GRAZIANO PRÀ: VIVERE IL VINO IN OGNI STAGIONE 2023
Redazione
L’azienda di Monteforte d’Alpone (VR) presenta i nuovi tour dedicati ai wine lovers, per scoprire il Soave tutto l’anno. Dalle degustazioni in barricaia ai bike tour tra le colline, fino alle escursioni nel Percorso Natura del nuovo agriturismo Monte Bisson.
Graziano Prà, vivere il vino in ogni stagione 2023, foto da comunicato stampa
Quella di Graziano Prà è una realtà vitivinicola che nasce da un produttore appassionato e lungimirante, immersa in una natura rigogliosa a pochi passi da uno dei borghi più belli d’Italia. Qui prendono vita i suoi vini, dai vigneti allevati tra le colline del Soave e della Valpolicella, e frutto di un lavoro autentico di valorizzazione dei vitigni autoctoni e di grande attenzione all’innovazione.
Qui prendono vita i suoi vini, dai vigneti allevati tra le colline del Soave e della Valpolicella, foto da comunicato stampa
Graziano Prà è una vera e propria esperienza immersiva da vivere tutto l’anno e che dal 2023 apre sempre di più le porte ai wine lovers per far vivere il suo territorio in ogni stagione. Da quest’anno nascono infatti sei nuovi tour guidati pensati per accogliere al meglio tutti gli appassionati, senza dimenticare lo spirito familiare e conviviale che da sempre muove l’azienda.
“Il tempo è prezioso, nel lavoro come nella quotidianità”, parole di Graziano prà, foto da comunicato stampa
“Il tempo è prezioso, nel lavoro come nella quotidianità, ecco perché il nostro invito ai visitatori è quello di venire a trascorrere dei momenti di qualità insieme a noi – spiega Graziano Prà, titolare dell’azienda.
Vivere la storia della cantina, sedersi con noi a tavola per assaggiare insieme i vini e i prodotti del territorio, immergersi nel bosco che circonda la nostra tenuta sul Monte Bisson o visitare il borgo medievale di Soave: sono esperienze di natura e di gusto che rigenerano anima e corpo e che speriamo lascino un bellissimo ricordo in tutti coloro che passano a trovarci”.
Tenuta sul Monte Bisson, foto da comunicato stampa
Declinati secondo diverse proposte, i percorsi per vivere il vino secondo Graziano Prà possono comprendere una visita più storica e tecnica, dedicata alla cantina e alla barricaia di Monteforte d’Alpone, ma anche trekking guidati che partono dal nuovo agriturismo Monte Bisson e proseguono lungo il Percorso Natura, con un passaggio nei vigneti fino al bosco che li circonda e la visita all’annessa torre veneziana del 1400. Un sentiero escursionistico alla portata di tutti per scoprire la biodiversità dei colli alla ricerca di orchidee selvatiche, scoiattoli, ricci, tassi e volpi.
Alcuni vigneti della cantina, foto da comunicato stampa
La cantina ha pensato anche agli ospiti più sportivi e darà la possibilità di noleggiare a prezzi agevolati le e-bike, il modo ideale per scoprire gli scorci più suggestivi del territorio e del borgo medievale di Soave.
La barricaia della cantina Graziano Prà, foto da comunicato stampa
Non può mancare quindi il momento della degustazione, che conclude tutte le visite, con diverse selezioni dedicate ai vini simbolo di Graziano Prà: dai Soave DOC, con le etichette Otto, Staforte e l’iconico Monte Grande, e la linea Morandina, con il Valpolicella, l’Amarone e il Ripasso. Ogni tasting è quindi accompagnato da un abbinamento di formaggi, salumi, focacce e altri prodotti gastronomici tipici del territorio, preparati direttamente in azienda.
Una storia lunga 100 anni fatta di persone, tradizioni e progresso
Continua il mio viaggio-racconto nella Regione vinicola più a nord d’Italia, l’Alto Adige, una terra di contrasti tra identità antiche e modernità. Percorrendo sempre la Strada del Vino arrivo a fare visita alla Cantina Kettmeir dove, nel cortile antistante, davanti allo splendido panorama costituito da montagne, meleti e vigneti, mi attende Giulia dell’Hospitality pronta a raccontarmi la sua storia.
La Cantina Kettmeir, articolo di Cristina Santini
Il territorio altoatesino è completamente diversificato: ci sono diverse altitudini, come per esempio il vicino lago di Caldaro che si trova a 200 mt e la Cantina che invece è ubicata a 400 mt; diversi microclimi ed esposizioni solari che hanno portato nel corso degli anni a coltivare qui ben 25 varietà di vitigni differenti su un territorio molto piccolo di circa 5300 ettari vitati. La maggior parte sono prevalentemente a bacca bianca e si trovano tra Termeno, Caldaro e Appiano.
Un tempo il territorio era ben diverso da oggi. La viticoltura è arrivata nel ‘500 a.c. con la popolazione dei Reti che si stanziò qui e cominciò a coltivare la vite.
Poi arrivarono i Romani e portarono le loro usanze e le loro tradizioni. Ma il massimo splendore si ebbe durante l’impero austro-ungarico poiché l’Alto Adige era la parte più a sud, quella più calda, considerata quindi più vocata alla coltivazione della vite.
In particolare alla coltivazione della Schiava che dava un vino molto leggero, un bianco travestito di rosso, di soli otto gradi di alcool e per tradizione servito freddo come tutt’ora. Chiamato il vino della colazione, i contadini erano soliti berlo la mattina insieme allo speck. La tipica merenda altoatesina.
Al posto della strada del vino precedentemente c’era una ferrovia che veniva utilizzata come mezzo di trasporto, di comunicazione e di commercio, tanto che tutte le cantine avevano un sistema di condutture tramite le quali si pompava la Schiava direttamente dalle vasche fino ai treni pronti per andare Oltralpe a dissetare tutto l’impero.
Nel 1919, dopo la prima guerra mondiale, l’Alto Adige passa all’Italia. Qui venne varata una forte manovra di italianizzazione che si inasprì duramente durante il periodo fascista, di conseguenza vennero vietate tutte le esportazioni verso i territori dell’ex impero austro-ungarico.
In passato, l’80% degli ettari vitati, circa 10000, erano dedicati alla coltivazione della Schiava, quindi quasi il doppio degli attuali. Tranne il Lagrein, le altre varietà sono subentrate strada facendo.
Cosicché i contadini, ritrovandosi con enormi quantità di questa uva da piazzare e avendo le frontiere sbarrate a Nord, provarono a rivolgersi verso Sud. Ma un vino così leggero a confronto con Barolo, Chianti, Teroldego non ebbe molto successo. Per cui il territorio entrò in un lungo periodo di crisi finché i contadini decisero per prima cosa di estirpare parte dei vigneti a favore di un’altra coltivazione ovvero quella delle mele. Pensate che qui si coltiva circa il 50% delle mele italiane. Nonostante si pensi che sia una coltura centenaria come in Trentino, di fatto c’è da poco meno di cent’anni.
Mentre poi l’altra soluzione più intraprendente, lungimirante e temeraria, che sposerà anche Giuseppe Kettmeir, il fondatore dell’Azienda, fu quella di effettuare uno studio di zonazione. Grazie anche alle nuove generazioni di enologi e di tecnici si andò a studiare tutto il territorio, tutte le singole parcelle di terreno, con lo scopo di mettere a dimora il vitigno nel proprio terroir ideale, nel luogo nel quale si potesse esprimere al meglio.
Ecco dunque che dalla monocoltura di Schiava, oggi si coltivano ben 25 varietà differenti.
Vigneti intorno al Lago di Caldaro visti da Castelvecchio, foto di Cristina Santini
I Vigneti e i Masi
Kettmeir non ha vigneti di proprietà, solo mezzo ettaro dislocato intorno alla cantina e vocato a Moscato rosa con il quale si produce un vino passito. In Alto Adige sono solo sette gli ettari dedicati a questo vitigno e rappresenta un prodotto di nicchia.
Moscato Rosa: unico vigneto di proprietà, foto di Cristina Santini
L’azienda si avvale di 60 fedeli fornitori per 55 ettari situati prevalentemente in tutta la vallata della Bassa Atesina, mentre alcuni vigneti si trovano in luoghi particolarmente vocati come per esempio il Maso Ebnicher ubicato sull’altopiano del Renon, a circa 800 mt di altitudine. Terreno di elezione per il Müller Thurgau, un suolo sabbioso molto ricco di porfido che consente a questo vitigno di esprimersi in tutto il suo corredo aromatico.
La zona di Castelvecchio, che si trova a 600 mt di altitudine, presenta una grande escursione termica tra il giorno e la notte e un terreno calcareo-dolomitico ideale per la coltivazione del Pinot Bianco e Pinot Nero utilizzati per le basi degli spumanti.
L’ultima zona è a Pochi di Salorno, a sud del lago di Caldaro, dove c’è il Maso Reiner. È il fornitore più grande con sei ettari dislocati tra i 300 e i 400 mt di quota, con un’ottima ventilazione e terreni calcarei con presenza di porfido, argilla e sostanza organica, terroir ideale per le uve di Pinot Nero, Chardonnay e Pinot Grigio delle Selezioni.
