Il percorso enogastronomico “Brunello a Palazzo” si è svolto venerdì 9 dicembre nella storica e prestigiosa cornice di Palazzo Caetani a Fondi ed è stato organizzato da Associazione Decant, in collaborazione con EnoClub Siena.
Hanno partecipato 29 cantine:
Argiano, Carpineto, Casa Raia, Col D’Orcia, Corte dei venti, Fattoi, Il Marroneto, L’aietta, La Casaccia di Franceschi, Le Chiuse, Le Ragnaie, Paradiso di Cacuci, Pietroso, Piombaia, Poggio Lucina, San Felice, Sanlorenzo, San Polo, Sassodisole, Sesti, Tenuta Buontempo, Tenuta Silvio Nardi, Terre Nere, Tiezzi, Tornesi, Tricerchi, Vasco Sassetti, Villa i Cipressi, Villa Poggio Salvi. Erano presenti 5 produttori.
In degustazione c’era anche un gin prodotto nel territorio Fondano, il Varani Gin.
Per la gastronomia c’erano 14 stand:
BELU Restaurant, Caseificio L’Angolo della Mozzarella, CO.CO Cookery Cocktail, Come una volta – Salumeria Alcolica, Da Fausto Eventi, Forneria Macchiusi di Vallemarina, Gregorio De Gregoris, Laghetto Living, Lo.Go., Norcineria Petrillo, Red’s Cibarie e Miscele, Ristorante Essenza, Ristorante Lo Stuzzichino, Ristorante Riso Amaro.
Durante la serata il dott. Santiago Marone Cinzano ha guidato una verticale di “Brunello Poggio al Vento, riserva Col D’Orcia” e Davide Bonucci, presidente di EnoClub Siena, ha tenuto una Masterclass sul “Brunello Riserva”.
In apertura di evento, c’è stato un intervento dell’Assessora Agricoltura, Foreste, Promozione della Filiera e della Cultura del Cibo; Pari Opportunità della Regione Lazio, Enrica Onorati che ha illustrato il progetto Made in Lazio che vede coinvolta l’Associazione Decant con gli eventi “Brunello a Palazzo”, “Franciacorta in Villa” e “Decant sotto le stelle – Vino e Territorio” .
L’evento è stato patrocinato dal Comune di Fondi, dal Parco Naturale Regionale dei Monti Ausoni e Lago di Fondi e dal MOF.
18-19 OTTOBRE 2022 Tenuta Mazzolino, una verticale unica per inaugurare il restauro della Villa di famiglia e celebrare la quarantesima vendemmia
Redazione
Verranno aperte annate storiche della cantina privata di Enrico Braggiotti, fondatore, anima, mente e cuore di Tenuta Mazzolino, oggi guidata dalla nipote Francesca Seralvo
Sarà anche l’occasione per omaggiare lo storico ristoratore – Oreste Corradi – patron di Locanda Vecchia Pavia al Mulino (una stella Michelin), amico di sempre della cantina
“Avevamo il desiderio di ricreare l’atmosfera delle cene di un tempo, quelle che organizzava mio nonno, in cui si riunivano personaggi del vino del calibro di Luigi Veronelli e Giacomo Bologna”, spiega Francesca Seralvo, terza generazione alla guida della Tenuta di Corvino San Quirico, 20 ettari dolcemente adagiati sulle colline a denominazione d’origine controllata Oltrepò Pavese, sulla riva destra del fiume Po, lungo il 45° parallelo.
“Per questo abbiamo deciso di invitare giornalisti e amici, con i quali condividere bottiglie storiche, alcune provenienti dalla cantina privata di mio nonno, per poter celebrare insieme la fine della nostra quarantesima vendemmia, e, al tempo stesso, confrontarsi e discutere di vino nelle stanze della villa storica di famiglia, appena restaurata”.
Un sapiente restauro conservativo che ha riportato la struttura agli antichi splendori, mantenendo intatto il fascino di un tempo, permettendo di dare risalto ai suoi elementi architettonici, che nel tempo hanno subito pochissime trasformazioni. Dalla struttura sono state ricavate 12 camere, pensate per un’ospitalità esclusiva, riservata ad amanti e cultori del vino.
L’appuntamento sarà anche l’occasione per un saluto speciale a Oreste Corradi, patron di Locanda Vecchia Pavia al Mulino che ha deciso – dopo tanti anni di attività e una stella Michelin custodita addirittura dal 1988 – di chiudere il ristorante, ma non l’attività. “Sarà al nostro fianco per progetti speciali, come questa cena”, spiega Francesca. “Insieme abbiamo l’obiettivo di esaltare le eccellenze di questo territorio”. E sarà proprio Oreste Corradi con il suo staff a prendersi cura della cena esclusiva del 18 sera, ospitata nelle sale della villa.
L’obiettivo a lungo termine di questa iniziativa, “è di trasformare Tenuta Mazzolino in un vero hub di cultura, arte e confronto sul mondo del vino”, spiega Francesca. “Vogliamo aprire le porte della villa e della cantina ai grandi appassionati di vino come noi per condividere quell’atmosfera unica che qui si è sempre respirata quando ci riuniamo a tavola intorno a grandi bottiglie”. Primo fra tutti il Pinot Noir, enfant terrible dei vitigni, che in bottiglia si trasforma in un rosso di razza. Proprio come il Noir di Tenuta Mazzolino, che sarà possibile degustare – anche in annate storiche – durante l’esclusiva verticale in programma il 19 mattina.
