostalgia.
E’ l’epoca delle grandi scoperte come la radio, il cinema, l’illuminazione elettrica, le grandi comodità che garantirono alla persone il miglioramento della vita quotidiana, esplosione di correnti di tipo artistico-letterario e nelle capitali europee si viveva in modo intenso e brillante.
In questo periodo le persone affrontavano la vita in modo spensierato, vivendo di ogni tipo di lusso, di scoperte enogastronomiche, del bello e dell’eccitante, proprio come questo champagne, intrigante a tal punto di ricondurre la mente a collegamenti storici e figurativi.
Ricetta Risotto allo zafferano
Ingredienti per 4 porzioni:
2 l acqua circa1 coste di sedano
1 carote
1.5 cipolle una per il brodo e mezza per il risotto
prezzemolo q.b.
rosmarino q.b.
salvia q.b.
sale fino q.b.
320 g riso per risotti
0,125 g zafferano, 8 stimmi circa
40 g formaggio grattugiato tipo grana o parmigiano
30 g burro due noci
olio extravergine di oliva q.b.
100 ml vino bianco mezzo bicchiere
pepe q.b.
Esecuzione: mettere subito a macerare gli stimmi in un bicchiere a temperatura ambiente di acqua e latte intero
preparate il brodo. Riempite una pentola di acqua (circa 2 litri), immergete una cipolla, una costa di sedano, una carota e il mazzetto aromatico. Salate secondo i vostri gusti.
Spostate la pentola sul fuoco e cuocete il brodo contando almeno mezz’ora dal momento del bollore.
In una pentola capiente sciogliete una noce di burro insieme a un filo d’olio d’oliva, fate imbiondire la cipolla tritata finemente.
Versate il riso e tostatelo un paio di minuti mescolandolo in continuazione. Sfumate col vino bianco.
Evaporata la parte alcolica del vino, aggiungete lo zafferano precedentemente infuso in 200ml di acqua e 50ml di latte intero e cominciate a cuocere il riso a fiamma media, mescolando in continuazione e aggiungendo un mestolo di brodo per volta (quando il brodo sarà assorbito, aggiungetene un altro fino a terminare la cottura del riso).
Cotto il riso tenendolo al dente, spegnete il fuoco, aggiungete il formaggio grattugiato e un’altra noce di burro e mantecare energicamente con un mescolo di legno (Fate riposare il riso in pentola per un paio di minuti prima di servirlo in tavola, chiudendo con un coperchio).
A piacere spolverate il riso impiattato con una manciata di pepe nero.
OTTIMO ABBINAMENTO CON IL NOSTRO CHAMPAGNE, GOLOSO, LUSSURIOSO E DI SENSI.
Champagne Brut ‘Grande Année’ Magnum Bollinger 2007
Di Carol Agostini
Avete presente quando vedete passare una donna di 50 anni con un profumo intenso, di grande eleganza, curata nei minimi dettagli, oppure quando guardate un quadro di Lorraine Dell Wood che raffigura donne con il cappello, quel misterioso vedo e non vedo che racchiude eleganza ed immaginazione, oppure quando guardate una sfilata di Victoria’s Secret in cui il binomio musica e abiti stupendi indossati da modelle straordinarie sono di pura e folle eleganza???
Ecco cosa rappresenta per me la “raffinatezza” e la posso attribuire anche a questa Magum di Bollinger 2007.
Vitigni
Cépages: Pinot Nero 60%, Chardonnay 40% , 60 mesi sui lieviti, grande emblema di finezza, struttura ed intensità.
In questa bottiglia sono racchiuse le uve di un’annata di eccezionale qualità, che rappresentano il territorio, il clima e tutte le caratteristiche dei vitigni assemblati sorso dopo sorso.
Difficile descrivere questo champagne in poche righe, visto la qualità e persistenza.
Organoletticità
Un gioco di sentori ed aromi conquistano tutti noi che lo abbiamo bevuto in una serata di estrema curiosità e golosità.