Tutti i versanti sono rivolti verso ovest dove il sole arriva solo in tarda mattinata e i raggi diretti e più scarichi solo nel pomeriggio, a vantaggio di una lenta maturazione delle uve. Le rese, a seconda della varietà, sono tra i 60 e i 90 q/h.
Kettmeir nel corso degli anni ha instaurato un bellissimo rapporto di collaborazione con i suoi conferitori, permettendo loro di crescere e mantenere le loro attività anche nelle zone più impervie.
I Masi, tipiche residenze locali che comprendono la casa in cui vivere e il terreno circostante, ne testimoniano il sodalizio. Qui vengono coltivate le uve destinate ai quattro Cru più importanti.
L’azienda produce 390000 bottiglie l’anno di cui 130000 sono di spumante.
Cartina che evidenzia la posizione della Cantina, del Lago di Caldaro e dei Masi, Cristina Santini
La nascita di un’Azienda e delle sue bollicine
L’Azienda è stata fondata nel 1919 a Bolzano da Giuseppe Kettmeir, Esperto Enologo e Ingegnere agronomo. Da prima diplomato alla Scuola San Michele all’Adige, laureato poi all’Università di Vienna, iniziò a lavorare nell’import export, finché poi entrò in società con un’altra persona per staccarsi e creare successivamente la sua azienda.
Arrivò nell’attuale sede a Caldaro nel 1934, una struttura originaria del 1903 rimasta intatta nel tempo, apportando numerosi miglioramenti.
Il suo più importante progetto fu quello di realizzare nuovamente uno spumante in Alto Adige che ripercorresse la storia della belle époque dei primi anni del ‘900, durante i quali, ad Appiano, era prodotto un vino spumante base Riesling molto caro alla Principessa Sissi che soggiornò per lungo tempo in queste zone.
Questo rimarrà un sogno per Giuseppe Kettmeir perché morirà e sarà il figlio, Guido, nel 1964, a far nascere la prima e unica bollicina metodo Charmat per la Cantina e per tutto l’Alto Adige, la Grande Cuvée 100% Pinot Bianco.
Poi tutto passerà nelle mani del figlio di Guido, Franco Kettmeir, che però non porterà avanti la tradizione di famiglia.
Siamo negli anni ’80, il mercato del vino si fa sempre più competitivo e l’Azienda, conosciuta solo sul proprio territorio, ha bisogno di una spinta ulteriore. Ecco che nel 1986 arriva il Gruppo Vitivinicolo Santa Margherita che nel corso degli anni ne acquisisce il 100%. Giungono numerosi investimenti e miglioramenti che permettono a Kettmeir di affinare le pratiche di cantina alzando la qualità dei vini, sempre rimanendo fedeli alla propria identità, al legame con tutti i fornitori e alle tradizioni.
Nel 1992 nasce il primo metodo classico, l’Athesis Brut, nel 2000 il Rosé, nel 2011 la Riserva e nel 2019 il Pas Dosé.
La vendemmia
Si svolge esclusivamente a mano tra la metà di agosto e la metà di settembre, un tempo lungo avendo dieci varietà differenti da vendemmiare. Josef Romen, l’enologo, che lavora qui dal 1984, è riuscito ad instaurare un rapporto molto profondo con tutti i suoi fornitori. Analizza le uve fornitore per fornitore, rifiutando quelle che non raggiungono standard qualitativi stabiliti.
Le uve arrivano in cantina nelle grandi cassette, passano alla pesa, vengono fatte le prime analisi e poi versate in un grande imbuto. Da qui, attraversano un nastro trasportatore e cadono direttamente nelle presse insieme ai raspi. La diraspatrice separa gli acini dai raspi, che interi arrivano per caduta gravitazionale direttamente nelle vasche.
Toccando il meno possibile le uve, si cerca di preservare, nel miglior modo possibile, le loro caratteristiche organolettiche.
La Cantina di vinificazione, foto di Cristina Santini
Le linee: Classici, Selezioni, Spumanti
Nella linea dei Classici, i bianchi fanno esclusivamente acciaio e sono vini molto freschi, giovani, d’annata che rispecchiano le caratteristiche varietali del vitigno impiegato. I rossi invece affinano in grandi tini troncoconici di legno che danno struttura e corpo ma per nulla invasivi per cui sono vini anch’essi giovani e freschi.
Due livelli sotto terra si arriva nella sala di riposo degli spumanti e qui la temperatura diminuisce notevolmente. È stato fatto uno dei più importanti investimenti nel 2016 ovvero la creazione di un impianto di geotermia che, prelevando l’acqua da una falda acquifera, va a refrigerare tutte le zone di affinamento con una temperatura costante e omogenea per tutto l’anno.
Ogni catasta di bottiglie ha un tappo a corona di colore diverso che va a identificare un prodotto diverso. Il remuage a mano viene fatto solo per i pochi grandi formati.
Dell’Athesis Brut e Rosé vengono prodotte circa 49.000 bottiglie l’anno con più lotti di sboccatura e diversa permanenza sui lieviti di almeno 24 mesi.
Si dà grande valore alla produzione del metodo classico ed è per questo che Kettmeir fa parte anche di un’Associazione, chiamata “Südtiroler Sekt“, di Aziende altoatesine che producono solo questo metodo. È stata fondata nel 1992 da dieci aziende e nata per valorizzare “le nobili perle dell’Alto Adige, fino ad ora prodotti di nicchia. È questa la mia ambizione per il prossimo triennio”, parole di Josef Romen, Enologo di Kettmeir e Presidente dell’Associazione Produttori Spumanti Metodo Classico dell’Alto Adige (suedtirolersekt.it).
La sala degli spumanti, foto di Cristina SantiniRemuage a mano solo sui formati grandi. Tappi colorati per diversificare i prodotti
Scendendo qualche gradino e lasciandomi la sala degli spumanti alle spalle, si palesa ai miei occhi una splendida grotta di vari colori. Qui riposano, a luce soffusa, in tonneau e barrique francesi e austriache i bianchi e i rossi della linea “Selezioni”. Accanto al riposo dei guerrieri la Sala accoglienza.
La barricaia, foto di Cristina Santini
I vini in ordine di degustazione
Grande Cuvée Brut da Pinot Bianco, metodo Charmatlungo che affina sette mesi sui lieviti in autoclave. Inizialmente era una Doc, poi si è concordato di mettere in etichetta la menzione “vino spumante“, preferendo puntare sul metodo classico e declassare questo prodotto per non confondere anche il consumatore.
Bollicina fine e persistente, un profumo delicato di frutta a polpa bianca, mela, pera, sentori di lievito equilibrati. Al palato spicca per la sua freschezza, acidità e una sapidità che lo contraddistingue. Pieno ed elegante. Ideale per un aperitivo.
Vino Spumante “Grande Cuvée” Metodo Charmat lungo
Athesis Brut50% Chardonnay, 40% Pinot Bianco, 10% Pinot Nero. Metodo Classico di almeno 24 mesi sui lieviti, sboccatura 07/22. Grande prodotto raffinato, elegante, perlage molto fine per nulla aggressivo, naso intenso con leggere note di lieviti e crosta di pane, verte più sui fiori e la frutta. Al palato molto fresco, rotondo, elegante con una bella salivazione e un bel retrogusto di frutta secca. Incarna perfettamente quella che è l’essenza dell’Alto Adige, il suo territorio e l’altitudine.
Athesis Brut, Cristina Santini Metodo Classico di Kettmeir
Athesis Brut Rosé50% Chardonnay, 50% Pinot Nero. Almeno 24 mesi sui lieviti, sboccatura recente 10/22. Colore stupendo e particolare, quasi di oro rosa, ramato dato da una brevissima macerazione sulle bucce di circa 5 ore. Raffinato sia al naso sia al palato, è un calice con una bollicina fine e molto persistente che carezza tutta la bocca, sposa note di frutti rossi e spezie dolci espresse nettamente al naso. Avendo una presenza più considerevole del Pinot Nero è più dinamico e corposo al palato tanto da renderlo molto intrigante e cremoso. Chiude con bellissime note di erbe aromatiche.
“1919” Riserva Extra Brut70% Chardonnay, 30% Pinot Nero, il 20% dello Chardonnay fa un passaggio in barrique, annata 2016, sboccatura 05/22, almeno 60 mesi sui lieviti.
I grappoli di queste varietà provengono da parcelle dedicate solo alla spumantizzazione e vinificano tutte separate. Colore molto intenso e brillante che si avvicina allo Champagne; all’analisi olfattiva presenta un bouquet ampio che spazia dalla frutta matura agli agrumi canditi con una bella e integrata presenza di frutta secca, miele e speziature. Al palato vibra, avvolge, dona energia e complessità. Ancora giovane ma suadente ed emozionante. Da dimenticare per un’esperienza sensoriale completa. Chapeau!
Athesis Brut, Cristina Santini di Kettmeir
Athesis Pinot Bianco 2020 linea Selezioni, affinamento 11 mesi in barrique di acacia, provenienza uve da Castelvecchio. Un calice da attendere minuto dopo minuto per la sua continua evoluzione che parte dalle note più fresche di frutta a polpa bianca come la mela, mandorla fino alle note speziate dolci di pepe bianco e vaniglia.
Nel finale molto profumato, di buon corpo, buona acidità con note evolute e toni burrosi. Elegante, avvolgente con una mineralità molto piacevole.