“Oltre ad essere un’occasione di incontro con amici e stampa”, conclude Stefano Malchiodi, enologo della Cantina, “la verticale del 19 ottobre ci darà, come sempre, l’opportunità di imparare qualcosa di nuovo dall’evoluzione dei nostri vini nel tempo, di apprezzare le sfumature delle diverse annate e di discutere sull’incredibile ecosistema da cui provengono; vecchie vigne su suoli vivi, argillosi, dalle forti pendenze tipicamente oltre padane, in cui la forte presenza di vene calcareo-gessose nelle quali le nostre vigne affondano le radici si riflette nella sorprendente freschezza del calice anche dopo parecchi anni”.
Un appuntamento davvero esclusivo in un’atmosfera speciale, per aprire bottiglie uniche che sapranno raccontare la storia della cantina e di un intero territorio.
Due grandi vini della tradizione e le bollicine del Brut Millesimato per festeggiare il Natale con Lungarotti
Redazione
Il Natale si avvicina ed è tempo di pensare ai regali e alla tavola delle feste.
Per rendere ancora più speciali i momenti di convivialità in famiglia, le serate con gli amici o semplicemente per andare sul sicuro regalando dei grandi vini, dal cuore dell’Umbria, Lungarotti propone due fuoriclasse come il Rubesco Riserva Vigna Monticchio 2017 – Torgiano Rosso Riserva DOCG, Sangiovese in purezza nato nel 1964 da una felice intuizione di Giorgio Lungarotti e oggi considerato tra i migliori rossi italiani.
Il Torre di Giano Vigna il Pino 2019 – Bianco di Torgiano DOC a base di Vermentino, Trebbiano e Grechetto, antesignano dei bianchi italiani affinati in legno, inserito quest’anno da Doctor Wine tra i migliori vini per rapporto qualità-prezzo.
Due etichette ideali da mettere sotto l’albero e da servire in abbinamento con i menu di carne e di pesce che onoreranno le nostre tavole da nord a sud del Bel Paese.
E per concludere in bellezza il 2022 e brindare al nuovo anno, la storica azienda umbra consiglia il suo Brut Millesimato – Vino Spumante Metodo Classico 2017 da uve Chardonnay e Pinot Nero, nato da un’idea di Giorgio Lungarotti che decise di provare a produrre a Torgiano un suo metodo classico, convinto che le peculiarità pedoclimatiche del territorio potessero dare uve di buona acidità ideali per realizzare degli ottimi spumanti. Intenso e avvolgente, il Brut Millesimato di Lungarotti è la scelta perfetta per festeggiare in allegria ogni nuovo inizio.
Rubesco Riserva Vigna Monticchio
Sangiovese in purezza apprezzato per il suo straordinario equilibrio tra potenza ed eleganza.
Il colore è rubino brillante e i caratteri sono quelli tipici della gente dell’Umbria, riservata ma generosa.
Un vino di grande struttura, adatto a un lungo invecchiamento, che viene imbottigliato solo nelle migliori annate.
In particolare, la 2017 sorprende con una freschezza inattesa, viste le condizioni climatiche difficili che hanno caratterizzato la stagione e le rese particolarmente basse, rivelando un grande equilibrio.
Torre di Giano Vigna il Pino
A base di Vermentino, Trebbiano e Grechetto, è un vino bianco con una bella struttura, equilibrio ed eleganza.
Al naso presenta note floreali e di tiglio, timo e fiori di acacia che si alternano a delicate sfumature di cocco, vaniglia e cioccolato bianco.
Il gusto è sapido e fragrante con una lunga persistenza nel finale, bilanciato da un’acidità rinfrescante.
Brut Millesimato – Vino Spumante Metodo Classico
Spumante da uve Chardonnay e Pinot Nero. Dorato, limpido e brillante, con perlage a grana molto fine e persistente, ha un profumo intenso e avvolgente che richiama la mandorla, la nocciola e una lieve espressione di crosta di pane. Il gusto è secco e pieno, fruttato e di bella struttura, e lascia nel finale un tocco agrumato con un’acidità fresca e pulita.
Simbolo dell’eccellenza enologica umbra, Lungarotti ha contribuito a scrivere la storia del vino italiano nel mondo. Una storia cominciata con Giorgio Lungarotti, pioniere della moderna enologia italiana che nel dopoguerra ha trasformato l’azienda agricola di famiglia, a Torgiano, in una cantina di successo.
Una storia che ancora oggi continua grazie all’impegno, la passione e la competenza di 3 generazioni della famiglia Lungarotti che hanno saputo innovare senza mai tradire il carattere inconfondibile dei loro vini iconici tra cui il Rubesco Riserva Vigna Monticchio – Torgiano Rosso Riserva DOCG, considerato tra i migliori rossi italiani, e il Rubesco – Rosso di Torgiano DOC.
Lungarotti conta in tutto 250 ettari di vigneti, dislocati tra la Tenuta di Torgiano (230 ha, certificata VIVA dal 2018) e quella di Montefalco (20 ha, certificata biologica dal 2014), dove si pratica una viticoltura attenta alla sostenibilità e alla biodiversità. Tra i pilastri dell’azienda, anche la valorizzazione dell’enoturismo di qualità e la promozione della cultura del vino, dell’olio e del patrimonio artistico attraverso il Museo del Vino (MUVIT) e il Museo dell’Olivo e dell’Olio (MOO) di Torgiano.
Di Ilaria Castagna e Cristina Santini Partners in Wine
“Il vino è cultura, è un mondo che mi affascina e mi appassiona tantissimo e cerco di trasmetterlo attraverso questo evento. Il mio mestiere è quello di vendere il vino, il vostro invece, che io invidio tanto, è quello di trasmettere tutti questi concetti su dei fogli ancora bianchi. Oggi sono qui per chiedervi, con invidia quasi, ma anche con grande piacere, di trasmettere la bellissima cultura dei vini internazionali, in questo caso dei Greci che ho visitato personalmente, scoprendo qualcosa di grandioso “.
