Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.
Antropologia culturale in un bicchiere di vino 2022.
Di Zombiwine
Lo so questo titolo sembra un po bislacco, ma fidatevi non è stato scelto per stupirvi a tutti i costi; dietro c’è un profondo ragionamento che vorrei fare con voi.
Definire, catalogare, inquadrare un concetto all’interno di un vasto insieme che ci permette di comprendere in mondo intorno a noi: questo è quello che rende l’umanità se stessa, la capacità di estrarre concetti complessi e combinarli all’interno di uno schema.
Ma qualche volta questo schema perde la sua connotazione originaria poiché al suo interno avviene una mutazione , uno scisma un moto di ribellione ad un ordine precostituito.
Prendiamo la parola bere: indica latto di ingerire un liquido, è un verbo fondamentale per la sopravvivenza. Fin qui tutto bene.
Bere pero che cosa?
Nonostante noi abbiamo bisogno di acqua storicamente l’acqua non è stata sempre potabile e l’uomo ci ha messo molto a capire come renderla sicura.
Quindi bere indica consumare un liquido diverso dal H2o. Due erano i macro-mondi che venivano consumati con una certa sicurezza.
Sostanze dissetanti, sostanze sicure, sostanze magari inebrianti e quindi bere divenne anche sinonimo di consumare alcolici o comunque bevande culturalmente importanti.
In Europa si consumavano bevande fermentate, non per forza alcoliche, ma semplificando all’estremo il concetto diciamo vino e birra, infusi per l’oriente con il consumo del thè.
In entrambi i casi, l’uomo usava un processo empirico che tendeva a dare una bevanda più salubre delle acque dei pozzi, grazie all’alcol e alla bollitura delle acque.
Antropologia culturale in un bicchiere di vino.
Ora voi vi starete chiedendo dove io voglia andare a parare: la prima persona in duemila miliardi milioni di anni a spiegare effettivamente il processo di fermentazione (anche se sarebbe più corretto parlare al plurale quindi fermentazioni ) fu il francese Louis Pasteur che oltre ad aver scoperto la pastorizzazione, ha studiato , compreso e spiegato la fermentazione
alcolica e le varie malattie del vino.
Finalmente siamo al punto in cui volevo portarvi, da questo momento in poi l’umanità ha fatto un salto evolutivo immane, pensate come in cinquanta cento anni, l’uomo ha cambiato la sua vita come non era stato in grado di fare in mille; eppure noi qui oggi ci stiamo domandando perché e se a senso fare vino abbandonando le competenze chimiche e tecnologie conquistate.
Il vino è un prodotto antropico e geografico
Il vino è un prodotto antropico e geografico: attraverso un frutto racconta chi lo fa e dove lo fa. E’ normale che per accedere al benessere economico i contadini abbiano fatto tutto in loro potere per produrre vini stabili, bevibili, corretti, cercando di poter contrastare i danni dell’annata quando ce n’era bisogno, e di poter aumentare la quantità prima e la qualità dopo.
Dopo tutto il vino (e la birra) per svariate migliaia di anni sono state i migliori amici dell’uomo e a volte con un tozzo di pane, il loro unico sostentamento.
Lo so è un pippone storico.
Ma come nasce un vino naturale? Ma allora che cos’è il vino naturale ? è uno scisma in un sistema, è una deviazione necessaria, è un salto evolutivo e sicuramente non è un involuzione.
Vino Naturale
Per vino Naturale si intende un prodotto in cui i protocolli di coltivazione e vinificazione abbandonano i prodotti di sintesi chimica sia in vigna che in cantina , le stabilizzazione tecnologica , lieviti di laboratorio, filtraggio e chiarifica.
E’ un vino che si fa da solo quindi? Assolutamente no anzi è proprio il vino
che non si può fare da solo!
Se io decido di non usare trattamenti di sintesi in vigna non vuol dire che mi metto nelle mani del signore e prego che con la sua infinità bontà tenga lontano la grandine e poi quando questa arriva puntualmente lo bestemmio.
Questo è l’atteggiamento antiscientifico di formazione religiosa.
Il vignaiolo naturale invece i prodotti chimici che no usa li conosce bene, sa cosa fanno e come si usano proprio per non doverli usare trova una soluzione al problema!.
In cantina un produttore naturale cercherà di fare un vino sincero e di interpretare la sua idea, avrà molti più criticità che potrebbero far nascere dei difetti, ma quello bravo sa evitare il problema a monte.
Per fare un esempio il vino naturale non è assolutamente l’omeopatia ma semmai la fitoterapia e questo permette la creazioni di vini che avendo molti meno interventi enologici sono più rappresentativi (nel bene e nel male) del territorio di appartenenza.
Ma come nasce un vino naturale?
Il grande pro di questo approccio, oltre evitare di contaminare i terreni con sostanze che comunque sono tossiche, crea vini unici di anno in anno ma veicolati dalla sapienza odierna. Trasformano i vignaioli in custodi e in cambio restituiscono piccoli tesori.
Il contro? Sono più difficili da fare, e spesso prezzo e risultati oggettivi non vanno a piedipasso, inoltre sono più soggetti ad errori umani e possono sviluppare più velocemente qualsiasi problema fermenrattivo .
A saldo di quanto detto, sono i miei vini preferiti quelli naturali, poiché accetto bene qualche difetto se però il territorio di partenza è dipinto bene.Oggi stiamo vedendo sempre più migliorare questa corrente di pensiero.
Antropologia culturale in un bicchiere di vino.
E il cliente finale cosa beve? Beve quello che vuole ed è pure giusto così.
Per sensibilizzarlo su questi vini, bisogna farlo bere; tanto e bene.
Il gusto piano piano si forma e attraverso quello la cultura del buon bere ma non
bisogna forzarlo, non è un soldato che deve essere spronato.
Deve fare le sue esperienze e i suoi confronti senza la forzatura di stare in una setta.
Faccio un unico esempio: il vino di Nonno che spesso diventava aceto.
Vino che era leggenda al circolato delle carte: faceva schifo a tutti ma tutti se lo
bevevano. Quel vino era il retaggio di mio nonno ed anche se non conteneva
nulla non era naturale.
Sembra un controsenso? Non lo è. Quel vino era pieno di saggezza e memoria popolare ma non aveva per niente sapienza.
Non cera studio, non cera ricerca, e non cera neppure conoscenza delle trasformazioni che rendono un vino buono. Era sparutissimo di volatile che parva aceto, ed era normale che fosse così non poteva essere altrimenti.
Quando invece c’è scienza e sapienza il discorso cambia totalmente.
Conclusioni finali
Questa introduzione ai vini naturali non vuole spiegare nulla ne essere
didattica, sono mie elucubrazioni e spero che vi aiutano a sviluppare più
seriamente le vostre idee; vi prometto che già dal prossimo articolo torniamo
a parlare di vino con le bottiglie in mano.
Di Zombiwine
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