Vigna Maso ReinerPinot Nero 2019, un vero e proprio Cru affinato 15 mesi in barrique di rovere francese.
Da un inconfondibile colore del Pinot Nero, il viaggio sensoriale di questo calice parte dal naso con frutti rossi di ciliegia, lampone, ribes, note delicate di vaniglia e tabacco. Il suo tannino è morbido, equilibrato in tutte le sue componenti. Si arriva ad un finale speziato intrigante e persistente. Decisamente con caratteristiche atte all’invecchiamento. Estremamente elegante.
Athesis Pinot Bianco e Vigna Maso Reiner Pinot Nero di Kettmeir
Athesis Moscato Rosa 2018, unica parcella di proprietà vinificata in acciaio. Una parte delle uve viene vendemmiata normalmente e fermenta in acciaio; l’altra parte delle uve viene fatta appassire in vigna e assemblata al vino precedentemente prodotto. Il tutto viene pressato nuovamente e filtrato. Riposa per circa tre mesi in barrique di secondo e terzo passaggio.
Bellissimi riflessi arancio per questo calice di rosso rubino tenue con profumi evidenti di rosa, sentori di speziatura incredibili come pepe nero in grani e chiodi di garofano. Al palato si avverte un tannino elegante, un’acidità spiccata e intatta con un coinvolgente retrogusto aromatico a colpire tutti i sensi.
La freschezza dell’acciaio va a controbilanciare la dolcezza misurata del passito.
Ottimo in abbinamento allo Strudel. In una sola parola: EMOZIONE.
Etna DOC, non si ferma la grande crescita dell’imbottigliato
Redazione
Nel 2022 cresce di oltre il 28% il numero degli ettolitri imbottigliati rispetto al 2021. Etna Rosso e Bianco in cima.
Francesco Cambria:“Un exploit che conferma la grande qualità e credibilità dei nostri vini, premiata dal grande interesse dei consumatori”.
Etna DOC, non si ferma la crescita dell’imbottigliato 2022, logo da comunicato stampa
Catania, 17 gennaio 2023 – Se il 2021 ha rappresentato l’anno della auspicata ripresa, con dati in linea con gli anni precedenti l’inizio della pandemia, il 2022 certifica in modo chiaro l’ottimo stato di salute del vino prodotto alle pendici dell’Etna. È quanto emerge dai numeri relativi all’imbottigliato dell’anno solare 2022, analizzati e diffusi dal Consorzio di Tutela Etna DOC.
Nell’anno appena conclusosi sono stati imbottigliati 43.651,09 ettolitri di vino, pari a poco più di 5,8 milioni di bottiglie, con una crescita del 28,68% rispetto al 2021. Un dato che, se confrontato con il 2019, ultimo anno prima dell’inizio della crisi pandemica e che si era chiuso già in modo molto positivo, sale al 34,6%.
Francesco Cambria, presidente del Consorzio Tutela Vini Etna DOC, foto da comunicato stampa
“Se gli ottimi dati del 2021 potevano essere visti come un normale rimbalzo rispetto all’anno precedente, flagellato dall’inizio della pandemia, grazie soprattutto alla riapertura del mondo Horeca, quelli relativi al 2022 certificano ora in modo inconfutabile la grande e costante crescita della richiesta sia sul mercato nazionale che internazionale” commenta Francesco Cambria, presidente del Consorzio Tutela Vini Etna DOC.
“Al di là dell’andamento generale e delle differenze presenti nelle singole tipologie della nostra denominazione, emerge un aspetto che probabilmente è quello che più di tutti ci riempie di orgoglio e dona grande fiducia per il futuro: la credibilità. I nostri vini sono riusciti a conquistarsi una posizione di grande prestigio all’interno del mercato locale, nazionale e anche nei principali Paesi dell’export grazie a scelte oculate da parte di tutta la base produttiva, che puntano a preservare la qualità e la tipicità del nostro terroir”.
l’Etna Rosso, che rappresenta poco più del 50% dell’imbottigliato complessivo, foto da comunicato stampa
Scendendo nel dettaglio delle singole tipologie, l’Etna Rosso, che rappresenta poco più del 50% dell’imbottigliato complessivo, cresce del 28,36%, pari a 23.365,31 ettolitri. Crescita altrettanto sostenuta anche per la seconda tipologia più imbottigliata, l’Etna Bianco, con il 28,08%, pari a 14.366,09 ettolitri.
Spiccano, anche se su numeri complessivi più piccoli, le ottime performance di due tipologie sempre più richieste e apprezzate dai consumatori, vale a dire l’Etna Bianco Superiore, le cui uve devono provenire esclusivamente dal Comune di Milo sul versante est del vulcano, che cresce del 67,19% con 746,48 ettolitri imbottigliati, e l’Etna Rosato, salito del 45,53% con 3.880,61 ettolitri imbottigliati. Stabile, ma sempre in crescita l’Etna Spumante, +5,85% con 792,65 ettolitri imbottigliati.
Gli unici dati con segno meno sono relativi all’Etna Rosso Riserva, -26,30% con 146,87 imbottigliati, e all’Etna Spumante Rosato, -19,73% con 353,08 ettolitri imbottigliati, che derivano più da singole scelte produttive che non da minori richieste da parte del mercato.
Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio, foto da comunicato stampa
“I dati sono evidenti e certificano una crescita che possiamo certamente definire da record – aggiunge Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio – Negli ultimi 10 anni la superficie dei vigneti Etna Doc e la produzione di bottiglie è quasi raddoppiata. Si può affermare che la crescita è legata sia al rafforzamento dei mercati in cui siamo già presenti e sia alla forte spinta data dall’enoturismo, che vede l’Etna tra le destinazioni più ambite dai wine lovers di ogni parte del mondo.I numeri ci danno ci danno grande energia e fiducia e confermano la necessità di gestire la crescita della denominazione con oculatezza e responsabilità”.
La Denominazione di Origine Controllata dei vini Etna nasce nel 1968, come la prima fondata in Sicilia e tra le prime create in Italia, foto da comunicato stampa
La Denominazione di Origine Controllata dei vini Etna nasce nel 1968, come la prima fondata in Sicilia e tra le prime create in Italia.
Nel 1994 viene istituito il Consorzio di Tutela Etna DOC che per la sua rappresentatività, con il decreto ministeriale del 18 febbraio 2018, ottiene il riconoscimento Erga Omnes. Il Consorzio svolge le funzioni di tutela e valorizzazione del brand Etna Doc, del territorio e delle sue produzioni e vigila sul rispetto delle norme previste dal disciplinare di produzione a garanzia dei consumatori e dei produttori.
Inoltre promuove la crescita di visibilità e reputazione del marchio e dei vini in Italia e all’estero attraverso la partecipazione alle principali fiere di settore e l’organizzazione di eventi autoprodotti. Il Consorzio di Tutela Etna DOC con la sua governance partecipa attivamente ai temi di interesse vitivinicolo, favorisce le relazioni tra i produttori e i mercati e lo sviluppo della cultura legata al mondo del vino tra i consumatori.
Tenuta Zai is a family-run winery located in Alonte, Italy.
Di Carol Agostini
The winery is situated on a hill called “Colle del Corin” and is surrounded by the natural beauty of the Colli Berici. The grapes used to produce Tenuta Zai’s wines are hand-picked and processed in a winery located close to the vineyards.
Tenuta Zai born in 2017 an all-Vicentine reality
The focus of the winery is on producing high-quality wines that reflect the unique characteristics of the terroir and the authenticity of a small producer. The winery has about 4 hectares of vineyards and an additional hectare of forest, which promotes biodiversity and enhances the environment.
They offer a variety of enotourism activities including vineyard walks, picnics among the olive trees, guided tastings, winery tours, and wellness activities such as yoga and forest bathing. The winery is relatively new, having started its first harvest in 2017, but has already received positive recognition for its wines. The soil is clay and limestone and is well suited for growing red grapes, particularly merlot which makes up the majority of their production.
Tenuta Zai born in 2017 an all-Vicentine reality
In addition to the enotourism activities, Tenuta Zai also hosts events and gatherings such as wine tastings and dinners. They also offer the opportunity to participate in the winemaking process, from grape picking to bottling, for those who want to experience the behind-the-scenes of winemaking.
The winery is committed to sustainable practices and is constantly seeking ways to reduce its environmental impact. This includes using organic methods in the vineyard, recycling materials, and minimizing the use of chemical fertilizers and pesticides.
Tenuta Zai’s wines are available for purchase at the winery, through their website, and at select wine shops and restaurants. They also offer wine club memberships for those who want to receive regular shipments of their wines. Overall, Tenuta Zai offers an authentic and immersive wine-tasting experience, providing visitors with a chance to learn about the winemaking process, the terroir and the culture of the region, and to taste the wines that reflect the passion, genuineness, creativity and sharing of the family.
winery hospitality for guests
In addition to their commitment to sustainable practices, Tenuta Zai also places a strong emphasis on traditional winemaking techniques. This includes using natural fermentation methods, aging the wines in oak barrels, and allowing the wines to rest for a period of time before bottling to enhance their flavor and complexity.
The winery also has a strong focus on research and experimentation, constantly experimenting with new grape varietals and winemaking techniques to improve the quality and uniqueness of their wines. They also actively participate in wine competitions and tastings to gain feedback and recognition for their wines.