Con queste parole di Olfa Haniche, ideatrice di “EnoMundus 2022“, la Fiera Mercato Dei Vini Internazionali, Export Manager di cantine vinicole italiane all’estero e Consulente per importatori/distributori nazionali di vini esteri, iniziamo a raccontarvi una delle entusiasmanti Masterclass che si è svolta nella Sala Michelangelo dell’Hotel Albani a Firenze. L’evento è stato organizzato con la collaborazione di Carol Agostini, Commissario internazionale enologico e titolare dell’Agenzia FoodandWineAngels.com e della Rubrica “Papillae.it“.
I vini Greci e il loro grande Potenziale
La Masterclass sui vini Greci e sulla loro storia è stata condotta da Haris Papandreou, Segretario del Consolato Onorario della Grecia a Firenze e presentata da Olfa Haniche, con la straordinaria partecipazione di Carol Agostini e di esperti del settore.
Protagonista di questo incontro è stata la Cantina “Hatzidakis Winery” di Konstantina Chryssou.
Abbiamo ascoltato, con fervida attenzione, il racconto della bellissima Santorini, una delle isole situate nell’arcipelago delle Cicladi, nel mare Egeo. Nel 1627 a.C fu distrutta da un’eruzione vulcanica, la più grande avvenuta in Europa, e ricoperta quasi interamente dal mare. In seguito a tutto ciò si creò la famosa caldera, un insieme di quattro isole, Thitasia (unica isola abitata), Nea Kameni, Polia Kameni e Aspronisi.
Prima degli anni ’90, Santorini era conosciuta soltanto per i suoi meravigliosi paesaggi e per il suo famoso tramonto ed erano soltanto quattro i produttori che imbottigliavano il loro vino (contadini che lo vendevano per strada in bottiglie di plastica). Ad oggi, quei quattro produttori sono diventati diciotto.
Il terreno è vocato per la coltivazione della vite, in quanto particolarmente fertile grazie ai minerali contenuti nel sottosuolo, un mix di lava, cenere, pietre e sabbia. Esistono, ad oggi, viti ultracentenarie, alcune di quasi 200 anni che non sono state attaccate a suo tempo dalla Fillossera. Il vitigno re di Santorini è l’Assyrtiko. Il primo a portarlo in Italia per farlo conoscere e poter sperimentare fu il Professor Rainer Zierock che lo impiantò nel Südtirol in Alto-Adige creando la cantina Ansitz Dolomytos Sacker, anche con l’aiuto del professor Attilio Scienza, altro grande conoscitore del vitigno greco.
Dalle parole di Haris Papandreou: “Il vino di Santorini ha una potenzialità enorme. L’Assyrtiko per me rappresenta gran parte dei vitigni greci ed è quello che ha trainato il nostro vino all’estero, quello che è entrato nei migliori ristoranti europei e ultimamente del mondo. Ci sono alcuni ristoranti italiani, come ad esempio a Venezia, dove possiamo trovare bottiglie della famiglia Hatzidakis”.
La storia di un grande amore: quello della famiglia Hatzidakis
Nel 1996 Haridimos Hatzidakis, enologo e già grande produttore, portò sua moglie Konstantina Chryssou a vedere un vitigno abbandonato dal 1956 dopo il terremoto dell’isola che fece scappare quasi tutti i suoi abitanti, anche parte della loro famiglia. Si innamorano subito di quel terreno, acquistandolo e decidendo di lavorare tutto in regime biologico e con il vitigno Aidani in purezza. Fu uno di tre produttori a farlo.
Papandreou ci racconta: “ Nel 1997, al di sotto dei vigneti, scoprirono una grotta e Haridimos disse alla moglie “è qui che faremo la nostra cantina”. Ad oggi, esiste soltanto la loro posizionata in quel modo, tutti gli altri hanno creato delle grandi cantine moderne. La loro, però, ha qualcosa di magico. Haridimos sperimentò molto e uscì con il suo primo vino nel ’97. Anche se non ho mai avuto l’onore di conoscerlo di persona ma solo telefonicamente, fu per me un grande maestro, lui diceva sempre: “il buon vino si fa in cantina”.
Nel 2017 purtroppo Haridimos muore, lasciando un grande vuoto nella sua famiglia e ai tanti amanti del buon vino. Questo accade proprio durante la vendemmia. Dopo tante difficoltà e tanti dubbi se andare avanti con la produzione, Konstantina e i suoi quattro figli decidono di non vendere, ma di continuare con determinazione e passione il grande lavoro svolto dal padre. Con l’aiuto dei giovani enologi (due donne ed un uomo) che studiarono al fianco di Haridimos e seguendo tutti gli appunti che aveva lasciato, ad oggi la Cantina produce dei vini davvero eccellenti.
L’azienda ad oggi situata nel villaggio di Pyrgos Kallistis, coltiva: l’Aidani vinificandolo in purezza, il Mavrotragano, una varietà a bacca rossa che ha rischiato l’estinzione e la cui superficie vitata sull’isola è passata,grazie ad Haridimos, dal 2% al 5% ed infine l’Assyrtiko, che copre circa l’ 80% del territorio.
In questa Masterclass abbiamo avuto il privilegio di degustare:
P.G.I Cyclades Aidani 100% 2021
P.D.O Santorini Familia Assyrtiko 100% 2020
P.G.I Cyclades Mavrotragano 100% 2016
P.D.O Santorini Vinsanto Assyrtiko 80% Aidani 20% 2004, 16 anni invecchiato in botti di rovere , Vino Bianco naturalmente dolce.
Correva l’anno 2000
Il Segretario del Consolato continua a raccontarci che: “Era l’anno 2000 e, mentre la figlia Stella di 3 anni e mezzo stava disegnando, Haridimos e sua moglie discutevano sulle percentuali utilizzate nel nuovo vino, ossia 80% Aidani e 20% Assyrtiko. Contrariamente a quanto era stabilito dalla DOC Santorini che prevedeva l’impiego del 70% di Assyrtiko e il resto Aidani. Con tanti dubbi, ma fiduciosi, decisero di continuare nel loro progetto, dando il nome Aidani al vino e creare l’etichetta con l’unione dei quattro disegni che la figlia stava facendo in quel momento”.