Pesca, frutta esotica come papaia, mango, ananas, inebriano i nostri sensi olfattivi, man mano un crescere di profumi, mandorla, pane, caffè, pepe bianco, noccioline, vaniglia si alternano creando armoniose sfumature.
Avvolgente ingresso, fresco, equilibrato, con bolla fine, spazia dalla frutta esotica a note di tostatura, successivamente aromi speziati, note di pietra, fiori gialli; la successione non è gradualmente esatta, c’è un andamento degustativo oscillatorio con picchi organolettici e quando meno te lo aspetti ecco giungere gli agrumi in una suadente sensazione di cremosità, tra alternarsi di freschezza e sapidità.
Nel villaggio di Aÿ, patria dello Champagne Bollinger, fondata nel 1829, si possono incontrare alcuni membri del team di vinificazione che fanno rotolare le botti sui ciottoli. Entrando nella casa di Madame Bollinger o nei vicoli delle cantine, passato e presente si fondono in un contesto armonioso e avvolgente.
Si respira costantemente profumi di vino, mosto, di legno e di essenze che ricordano sentori di frutta, di uva.
Una storia di unione, di passione per il mondo vino tra Athanase Louis Emmanuel conte di Villermont, che scelse di unirsi in società con il tedesco Joseph Bollinger e con l’appassionato di vino Paul Ranaudin.
Anno dopo anno, dopo essere riuscito a imporre con successo le bollicine nei mercati inglese e statunitense, fu proprio Joseph Bollinger a divenire l’uomo-simbolo della Maison.
Riconosciuta per la grande qualità e vivacità dei suoi vini, la cantina, grazie alla posizione privilegiata dei vigneti di proprietà e alla rigida etica produttiva, sottoscritta e sancita da principi messi su carta, è affermata e stimata a livello internazionale.
Ay è un paesino tranquillo circondato da dolci colline coltivate a vite.
In questo luogo incantanto trovate le Maison più conosciute e famose della Champagne: Veuve-Clicquot, Bollinger e Moët et Chandon, oltre ad altri piccoli produttori.
Alcune di queste Maison offrono dei tour, c’è inoltre, Cité du Champagne Collet-Cogevi è un museo con centro degustazioni e tour delle cantine. Al centro del paesino, le caratteristiche strade lastricate conducono ai bistrot e alla chiesa in stile gotico di Saint-Brice d’Ay.
Curiosità
Il mosto proveniente dalla prima spremitura viene usato per la produzione degli Champagne, mentre tutto quello ottenuto con la seconda pigiatura è venduto ad altre cantine. Attualmente, la maison può contare su un’estensione vitata che arriva a coprire oltre 160 ettari, la maggior parte dei quali si trovano suddivisi tra la montagna di Reims e il territorio di Ay.
Classificazioni
Classificati tra Grand Cru e Premier Cru, tutti gli Champagne maturano dai tre agli otto anni, superando i tempi di richiesta di vinificazione dei disciplinari, sviluppando la vastità di sentori, aromi nel massimo equilibrio e persistenza.
Abbinamento serale
Questo champagne è stato abbinato a ostriche di varia tipologia, le Bèlon caratterizzate da carni bianche, cresciute tra acqua salata di mare e dolce della foce di fiumi, le De claire sono affinate in bacini di acqua dolce poco profondi e argillosi.
Oltre alle ostriche è stato abbinato a prodotti caseari di varia stagionatura partendo da 48 mesi, fino all’abbinamento con dello Stilton.
Il blue stilton è un formaggio erborinato vaccino, da latte intero e pastorizzato, tipico inglese che prende il nome dall’omonimo villaggio in cui, nel XVIII secolo, fu prodotto per la prima volta.
Invece il White Stilton è un formaggio dalla consistenza friabile, con una tendenza dolce spiccata, spesso usato come base per dolci, inoltre, si possono aggiungere ingredienti freschi o conservati tipo: uva, vari tipi di agrumi, albicocca e zenzero, mirtilli e fichi secchi.
Conclusione
Uno champagne che racconta la raffinatezza produttiva di una Maison attenta, capace di sedurre e conquistare ad ogni bolla.