Tenuta Zai’s wines are well-regarded by both critics and wine enthusiasts alike for their high quality, unique character and the expression of the terroir. Visitors can expect to taste wines that are well-balanced, full-bodied, and have a good structure. They are a perfect expression of the land and the winery’s passion for winemaking.
The winery seen from above with its vineyards
In conclusion, Tenuta Zai is a winery that offers a unique and authentic experience, combining a deep respect for tradition, a passion for innovation and a commitment to sustainability. The wines are a reflection of the family’s dedication to their craft, and a perfect embodiment of the terroir. Tenuta Zai is a must-visit destination for wine lovers looking to discover the beauty and tradition of the Venetian winemaking.
Bordocolle is a red wine IGT Veneto made from a blend of Merlot and Cabernet grapes. The 2017 vintage of Bordocolle was awarded at the International Wine Challenge in the United Kingdom, and the 2018 vintage received an award for quality-price and received 2 glasses from the Gambero Rosso guide 2022.
Corin is a Merlot DOC Colli Berici. The 2017 vintage was awarded at the International Wine Challenge in the United Kingdom and the 2018 vintage received 2 glasses from the Gambero Rosso guide 2022.
Altura is a Merlot DOC Colli Berici. The 2017 vintage was awarded a silver medal at the Mondo Merlot competition and a bronze medal at the International Wine Challenge in the United Kingdom. Altura is a very limited production, made from a selection of the best grapes in the vineyard, only in the best vintages.
Syrah IGT Veneto is a red wine made from the Syrah grape, a varietal that is not commonly grown in the Veneto region. It represents the winery’s commitment to experimentation and research, and it’s a good expression of the terroir.
Cellar ownership
All wines from Tenuta Zai are highly-regarded by critics and wine enthusiasts for their high quality, unique character, and the expression of the terroir. Visitors can expect to taste well-balanced, full-bodied wines with good structure, that are a perfect expression of the land and the winery’s passion for winemaking.
Tenuta Zai may also produce other wines or limited edition wines depending on the vintage and their experimentation. They may also produce wines from other varietals that are grown in the vineyard.
Tenuta Zai also offers wine tastings and tours, which allow visitors to learn about the winemaking process and taste the wines in a relaxed and welcoming atmosphere. Visitors can expect to learn about the history and culture of the region, the terroir, and the unique characteristics of the wines.
The wines of Tenuta Zai are perfect for pairing with traditional Venetian dishes such as pasta with ragù, risotto, grilled meats and fish, and cheeses. The wines are also versatile and can be enjoyed on their own or with a variety of other dishes.
In conclusion, Tenuta Zai is a winery that offers a wide variety of high-quality wines that are a true expression of the terroir. The winery’s commitment to tradition, innovation, and sustainability can be found in each sip of their wines. Whether you’re a wine enthusiast or a casual drinker, Tenuta Zai’s wines are sure to delight and impress.
La partenza al mattino presto mi mette sempre un “friccico ner core“, è l’emozione di raggiungere la metà, è l’attesa che prepara all’incontro, al fascino delle vette che si ergono imponenti e solitarie sulle nostre vite.
E quando sono arrivata in Alto Adige è stato come un bimbo alle prese con il suo primo giocattolo. Non sapevo dove guardare. Riflesso nei miei occhi il vasto scenario dei vigneti e dei frutteti immersi tra queste valli e maestose montagne, abitate e coltivate fino ad altezze e pendenze vertiginose, dominate da innumerevoli Tenute e Castelli.
Il mio viaggio, che vi racconterò articolo dopo articolo, comincia sulla Strada del Vino, una delle più antiche d’Italia che serpenteggia pittoresca e accogliente ovunque l’occhio si posi. Alla scoperta della viticoltura altoatesina, ho attraversato il dolce ritmo della natura e i suoi paesini dislocati lungo il suo percorso totalmente “invaso” da vigneti e antiche Cantine.
Autenticità è la parola chiave di questa terra straordinaria.
È una strada che corre parallela al fiume Adige per 70 km attraverso località che hanno scritto la storia del vino, da Nalles a Salorno, lungo l’Oltradige fino ad arrivare alla Bassa Atesina. 4300 ettari coltivati a vite su un totale di 5114 che rappresentano l’83% dell’intero territorio vitivinicolo altoatesino.
Il Podere di “Linticlar”
Direttamente catapultata nelle tradizioni, la mia prima tappa è stata l’Azienda vitivinicola Schlosskellerei Turmhof, un tempo chiamata Podere di Linticlar citato per la prima volta in un documento del 1225.
Ad accogliermi calorosamente c’è Andreas, responsabile del settore enogastronomico che mi racconta “in italiano” (perché qui siamo sembra di essere in Italia) la storia di questa bellissima Tenuta antica.
TENUTA TIEFENBRUNNER Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
Sabina e Christof Tiefenbrunner, figlio del Fondatore Herbert Tiefenbrunner, sono i titolari attuali dell’Azienda, giunti alla quinta generazione e da sempre viticoltori che hanno saputo unire le antiche tradizioni e lo spirito di innovazione, mantenendo la forte personalità dei loro vini e rispettando e proteggendo l’habitat naturale.
La Famiglia acquisisce la Tenuta nel 1908, ma la fondazione della Cantina risale al 1848 e questo la rende una delle tenute più antiche dell’Alto Adige.
Il Castello è suddiviso in una parte referenziale e una parte operativa: al posto della cantina storica prima vi erano le vecchie stalle e oggi rappresenta il tratto più antico risalente al 1200. Poi, nel corso degli anni, quando è aumentata la produzione, è stata creata la nuova cantina.
I vigneti dai 200 ai 1000 metri
Di proprietà totali sono circa 25 ettari situati tra Niclara, Cortaccia e Magrè ad altezze che vanno dai 200 ai 1000 metri s.l.m.
Dieci ettari circondano il castello distribuiti sia di fronte nella bassa valle a 200 metri, sia alle spalle della cantina fino ai 1000 metri. È lavorata maggiormente la fascia montuosa sopra i 700/800 metri, altitudini che permettono la coltivazione di una grande varietà di uvaggi e una grande varietà stilistica.
Poi ci sono i conferitori della zona che appunto conferiscono le loro uve e rappresentano ulteriori 54 ettari. Quindi 80 ettari in totale che vengono lavorati ogni anno.
A seconda dell’annata, la media di bottiglie prodotte all’anno è di circa 650.000, di cui 300.000 sono per l’export mondiale e l’80% rappresenta la produzione di vini bianchi.
A 1000 mt si trovano i vigneti del Müller Thurgau punta di diamante dell’azienda; da un lato della montagna sui 700 metri c’è l’altro Muller Thurgau e lato opposto sotto i 700 mt il Pinot Nero e il Sauvignon, areale ideale per queste due vitigni che non hanno bisogno di eccedere con spiccate note esotiche a renderli troppo pieni.
Vigneti aziendali Tenuta Tiefenbrunner Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
Tra le quattro linee aziendali, solo la selezione “Vigna” è un vigneto di locazione, le altre portano nomi che definiscono la fascia di produzione, la qualità di uvaggio e non sono determinate da singoli vigneti.
Le tre “Vigne”, Toren, Au e Feldmarschall sono nei pressi della Tenuta, mentre la Vigna Rachtl, è più lontano, a Nord, ai piedi del monte Sciliar. Sono dei Grandi Cru, i vini di punta dell’Azienda e sono coltivati su quattro singoli terreni diversi.
Ad esempio il pluripremiato Feldmarschall Von Fenner, il Müller Thurgau di circa tre ettari, cresce a 1000 metri di quota su un altopiano con alle spalle una collina molto assolata che fa da riscaldamento artificiale e con i venti che passano in maniera differente su ogni filare. Tant’è che in certe annate c’è una differenza nella maturazione dell’uva di quasi due settimane che richiede dai due ai quattro passaggi di vendemmia.
La bassa valle invece è la zona più calda dell’alto Adige ed è perfetta per il Cabernet Sauvignon della Vigna Toren che viene vendemmiato tardi, in autunno pieno, fine ottobre a volte inizi novembre.
La Doc Alto Adige permette soltanto la raccolta a mano delle uve.
Il carattere di questi vini dipende tutto dal clima mite e dai suoi terreni morenico calcarei, tendenzialmente argillosi in alcune zone, che donano una spiccata mineralità e una prorompente acidità, qualità comuni in tutta la gamma, soprattutto per i vini bianchi di alta quota.
I bianchi aromatici, gewurztraminer e Sauvignon un po’ più in alto, sono coltivati verso la bassa valle insieme ad alcune varietà a bacca rossa come il Lagrein, mentre il Cabernet Sauvignon e il Merlot delle altre linee crescono su una collina esposta a sud ben soleggiata tutto il giorno.
Il pinot nero è in alta quota, mentre lo Chardonnay a 350 metri su una media collina e poco più su il pinot bianco.
In valle i terreni sono più sabbiosi, meno spessi, costituiti da detriti morenici di fondo valle.
Il magazzino scavano nella montagna, TENUTA TIEFENBRUNNER Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
La sinergia tra l’antico e il nuovo
Andreas mi porta a visitare sia la parte antica della cantina, sia la parte nuova costruita recentemente per ovviare al forte aumento, ogni anno, della produzione.