Mentre l’etichetta è rimasta la stessa, ad oggi, l’ Aidani è in purezza. La resa è molto bassa, sui 18-22hl/ha e le uve provengono da vigne che hanno dai 10 ai 30 anni di vita. La fermentazione avviene con i lieviti indigeni a temperatura controllata, rimanendo poi 6 mesi sulle fecce nobili e 2 mesi in bottiglia. Non è filtrato. Se ne producono circa 4700 bottiglie l’anno.
Nel nostro primo calice ci sorprende un colore giallo paglierino con riflessi dorati. Al naso respiriamo da subito delle note tropicali di mango e papaya molto persistenti, profumi di agrumi e fiori di limone. Una bocca vivace ed equilibrata con sentori di frutta secca, noce moscata e con un lungo retrogusto aromatico di caramello e burro che avvolge tutto il nostro palato.
Un vino, una Famiglia
Il vino Santorini Familia, 100% Assyrtico, è stato chiamato così poiché le uve con il quale viene prodotto oltre ad essere di proprietà, sono di altri vecchi produttori considerati da loro come una “Famiglia”. Anche qui rese bassissime, quasi 13 hl-ha, vigne d’età comprese tra i 15 e gli 80 anni e altitudini tra i 200 e i 300 m s.l.m.
Per la scelta dell’annata 2020, Olfa interviene, trascinandoci all’emozione: “Ho chiesto a Konstantina una 2020 poiché, non essendo noi abituati ai vini bianchi da invecchiamento lungo, avevo il piacere semplicemente di farvi notare come un vino bianco può essere dimenticato in cantina e come quest’ultimo possa già avere, dopo pochi anni, una specie di carta d’identità con caratteristiche decisamente forti“.
Qualità che noi riscontriamo notevolmente nel calice iniziando dal colore dorato intenso che ci troviamo ad ammirare. Al naso sentori di frutta, fiori con note vegetali. Un palato fresco ed energico, con un’acidità rinfrescante sul finale e con sentori di cedro candito. Una nota di mela cotogna in un connubio perfetto di frutta secca più acerba come una mandorla pelata. Un retrogusto lungo di fieno, pietra focaia e salvia conquista il nostro palato. Guardandoci capiamo che questo vino già ci emoziona adesso, immaginiamo tra 5 anni.
Per questi primi due calici Tiziana Spera, proprietaria dell’azienda “Le Direzioni Del Gusto”, con sede ad Avezzano, ci spiega che in abbinamento all’Aidani ha deciso di portare una focaccia, la “Crescia Marchigiana” con tartufo nero all’interno e per l’Assyrtiko una tipologia di formaggio di mucca con miele, noci e zafferano fatto specificatamente più delicato per questa Masterclass.
Il Mavrotragano segreto
Dalle parole di Haris Papandreou: “Haridimos faceva delle sperimentazioni su tutti i vitigni, annotandosi tutto lo svolgimento e le vinificazioni. Prima di morire nascose due botti di Mavrotragano che, più tardi, furono trovate e lavorare dai suoi figli. Inizialmente risultò più acquoso, mentre oggi è più puro e più pulito”.
Le uve rimangono a contatto con le bucce per 5 giorni. Dopo la fermentazione, il vino matura in botti di rovere francese per 18 mesi e ulteriori 12 mesi all’interno dei serbatoi di acciaio inox. Il vino non è filtrato e ci coglie di sorpresa sapere che quasi il 91% delle viti è ultra centenario per una produzione di 7750 bt annue. Per la prossima annata i figli prevedono di piantarne delle nuove.
Al calice un rosso rubino brillante, di un’eleganza unica. Al naso un bellissimo sentore di frutti di bosco, erbe aromatiche, spezie e tabacco da sigaro che riscontriamo poi anche al palato. Un tannino e un’acidità legati in maniera sorprendentemente equilibrata. Un buon corpo con una grande complessità, note avvolgenti di pepe nero, fiori appassiti e cioccolato in un connubio perfetto. In abbinamento a questo terzo calice una soffice focaccia bianca con un buonissimo Jamón iberico Pata Negra di Bellota. Che meraviglia degustarlo!
Dall’intervento di Konstantina: “Il buon vino si fa in cantina ma il lavoro più grande si fa in vigna poiché facciamo una selezione dell’uva davvero minuziosa, per questo motivo la nostra resa è ancora più bassa”.
Un finale degno di nota
Vin Santo è il nome che, secoli orsono, i Veneziani diedero al vino proveniente da Santorini. Vin Santo è quindi una contrazione e significa Vino di Santorini.
Le uve vengono lasciate appassire sotto il sole estivo per 15 giorni, in modo da concentrare gli zuccheri e non perdere acqua. Successivamente avviene la spremitura e la vinificazione ed infine l’affinamento in botti di rovere per molti anni. Alcuni anche 6-8 anni.
In questa occasione, abbiamo degustato un blend di 80% Assyrtiko e 20% Aidani, annata 2004. Anche qui prodotto da vigne ultra centenarie con una resa di 20 hl/ha e una produzione di sole 6000 bt annue. Residuo zuccherino di 300g al litro.
Questo calice è stato per noi un colpo di fulmine. Un colore rosso granato, ambrato con riflessi color caramello. Profumi intensi di frutta secca, uva passa, miele, caramello al burro sorprendono il nostro naso che ne rimane affascinato.
Un palato così pieno e vellutato caratterizzato da sentori di caffè liquoroso, cioccolato, tabacco e un lungo retrogusto di scorza d’arancia candita. Ancora tanta ma tanta mineralità.
Lo abbiamo degustato in abbinamento ad un gorgonzola muffa blu, lavorato con Ratafià, un liquore a base di succhi di frutta e alcol, gocce di frutti di bosco all’interno e cacao amaro all’esterno. Decisamente un finale perfetto.
In questa grande Edizione abbiamo anche degustato varie tipologie di vini di diverse nazionalità.
Ci siamo domandate: Cosa ci aspettiamo da un calice di vino degustandolo?
Andiamo alla ricerca e alla scoperta di tutti quei sentori diversi o nascosti, con aromi differenti tra loro, tra note speziate decise o eleganti oppure note più succose. Abbiamo scoperto “un mondo”.
I vini della Turchia, ad esempio, dell’Azienda Kastro Tireli – Akhisar ci hanno sorpreso ed emozionato, ci sono entrati nel cuore. Come anche quelli francesi della Maison Marigny eleganti e sofisticati, quelli della Romania dell’Azienda Lechburg Winery in Transilvania energici e puri. Il loro Moscato Giallo è stato qualcosa di stupefacente. L’Argentina, la Spagna ed il Cile con i loro vini avvolgenti e calorosi ed il Libano più decisi ed austeri.
Ci teniamo a ringraziare davvero di cuore Olfa Haniche e Carol Agostini per l’invito, la calorosa accoglienza e per la perfetta organizzazione di questo evento.
Un caloroso ringraziamento merita anche tutta la Famiglia Hatzidakis che ci ha accolto in maniera impeccabile come fossimo anche noi “Una Famiglia”.
Questa volta vi lasciamo con le belle parole di Konstantina Chryssou che ci fa comprendere come dietro ad una semplice bottiglia di vino ci sia davvero Vita: “Prima di tutto vorrei ringraziarvi per essere venuti tutti qui, un grazie speciale ad Olfa e ad Haris per tutto questo. Io amo molto l’Italia, Firenze e siamo felici di questa manifestazione. La nostra filosofia non è quella di partecipare a tantissimi eventi ma ci piacciono quelli dove c’è questa emozione, questo feeling che sentiamo qui.
Quest’anno celebriamo i 25 anni dell’azienda, sarebbe stato molto bello celebrarlo con mio marito che ad oggi purtroppo non c’è più ma bisogna comunque viverlo in modo diverso. Amo da morire i miei figli e non è stato facile lasciarli decidere di andare avanti con l’attività di famiglia perché ognuno di loro ha una grande voglia di vivere e avrebbero potuto crearsi un loro futuro. Alla fine ho capito che i miei ragazzi avevano il vero e autentico desiderio e la volontà di portare avanti il lavoro del papà e questo è il loro grande risultato.”
ENOMUNDUS 2022 Champagne, il sorprendente mondo dei piccoli Vigneron
Di Cristina Santini e Ilaria Castagna,Partners in Wine
Max Jacob citava : “ Lo champagne, se si ha tempo per ascoltarlo, fa lo stesso rumore, nella sua schiuma e nelle sue bollicine, del mare sulla sabbia”.
Proprio con questa citazione, noi Partners in Wine vogliamo raccontarvi il meraviglioso viaggio che abbiamo percorso, tra risate in treno da Roma a Firenze, e l’emozione che abbiamo vissuto nel degustare e scoprire vini esteri di piccole e medie produzioni dei 10 Paesi ospiti dell’evento, come Turchia, Spagna, Francia, Romania, Argentina, Cile, Libano, Austria e Paesi Bassi.
Insieme ad altri esperti del settore, abbiamo avuto l’onore di partecipare alla seconda Edizione di “EnoMundus 2022”, la prima Fiera Mercato in Italia dedicata ai vini Internazionali, tenutosi a Firenze nella Sala Michelangelo dell’hotel Albani e ideata ed organizzata da Olfa Haniche di VinavieWineTasting, Export Manager di vini italiani all’estero e Consulente per importatori/distributori nazionali di vini esteri.
Media Partner dell’evento, FoodandWineAngel.com di Carol Agostini, Titolare dell’Agenzia e Commissario Internazionale Enologico.
BENVENUTI ALLE MASTERCLASS
Ci siamo focalizzate su due Masterclass svolte nella giornata di Lunedì 14 Novembre: quella sui vini della Grecia presentati dalla Famiglia “Hatzidakis”di Santorini, che approfondiremo nel nostro prossimo articolo sulla Rubrica Papillae.it, ed una dedicata a sei prestigiosi Champagne di tre piccoli Produttori, non importanti in Italia e quindi poco conosciuti ma che di altissima qualità. Entrambe abbinate, minuziosamente, ad una sorprendente e creativa selezione di formaggi presentati personalmente dall’Azienda “Le Direzioni del Gusto” di Avezzano.
Il focus sugli Champagne è stato condotto da Marco Maini, importatore e titolare, insieme a Stefano Bazzoni, della MB Bollicine Di Francia, con sede a Parma, e guidato da Carol Agostini con il prezioso intervento del critico enologico, Paolo Baracchino.
Maini ci racconta: “La nostra società è nata 3 anni fa, è un progetto pensato intorno al 2015 quando io e Stefano iniziammo a girare per la Champagne, mossi solo dalla nostra passione. Il nostro intento era quello di trovare dei “vignerons” legati al territorio che producessero in maniera ineccepibile degli Champagne totalmente diversi rispetto a quelli emblematici”.
La loro scelta è proprio quella di importare alcune delle bollicine più nobili e prestigiose al mondo, Champagne che valorizzano e danno importanza a piccoli produttori, di nicchia, poco conosciuti che con determinazione, un po’ di pazzia e coraggio fanno delle scelte sensazionali con risultati eccellenti.