Passando per il magazzino di stoccaggio mi viene spiegato che lo stemma della Famiglia Tiefenbrunner è diventato il simbolo esposto in etichettatura e rappresenta due cavalli a testimonianza dell’esistenza, in tempi remoti, in agricoltura, dei masi ognuno con uno stemma di famiglia.
A seconda della linea, l’utilizzo della barrique anche nei bianchi tendenzialmente non è impegnativo, infatti trattasi di barrique usate di quarto passaggio. Ci sono botti di rovere francese che hanno più di vent’anni. Se impiegate nuove barrique, l’affinamento è fino ad un massimo del 40% della massa anche sui vini bianchi. Tutti i legni sono di media tostatura.
La nuova zona di fermentazione, TENUTA TIEFENBRUNNER Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
Il nuovo ambiente di vinificazione
La nuova cantina, progetto iniziato nella primavera del 2020, è posizionata due piani sotto, circa dieci metri di profondità, ed è caratterizzata, principalmente dalla zona di fermentazione.
Prima la fermentazione era svolta in acciaio; ora il lavoro è più semplificato perché, a caduta libera, la materia prima scende direttamente dalle presse dei piani superiori nei serbatoi troncoconici Tulipe in cemento rivestiti all’interno da una particolare resina che migliora l’ossigenazione e vengono utilizzano sia per i bianchi sia per i rossi. Sono facili da pulire, molto comodi per controllare la temperatura in maniera efficace ed omogenea per tutto il processo fermentativo e hanno una grandezza che varia dai 45 ai 75 ettolitri.
Principalmente sono utilizzati lieviti selezionati, ma ci sono anche vini dove avviene la fermentazione spontanea come per esempio nello Chardonnay.
L’acciaio viene ancora utilizzato ma si sta passando gradualmente al cemento.
Dopo la fermentazione, i vini proseguono per l’affinamento che, a seconda della linea, cambia e può essere in acciaio, in cemento o in barrique.
Un terzo della produzione viene messo da parte, cioè non è in vendita da subito e continua l’affinamento in bottiglia uscendo sul mercato dopo dieci anni come annata storica. Quindi l’annata 2022, che solitamente fa un anno di barrique e due anni di bottiglia, uscirà nel 2035 come annata storica. Ovviamente sono vendite su prenotazione come anche per la selezione “Vigna” perché sono quantità piccolissime e sempre esaurite.
La cantina storica Tenuta Tiefenbrunner Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
La storica cantina
Passiamo ad un altro lato dell’edificio dove si trova la cantina storica con le antiche vasche di cemento ancora in funzione e le sale con i soffitti a volta dove riposano le botti grandi e le barrique.
Inebriata dal profumo di mosto che emanano queste stanze, attraverso la vecchia cantina che mi porta tra passato e presente a ricordi e immagini di qualcosa che non so nemmeno io cosa sia, se ideale o reale, ma che si libera nella mente.
Scendo ancora su scale ripide, ad una profondità di otto metri, che portano ad un nicchia, una grotta bellissima costituita da roccia calcarea.
L’aria e la temperatura sono diverse qui. Ci sono 13/15 gradi costanti tutto l’anno con un’alta umidità, del 75/85%, con due cambi d’aria. Queste sono le condizioni perfette per la maturazione dei vini e per tenere sempre bello liscio il legno. Qui riposano in botti da 42 ettolitri i Cabernet Sauvignon che hanno un periodo di affinamento più lungo, cioè 24 mesi, e alcuni vini bianchi in barrique.
Davanti i miei occhi si dipana una nicchia piena di bottiglie datate e impolverate con un quadro che racconta la storia di un’entrata segreta di collegamento al castello.
Castrum Linticlar
Così chiamato all’epoca questo castello, non era solo una cantina ma anche una tenuta residenziale, costruita tra il 1200 e il 1300 in una posizione strategica importante per il controllo delle valli.
In quegli anni, i Vescovi del Tirolo e quelli del Trentino, si dichiararono guerra per il dominio del territorio e per questo fu edificata una fortezza, che oggi non c’è più, sulla collina alle spalle del castello e ad esso collegata tramite un tunnel sotterraneo lungo 150 metri.
Oggi questo tunnel è stato murato e la nicchia funge da riposo per una parte delle storiche bottiglie patrimonio della Cantina. La fortezza fu abbandonata nel momento in cui i Vescovi hanno suddiviso il territorio, ognuno dalla parte opposta delle sponde dell’Adige. Successivamente fu trasformata in un tribunale contadino con annessa prigione finché fu tutto murato e dimenticato.
Castrum Linticlar Tenuta Tiefenbrunner Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
La degustazione nel Bistrot Castel Turmhof
Accanto al castello c’è il punto vendita e il Bistrot, una sala molto accogliente dove Andreas mi fa accomodare per degustare l’assortimento disponibile dei loro vini.
La linea Classic MERUS
“Merus” è un termine latino che significa puro e questo è il concetto che si vuole trasmettere in questa linea esaltando le proprietà del frutto puro dell’uva e la sua naturale eleganza.
Questa linea è perfetta per capire bene l’essenza dell’uva che cresce in questa zona, con rese intorno ai 105/110 q/h, fermentazioni e affinamenti in cemento. Sono vini che vanno bevuti massimo entro 2/3 anni. A marzo dell’anno successivo la vendemmia, esce la nuova annata.
Pinot bianco 2021
Mostra al naso una profumazione intensa, chiaramente complice questo meraviglioso vitigno che esalta il frutto primario come la mela e la nota tropicale. Semplice e senza fronzoli.
Al palato è molto fresco ed elegante, con una bella acidità e un fruttato leggero accompagnati da note minerali che lo rendono ideale per un aperitivo. È una bevuta piacevole che richiama il secondo calice. Percepisco una leggera astringenza dovuta sicuramente al poco residuo, quasi come una lama sulla lingua. Notevole nella pulizia del palato.
Andreas mi racconta che il vino identitario è, per loro, il Pinot Bianco. Si beve durante gli aperitivi prima dei pasti, non ha una risonanza internazionale, non è molto venduto in Italia al di fuori dell’alto Adige, ma rappresenta il loro vino classico come se fosse un prosecco.
Sauvignon Blanc 2021
Un calice ancora più intenso del precedente, anche più aromatico, dove predominano freschezza e immediatezza del vitigno. Mostra vivacità con chiara presenza di note di erbe di montagna, di salvia e di ortica sua al naso sia al palato.
Qui saliamo di quota, per cui il vino presenta un’acidità marcata, una bella sapidità, con frutto primario. Ancora più verticale del pinot Bianco, più diretto sulla lingua, più secco, molto minerale, con intense note citriche.
Il tappo è lo Stelvin come la maggior parte delle bottiglie in degustazione.
Andreas mi racconta che dal 2008 sono stati progressivamente sostituiti i tappi di sughero con i tappi a vite; un lavoro protratto nel tempo perché dieci anni fa c’era ancora il pregiudizio sulla qualità di un vino legata alla sua chiusura.
Pinot Bianco e Sauvignon Blanc della linea Merus Tenuta Tiefenbrunner Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
La linea Selection TURMHOF
“Turmhof” è il nome proprio del Castello riportato in etichetta. Gli uvaggi sono simili alla linea Merus ma sono vini che hanno una certa importanza per quanto riguarda l’affinamento, provengono da vigneti selezionati che raggiungono i 900 metri di altitudine, con rese inferiori (90 q/h). Sono vini più strutturati, più corposi, che utilizzano botti di legno per un anno circa ed hanno un bel potenziale di evoluzione da tre a cinque anni.
Vengono immessi sul mercato nella primavera del secondo anno.
Sauvignon Blanc 2020
Suadente è il termine che designa questo calice che al naso colpisce con i suoi sentori classici di pietra focaia e di peperone verde. Equilibrato, piacevolmente fresco e minerale.
Parte della fermentazione e la malolattica avvengono nel legno grande, l’altra parte in cemento. Sta sui lieviti della fermentazione per l’intero periodo di affinamento.
Per cui risulta più rotondo, più corposo, più largo e avvolgente al palato. Affina e riposa 10 mesi in legno grande e 5 mesi in bottiglia; ha un’ottima acidità, provoca una prolungata salivazione e ha un grande potenziale di evoluzione dai 5 ai 7 anni.
Moscato giallo 2020
Caratteristica è la sua elegante aromaticità sia all’olfatto sia al palato, un’uva spettacolare da pasto, abbinabile con molti cibi territoriali ma anche crostacei, aragosta, gamberi. Inconfondibile la nota di noce moscata e i suoi aromi di agrumi. Un calice con una struttura fine, fresco e ben bilanciato su tutto il palato.
Non è un vitigno proprio tipico della zona, utilizzato soprattutto per fare vini dolci, ed è raro trovarlo nella versione secca.
È un vigneto storico che l’enologo Stephan Rohregger ha conservato e dedicato, non essendo amante dei vini dolci, alla produzione esclusiva di questa bottiglia.
Un prodotto di nicchia prodotto in 4000 bottiglie.
Pinot Noir 2020
Siamo nella zona classica dedicata proprio a questo vitigno che si trova 700 mt slm, altitudine giusta per avere vini secchi, non troppo marmellatosi e alcolici.
All’olfatto presenta un bel bouquet di frutta fresca, more, lamponi e ciliege. Sensazioni gustative di frutta rossa in amalgamate in perfetta sintonia con le note di tabacco.