L’INIZIO DI UN VIAGGIO SENSORIALE
Tra le Maison protagoniste di questa incredibile degustazione troviamo quella di Noël Bazin, di Mangin Et Fils Leuvrigny e quella di Perron Beauvineau.
Discendenti di viticoltori dello Champagne dal 1999, hanno poco più di tre ettari situati a Villers- Marmery, villaggio classificato come Premier Cru nel “Parco Regionale della Montagne de Reims”. Tipicamente quella è una zona di Pinot Nero e Petit Meunier, ma per scelta aziendale hanno deciso di coltivare esclusivamente “lo Chardonnay della montagna”. I loro vigneti hanno un’età tra i 5 e i 60 anni situati su un suolo formato da gesso mescolato a ghiaia e producono 16.000 bottiglie l’anno.
Con la degustazione del primo Champagne, abbiamo il piacere di emozionarci con il Blanc de Blancs Millésime 2017 “La Révélation”, Brut Nature, 100% raro Chardonnay della Montagne de Reims, proveniente da un vitigno vecchio di 50 anni “Les Basses Alouettes”, con dosaggio zero e 48 mesi sui lieviti.
Al calice notiamo subito un colore oro limpido con un perlage elegante e fine. Al naso è fresco e superbo con una bellissima nota di arancia rossa, litchi e di albicocca. La parte agrumata di lime e la nota di ribes risultano molto persistenti. Una bocca vivace con un’effervescenza cremosa e delle sensazioni di purezza che ci rivelano tutta la sua autenticità poiché non dosato. Un sentore di canditi e miele ci lascia ben sperare in un invecchiamento degno di nota.
Ha una bella spalla acida, ma non fastidiosa con una bollicina ben integrata al liquido; chiude al palato con una buona sapidità asciutta ed un finale citrico. La potenza fruttata, la sapidità e l’acidità arrivano in finale molto bilanciati. Sentiamo al palato quasi una patina di burro. E’ setoso con una nota di lievito nel finale.
Dalle parole di Carol: “Questa degustazione volevo farla un pochino più tecnica, immergendoci dentro alle nostre sensazioni organolettiche, perché lo champagne è un prodotto che va compreso, capendolo bene ci si immerge in tutti i suoi odori e sapori”
Con il secondo calice ci prepariamo energicamente ad un Millesimato non dichiarato in etichetta, l’Étonnante Brut en fût Blanc de Blancs, 100% Chardonnay di Villers-Marmery, del 2015, affinato in botti di rovere per 12 mesi e per il 10% lavorato con il Metodo Soléra. Le uve provengono solo da una singola parcella denominata “L’Harenne”. Dosaggio: 8 g/l e 48 mesi sui lieviti.
Ci sorprende un colore giallo oro con maestose perle che regalano un’effervescenza duratura. Ci rendiamo subito conto che, facendo un 10% di Solera, sicuramente ha preso quelle note di caramello e noccioline che riempiono di profumi maggiormente il naso. In bocca si distingue bene l’acidità e la sapidità spiccata. Una nota di canditi più pronunciata rispetto al primo, fragrante e ricco di agrumi e frutta secca.
Il legno della botte è perfettamente amalgamato, note di banana verde, crema pasticcera e crosta di pane che ci avvolgono il palato. Attendendolo nel calice, sprigiona anche dei sentori vegetali. Ampio e generoso, complesso e in evoluzione, un significativo equilibrio tra freschezza e legnosità con un sentore di clementine candite nel finale. Una delizia al palato.
Proseguiamo con la Maison Champagne Mangin Et Fils Leuvrigny a Le Chêne-la-Reine, con vigneti situati sulle pendici della “Vallée de la Marne”, nel cuore del vigneto Champenois. I loro terreni, a seconda delle zone, sono composti da argille, marne e vari calcarei. I principali vitigni che compongono il vigneto sono il Pinot Meunier e lo Chardonnay e producono mediamente 20.000 bottiglie l’anno. Maini ci spiega: “Ho deciso di proporvi per questa degustazione solo il suo Petit Meunier in purezza poiché è quasi una rarità, non sono in tanti a produrlo, lo usano soltanto per il taglio”.
Il terzo calice sorprendente: 100% Petit Meunier, Medaglia d’oro al Concorso Mondiale Femminile 2022, non dosato con tre anni minimo sui lieviti. (riposa per 6 mesi dopo la sboccatura).
Presenta un bel colore giallo paglierino con riflessi dorati, perlage persistente e fine. Al naso avvertiamo una nota molto particolare di chinotto e vermouth, amalgamata perfettamente ad un bouquet di frutti gialli come la mela cotogna. Note finali di fiori secchi come il caprifoglio.
In bocca una bella vivacità con sentori di fichi, miele, una nota mentolata di muschio che non dispiace e delle note agrumate sposate benissimo allo zenzero, chiudendo nel finale con un potpourri di fiori secchi.
Ci vengono proposti tre formaggi in abbinamento a questi primi tre calici raccontati da Tiziana Spera, proprietaria dell’Azienda “Le Direzioni Del Gusto” che ci consentono di immergerci nei vari sapori delicati e forti, speziati e fruttati, tutti diversi e colorati, sperimentando insieme anche l’accostamento più ottimale.
“Con il primo calice abbiamo abbinato un formaggio di mucca con il pistacchio, il secondo, invece, viene lavorato con miele e noci con l’aggiunta di un pizzico di miele sul finale, il terzo infine è con l’arancia. Li abbiamo lavorati in maniera molto più delicata proprio per questa occasione”.
Subito dopo Carol ci tiene a spiegare:
“State giocando con i gusti? Lo sapete che i sensi non sono cinque ma sono ben 17. Ho scritto un libro sull’Enogastronomia sensoriale parlandone sotto forma di romanzo. Si parla dei sensi in forma lieve dove, chi ha un occhio più tecnico, riesce a comprendere quale sia il progetto, ovvero quello di unire Enogastronomia, Sensi e Programmazione Neurolinguistica. Chi non non riesce a comprendere questo legame, può leggere un bel romanzo divertendosi.
Per questo motivo è molto tempo che porto avanti dei seminari e dei corsi sui sensi che non sono cinque, come vi spiegavo prima, ma ne sono stati classificati diciassette, tra cui la pressione sanguigna, lo stimolo della fame e lo stimolo del bagno. Sono state inserite anche le Percezioni che sono cinque compreso l’Umami. Ad oggi, ci sono molti studi sulla sensorialità e sulla percezione dei sensi, ve lo lascio come spunto poiché io vivo di sensi come spero lo facciate tutti, chi più e chi meno, ma credo sia una cosa molto interessante su cui fare ricerche”.
Continuiamo, questo viaggio intenso, con il quarto calice della serata, sempre della stessa Maison, il loro “Millésime” 2018.
Un 100% Meunier, con bottiglie a numero limitato, dosaggio 10 g/l, invecchiato per un minimo di 5 anni sui lieviti.
Alla visiva notiamo un colore giallo paglierino con lievi riflessi verdi nel calice, un perlage sottile e molto fine. Al naso ci invadono le note di agrumi, soprattutto limone e pompelmo, che ritroviamo anche al palato con una lieve nota di vaniglia.
La sua parte agrumata così persistente e la grande sapidità ci fanno pensare ad una lunga vita per questo vino. Il tempo passa e noi assaporiamo maggiormente la sua apertura verso note più dolci di castagna bollita sbucciata. Confrontandoci, troviamo all’unisono tutte le componenti in armonia tra loro, perfino gli stessi aromi per via retronasale.
Come ultima Maison, lo Champagne Perron Beauvineau, situata a Meurville, nella “Cote des Bar”, micro regione popolata da soli 180 abitanti. Qui le colline sono ben esposte e caratterizzate da suoli argillosi calcarei. Maina qui ci spiega, sorridendo, come il produttore di questa Maison sia un vero e proprio pazzo, poiché i suoi Champagne, a partire dal suo Entry Level, riposano minimo 6 anni sui lieviti e produce circa 70.000 bottiglie. “Produce Millesimati a partire dal 2002, 2004 e 2008 che degusterete oggi. L’anno prossimo uscirà con un millesimato 1996 quindi uno Champagne invecchiato, d’annata”.
Nel quinto calice abbiamo la Cuvèe Prestige “Minor Villa”, annata 2008, prodotta nelle vecchie bottiglie di Champagne, di formato più arrotondato, da uve 40% Chardonnay, 40% Pinot Nero e 20% Pinot Meunier, dosaggio tra i 7-8 g/l.
È di un colore oro più intenso e lucente, con una bollicina finissima, e qui ci sentiamo una banana matura con una lieve nota agrumata. Al naso troviamo sentori di crosta di pane e una nota minerale molto particolare e spigolosa come il torsolo della mela renetta.
Al palato si aprono note balsamiche, come menta e muschio, un’acidità notevole che vira sul limone e pompelmo giallo. Lascia in bocca una bella pienezza con sensazioni avvolgenti di miele d’acacia che donano una grande persistenza ed eleganza. Sul finale, in bocca, ha una piacevole nota iodata e di acqua marina. Estrema finezza.
Per il calice finale, Marco e Carol ci presentano una Cuvée “Abraham”, Vieilles Vignes, Millésime 2004, prodotta da vigneti di età media 46 anni, composta per il 34% da Pinot Nero, 33% da Chardonnay e 33% da Pinot Meunier, fa 12 mesi di affinamento e 8 mesi di riposo in bottiglia. Dosaggio 6 g/l.
Osserviamo il suo finissimo perlage ed il suo colore giallo paglierino con riflessi perlati. Al naso ha un’espressione aromatica molto delicata con note di ciliegia sotto spirito e pere Williams, una bella freschezza aromatica. Al palato presenta note di minerale, pietra focaia, aromi di frutta bianca come pera, mela, renetta più dolce, susina e melissa. Una spiccata freschezza e una grande persistenza.
Paolo Baracchino interviene: “E’ un’esplosione di miele accompagnato a questa nota di limone, bergamotto e pompelmo giallo che avvolgono tutta la bocca. Penso che sia positivo sentire la nota agrumata perché ci permette di bere con piacevolezza”.
Tiziana Spera ci propone, in abbinamento a questi ultimi tre calici, una caciotta semistagionata affinata ai frutti di bosco, un altro formaggio con 100 erbe e mela molto delicato e dolciastro ed infine, un Camembert con arancia, fava di cioccolato e cacao. Sublime.
Rimaniamo sedute finché la sala si svuota, in riflessione, e prendiamo coscienza che siamo al termine del nostro viaggio sensoriale. È stata una giornata ricca di stimoli e conoscenze, tra conversazioni e degustazioni, un continuo dialogo piacevole ed effervescente durante il quale confrontarsi sulle nostre percezioni godendoci il tempo presente.
In un calice di vino non ci sono solo profumi, sapori e colori, ma c’è tutto quel mix di esperienze sensoriali strettamente collegate alle persone e al territorio di produzione.
Ci teniamo a ringraziare di cuore Carol Agostini e Olfa Haniche per l’invito e l’accoglienza. Per noi è stato un incontro sorprendente, molto interessante e stimolante con dialoghi e opinioni costruttive.
Concludiamo con un nostro pensiero:
Abbiamo vissuto in un solo giorno emozioni pure e contrastanti, emozioni che hanno lasciato in noi ancor di più la voglia di scoprire, degustare ed emozionarsi davanti ad un calice.