Affina dieci mesi tra legno nuovo grande e barrique di secondo e terzo passaggio e 5 mesi di riposo in bottiglia. Morbido e pieno, ancora molto giovane ma con una notevole personalità e struttura.
Cabernet Sauvignon 2020
Questo è un vigneto coltivato in collina con esposizione a Sud, a 300 mt slm, con il sole che batte tutto il giorno e favorisce una tarda vendemmia e una maturazione ottimale per l’uva.
Le sue dolci note di ribes e more percepite al naso, avvolgono tutta la bocca. I tannini eleganti regalano potenza ed eleganza per un finale decisamente armonico e persistente.
Affina dieci mesi tra legno grande e barrique come il pinot nero. È un vino da dimenticare in cantina per almeno 5 anni.
Con i suoi 60 gr/l di residuo zuccherino, non è il classico vino dolce da abbinare al dessert ma si abbina facilmente a dei piatti particolari tipo foie gras, formaggi molto stagionati, formaggi muffati tipo Stilton o Roquefort con crosta amara, strudel di mele.
Un calice d’oro di frutta secca, fiori, agrumi, miele in armonia tra loro dal naso al palato. È un vino forte, corposo, strutturato, piccante, speziato. Un bellissimo connubio tra dolcezza e acidità checreagala un finale saporito e succoso.
Sauvignon Blanc, Moscato Giallo, Pinot Nero, Cabernet Sauvignon e Gewurztraminer Vendemmia Tardiva della linea Turmhof, foto di Cristina Santini
Le linee terminate: la Selection LINTICLARUS
“Linticlarus” è la selezione Riserva con rese molto basse, siamo sui 40/50 q/h, vini che maturano totalmente in barrique per 12 mesi, ulteriori 6 mesi in legno grande e affinamento di 12 mesi in bottiglia.
La linea Selection VIGNA: Grand Cru
In etichetta possiamo trovare menzionate quattro vigne: Rachtl, Feldmarschall Von Fenner, Vigna Au, Toren.
Ogni singolo vigneto ha un affinamento diverso.
Il Rachtl Sauvignon Blanc Riserva fa Tonneau e legno più grande; Il Feldmarschall Müller Thurgau fa cemento e legno grande; il Vigna Au Chardonnay Riserva fa barrique per il 40% nuove e il Toren Cabernet Sauvignon Riserva fa solo barrique di primo passaggio.
Andreas e la line up TENUTA TIEFENBRUNNER Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
E tutt’intorno, come per incanto, le acque dello stagno circondano il Castello. Caverne, grotte, laghi e isole immerse nella natura e animate da statue di figure umane e animali che sono lì a contemplare la bellezza e ad accogliere noi in terra straniera.
Così in primavera e per tutta l’estate potrò sedere fuori, nel cortile adiacente al parco del Castello godendomi la natura, alla luce delle lanterne, e assaggiando i prodotti locali da abbinare a questi meravigliosi vini altoatesini.
Grata per l’ospitalità e la gentilezza!
Lo stagno animato da statue intorno al castello Tenuta Tiefenbrunner Schlosskellerei Turmhof, foto di Cristina Santini
Vini d’Abruzzo: in tempi di crisi premiata la qualità nei primi nove mesi è a +10% il valore dell’export, + 7,8% il prezzo medio.
Redazione
I dati dell’Osservatorio Permanente, attivato dal Consorzio per monitorare i trend dei vini abruzzesi sui mercati, evidenziano per il 2022 un orientamento dei consumatori verso prodotti di maggiore qualità.
Vini d’Abruzzo: la qualità cresce anche in tempi di crisi 2022, foto da comunicato stampa
Promozione e marketing territoriale sempre più leve di sviluppo e crescita.
L’export dei vini abruzzesi va verso un nuovo record in valore mettendo a segno un +10% rispetto al 2021. È quanto emerge dall’analisi dei primi nove mesi del 2022 dell’Osservatorio Permanente Wine Monitor Nomisma, attivato nel 2019 dal Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo per rilevare in modo puntuale i trend dei vini regionali sui principali mercati e attuare una strategia di promozione e comunicazione sempre più efficace.
“I primi cinque mercati di destinazione, dove si concentra il 60% di tutto l’esportato, sono per ordine di importanza Germania (+12% il valore delle vendite rispetto al 2021), Stati Uniti, Canada, Svizzera e Regno Unito. Interessante l’exploit di un mercato come quello francese, che mette a segno un +57%, o dell’Austria con il +53%.
In Asia ottime performance per la Corea del Sud che cresce del 25% e per il Giappone con il +19%, a dimostrazione di un apprezzamento che si evolve parallelamente alla conoscenza di questa regione vinicola. In lieve arretramento la Cina, dove ancora permane l’emergenza coronavirus con un rallentamento economico che condiziona l’import di vino in generale”, sottolinea Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo facendo il consuntivo di un anno che ha presentato molte criticità per i produttori e che ha visto il mondo passare dall’emergenza sanitaria alla crisi dell’invasione russa dell’Ucraina.
Il panorama di alcune vigne del territorio del Consorzio, foto da comunicato stampa
In Italia il ritorno alla normale socialità, con la ripresa dei consumi fuori casa, ha fatto registrare uno switch tra le vendite nella distribuzione organizzata, cresciute nel 2020 e 2021, e il consumo diretto in ristoranti, bar, locali notturni, enoteche.
Nonostante il riposizionamento dei canali di vendita, anche nella gdo si registra un incremento del prezzo medio dei vini abruzzesi. Per il Montepulciano d’Abruzzo le vendite in bottiglia (da 0,75 l), che rappresentano due terzi delle vendite in valore e il 40% in volume, sono infatti cresciute del 2,6% a valore e del 2,4% a volume, con un aumento del prezzo medio del 7,8%.
Buono anche l’andamento per il Pecorino d’Abruzzo, sempre più apprezzato nella gdo, che nei primi 9 mesi del 2022 è cresciuto del 4,6% in valore e del 3,9% in volume (sempre per le bottiglie da 0,75 l), con un leggero incremento del prezzo medio (+0,7%). Interessante l’aumento per le fasce di prezzo più alte, anche se con un peso percentuale in volume ancora ridotto: nella fascia 6-6,99 euro l’incremento è stato dell’84% (per un peso totale del 3,5% sul totale della denominazione) e del 9% nella fascia oltre 7 euro. Anche il Cerasuolo d’Abruzzo registra un aumento del valore nella gdo, seppure più contenuto e pari all’1,6%.
Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, foto da comunicato stampa
“Passando a fare un breve bilancio dell’attività promozionale realizzata dal Consorzio in moltissimi Paesi esteri, possiamo dire che è stata intensa e proficua. Ci siamo mossi – in Asia, Stati Uniti, Canada e ovviamente in Italia e in Europa – sia verso gli operatori di settore sia verso il consumatore finale, i wine lovers per intenderci” spiega Nicodemi.
Vini d’Abruzzo: la qualità cresce anche in tempi di crisi 2022, foto da comunicato stampa
Le linee di azione dell’ampia attività programmatica portata avanti dal Consorzio sono state infatti due: la prima B2B, con walk around tasting, masterclass, attività di formazione, wine dinner e incoming di stampa e operatori; la seconda orientata al B2C, con restaurant week, in-store promotion ed eventi in tutto il mondo. Il Vini d’Abruzzo on tour, per esempio, ha messo in scena oltre 50 masterclass guidate e 30 diversi eventi in varie città, tra cui New York, San Francisco, Toronto, Seul, Singapore, Tokyo, Osaka e Ho Chi Minh.
“Il 2022 ha visto finalmente il ritorno delle grandi fiere Vinitaly e Prowein, dove l’annuncio del ‘Modello Abruzzo’, che riordinerà e semplificherà il sistema delle nostre denominazioni dando una più forte identità regionale ai vini e valorizzandone le specificità territoriali, è stato molto apprezzato. Ci prepariamo quindi, dalla vendemmia 2023, ad andare incontro al consumatore con un’offerta più chiara e specifica con l’intento di far crescere ulteriormente i nostri vini sui mercati”, conclude Nicodemi.
Il Barolo Ginestra DOCG Ciabot Mentin di Domenico Clerico festeggia le 40 vendemmie
Redazione
L’autunno e la stagione ideale per scoprire le bellezze delle Langhe del Barolo. Un paesaggio unico, riconosciuto dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità, scandito da vigneti e noccioleti che tingono le colline di mille sfumature.
Allo spettacolo della natura si aggiungono le eccellenze enogastronomiche che rendono questo angolo del Piemonte famoso in tutto il mondo.
Il Barolo Ginestra DOCG Ciabot Mentin di Domenico Clerico, foto da comunicato stampa
Tra queste il Barolo Ginestra D.O.C.G. Ciabot Mentin di Domenico Clerico, storica cantina di Monforte d’Alba che, con l’annata 2018, festeggia la quarantesima vendemmia di questo primo vino con cui Clerico si fece conoscere nel mondo.
Un barolo intenso, deciso, elegante e profondo che al naso rivela aromi di fragola fresca , ciliegia e succo d’arancia rossa che si fondono con note di menta, cioccolato fondente e spezie. Il sorso è armonioso con una trama tannica setosa, morbida ed elegante.