Ilaria Castagna e Cristina Santini Partners in Wine
1000 CAVALLI PER UN’ ETICHETTA – Falezze di Luca Anselmi, a Illasi in Valpolicella
Di Rosaria Benedetti
Quando le linee dell’arte e quelle del vino si incontrano
La giornata era davvero torrida come tante in questa estate anomala e pensare di assaggiare Amaroni in Valpolicella mi aveva creato qualche preoccupazione, ma come ben si poteva prevedere, il racconto del vino e la degustazione presso l’Azienda Falezze di Luca Anselmi hanno annullato completamente l’intensità dell’effetto termico e mi sono trovata accolta in un paesaggio dolcissimo, una sorta di “piccolo mondo antico” dai contorni ritmati di sfumature verdi: quelle dei filari di vigna interrotte dalle macchie di olivi.
L’Azienda ha sede nel Comune di Illasi, nella Valle di Mezzane e vanta radici territoriali profonde e grande lungimiranza di progetti. La sua storia inizia con il nonno e il padre di Luca Anselmi, tradizionali ed illuminati coltivatori di uve in Valpolicella. Da loro l’attuale proprietario e gestore ha appreso la fiducia nella sua terra e la consapevolezza che il primo patrimonio di una famiglia è costituito dalla sua storia unita al rispetto per ciò che nel tempo si è ricevuto.
Dopo gli studi come perito agrario Luca diventa biologo molecolare e nutrizionista con specializzazione in genetica e microbiologia enologica. La sua preparazione gli consente di applicare minuziose analisi sui terreni e sulle varietà di uva che vi si producono, diventando nel tempo riconosciuto esperto del proprio terroir. Segue oggi tutta la filiera di produzione determinato a valorizzare nei vini la personalità dei suoi cru.
Il vigneto “Falezze”, primo nucleo di proprietà acquisito dal nonno di Luca già consapevole dell’estrema potenzialità della valle di Mezzane, è incastonato tra boschi di rovere a ca 250 mt s/l e conferisce il nome all’Azienda. Da quell’acquisto fino agli attuali 5 ettari sono passati 85 anni di progetti e vendemmie, rigorosamente improntati ad esaltare la tradizionale vocazionalità della Valpolicella e imbottigliare solamente vini di pregio.
Dalle tre varietà tradizionali, corvina, corvinone e rondinella, affiancate talvolta dalla più delicata oseleta, si producono mediamente poco più di 10.000 bottiglie per vendemmia, fino a 15.000 nelle annate più generose. A fare di questi vini un progetto non solo vitienologico ma anche artistico, ha contribuito il tratto raffinato della mano di Sofia Kerkeladze compagna nella vita di Luca Anselmi, che in Falezze ha trovato a sua volta un modo personale di declinare e caratterizzare l’arte della vinificazione. Il connubio tra i due porta ad un risultato di rara finezza sia dentro che fuori la bottiglia.
I VINI DI FALEZZE
Il Valpolicella Superiore, da corvinone, rondinella e oseleta, nasce dopo un breve appassimento e una maturazione in tonneaux di rovere francese. Vino dalla bevibità scorrevole, esprime comunque un’ottima struttura e una lunga persistenza. Si alternano con grande coerenza al naso e in bocca note speziate e ritorni fruttati.
Giocato in seconda fermentazione sulle bucce dell’Amarone, il Valpolicella Superiore Ripasso si produce con uve leggermente appassite e vinificate a novembre, il giorno dopo San Martino. Su uno sfondo minerale dovuto alla presenza di celle vulcaniche nel terreno, si rincorrono sentori floreali e di frutta matura. Il vino è solido in bocca pur mantenendosi verticale e asciutto.
L’Amarone della Valpolicella DOCG, direttamente dal cru Falezze è accompagnato nel suo percorso di produzione dalla cura attentissima di Luca che seleziona le uve sia in vigna che durante l’appassimento per modellarlo con le sue mani come un’opera di pregio. Elegante e profondo, profuma di chiodi di garofano, cannella, spezie dolci, tabacco e grafite. Il sorso è ampio, di grande struttura, rotondo e vellutato.
Solo quando l’annata permette un estratto secco importante, Luca Anselmi produce poi il suo Amarone della Valpolicella Riserva, un grande vino, una vera un’opera d’arte. Sul vestito e nel contenuto di queste 1000 bottiglie, si intersecano infatti progetti grafici esclusivi e vinificazioni cesellate.
Al pregio del vino, ottenuto solo nelle migliori annate, si aggiunge infatti l’unicità delle etichette, disegnate dell’artista georgiano Nico Kerkeladze che ha tratteggiato 1000 ritratti diversi di cavalli, uno per ogni bottiglia. A chi avrà la fortuna, la possibilità e la costanza di collezionare il prezioso Amarone Riserva, sarà garantita la continuità dello stesso ritratto su ogni annata, siglato in maniera esclusiva per una collezione personale di elevato valore sia artistico che enologico.
Il ripasso
La tecnica del “ripasso” legata a doppia corda con i vini della Valpolicella non è poi così moderna come si può immaginare. L’uso virtuoso di “ripassare” il vino sulle bucce dell’Amarone non è infatti nato come vezzo commerciale al seguito del successo dell’autorevole passito ma viene da una tradizione storica ben fondata in una terra dove la vite e il vino sono sempre stati fonte di sostentamento per intere famiglie.
Nel positivo ciclo naturale ed economico di chi vive di agricoltura nulla andava buttato, tanto meno il prezioso frutto della vite che doveva essere utilizzato fino all’ultimo residuo. La storia del “ripasso” nasce nella zona classica verso Illasi, forse la più povera della Valpolicella, dove pur di sfruttare ogni cellula del frutto, si usava spremerne una seconda volta le bucce riversandovi il vino appena fatto.