Sono passati quarant’anni dalla prima annata di questo vino che ha scritto la storia della denominazione e il cui nome ha una storia affascinante da raccontare: il “Ciabot” è una casa nelle vigne, quasi un ricovero degli attrezzi; mentre “Mentin” era il proprietario (il diminutivo di “Clemente” in dialetto Piemontese) da cui Domenico acquistò l’appezzamento.
Dopo la vendita, Il nome della vigna è rimasto lo stesso, come tradizione vuole, perché i proprietari passano, ma la terra resta.
L’autunno è la stagione clou nelle Langhe non solo per degustare i vini, ma anche per assaporare un’ altra prelibatezza simbolo del territorio: il tartufo. Un ingrediente che rende speciale qualsiasi piatto, dal più semplice al più elaborato: dall’uovo al burro con scaglie di tartufo, al risotto, fino ai tradizionali tajarin o la battuta di Fassona. Piatti da accompagnare con un buon calice di Barolo Ciabot Mentin.
La storia di questa prestigiosa cantina di Monforte d’Alba coincide con la storia di un uomo che ha rivoluzionato il concetto della viticoltura nelle Langhe, animato dal desiderio di sperimentare per raggiungere l’eccellenza che da sempre caratterizza i suoi vini.
Domenico Clerico è stato un precursore nello studio del Nebbiolo , ma anche della Barbera D’Alba e del Dolcetto, il vino da cui ha iniziato a costruire il suo sogno già dal 1976.
Il suo legame intenso con la terra, il lavoro instancabile tra i filari e le peculiarità dei suoi vigneti hanno costruito negli anni un patrimonio unico.
Un’eredità raccolta dalla moglie Giuliana e portata avanti da un team di collaboratori guidato oggi da Oscar Arrivabene, enologo e direttore generale, nell’assoluto rispetto dell’impronta schietta e senza compromessi del suo fondatore.
Alcune vigne della cantina Domenico Clerico in Piemonte, foto da comunicato stampa
La Cantina
L’azienda oggi conta 21 ettari vitati, per un totale di 110.000 bottiglie prodotte ogni anno e coltiva unicamente i tre vitigni piemontesi per eccellenza, Dolcetto, Barbera e Nebbiolo, esportando in oltre 40 paesi del mondo. La gamma comprende 9 etichette: Visadì Langhe Dolcetto DOC, Trevigne Barbera D’Alba DOC, Capisme-e Langhe Nebbiolo DOC, Arte Langhe Rosso DOC, Barolo DOCG del Comune di Monforte d’Alba, Pajana Barolo DOCG, Ciabot Mentin Barolo DOCG e AereoplanServaj Barolo DOCG, Percristina Barolo DOCG .
Comunicato Stampa
Collegamenti da sito cantina
La vite unisce il cielo alla terra…
“Sin dall’inizio privilegiai il lavoro tra i filari, convinto che per ottenere vini buoni si debba allevare la vigna con amore e dedizione, instaurando con la terra un legame intenso di scambio continuo.
Curiosità storiche da sito cantina
…Nel 1977 ho acquistato un piccolo appezzamento nel cuore della “Bussia”, che mi ha permesso di produrre il mio primo Barolo: “Briccotto Bussia”. Qualche anno più tardi riesco ad ottenere una fantastica vigna nel cru “Ginestra” dalla quale ho iniziato a produrre il mio Barolo “Ciabot Mentin” e poco dopo un’altra vigna in questo splendido cru da dove ottengo il Barolo “Pajana”.
Nel 1995 scelgo un appezzamento in altro cru chiamato “Mosconi” ed inizia la vita del mio Barolo “Percristina”.
Con molte fatiche e buona volontà siamo arrivati a costruire un’azienda che oggi è composta da circa 21 ettari per un totale di 110.000 bottiglie annue.
Non pago, nel periodo tra il 2005 e il 2006 ho fortemente cercato un nuovo obiettivo che mi desse lo stimolo giusto per mettermi, ancora una volta, in discussione.
Nasce così il mio Barolo da un comune molto vicino a Monforte d’Alba e per certi versi molto diverso, Serralunga d’Alba. Prende vita così Aeroplanservaj.
Domenico ci ha lasciato un grande regalo, una filosofia che attraversa il tempo, fra la tradizione di una terra che regala grandi emozioni e l’innovazione, il volersi migliorare continuamente.
Con la prima edizione degli Etna Days il Consorzio Vini Etna DOC racconta l’unicità del territorio etneo
Redazione
Per quattro giorni una selezionata platea di stampa internazionale ha scoperto i protagonisti e le peculiarità della viticoltura e dei vini del più grande vulcano attivo d’Europa.
Consorzio Vini Etna DOC organizza Etna Days 2022, logo del Consorzio, immagine da comunicato stampa
Un pubblico internazionale per l’esordio degli “Etna Days – i Vini del vulcano”, il primo evento istituzionale organizzato dal Consorzio di Tutela Vini Etna Doc a ridosso della vendemmia per presentare le differenti sfaccettature della viticoltura etnea.
Dal 14 al 17 settembre, una platea composta da esperti degustatori e giornalisti, provenienti prevalentemente da Nord America e Nord Europa, ha avuto l’opportunità di scoprire le caratteristiche produttive della denominazione, attraverso un ricco programma di degustazioni, masterclass e visite ai produttori di tutti e quattro i versanti del vulcano, ammirando al contempo la bellezza del paesaggio e le testimonianze di una viticoltura eroica millenaria.
Francesco Cambria Seby Costanzo Maurizio Lunetta, foto da comunicato stampa
“Con gli Etna Days – commenta Francesco Cambria, presidente del Consorzio – abbiamo voluto promuovere la nostra denominazione portando la stampa accreditata a scoprire dove nascono i nostri vini e, attraverso le oltre 240 etichette in degustazione ne abbiamo mostrato l’unicità e la particolarità. Ci auguriamo che questo appuntamento annuale consenta al nostro territorio di essere percepito sempre di più come uno dei classici della viticoltura internazionale e non solo come un territorio oggi alla moda”.
Con la prima edizione degli Etna Days il Consorzio Vini Etna DOC racconta l’unicità del territorio etneo, foto da comunicato stampa
Le attività della quattro giorni dedicata alla DOC Etna hanno messo al centro gli elementi che contraddistinguono l’enologia del Vulcano: la natura, la cultura e la storia. A partire dall’Etna, nella sua espressione più radicale, con i versanti e le colate laviche, le esposizioni e le differenti condizioni pedoclimatiche. I muretti a secco, patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, simbolo di una viticoltura eroica, che con i suoi contorni caratterizzano il paesaggio della denominazione. Le visite ai palmenti rupestri, che testimoniano come il vino ha caratterizzato da sempre l’economia di questo angolo di Sicilia.
Vigneti terrazzati, articolo: Consorzio Vini Etna DOC organizza Etna Days 2022, foto da comunicato stampa
La crescita della denominazione degli ultimi anni, in termini qualitativi e quantitativi è sotto gli occhi di tutti. La superficie vitata è passata dai 680 ettari del 2013, rivendicata da 203 produttori, ai 1184 ettari nel 2021 suddivisi in 390 viticultori, per una media di meno di un ettaro ad azienda, e con solo sette realtà che superano i venti ettari: un territorio fortemente parcellizzato, con le differenze pedoclimatiche che cambiano nel raggio di pochi chilometri.
Il Consiglio di amministrazione della DOC Etna, foto da comunicato stampa
Per queste ragioni si parla dell’Etna come di “un’isola nell’isola”: le numerose aree con caratteristiche specifiche e diversificanti fa si che lo rendano unico all’interno del territorio siciliano.
Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio per i vini rossi, rosati e spumanti, Carricante e, in misura minore, Catarratto per i vini bianchi: sono i vitigni locali maggiormente impiegati per i vini Etna DOC. La produzione, cresciuta fortemente negli ultimi anni, evidenzia l’ottimo stato di salute della denominazione, e il costante aumento dei consumatori per questo territorio. Nel 2013 gli ettolitri di vino rivendicati a DOC Etna erano 11.565,80 pari a 1.542.106 bottiglie. Nel 2021 si è toccata quota 33.921,28 ettolitri per oltre 4.522.837 di bottiglie.
Il CDA del Consorzio Tutela Vini Etna DOC, foto da comunicato stampa
Dati certi
Nel primo semestre del 2022, invece, le bottiglie prodotte sono state 3.293.388, pari a 24.700 ettolitri, con un incremento del 30,86%rispetto allo stesso periodo di riferimento dello scorso anno, quando veniva certificata una produzione di 2.516.704 bottiglie, equivalente a 18.875 ettolitri.
Scendendo nel particolare delle tipologie, L’Etna Rosso ancora oggi è il portabandiera della denominazione con quasi 1.500.000 di bottiglie, con una crescita del 27% rispetto al 2021, segue l’Etna Bianco con circa 1.210.000 pari ad un + 37%, e l’Etna Rosato con 453.500 bottiglie che ha avuto un balzo del +50%.
La strategia di sviluppo del consorzio nei prossimi anni è quella di regolamentare la crescita su standard di qualità più elevati, bloccando, almeno sino al 2024, le rivendicazioni di nuove superfici di vigneti a Etna Doc. Nel contempo si darà vita ad azioni di promozioni in grado di accrescere la percezione e il valore del brand Etna.
Alcune vigne centenarie nel territorio del Consorzio Etna DOC, foto da comunicato stampa
La Denominazione di Origine Controllata dei vini Etna nasce nel 1968, come la prima fondata in Sicilia e tra le prime create in Italia.
Nel 1994 viene istituito il Consorzio di Tutela Etna DOC che per la sua rappresentatività, con il decreto ministeriale del 18 febbraio 2018, ottiene il riconoscimento Erga Omnes. Il Consorzio svolge le funzioni di tutela e valorizzazione del brand Etna Doc, del territorio e delle sue produzioni e vigila sul rispetto delle norme previste dal disciplinare di produzione a garanzia dei consumatori e dei produttori.
Inoltre promuove la crescita di visibilità e reputazione del marchio e dei vini in Italia e all’estero attraverso la partecipazione alle principali fiere di settore e l’organizzazione di eventi autoprodotti. Il Consorzio di Tutela Etna DOC con la sua governance partecipa attivamente ai temi di interesse vitivinicolo, favorisce le relazioni tra i produttori e i mercati e lo sviluppo della cultura legata al mondo del vino tra i consumatori.
Venti anni di Ficiligno, lo storico blend bianco di Baglio di Pianetto che sfida il tempo
Redazione
Nato da un’intuizione del Conte Paolo Marzotto è uno dei vini bianchi più apprezzati dell’azienda siciliana.
Ficiligno di Baglio di Pianetto che sfida il tempo 2020, logo cantina da comunicato stampa
Da una parte l’Insolia, una delle varietà autoctone siciliane più diffusa nell’isola e che in Sicilia trova la sua massima espressione in alta collina, dall’altra il Viognier, vitigno che ha da secoli la sua culla d’elezione nella Valle del Rodano in Francia ma che anch’esso straordinariamente si esprime ad alti livelli nei vigneti della Tenuta Pianetto.
Venti anni di Ficiligno, lo storico blend bianco di Baglio di Pianetto che sfida il tempo, le vigne SCristina Gela, foto da comunicato stampa
Coltivati entrambi nelle alte colline, a Santa Cristina Gela, a pochi chilometri da Palermo, danno origine in blend al Ficiligno, uno dei vini bianchi più iconici di Baglio di Pianetto, longevo nel tempo e che ben rappresenta quello stile ricercato del Conte Paolo Marzotto, voluto anche per la sua azienda siciliana nata nel 1997 e totalmente a regime biologico.
Ficiligno di Baglio di Pianetto che sfida il tempo 2020, foto da comunicato stampa
“Il Ficiligno è un po’ l’emblema dei nostri vini di Alta Collina – spiega Francesco Tiralongo, amministratore delegato di Baglio di Pianetto – frutto di un’intuizione del Conte Paolo Marzotto, che voleva esprimere in un unico vino, l’eleganza francese ed il carattere degli autoctoni di Sicilia, dimostrando, ed il tempo gli è stato testimone, che in Sicilia è possibile produrre vini bianchi molto longevi. L’annata 2001 del Ficiligno per esempio, a vent’anni dalla sua uscita, ancora oggi esprime una freschezza sorprendente”.
È un vino che non teme la sfida del tempo, con sfumature che lo rendono adatto sia ai winelovers meno esperti sia ai palati più esigenti. Ficiligno, un vino biologico dal colore giallo paglierino con riflessi dorati, con il passare del tempo sfuma su tonalità sempre più intense; in prima uscita esprime grande esuberanza e ricchezza fruttata, mai con note eccessive. Nel corso della sua evoluzione, questi sentori virano su sfumature più mature che lo rendono un vino complesso e avvolgente che sorprende per la sua freschezza inaspettata.
Quercia Vigneti SCristina Gela, Cantina Baglio di Pianetto, foto da comunicato stampa
Dotato di una grande personalità, il Ficiligno è un ottimo alleato a tavola in grado di esprimere il suo carattere al meglio se abbinato a risotti a base di crostacei o a molte tipologie di formaggi non stagionati nei primi anni dalla sua uscita, saprà però, nel tempo, dare soddisfazione anche con preparazioni più ricche di sapori e ingredienti, tipicamente quelle delle tavole natalizie.
Insieme al Ramione infatti, sapiente blend rosso di Nero d’Avola e Merlot, è proposto in una confezione speciale dedicata alle prime due storiche etichette di Baglio di Pianetto “Le Origini”, sicuramente un regalo ricercato; in edizione limitata per il ventennale del Ficiligno, da regalare in vista del Natale.
Da Comunicato Stampa
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Sostenibilità…L’AMORE PER IL VINO È AMORE PER LA NATURA
Nel 2017 Baglio di Pianetto ha raggiunto il traguardo della sua ventesima vendemmia. Numeri che non sono soltanto simbolici, perché contestualizzano un processo che, al suo culmine, ha raggiunto la piena maturità produttiva. Un risultato frutto di scelte precise e virtuose, soprattutto in materia di ecosostenibilità.
BAGLIO DI PIANETTO, PATRIMONIO BIO, immagine da sito
BAGLIO DI PIANETTO, PATRIMONIO BIO
Baglio di Pianetto lavora nel pieno rispetto della legislazione europea in materia di ecosostenibilità: la conduzione in biologico di vigneti e uliveti, l’istallazione di un impianto fotovoltaico di terza generazione (256,6 Kwp) per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’abbattimento delle emissioni di CO2 (184.488 kg all’anno) costituiscono, insieme ad una gestione razionale delle risorse idriche in agricoltura, il profilo green di un’azienda impegnata a coniugare qualità in bottiglia col rispetto per l’ambiente.
Caccia al Piano presenta le bollicine CaP Rosé 2020. Un’edizione limitata, dedicata a Franco Ziliani
Redazione
Un prezioso e unico Metodo Classico, cuvée di Syrah e Merlot, prodotto in sole 7.000 bottiglie distribuite esclusivamente in Toscana.
Caccia al Piano presenta le bollicine CaP Rosé 2020, foto da comunicato stampa
Un’assoluta novità, una vera e propria eccezione sia per il territorio di Bolgheri che per Caccia al Piano. Si chiama CaP Rosé il primo Metodo Classico che la famiglia Ziliani ha deciso di produrre nella sua tenuta di Castagneto Carducci in Toscana.
“Il desiderio di volerci confrontare anche all’interno di questo meraviglioso territorio con il Metodo Classico rappresentava per noi una sfida, ma soprattutto un sogno, lo stesso che animò mio padre più di 60 anni fa” spiega Paolo Ziliani al timone di Caccia al Piano e, insieme ai fratelli Cristina e Arturo, alla guida dell’azienda Berlucchi creata dal padre, pioniere della nascita del Franciacorta, Franco Ziliani.
“CaP Rosé non è solo uno spumante, ma un modo di assaporare la vita, cercando di cogliere l’essenza di un territorio, quello bolgherese, con vitigni che qui hanno trovato luoghi e posizioni perfette per dare il meglio di sé, anche al servizio di un vino spumante”.
Caccia al Piano presenta le bollicine CaP Rosé 2020. Un’edizione limitata, dedicata a Franco Ziliani, foto da comunicato stampa
CaP Rosé 2020 nasce dall’unione in parti uguali di Syrah e Merlot allevati in due specifici cru di Caccia al Piano, San Biagio e Le Grottine. Il primo, il più importante e grande dell’azienda con i suoi 12 ettari di estensione, si trova nella frazione di Castiglioncello a circa 180 metri di altitudine: qui il Syrah riesce a esprimere la sua spiccata aromaticità varietale e acidità.
Caccia Al Piano le bottiglie in catasta per il metodo classico, foto da comunicato stampa
Le Grottine, che ha un’estensione di 5 ettari e un orientamento Est-Ovest, è da sempre “la casa” del Merlot di Caccia al Piano: grazie alla presenza di terreni ricchi di limo, argilla e scheletro, conferisce note fruttate, fini ed eleganti ed un’ottima struttura.
Dopo la vendemmia, a fine agosto, le uve vengono vinificate separatamente in tini di acciaio inox con una pressatura molto soffice delle uve intere al fine di preservare gli aromi primari del succo. In primavera avviene il cosiddetto tiraggio, vale a dire l’imbottigliamento, e la seconda fermentazione con la successiva sosta a contatto con i propri lieviti per circa 10 mesi.
Il CaP Rosé 2020 Vino Spumante di Qualità Extra Brut Caccia Al Piano, foto da comunicato stampa
Il CaP Rosé 2020 Vino Spumante di Qualità Extra Brut – il dosaggio di liqueur è di soli 3 g/l – si presenta con un color rosa cipria e un perlage di grande finezza e persistenza. Note di frutti rossi freschi che ricordano il ribes e l’uva spina si fondono con quelli più decisi e intensi di polpa di fico d’India. Una buona struttura, sostenuta da una calibrata acidità e un finale leggermente tannico, caratterizzano questo Rosé che riesce ad armonizzare la potenza del Merlot bolgherese insieme all’eleganza del Syrah.
Il CaP Rosé 2020 Vino Spumante di Qualità Extra Brut Caccia Al Piano, foto da comunicato stampa
La prima edizione di CaP Rosé di Caccia al Piano è prodotta in un’edizione limitata di sole 7.000 bottiglie ed è dedicata a Franco Ziliani. Verrà distribuita esclusivamente in Toscana per dare la possibilità di godere delle caretteristiche qualitative di questo vino nella magica atmosfera della sua terra di origine.